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    Cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah, il “sollievo” di Bruxelles

    Bruxelles – Dopo intensi negoziati, il cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah è entrato in vigore nelle prime ore di mercoledì mattina (27 novembre), mettendo in pausa per 60 giorni i combattimenti che dallo scorso ottobre stanno sconvolgendo il sud del Libano e che rischiavano di destabilizzare ulteriormente un Medio Oriente già in fiamme. L’accordo, mediato da Washington e Parigi, prevede la demilitarizzazione del lembo di terra che separa lo Stato ebraico dal Paese dei cedri ed è stato salutato dai leader europei come un successo diplomatico per provare a rispondere alla grave crisi umanitaria in corso. Ma resta da vedere quanto a lungo reggerà la fragile tregua prima che riprendano gli scontri in quel martoriato angolo di mondo.Il contenuto dell’accordoNella serata di martedì (26 novembre), il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha accettato le condizioni del patto stipulato con le milizie libanesi filo-iraniane di Hezbollah, alla cui formulazione hanno lavorato alacremente Stati Uniti e Francia. Una tregua di 60 giorni, il ritiro dei combattenti del Partito di Dio a nord del fiume Litani (circa 25 km a nord della cosiddetta Linea blu, che segna il confine tra Stato ebraico e Paese dei cedri) e lo smantellamento delle infrastrutture dei miliziani, il parallelo ritiro delle forze armate israeliane (Idf) dal Libano meridionale contestuale all’arrivo, sempre a sud del fiume, dell’esercito regolare di Beirut, e infine la creazione di un comitato internazionale di implementazione, presieduto da Washington, sono i punti principali dell’accordo.Il patto arriva nell’ultimo spiraglio della presidenza di Joe Biden e costituisce – almeno potenzialmente – un significativo punto di svolta nell’ultima drammatica fase della decennale crisi mediorientale, iniziata con gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 che sono immediatamente riverberati anche al confine tra Israele e Libano, un’area controllata da Hezbollah e dove Tel Aviv ha avviato un’invasione terrestre lo scorso mese in risposta al lancio di razzi sul nord di Israele. Le ostilità degli ultimi 13 mesi sono costate la vita a circa 4mila civili libanesi, secondo le autorità di Beirut, mentre almeno 300mila cittadini hanno dovuto abbandonare le loro case.Dei militari della missione Unifil nel sud del Libano (foto: Afp)Ma, per ammissione dello stesso Netanyahu, “la durata del cessate il fuoco dipende da cosa accadrà in Libano”, poiché, “in pieno accordo con gli Stati Uniti, manteniamo totale libertà di agire militarmente” se cambierà la situazione sul campo. L’esercito israeliano attaccherà (supportato da Washington), ha ammonito il capo del gabinetto di guerra, se Hezbollah “tenterà di riarmarsi” e se “cercherà di ricostruire le infrastrutture terroristiche vicino al confine”.Le reazioni europeeLe reazioni internazionali non si sono fatte attendere. In un comunicato congiunto, il presidente francese Emmanuel Macron e il suo omologo statunitense hanno celebrato il raggiungimento dell’accordo che “farà cessare i combattimenti in Libano e metterà Israele al sicuro dalla minaccia di Hezbollah e di altre organizzazioni terroristiche che operano dal Libano”, e “creerà le condizioni per ripristinare una calma duratura e consentire ai residenti di entrambi i Paesi di tornare in sicurezza alle loro case”. “Gli Stati Uniti e la Francia”, si legge ancora, “lavoreranno con Israele e il Libano per garantire che questo accordo sia pienamente attuato e fatto rispettare”, e “si impegnano inoltre a guidare e sostenere gli sforzi internazionali per il rafforzamento delle capacità delle forze armate libanesi e per lo sviluppo economico in tutto il Libano, al fine di promuovere la stabilità e la prosperità nella regione”.“L’accordo sul cessate il fuoco in Libano è un sollievo nella devastante situazione in Medio Oriente”, ha commentato l’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell, ringraziando l’Eliseo e la Casa Bianca per la loro mediazione. Ora, ha sottolineato il capo della diplomazia a dodici stelle, è però necessario che l’accordo regga e che gli attacchi vengano effettivamente sospesi da entrambe le parti, “per garantire la sicurezza dei cittadini libanesi e israeliani e il rientro degli sfollati”.The agreement on a ceasefire in Lebanon is a relief in the devastating situation in the Middle East.I want to praise France and the US for their mediation.It is now crucial that the ceasefire holds, to guarantee the safety of both LEB & IL citizens, & the return of IDPs. 1/2— Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) November 26, 2024Altrettanto indispensabile, secondo Borrell, è la “piena implementazione” della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza Onu. La risoluzione, adottata nell’agosto 2006, pone le basi per la cessazione delle ostilità tra Israele ed Hezbollah, che fa parte della galassia di proxies iraniane nella regione. I suoi punti cardine, ripresi dal cessate il fuoco siglato ieri, sono il disarmo del Partito di Dio, il ritiro dell’Idf dal sud del Libano e il mantenimento della sicurezza nell’area da parte delle forze di sicurezza libanesi e dei caschi blu della missione Unifil a guida italiana, che pure è stata coinvolta negli scontri.Anche la presidente dell’esecutivo comunitario Ursula von der Leyen, la cui seconda Commissione è stata approvata oggi in un voto dell’Eurocamera a Strasburgo, ha dichiarato che quella del cessate il fuoco “è una notizia molto incoraggiante”, sottolineando che “il Libano avrà un’opportunità di aumentare la sicurezza e la stabilità interne grazie alla ridotta influenza di Hezbollah”.Il presidente uscente del Consiglio europeo Charles Michel ha rimarcato l’importanza dell’accordo di ieri sera come “un passo necessario verso la de-escalation” nello scacchiere mediorientale. Diversi osservatori ritengono, a tal proposito, che il cessate il fuoco con le milizie sciite libanesi possa preludere ad un esito analogo nella guerra di Israele contro Hamas, che da 13 mesi continua a mietere decine di migliaia di vittime (in larghissima parte civili) nella Striscia di Gaza e per la quale la Corte penale internazionale ha recentemente spiccato due mandati di cattura per Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant, accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, che proprio nelle ore precedenti l’annuncio del cessate il fuoco presiedeva la riunione dei suoi omologhi del G7 a Fiuggi, si è detto orgoglioso “di aver dato un contributo determinante a questo importante risultato”.

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    Al G7 Esteri tiene banco il rispetto del mandato d’arresto contro Netanyahu. Borrell: “Non è una scelta, ma un obbligo”

    Bruxelles – Dopo giorni di ambiguità da parte dell’Occidente, i sette grandi del mondo sono chiamati a lanciare un segnale chiaro sul mandato di cattura internazionale emesso dalla Corte penali internazionale (Icc) nei confronti di Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro per la Difesa di Israele, Yoav Gallant. A incalzarli, nella riunione del G7 Esteri a Fiuggi, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell: Per i 27 Ue “non si può scegliere”, attuare la decisione della Corte de l’Aia “è un obbligo”.Al suo arrivo al vertice, Borrell è stato chiaro: Washington può avere una posizione differente perché gli Stati Uniti non hanno mai ratificato lo Statuto di Roma, fondativo dell’Icc, ma “tutti i membri dell’Unione europea l’hanno fatto e non è qualcosa che si può scegliere”. Non esiste un diritto internazionale a intermittenza: “Non si può applaudire quando la Corte va contro Putin e rimanere in silenzio quando va contro Netanyahu“, ha proseguito Borrell. Le reazioni prudenti di diversi governi occidentali – se non proprio il silenzio, scelto ad esempio dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel – sono ” il tipico esempio di due pesi e due misure per cui siamo tanti criticati”, ha sbottato il capo della diplomazia europea uscente.Finora i tre Paesi Ue nel gruppo del G7 hanno dato risposte enigmatiche. Francia e Germania su tutte, mentre oggi il padrone di casa, Antonio Tajani, ha ammesso: “Siamo amici di Israele ma penso che dobbiamo rispettare il diritto internazionale“. L’obiettivo di Borrell è tornare a Bruxelles con un messaggio unitario: “Non c’è alternativa, spero che alla fine saremo in grado di dire chiaramente che gli europei rispetteranno gli obblighi del diritto internazionale”. In gioco c’è la credibilità stessa dell’Occidente, che non può permettersi di bollare come ‘politica’ la decisione giuridica di una Corte internazionale che per la prima volta sanziona i membri di un governo di una ‘democrazia occidentale’.Tregua tra Israele e Hezbollah in Libano, Borrell: “Non ci sono scuse”Josep Borrell e Antonio Tajani al G7 Esteri a Fiuggi, 26/11/24La due giorni dei ministri degli Esteri di Stati Uniti, Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Canada e Giappone a Fiuggi e Anagni si concentra inevitabilmente sulle due maggiori crisi internazionali. Ucraina e Medio Oriente. Su quest’ultimo, a tenere banco non è solo il mandato d’arresto emesso dall’Icc, ma anche la prospettiva di un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah in Libano.Gli occhi sono puntati sulla riunione del gabinetto di sicurezza di Tel Aviv, che già questa sera è chiamato a dare l’ok alla proposta di tregua franco-americana. La proposta “dà a Israele tutti gli impegni di sicurezza che ha chiesto”, ha sottolineato Borrell, “non ci sono scuse per rifiutarla”. Tutto dipenderà dalla volontà politica del governo di Netanyahu.Il piano mediato da Eliseo e Casa Bianca prevede una tregua di 60 giorni, durante la quale le forze israeliane si ritirerebbero dal Libano del sud e i militanti di Hezbollah si ritirerebbero a nord del fiume Litani, circa 25 km a nord del confine israeliano. L’accordo prevede la creazione di un comitato di implementazione presieduto da Washington e con la partecipazione di Parigi. In modo da garantire un equilibrio tra le parti. Beirut ha accettato che gli Stati Uniti presiedano il comitato di controllo dell’applicazione del cessate il fuoco, ma ha chiesto espressamente la presenza della Francia. È questo il punto ancora in discussione, perché Israele non vuole che la Francia partecipi.Ricordando le 4 mila vittime civili e le ampie porzioni del sud del Libano rase al suolo dai bombardamenti israeliani, Borrell ha intimato: “Basta combattimenti, basta altre richieste, spero che il governo Netanyahu accetti la proposta”. L’Alto rappresentante Ue chiede onestà intellettuale da parte del G7 anche su Gaza, dove “gli aiuti sono totalmente impediti” dall’esercito israeliano. “Dobbiamo dire la verità, diamo un nome alle cose”, ha concluso Borrell.

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    Alla conferenza sul Libano raccolto un miliardo per aiuti umanitari e militari. Borrell: “Rafforziamo Unifil e l’esercito regolare”

    Bruxelles – L’appello delle Nazioni Unite a raccogliere 426 milioni di dollari per assistere la popolazione civile libanese è stato raccolto. Più che raddoppiato: Parigi ha annunciato che la conferenza internazionale sul Libano tenutasi oggi (24 ottobre) nella capitale francese ha permesso di mettere insieme più di 800 milioni di aiuti umanitari e 200 milioni per sostenere l’esercito regolare. La comunità internazionale “è stata all’altezza della sfida”, ha esultato il ministro per gli Affari esteri Jean-Noel Barrot. Il capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, ha promesso 80 milioni da Bruxelles per l’assistenza ai civili e 60 milioni per l’esercito entro il 2025.A dare il buon esempio il padrone di casa, Emmanuel Macron, che aprendo i lavori ha annunciato un pacchetto “massiccio” da 100 milioni di euro per Beirut. A cui ha fatto seguito il governo tedesco, che si è impegnato a “fornire un totale di 96 milioni di euro aggiuntivi per far fronte alla crisi in Libano”. Alla conferenza di Parigi hanno partecipato ministri e diplomatici da oltre 70 Paesi e una quindicina di organizzazioni internazionali. Per l’Italia era presente il Sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli, su delega del ministro degli Esteri Antonio Tajani, impegnato oggi a Pescara per il G7 Sviluppo a guida italiana.Il primo ministro libanese, Najib Mikati, e Emmanuel Macron (Photo by ALAIN JOCARD / POOL / AFP)Macron ha inaugurato la conferenza ribadendo l’appello per un cessate il fuoco “il prima possibile”, perché “più, bombe, devastazione e vittime non permetteranno di sconfiggere il terrorismo e di assicurare la sicurezza di nessuno”. Il presidente francese ha attaccato il premier israeliano Benjamin Netanyahu, affermando che “si parla molto di guerra di civiltà”, ma “non sono sicuro che si difenda una civiltà seminando la barbarie“. Al suo fianco, il primo ministro libanese Najib Mikati ha snocciolato i tristi numeri del conflitto tra Hezbollah e Israele: 2400 vittime libanesi e 1,2 milioni di sfollati, di cui 500 mila minori. Ma anche “gravi danni alle infrastrutture” ed attacchi mirati a “presidi medici che mostrano una chiara violazione della Convenzioni di Ginevra”.L’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, ha ribadito il “pieno sostegno alla nazione libanese per ripristinare la sua sovranità” e sottolineato la totale assenza di proporzionalità nell’azione militare di Israele. Alla conferenza, Borrell ha presentato i punti per un effettivo sostegno a Beirut. Prima di tutto il cessate il fuoco, per il quale serve “combattere l’impunità” e far sì che “tutti gli attori rispettino il diritto internazionale”. Fondamentale che la leadership politica libanese “si assuma le proprie responsabilità ed elegga il presidente della Repubblica”, dal momento che il mandato di Michel Aoun è scaduto da più di due anni.Parallelamente, Borrell è determinato a rafforzare l’esercito libanese, che “dopo il cessate il fuoco dovrà essere dispiegato nel sud del Paese”. Per realizzare il piano annunciato da Beirut e aumentare di 6 mila unità le proprie truppe, l’Ue è pronta a mettere sul piatto 20 milioni di euro già entro la fine dell’anno e 40 milioni per il 2025. Il capo della diplomazia Ue è convinto che bisogna allo stesso tempo rafforzare la missione delle Nazioni Unite Unifil, vittima di continue provocazioni e attacchi da parte delle forze israeliane. “Alla frontiera abbiamo dieci mila uomini – ha affermato Borrell -, ma potremmo averne fino a 15 mila, il numero autorizzato da Unifil”.Alla conferenza è intervenuto da remoto anche il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ha chiarito un’altra volta che “gli attacchi contro i caschi blu sono totalmente inaccettabili” e “possono costituire un crimine di guerra”. D’altra parte, Guterres ha invitato “i leader libanesi ad adottare misure risolute per garantire il corretto funzionamento delle istituzioni statali al fine di affrontare le urgenti sfide politiche e di sicurezza del Paese”.

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    Tra cessate il fuoco e l’embargo sulle armi a Israele, il Libano infiamma gli eurodeputati italiani

    Bruxelles – Il Libano continua a far preoccupare in Unione Europea. Dopo le conclusioni del Consiglio dell’Ue della scorsa settimana, con ferma condanna degli attacchi israeliani alla missione Unifil e la reiterata richiesta di cessate il fuoco, la palla passa alla plenaria dell’Europarlamento.“Il Consiglio europeo ha ricordato la necessità di assicurare che i civili siano protetti in ogni momento, che le infrastrutture civili non siano prese di mira e che il diritto internazionale sia rispettato”, ha dichiarato in plenaria il Commissario per la gestione delle crisi, Janez Lenarcic, aggiungendo: “I recenti incidenti che hanno colpito la popolazione civile e Unifil rendono ancora più urgente il cessate il fuoco“. Lenarcic ha ricordato l’impegno europeo nella zona, che comprende la richiesta di attivazione del Meccanismo di protezione civile Ue e il rilascio di 10 milioni di euro per i civili colpiti dall’escalation nell’area.“È ora di avviare un’iniziativa europea per la pace con un impegno diretto e di altissimo livello: rilascio immediato degli ostaggi israeliani, cessate il fuoco a Gaza e in Libano a tutela di tutte le popolazioni, per riaprire un processo diplomatico e costruire una soluzione politica, unica garanzia per una pace duratura”, è il commento di Nicola Zingaretti, eurodeputato di S&d, capo delegazione del Pd. L’escalation in Medio Oriente, per Zingaretti, è un atto che “minaccia le stesse fondamenta, anche giuridiche, dell’attuale sistema internazionale”.“Pretendiamo da tutti il rispetto delle truppe Unifil“, dice Carlo Fidanza di Ecr. La condanna agli attacchi alle truppe Onu è chiara, come anche il supporto alla richiesta di cessate il fuoco per ridurre la tensione nell’area. Da Ecr, arriva una stoccata sulla migrazione, tema tanto caro alla destra italiana e tanto discusso negli ultimi giorni in Ue. “L’Ue deve farsi carico della situazione drammatica non soltanto degli sfollati interni al Libano, ma anche dei rifugiati siriani, ai quali dobbiamo assicurare un pronto e sicuro ritorno in Siria, per scongiurare una nuova ondata di immigrazione”, che, per Fidanza, l’Ue allo stato di cose attuali non potrebbe gestire.Sempre da Ecr, arriva il commento di Giovanni Crosetto: “Gli attacchi alle basi Onu preconfigurano violazioni del diritto internazionale”. L’eurodeputato ribadisce il fermo supporto al “diritto di esistere” di Israele e la condanna al terrorismo islamico, dovendo al contempo garantire ad Unifil di poter “esercitare deterrenza” per permettere all’Onu di non perdere la propria credibilità. Posizione difficile da articolare per la destra italiana, che si deve barcamenare tra il supporto a Israele e quello ad Unifil, mentre il primo deliberatamente attacca i caschi blu dell’Onu.La diplomazia e il ruolo dell’Ue come potenziale forza stabilizzatrice in Medio Oriente sono al centro della visione del gruppo dei popolari. Il diritto alla difesa di Israele deve essere bilanciato rispetto al diritto internazionale, per l’europarlamentare di Ppe Salvatore De Meo. “La scomparsa del capo di Hamas (n.d.r., Yahya Sinwar, ucciso pochi giorni fa) rappresenta un’opportunità per spingere per il cessate il fuoco”, dice De Meo, che ribadisce l’importanza di “una soluzione a lungo termine”, cioè quella dei due stati.Una critica forte alla maggioranza dell’Europarlamento arriva dalla Sinistra. L’europarlamentare Danilo Della Valle chiede in plenaria: “Cosa deve accadere ancora prima che l’Unione Europea decida chiaramente di smettere il velo dell’ipocrisia e dei doppi standard?“.“L’Unione Europea deve approvare l’embargo di armi ad Israele e deve sostenere la Corte di giustizia internazionale”, dice Della Valle, che richiama l’attenzione sull’assenza di una risoluzione che apertamente si schieri contro il governo Netanyahu.  La critica all’ambiguità delle posizioni Ue nei confronti di Israele è una linea netta per il gruppo della Sinistra. In altri interventi, è emersa la perplessità che aleggia attorno agli stretti rapporti commerciali Ue-Israele, che si uniscono all’assenza di azioni (si legga, condanne e prese di posizione nette) da parte di Bruxelles.Discussione impegnativa alla plenaria, che il Commissario Lenarcic chiude facendo dei chiarimenti. Respinta qualsiasi illazione sul finanziamento dell’Unione ad Hamas, che Lenarcic definisce “un’accusa molto grossolana”. E in modo altrettanto secco arriva la risposta sull’intervento della Commissione riguardo all’embargo di armi a Israele: “La cooperazione militare tra gli Stati membri e gli stati terzi non rientra nelle competenze dell’Unione“. In sostanza, la questione va risolta a livello nazionale.Molti europarlamentari soffrono la posizione soft dell’Unione Europea. Lascia con l’amaro in bocca la domanda di Lynn Boylan della Sinistra: “Come siamo arrivati al punto in cui bruciare vivi i pazienti nei loro letti d’ospedale non è una linea rossa per l’Ue? Dov’è la bussola morale dell’Ue?”. Ancora più amara, è la constatazione della compiacenza europea, che ha chiuso un occhio (anche due) sulle violazioni dei diritti umani in Medio Oriente per più di un anno e si è scossa dal torpore ora, proprio quando Netanyahu ha dimostrato di non temere nemmeno l’Onu.

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    L’Ue si riscopre unita nei confronti degli attacchi di Israele all’Onu: “Il suo comportamento è sempre meno tollerato”

    Bruxelles – È tardi, visto l’inaccettabile numero di vittime civili e di atroci sofferenze causate in un anno di conflitto in Medio Oriente. Ma l’Ue sta perdendo la pazienza nei confronti di Israele. I capi di stato e di governo dei 27, riuniti a Bruxelles per il Consiglio europeo, hanno condannato le azioni di Tel Aviv su più fronti: l’allargamento dei raid in Libano, la disastrosa situazione umanitaria a Gaza, gli attacchi militari ai contingenti dell’Unifil e verbali alle Nazioni Unite, le crescenti violenze in Cisgiordania. “Il comportamento di Israele è sempre meno tollerato in sala”, ha ammesso un funzionario Ue nel corso del summit.Sul vertice è piombata inevitabilmente la notizia della morte di Yahya Sinwar, il leader politico di Hamas ritenuto la mente degli attacchi del 7 ottobre 2023, ucciso dalle forze di difesa israeliane in un campo profughi a Rafah. “La sua morte indebolisce certamente in modo significativo Hamas”, ha affermato Ursula von der Leyen durante la conferenza stampa a margine del Consiglio europeo. Ma, forse per questioni puramente tempistiche, i leader non hanno approfittato della morte di Sinwar per rafforzare ulteriormente la richiesta di mettere fine alle ostilità.Il leader politico di Hamas, Yahya Sinwar (Photo by MAHMUD HAMS / AFP)Nelle conclusioni adottate dai 27, nessun riferimento al vertice politico di Hamas. “Una svolta importante che dobbiamo cogliere”, ha però evidenziato Emmanuel Macron, secondo cui l’uccisione di Sinwar “apre nuovi orizzonti politici“. Dello stesso avviso Giorgia Meloni, che in una nota si è detta convinta “che ora si debba iniziare una nuova fase“: quella del rilascio degli ostaggi, dell’immediato cessate il fuoco e dell’avvio della ricostruzione a Gaza.I leader Ue, come da un anno a questa parte, hanno riconosciuto il “diritto di Israele all’autodifesa” contro Hamas ed Hezbollah, i principali gruppi armati foraggiati dall’Iran. Per Bruxelles è Teheran la più “grave minaccia alla stabilità regionale“, come dimostrato dall’attacco verso Israele del primo ottobre scorso. Una volta messo in chiaro questo punto, i 27 si sono dimostrati insolitamente fermi e uniti nella dura critica al comportamento militare e diplomatico tenuto da Tel Aviv. “Sempre più leader sollevano la questione di cosa fare affinché Israele cambi atteggiamento, perché la preoccupazione e la discussione non sono sufficienti”, ha spiegato una fonte Ue.Al suo arrivo a Bruxelles ieri mattina, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, aveva chiesto che i leader “prendessero sul serio” gli attacchi sferrati su “tutti i fronti” contro il sistema della Nazioni Unite dal governo di Benjamin Netanyahu. E così è stato.Per quanto riguarda il Libano, i 27 “condannano la perdita di vite civili e lo sfollamento forzato causati dall’escalation di violenza e dagli attacchi indiscriminati” e ribadiscono che “la sovranità e l’integrità territoriale del Libano devono essere rispettate”. Gli attacchi israeliani all’Unifil “costituiscono una grave violazione del diritto internazionale” e “devono cessare immediatamente”. I capi di stato e di governo Ue affermano il “pieno e incondizionato sostegno al Segretario generale delle Nazioni Unite”, sottolineano “il ruolo essenziale dell’Onu e delle sue agenzie, in particolare dell’Unrwa”. E “condannano qualsiasi tentativo di ostacolare la capacità dell’agenzia di svolgere il proprio mandato”.Su Gaza e in Cisgiordania, il Consiglio europeo “deplora il numero inaccettabile di vittime civili, soprattutto donne e bambini” e “i livelli catastrofici di fame e l’imminente rischio di carestia causati dall’insufficiente ingresso di aiuti”. E ricorda “la necessità di dare piena attuazione agli ordini della Corte internazionale di giustizia”. Nelle conclusioni del vertice c’è anche un significativo invito a “portare avanti i lavori su ulteriori misure restrittive contro i coloni estremisti e contro le entità e le organizzazioni che li sostengono”.Ursula von der Leyen e Charles Michel in conferenza stampa a margine del Consiglio europeo, 17/10/24Parallelamente, l’Ue è unita nel sostegno all’Autorità palestinese (Anp). Come sottolineato da von der Leyen, la soluzione dei due Stati “può essere raggiunta solo con un’Autorità palestinese stabile e riformata”. L’Anp ha bisogno di un sostegno d’emergenza e di un “piano a lungo termine”, per il quale la presidente della Commissione europea ha chiesto “uno sforzo collettivo a livello politico e finanziario”. Nel documento conclusivo del vertice, si legge inoltre che “un percorso credibile verso la statualità palestinese è una componente cruciale” del processo politico verso la soluzione dei due Stati.Quel che manca – un’altra volta – nelle conclusioni, è su quali leve spingere per far sì che Israele rientri nei paletti del diritto internazionale. Durante il vertice, è stato fatto il punto sull’Accordo di associazione Ue-Israele, la cui eventuale sospensione – richiesta da mesi da Spagna e Irlanda – avrebbe delle importanti ricadute sull’economia israeliana: “Il dibattito è iniziato a livello di ministri degli Affari esteri e non ho dubbi che continuerà nelle prossime settimane”, ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.A quanto si apprende, non è invece stata discussa la possibilità di interrompere la fornitura di armi a Tel Aviv. L’embargo sulle armi è una prerogativa dei singoli Paesi membri, ma l’Ue potrebbe imporlo introducendo apposite sanzioni, come fatto ad esempio con la Russia. L’idea, osteggiata in particolare dalla Germania, è stata suggerita più volte negli ultimi giorni da Parigi. “Non si può chiedere il cessate il fuoco e continuare a fornire armi a Israele“, ha dichiarato ancora ieri sera Macron.

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    Libano, scatta il ponte aereo umanitario dell’Ue

    Bruxelles – Via con il ponte aereo umanitario per il Libano. L’Unione europea si attiva per venire incontro alle esigenze della popolazione a seguito del deterioramento della situazione all’interno del Paese, e cercare così di puntellare uno Stato la cui stabilità è chiave per l’ordine regionale. Beni di prima necessità saranno inviati al Paese dei cedri attraverso tre voli da Dubai e Brindisi, il primo dei quali arriverà a Beirut l’11 ottobre. Obiettivo di questo ponte aereo umanitario la fornitura di articoli per l’igiene, prodotti medico-sanitari, medicinali coperte. Tutti beni forniti attraverso le scorte di proprietà dell’Ue, fanno sapere i servizi della Commissione europea.Tutte le forniture intendono offrire un sostegno “in particolare” agli sfollati. Sale così a 104 milioni di euro il contributo dell’Ue per gli aiuti umanitari per il Libano. Il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze dell’Ue rimane in stretto contatto con gli Stati membri e i partner umanitari per mobilitare ulteriori offerte. Il ponte aereo umanitario dell’Ue per il Libano è solo un ultimo tassello di una mobilitazione già offerta attraverso il meccanismo di protezione civile dell’Unione europea, con aiuti provenienti da Spagna, Slovacchia, Polonia, Francia e Belgio che sono già stati consegnati la scorsa settimana. Ulteriori aiuti dalla Grecia sono previsti “nei prossimi giorni”, fa sapere la Commissione europea.

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    L’Eurocamera alza bandiera bianca sul Medio Oriente. Niente risoluzione sull’escalation in Libano

    Bruxelles – Sul conflitto tra Israele e Hamas, l’Unione europea non è in grado di parlare in modo corale e con una voce unica. L’hanno dimostrato i leader immediatamente dopo l’attacco terroristico del 7 ottobre, con le fughe in avanti di Ursula von der Leyen non coordinate con il responsabile per gli Affari Esteri, Josep Borrell. L’hanno dimostrato i capi di stato e di governo dei 27, che si sono beccati per mesi sui termini esatti con cui chiedere una pausa nelle ostilità. Alla fine, getta la spugna anche il Parlamento europeo, che nella sessione plenaria del 7-10 ottobre rinuncia a trovare una sintesi comune sull’escalation del conflitto in Libano.Eppure, l’occasione – e l’urgenza – ci sarebbe eccome. Lunedì 7 ottobre marcherà il primo anniversario del conflitto e gli eurodeputati “discuteranno dell’attacco di Hamas che ha ucciso 1.200 israeliani e ha innescato la guerra a Gaza”. Martedì, un secondo dibattito sul Medio oriente sarà incentrato sugli ultimi sviluppi in Libano e sull’allargamento delle ostilità all’Iran. Ma la conferenza dei Presidenti, l’organo che riunisce i leader dei gruppi politici e la presidente dell’Eurocamera e che fissa l’agenda della sessione plenaria, ha deciso che entrambi i dibattiti non prevederanno una risoluzione comune da mettere ai voti.Troppo divisivo il tema, meglio non darsi battaglia su un testo che potrebbe alla fine non piacere a nessuno. Ma il paradosso è che tutti a Bruxelles sono d’accordo sul fatto che l’Unione europea dovrebbe far sentire il proprio peso sulla crisi in Medio oriente e giocare un ruolo di rilievo per una soluzione diplomatica.Ne è convinta Annalisa Corrado, eurodeputata del Partito democratico, secondo cui “avere una risoluzione sarebbe molto importante” perché “c’è necessità che l’Ue faccia sentire la propria voce in maniera forte”. Dello stesso avviso Ignazio Marino, capodelegazione dei Verdi italiani a Bruxelles: “È vergognoso che non ci sia una risoluzione”, ha dichiarato l’ex sindaco di Roma, avvertendo che “l’assoluta timidezza dell’Europa la condannerà a essere insignificante“. Anche Valentina Palmisano, eurodeputata del Movimento 5 Stelle, ha criticato la mancanza di coraggio dei colleghi all’Eurocamera quando si tratta di trovare le parole giuste per deplorare tanto il terrorismo di Hamas ed Hezbollah quanto “gli attacchi fondati sul terrore” di Israele a Gaza. “Mi piacerebbe che l’Europa non avesse timore a condannare questi atti”, ha affermato Palmisano.Ha ridimensionato la questione Giovanni Crosetto, deputato europeo di Fratelli d’Italia, secondo cui la mancanza di un testo comune nonostante i due dibattiti si spiega un po’ perché “siamo in un momento di transizione della legislatura”, un po’ perché “siamo in un momento di escalation e non è facile esprimersi”.L’ultima volta che il Parlamento europeo ha detto la sua sul Medio Oriente è stato all’indomani della rappresaglia dell’Iran contro Israele per il bombardamento del consolato iraniano a Beirut, nell’aprile 2024. Gli eurodeputati avevano condannato fermamente il lancio di droni e missili da parte di Teheran verso il territorio israeliano, e criticato la violazione del sito diplomatico iraniano da parte di Tel Aviv. Ma il difficile viene quando si parla della carneficina israeliana a Gaza. Lo scorso gennaio, gli eurodeputati si erano faticosamente accordati – e non senza polemiche – su un testo dettato dai popolari, che chiese il cessate il fuoco nella Striscia a condizione che venissero rilasciati tutti gli ostaggi israeliani e smantellata Hamas.Se Gaza è il problema, tanto meglio levare ogni riferimento all’enclave palestinese. Non si può non notare che in entrambi i titoli dei dibattiti che si terranno nell’Aula di Strasburgo manca del tutto la parola ‘Gaza’. Anche su questo, l’Eurocamera ha bisticciato. I socialdemocratici avevano chiesto di citare l’enclave palestinese almeno nel titolo del dibattito sugli sviluppi in Libano e nella regione, ma l’estrema destra e i popolari si sono opposti.

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    L’Ue annuncia altri 30 milioni di aiuti umanitari in Libano. E Borrell condanna i nuovi raid israeliani sugli operatori sanitari

    Bruxelles – La Commissione europea stanzierà ulteriori 30 milioni di euro per gli aiuti umanitari in Libano, che si aggiungono ai 10 milioni già annunciati il 29 settembre. Secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Iom), sono già più di 130 mila i nuovi sfollati interni a causa dei bombardamenti israeliani dell’ultima settimana. Da ottobre 2023, circa 350 mila, di cui il 35 per cento bambini.Nel solo settembre 2024, le vittime causate dai raid di Israele sarebbero già più di mille. Ed oltre 8 mila i feriti. L’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, ha condannato l’uccisione, la scorsa notte, di sette persone nel centro di Beirut, tra cui alcuni paramedici. “Le Forze di difesa israeliane hanno nuovamente preso di mira gli operatori sanitari durante la notte”, ha denunciato il capo della diplomazia Ue. In “violazione del diritto internazionale umanitario”.Secondo quanto riferito dal direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, nelle ultime 24 ore sarebbero stati uccisi ventotto operatori sanitari in Libano. I pacchetti di emergenza stanziati dall’Ue – che nel corso del 2024 hanno raggiunto il valore di 104 milioni di euro – sono destinati a fornire “assistenza alimentare urgente, alloggi e assistenza sanitaria, oltre ad altri aiuti essenziali”. Il Libano ha inoltre richiesto l’attivazione del Meccanismo di protezione civile dell’Ue, attraverso il quale la Commissione sta facilitando l’invio di ulteriore assistenza dai Paesi membri. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si è detta “estremamente preoccupata per la costante escalation di tensioni in Medio Oriente”.Tel Aviv strappa con l’Onu: Guterres “non è degno” di entrare in IsraeleNel frattempo lo Stato ebraico ha dichiarato “persona non grata” il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. “Un segretario generale che odia Israele, che dà sostegno a terroristi, stupratori e assassini. Guterres sarà ricordato come una macchia nella storia delle Nazioni Unite”, è la gravissima accusa del ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, al segretario dell’Onu. Reo secondo Israele di non aver “condannato inequivocabilmente l’attacco criminale dell’Iran contro Israele”. Guterres non potrà più mettere piede sul territorio di Israele.Un altro strappo durissimo – l’ennesimo, dal 7 ottobre scorso – da parte di Tel Aviv nei confronti della comunità internazionale. Borrell è immediatamente accorso in supporto a Guterres: “Sosteniamo il Segretario generale delle Nazioni Uniti nei suoi instancabili sforzi per raggiungere la pace in tutti i conflitti e in particolare in Medio Oriente. Deploriamo gli attacchi ingiustificati contro di lui, nonché il numero inaccettabile di vittime tra gli operatori umanitari delle Nazioni Unite”, ha commentato con un post su X.