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    Allargamento UE, la Serbia e quella pericolosa alleanza con Orbán: “Belgrado può contare sul sostegno dell’Ungheria”

    Bruxelles – Viktor Orbán non sta godendo di un momento di grande popolarità nell’Unione Europea, per usare un eufemismo. La legge anti-LGBT+ del premier ultra-conservatore ungherese è da settimane al centro di una bufera tra le istituzioni europee che coinvolge direttamente il rispetto dello Stato di diritto nel Paese. Ma, proprio nel giorno in cui è entrata in vigore quella legge “vergognosa” – come l’ha definita la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen – c’è un Paese che ha deciso di riceverlo con tutti gli onori del caso: la Serbia. In maniera quasi beffarda, proprio quella Serbia che sta negoziando con Bruxelles l’adesione all’Unione Europea e che è al centro della politica di allargamento dell’Unione nei Balcani occidentali.
    Questa mattina (giovedì 8 luglio) Orbán è arrivato a Belgrado con il ministro degli Esteri, Peter Szijjarto (che ha ricevuto l’Ordine della bandiera serba, un’onorificenza statale), e a altri componenti del governo ungherese. Dopo essere stato accolto all’aeroporto della capitale da Nikola Selaković, ministro degli Esteri serbo, il premier magiaro si è incontrato con il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić. I due leader politici sono legati da stima reciproca e da un rapporto che ormai si è trasformato in amicizia e non sono rare le visite nei rispettivi Paesi. In particolare Vučić non ha mai nascosto la sua ammirazione per Orbán, preso a modello come uomo forte all’interno dell’UE: “È un veterano della politica europea”.
    Allo stesso tempo, il primo ministro ungherese guarda con interesse all’allargamento dell’Unione nei Balcani occidentali, come potenziale bacino di influenza e di possibili partner futuri a Bruxelles. Vanno in questa direzione le parole di supporto all’adesione della Serbia, pronunciate nel corso della conferenza stampa congiunta post-vertice: “La Serbia è un Paese chiave per la stabilità della regione balcanica, allo stesso modo della Polonia nell’Europa centrale“. Il riferimento all’Est Europa non è casuale. Polonia e Ungheria fanno entrambe parte del Gruppo di Visegrád (con Repubblica Ceca e Slovacchia) e stanno dando grossi grattacapi a Bruxelles: dalla minaccia prolungata di veto per il vincolo sullo Stato di diritto sull’approvazione del bilancio pluriennale UE 2021-2027 e del Recovery Fund, alla violazione dell’indipendenza del sistema giudiziario, fino alla questione del mancato rispetto dei diritti LGBT+.
    “Fino a quando non sarà integrata la Serbia nell’Unione Europea, i Balcani occidentali non lo saranno“, ha sottolineato con forza Orbán, che poi ha utilizzato i suoi consueti toni aggressivi nei confronti delle istituzioni europee: “La Serbia è un Paese chiave e questo l’UE lo deve capire“. Tanto che, secondo lui, “è più nel suo interesse avere con sé la Serbia, piuttosto che di Belgrado entrare nell’Unione”. Per questo motivo “Belgrado può contare sul nostro sostegno, come Budapest conta su di voi“, ha concluso a effetto l’ospite ungherese.

    Мађарска влада и премијер Виктор Орбан су прави пријатељи Србије. Мађарска ће увек моћи да рачуна на српско пријатељство.https://t.co/JuMfYiRKnP pic.twitter.com/oxPljPQBkl
    — Александар Вучић (@avucic) July 8, 2021

    Lusinghe che non hanno lasciato indifferente il presidente serbo: “Molti dicono di appoggiare il percorso della Serbia verso l’integrazione nell’Unione, ma sono pochi quelli che lo fanno apertamente e con coraggio, disposti anche a incassare critiche, come lo fate voi”. È così che si rinsalda “l’amicizia” tra ungheresi e serbi, almeno di alto vertice. Senza dimenticare l’aspetto commerciale, con l’Ungheria al quinto posto tra i partner commerciali della Serbia, delle infrastrutture (è in cantiere un progetto di linea ferroviaria veloce tra le due capitali) e la comunione di visioni: “Le nostre minoranze godono di pieni diritti senza alcun problema di convivenza interetnica”, ha rivendicato Vučić.
    Curiosamente, è passato invece sotto silenzio il tema dei diritti LGBT+. In Serbia si attende ancora l’approvazione della legge sull’istituto del partenariato, vale a dire il riconoscimento delle coppie dello stesso sesso. Non è equiparabile al matrimonio – riservato solo alle coppie eterosessuali – ma garantirà diritti sul fronte dell’eredità, delle assicurazioni e dell’acquisto di immobili. Come in Italia, invece, non permetterà le adozioni. Mentre in Ungheria ieri è stata punita con una multa di 700 euro la pubblicazione di un libro di fiabe della Rainbow Families Foundation che raffigurava al suo interno anche alcune famiglie arcobaleno. Sarebbe interessante conoscere l’opinione della premier serba, Ana Brnabić, omosessuale dichiarata che ogni anno sfila al Pride di Belgrado, sull’amicizia tra Serbia e Ungheria e sui rischi che il Paese corre nel seguire questo alleato sulla strada del mancato rispetto dei diritti dei cittadini.

    Trovi un ulteriore approfondimento nella newsletter BarBalcani, curata da Federico Baccini

    Proprio nel giorno dell’entrata in vigore della legge anti-LGBT+ al centro delle polemiche a Bruxelles, il premier ungherese è stato ospitato dal presidente Vučić: “Sono pochi quelli che ci appoggiano come fate voi”