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    Fondi alla Tunisia per rimpatri e frontiere dure. Ma l’Ue non ha nulla da dire sulla teoria della “sostituzione etnica” di Saïed

    Bruxelles – Un partenariato che dovrebbe spianare la strada per altri accordi con la regione nord-africana in materia di migrazione, ma che a nemmeno 24 ore dalla firma del memorandum d’intesa già pone grosse perplessità sul rispetto dei valori fondanti dell’Unione Europea. La Tunisia riceverà da Bruxelles 105 milioni di euro per rimpatri e rafforzamento delle proprie frontiere esterne, ma quello che fa davvero rumore è che nessuno dei tre leader Ue recatisi ieri (16 luglio) a Tunisi – la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, la prima ministra italiana, Giorgia Meloni, e l’omologo olandese, Mark Rutte – abbia avuto qualcosa da dire sulle parole razziste e complottiste del presidente tunisino, Kaïs Saïed, a proposito delle persone migranti di Paesi terzi africani sul proprio territorio nazionale e sulle accuse contro le Ong europee di “diffondere fake news” su di lui e sulle violenze nel Paese.
    Da sinistra: il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Tunisia, Kaïs Saïed, e la prima ministra dell’Italia, Giorgia Meloni, a Tunisi (16 luglio 2023)
    “La Tunisia ribadisce la sua posizione di non essere un Paese di insediamento per i migranti irregolari, ribadisce inoltre la sua posizione di presidiare solo le proprie frontiere”, si legge nel memorandum d’intesa Ue-Tunisia. “Questo approccio si baserà sul rispetto dei diritti umani e comprenderà la lotta contro le reti criminali di trafficanti di migranti e di esseri umani”, ma soprattutto “lo sviluppo di un sistema di identificazione e di rimpatrio dei migranti irregolari già presenti in Tunisia verso i loro Paesi di origine“. È proprio questo il tema su cui si gioca tutta la credibilità dell’Unione, considerato il fatto che negli ultimi mesi il leader tunisino ha aumentato i suoi attacchi contro le persone migranti in arrivo sul territorio nazionale dall’Africa sub-sahariana, mettendo in campo una retorica complottista di estrema destra basata sulla teoria della ‘sostituzione etnica’. Già in occasione di un consiglio di sicurezza nazionale a febbraio aveva parlato di “orde di immigrati clandestini” la cui presenza in Tunisia sarebbe dettata dalla “volontà di renderci solo un altro Paese africano e non un membro del mondo arabo e islamico”.
    Prima, durante e dopo i due incontri in poco più di un mese che gli stessi tre leader europei hanno avuto a Tunisi con Saïed non è mai arrivata alcuna reazione da Bruxelles a parole che sono chiaramente contrarie ai valori promossi dall’Unione Europea di non-discriminazione e anti-razzismo, ma che soprattutto hanno creato in Tunisia un clima favorevole per gli attacchi fisici su queste persone, soprattutto nella città costiera di Sfax. E nel corso della conferenza stampa svoltasi al termine della cerimonia di firma del memorandum d’intesa sono rimaste senza risposta le accuse rivolte dallo stesso leader tunisino alle Ong che operano nel Mar Mediterraneo di veicolare un’immagine negativa del Paese e della sua leadership, sempre come parte di un grande progetto complottista: “I tunisini hanno provveduto con rifugi e tutto quello che potevano aspettarsi queste persone migranti, con grande ospitalità e generosità illimitata”, ha attaccato Saïed, puntando il dito sul “ruolo giocato da molte organizzazioni umanitarie con le loro dichiarazioni e con fake news e notizie distorte per gettare discredito sui tunisini e sul Paese in generale“. Nessuna presa di distanza, nessuna precisazione, nessuna parola di sostegno ai professionisti europei che lavorano per la difesa dei diritti umani da parte di von der Leyen, Meloni o Rutte, in particolare rivelando deportazioni dalle coste tunisine al deserto al confine con la Libia.
    (credits: Fethi Belaid / Afp)
    Al contrario l’Unione è pronta a mettere sul piatto un pacchetto da 105 milioni di euro, da dividere tra circa 60 milioni per il rafforzamento delle frontiere esterne e altri 15 milioni per i rimpatri, fanno sapere fonti Ue (non si sa nel dettaglio cosa prevedano i restanti 30 milioni). Sono confuse le informazioni che arrivano sia sul piano delle modalità di esborso dei fondi – se attraverso emendamenti ai fondi Ue con la proposta di revisione del bilancio pluriennale presentato poche settimane fa, o attraverso programmi di lavoro ad hoc – ma soprattutto sulla suddivisione dei finanziamenti sul rimpatrio. Il testo ufficiale non chiarisce nulla di tutto questo, ma fonti riferiscono che i 15 milioni di euro saranno destinati per rimpatriare nei propri Paesi di origine (prevalentemente sub-sahariani) circa seimila persone che attualmente risiedono in modo irregolare in Tunisia. Si tratta di una chiara concessione al presidente Saïed, a cui si aggiunge un ulteriore punto segnato dall’uomo forte di Tunisi nell’aver messo nero su bianco che i rimpatri dai Paesi membri Ue alla Tunisia potranno riguardare solo cittadini di nazionalità tunisina. “Non accetteremo mai di essere i guardiani dei confini di nessun Paese, né accetteremo l’insediamento di migranti sul nostro territorio”, era il punto di partenza di Saïed. Ed è stato anche quello di arrivo, a dispetto di quanto Paesi come l’Italia vorrebbero fare attraverso il concetto di ‘Paese terzo sicuro’ nel futuro Patto migrazione e asilo.
    Cosa prevede il memorandum Ue-Tunisia sulla migrazione
    “Le due parti convengono di continuare a collaborare per affrontare le sfide poste dall’aumento della migrazione irregolare in Tunisia e nell’Ue, riconoscendo gli sforzi compiuti e i risultati ottenuti dalle autorità tunisine”, è quanto hanno concordato i quattro leader a Tunisi, con un rapido riferimento al “coordinamento delle operazioni di ricerca e salvataggio in mare” e l’attuazione di “misure efficaci per combattere il traffico di migranti e la tratta di esseri umani”. Da una parte l’Unione Europea fornirà un “adeguato sostegno finanziario supplementare” per appalti, formazione e supporto tecnico “necessari per migliorare ulteriormente la gestione delle frontiere tunisine”. E poi c’è, appunto, la questione dei rimpatri. Bruxelles sosterrà Tunisi nell’attuazione del memorandum “in contesti bilaterali con gli Stati membri” dell’Ue, ma soprattutto offrirà sostegno sia per il rimpatrio dalla Tunisia verso i Paesi d’origine delle persone che attualmente risiedono nel Paese in modo irregolare “in conformità con il diritto internazionale e nel rispetto della loro dignità”, sia dall’Ue verso dalla Tunisia solo “dei cittadini tunisini in situazione irregolare”, con tutto ciò che riguarda i cittadini di Paesi terzi emendato dal testo.
    Nel capitolo del memorandum sulla gestione della migrazione trova spazio anche la “promozione di canali legali, comprese le opportunità di lavoro stagionale” e le opportunità di “mobilità internazionale a tutti i livelli di qualificazione”. L’impegno dell’Unione è quello di mettere in campo “misure appropriate per facilitare la mobilità legale tra le due parti, anche agevolando la concessione dei visti riducendo i ritardi, i costi e le procedure amministrative“, mentre il lavoro congiunto dovrebbe concentrarsi sull’attuazione di un “Partenariato dei talenti nell’interesse di entrambe le parti, in base alle esigenze reciproche della Tunisia e degli Stati membri dell’Ue, e a beneficio dei settori di attività e dei mestieri identificati congiuntamente”.

    Nel memorandum d’intesa firmato a Tunisi sono previsti 105 milioni di euro per la gestione della migrazione, anche se non è chiaro come saranno sborsati. Oltre alle dichiarazioni di circostanza, fa rumore l’assenza di reazioni al complottismo e le accuse alle Ong del presidente tunisino

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    Fumata bianca a Tunisi. Intesa tra l’Ue e il presidente Saïed su migranti, assistenza macro-finanziaria ed energia

    Bruxelles – La firma tanto attesa con la Tunisia è arrivata. La partnership “modello” per i rapporti con i vicini del Nord Africa è stata messa nero su bianco ieri sera (16 luglio) a Tunisi, dal trio Ue formato dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, dalla prima ministra italiana, Giorgia Meloni, dall’omologo olandese, Mark Rutte, e dal presidente tunisino, Kaïs Saïed. Cinque pilastri, dallo sviluppo economico alla cooperazione energetica, fino alla migrazione. L’asse principale rimane l’assistenza macro-finanziaria a un Paese a rischio default, ma l’accordo politicamente più significativo riguarda la mobilitazione immediata di fondi europei per rafforzare la lotta alla migrazione irregolare e aumentare i rimpatri.
    A distanza di oltre un mese dalla dichiarazione di intenti firmata lo scorso 11 giugno, il memorandum d’intesa siglato al Palazzo di Cartagine è l’ultimo step prima di rendere effettivamente operativo il pacchetto di partenariato globale tra Bruxelles e Tunisi. Le trattative, proseguite non senza difficoltà a causa dell’oltranzismo di Saied, che ha cercato il più possibile di giocare al rialzo facendo leva sulla minaccia di un ulteriore aumento di sbarchi ai confini europei, alla fine non hanno ridimensionato i termini dell’accordo. Tranne che su un punto: come gridato a più riprese dal leader tunisino, nel documento si afferma che “la Tunisia ha ribadito di non essere un Paese d’installazione di migranti irregolari”, e che “vigilerà solo sulle proprie frontiere”.
    Un miliardo di assistenza macro-finanziaria, ma Saied deve chiudere con l’Fmi
    Quattro dei cinque pilastri del pacchetto sono rimasti pressoché invariati. Quello sull’assistenza macro-finanziaria prevede l’erogazione urgente di 150 milioni di euro per rimpinguare le casse tunisine e 900 milioni che restano vincolati allo sblocco del maxi-prestito da 1,9 miliardi che il Fondo Monetario Internazionale sta negoziando con Saïed dallo scorso ottobre. Per ricevere il finanziamento e scongiurare il rischio bancarotta del Paese, in cui da mesi l’inflazione viaggia sul 10 per cento e il tasso di disoccupazione supera il 17 per cento, il presidente dovrebbe avviare una serie di riforme impopolari, come richiesto dall’Fmi. Ma fino ad ora non ne vuole sapere.
    Le due parti si impegnano inoltre ad approfondire le relazioni economiche e commerciali, con una particolare enfasi sulla doppia transizione verde e digitale. L’Ue conta su Tunisi per ampliare il proprio portafoglio energetico e mira a “rafforzare le infrastrutture” tunisine per “rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e fornire ai cittadini e alle imprese energia a basse emissioni di carbonio a prezzi competitivi”. In vista c’è la sovvenzione da 307,6 milioni di euro per la realizzazione di una prima interconnessione tra Italia e Tunisia con un cavo elettrico sottomarino ad alta tensione. Si chiama interconnettore Elmed, assegnato nell’ambito dell’Interconnection in Europe Facility per collegare i due lati del Mediterraneo e “rafforzare la rispettiva sicurezza energetica”.
    Accordo confermato anche sulla cosiddetta partnership per i Talenti, con l’obiettivo di promuovere percorsi regolari per la migrazione e stimolare una maggiore mobilità a “tutti i livelli di competenza”. Opportunità di lavoro stagionale in Europa e formazione tecnica e professionale per rafforzare le competenze della forza lavoro tunisina al fine di “sostenere lo sviluppo economico della Tunisia a livello nazionale, regionale e locale”.
    Fondi Ue per rimpatri dalla Tunisia ai Paesi d’origine
    Il piano iniziale di Bruxelles per fare di Tunisi una sorta di piattaforma dove rispedire migranti irregolari da Paesi terzi – con l’idea di sottoporli alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano e di riprendere solamente coloro a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo – è saltato. La Tunisia riaccoglierà soltanto i propri cittadini e l’Europa pagherà i rimpatri di migranti sub-sahariani dal territorio tunisino, per alleggerire la pressione sul Paese che promette di stringere le maglie sulle partenze. Dei 105 milioni di euro che l’Ue mobiliterà per la migrazione, 60 saranno destinati a rafforzare le capacità delle autorità tunisine nel controllare i confini e intercettare i migranti, mentre secondo fonti europee 15 milioni copriranno i rimpatri di seimila migranti sub-sahariani dal territorio tunisino. 2,500 euro a persona. Al momento la Commissione europea non ha reso noto nel dettaglio come saranno ripartiti i restanti 30 milioni dedicati alla migrazione.
    Il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, firma il memorandum d’intesa con la Tunisia (16 luglio 2023)
    Il memorandum sbriga in una riga le preoccupazioni sollevate da diversi media e organizzazioni internazionali sul trattamento riservato alle persone migranti in Tunisia. “Il nostro approccio sarà basato sul rispetto dei diritti umani“, aggiungendo che i rimpatri saranno attuati nel “rispetto del diritto internazionale e della dignità dei migranti”. A onor del vero, ancora meno hanno detto von der Leyen, Meloni e Rutte durante la pseudo conferenza stampa con Saïed, in un Palazzo di Cartagine chiuso ai media. Nessun accenno alla questione, nonostante ancora una volta Saïed abbia parlato di “trasferimento [di persone migranti, ndr] organizzato da alcune reti criminali”, rispolverando la teoria complottista della grande sostituzione che negli ultimi tempi in Tunisia ha fomentato episodi di violenza contro migranti sub-sahariani. E nonostante le ricostruzioni di diversi media e Ong, che hanno rivelato le deportazioni di migranti dalle coste tunisine al deserto al confine con la Libia, dove sono stati lasciati senza acqua e cibo.

    Von der Leyen, Meloni e Rutte finalizzano il memorandum d’intesa. Pronti 150 milioni di supporto alle casse nazionali e 105 per la migrazione, di cui 60 milioni per il controllo delle frontiere e 15 destinati al rimpatrio dalla Tunisia di circa seimila persone verso i Paesi dell’Africa sub-sahariana

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    È stallo sul memorandum d’intesa con la Tunisia. Nuova missione di von der Leyen, Meloni e Rutte

    Bruxelles – Che le parti non fossero così vicine si era percepito dal silenzio delle ultime due settimane, dopo che all’ultimo Consiglio Europeo del 29-30 giugno i leader Ue avevano dato ormai per chiuso l’accordo con la Tunisia. Ma ora arriva la conferma. C’è bisogno di una nuova missione di Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni e Mark Rutte per “portare il lavoro a un passo successivo”.
    Da sinistra: il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Tunisia, Kais Saied, e la prima ministra dell’Italia, Giorgia Meloni, a Tunisi (11 giugno 2023)
    La presidente della Commissione Europea, accompagnata dai primi ministri di Italia e Olanda, incontrerà il presidente tunisino, Kais Saied, domenica pomeriggio (14 luglio), in un secondo round dopo la prima visita congiunta dello scorso 11 giugno. Un mese fa i tre avevano concordato con le autorità tunisine di portare avanti il lavoro su un pacchetto di partenariato globale fondato su cinque pilastri: sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti. L’obiettivo di Bruxelles era firmare il memorandum d’intesa sulla partnership prima del vertice dei 27 leader europei di fine giugno. Alla vigilia del Consiglio Ue il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, era pronto a volare a Tunisi per finalizzarlo ma – non senza imbarazzo – ha dovuto annullare la trasferta a causa delle celebrazioni della festa islamica del sacrificio. Il motivo sembra però essere piuttosto l’assenza di un accordo definitivo: “Le discussioni sono ancora in corso“, ha ammesso oggi (14 luglio) la portavoce della Commissione Ue, Dana Spinant.
    In base ai termini attuali dell’accordo, l’Ue sarebbe pronta a mobilitare immediatamente 150 milioni di euro di supporto al budget di Tunisi e 105 milioni per la gestione della migrazione, di cui 60 per il controllo dei confini. E 900 milioni di euro di assistenza macrofinanziaria, vincolati allo sblocco del maxiprestito da 1,9 miliardi che il Fondo Monetario Internazionale sta negoziando con Saied dallo scorso ottobre. In cambio dell’impegno del presidente tunisino a continuare a fermare le partenze dei barconi e a trasformare la Tunisia in una sorta di piattaforma dove rispedire le persone migranti che arrivano in modo irregolare, che verrebbero sottoposte alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano. Le persone migranti a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo verrebbero ripresi dagli Stati membri, gli altri resterebbero in Tunisia.
    L’accordo con Saied e le violazioni dei diritti umani in Tunisia
    Ma una fetta importante della popolazione locale non vuole le persone migranti subsahariane. E il populista Saied lo sa, tant’è che da mesi soffia sul fuoco del malcontento nazionale con pericolose dichiarazioni pubbliche. A febbraio aveva evocato la teoria complottista della sostituzione etnica, per poi ribadire a più riprese che la Tunisia “non accetterà mai di essere il guardiano dei confini di nessun Paese, né accetterà l’insediamento di migranti sul proprio territorio”. Da settimane si succedono episodi di violenza nei confronti di persone migranti, soprattutto nella zona di Sfax, città da cui partono la maggior parte delle imbarcazioni dirette verso l’Italia. E le autorità tunisine, per abbassare la tensione, stanno deportando centinaia di migranti verso la zona desertica al confine con la Libia, lasciandoli alla mercé di gruppi armati e trafficanti.
    La prima ministra italiana, Giorgia Meloni, e il presidente della Tunisia, Kais Saied, a Tunisi (11 giugno 2023)
    C’è da chiedersi se l’Unione Europea chiuderà un occhio sul rispetto dei diritti umani, mettendoli sull’altare della riduzione della pressione migratoria ai propri confini. Bruxelles è già stata avvisata dall’inviato speciale per il Mediterraneo Centrale e Occidentale dell’Unhcr, Vincent Cochetel, sul fatto che qualsiasi accordo sulla migrazione con Saied “deve essere fermato senza un effettivo rispetto dei diritti di migranti e richiedenti asilo”. Dalla Commissione Ue assicurano che “il partenariato con la Tunisia è basato ovviamente sul rispetto dei diritti dell’uomo e della dignità dei migranti” e che l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, è pronto a sollevare il tema in occasione del prossimo Consiglio d’Associazione Ue-Tunisia. Che potrebbe tenersi entro la fine dell’anno, ma ancora non c’è alcuna data.

    L’obiettivo iniziale era di finalizzare l’accordo prima del Consiglio Europeo di fine giugno, ma la data continua a slittare. Nel Paese nord-africano aumentano le tensioni tra popolazione locale e persone migranti subsahariane: per l’Unhcr l’Ue non può ignorare il rispetto dei diritti umani

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    La commissaria Johansson è in Tunisia per spingere la cooperazione sulla migrazione e le riforme chieste dall’Fmi

    Bruxelles – La Commissione Europea torna in Tunisia, un mese dopo. La titolare per gli Affari interni, Ylva Johansson, è a Tunisi per una serie di incontri con i membri del governo per cercare di rafforzare la cooperazione su due temi principali: migrazione e stabilità socio-economica del Paese, con l’accento posto sul programma di riforme da accettare per sbloccare un finanziamento da 1,9 miliardi di dollari. Ma, a differenza di quanto anticipato a margine dell’ultimo Consiglio Europeo di marzo dalla stessa commissaria Johansson, si tratta di un viaggio in solitaria: nessun membro del governo italiano o di quello francese l’ha accompagnata a Tunisi.
    “La commissaria Johansson è in Tunisia, in una della serie di missioni nel Paese da parte della Commissione”, ha annunciato oggi (26 aprile) nel corso del punto quotidiano con la stampa europea la portavoce responsabile per gli Affari interni, Anitta Hipper, facendo riferimento anche a quella del commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, dello scorso 27 marzo. Interpellata dai giornalisti sull’assenza di ministri italiani e francesi, la portavoce dell’esecutivo comunitario non ha risposto nel merito, sottolineando invece che “la visita rafforzerà il partenariato strategico nell’ambito di un approccio Team Europe”. Da Roma invece i portavoce del ministro per gli Interni, Matteo Piantedosi (il più quotato insieme all’omologo francese, Gérald Darmanin), smentiscono impegni istituzionali del Viminale a Tunisi per oggi: “Non era previsto e non va, la commissaria rappresenta tutti gli Stati membri“, è il commento rilasciato a Eunews, con la precisazione che i contatti bilaterali tra il ministro e la Tunisia “sono costanti”.
    Per quanto riguarda l’agenda della commissaria Johansson, nel corso della visita incontrerà il ministro dell’Interno, Kamel Feki, degli Affari sociali, Malek Ezzah, e degli Affari Esteri, Nabil Ammar, con le discussioni che si concentreranno sulla “lotta congiunta al traffico di migranti per contribuire alla prevenzione della migrazione irregolare, ai rimpatri e alla reintegrazione, garantendo la protezione dei migranti più vulnerabili e la migrazione legale”, rende noto la Commissione Ue. Sul tavolo c’è l’intenzione di definire un partenariato operativo contro il traffico di esseri umani, con l’obiettivo di “prevenire le partenze e le perdite di vite umane e aumentare i rimpatri”, di fronte a un aumento di partenze irregolari – oltre 30 mila dall’inizio dell’anno – dal Paese nord-africano che sta affrontando una situazione economica disastrosa.
    La Tunisia tra crisi politica e prestiti dell’Fmi
    A questo proposito, la questione migratoria si lega strettamente alla crisi politica in Tunisia, legata all’autoritarismo crescente del presidente Kais Saied. Mentre da mesi sono in corso le repressioni delle manifestazioni popolari (che hanno portato pochi giorni fa all’arresto di Rached Ghannouchi, leader del principale partito di opposizione Ennahda, islamista e moderato), il 6 aprile Saied ha respinto le condizioni del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) per l’erogazione di un finanziamento da 1,9 miliardi di dollari. “Stiamo aspettando che la Tunisia chiuda l’accordo con l’Fmi per procedere con un potenziale ulteriore pacchetto di assistenza macro-finanziaria da parte dell’Ue“, ha confermato alla stampa la portavoce per i Partenariati internazionali, Ana Pisonero, il contenuto del non-paper fatto circolare tra i Ventisette la settimana scorsa. Il valore del pacchetto non è stato reso noto, ma è stato sottolineato con forza che l’accordo sul programma di riforme economiche e politiche richieste dal Fondo Monetario Internazionale è una “pre-condizione” per qualsiasi altro supporto oltre a quello bilaterale Ue-Tunisia.
    La stessa portavoce della Commissione ha ricordato che per il periodo 2021-2024 l’assistenza bilaterale prevista per Tunisi è di 600 milioni di euro e con tre priorità fondamentali: “Buona governance e Stato di diritto, stimolo alla crescita economica e rafforzamento della coesione sociale”. A oggi è stato già adottato un primo programma dal valore di 50 milioni per l’azione ambientale, un altro per mitigare le conseguenze della pandemia Covid-19 da 100 milioni di euro e infine un ultimo programma di supporto all’educazione e alla sicurezza alimentare.

    La titolare per gli Affari interni dell’esecutivo Ue incontrerà i membri del governo tunisino ma senza la ‘scorta’ italiana o francese (come annunciato). Pronto a un pacchetto di assistenza macro-finanziaria per Tunisi, se accetterà il piano di riforme del Fondo Monetario Internazionale

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    Tunisia, nel pieno della crisi politica scatenata dal presidente Saïed, l’UE predica calma: “Ripristinare stabilità istituzionale”

    Bruxelles – L’Unione Europea segue “con la massima attenzione” la situazione in Tunisia, dopo gli eventi che hanno portato domenica (25 luglio) alla rimozione del capo del governo e la sospensione dei lavori del Parlamento nazionale da parte del presidente della Repubblica, Kaïs Saïed.
    Attraverso una dichiarazione dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, l’UE ha espresso le proprie preoccupazioni senza sbilanciarsi – per il momento – su condanne o messaggi di sostegno: “Chiediamo il ripristino della stabilità istituzionale” e in particolare “la ripresa dell’attività parlamentare, il rispetto dei diritti fondamentali e l’astensione da ogni forma di violenza”.
    Quella che è a tutti gli effetti la più grave crisi politica nel Paese dalla rivoluzione del 2011 rappresenta anche il punto culminante di un duro scontro tra il presidente Saïed, eletto nell’ottobre 2019, e il governo guidato dal partito islamista moderato Ennahda: Hichem Mechichi è il terzo primo ministro destituito in poco più di un anno. La paralisi politica non sta aiutando a sbloccare le riforme necessarie per rilanciare un’economia stagnante, mentre la Tunisia si trova a fare i conti anche con le conseguenze economiche e sociali di una gestione disastrosa della pandemia COVID-19 (su 11,6 milioni di abitanti, 573 mila persone sono state contagiate e quasi 19 mila sono decedute, mentre solo il 10 per cento della popolazione è stato vaccinato).
    Dopo la mossa del presidente della Repubblica, il leader di Ennahda – e fino a domenica presidente del Parlamento – Rached Ghannouchi, ha chiamato i sostenitori a scendere nelle strade per difendere il governo democraticamente eletto da un “colpo di Stato”. Da parte sua, Saïed ha rivendicato l’esercizio dell’articolo 80 della Costituzione, che permette alla presidenza della Repubblica di “prendere misure eccezionali” in caso di “pericolo imminente che minaccia le istituzioni della nazione e il funzionamento regolare dei poteri pubblici”. Tuttavia, su questo punto ci sono diversi dubbi interpretativi, dal momento in cui dall’entrata in vigore della Carta (nel 2014) a oggi non è mai stata istituita la Corte Costituzionale, che dovrebbe autorizzare le “misure eccezionali” del presidente.
    Dopo aver silurato anche il ministro della Difesa, Brahim Berteji, e la ministra della Giustizia, Hasna Ben Slimane, il presidente Saïed ha voluto rassicurare i tunisini, rivolgendo un appello alla non-violenza e affermando che “lo Stato c’è, non ci saranno violazioni di diritti e libertà”. In realtà sembra più trattarsi di una comunicazione al Fondo monetario internazionale, con cui da giugno Tunisi sta trattando un nuovo piano di aiuti per evitare il default, e all’Unione Europea, che lo scorso 31 maggio ha approvato un’assistenza macro-finanziaria da 300 milioni di euro complessivi per affrontare la crisi post-COVID.
    Non è un caso se nella dichiarazione dell’alto rappresentante Borrell è stato ricordato il “notevole sostegno” alla Tunisia da parte dei Ventisette. Anche per questo motivo Bruxelles “segue con la massima attenzione gli sviluppi in Tunisia”, richiamando le “radici democratiche” del Paese, ma anche il “rispetto dello Stato di diritto, della Costituzione e del quadro legislativo”. Per Borrell “la salvaguardia della democrazia e la stabilità del Paese sono prioritarie“.
    Per il momento Bruxelles predica la calma e non si sbilancia oltre. Incalzata dalle domande dei giornalisti durante il punto quotidiano con la stampa, la portavoce per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Nabila Massrali, ha spiegato che “a questo stadio della crisi, è opportuno attenerci e non andare oltre il contenuto della dichiarazione” dell’alto rappresentante Borrell, che proprio nel pomeriggio di ieri “si è confrontato con il ministro degli Esteri tunisino, Othman Jerandi“.

    Dopo la rimozione del premier e la sospensione dei lavori del Parlamento per volontà del capo dello Stato, l’alto rappresentante Borrell ha avvertito che Bruxelles seguirà “con la massima attenzione” gli sviluppi nel Paese

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    Visita in Tunisia di Johansson e Lamorgese: sui migranti approccio globale e ricollocamento obbligatorio

    Roma – L’Italia non resterà sola e nel nuovo patto il ricollocamento sarà obbligatorio. Ylva Johansson è in visita a Tunisi per i colloqui con il governo locale insieme alla ministra italiana Luciana Lamorgese e conferma l’impegno dell’UE per un approccio globale sui flussi migratori, per andare oltre le soluzioni di sicurezza che hanno dimostrato i loro limiti. La Commissaria europea agli affari interni spiega che è necessario un lavoro intenso tra i partner dell’UE e i paesi terzi “per evitare che i migranti partano, creando condizioni migliori per i giovani” e anche costruendo percorsi legali d’ingresso.
    Nel nuovo patto sulla migrazione e asilo ci saranno anche soluzioni specifiche per l’Italia e i Paesi che hanno coste molto estese. Aspettando un’intesa che è ancora prematura e non sarà pronta prima della fine dell’anno, Johansson comunque assicura che la proposta della Commissione è per “un meccanismo di ricollocamento assolutamente obbligatorio con i Paesi dell’Ue che secondo la loro forza economica e della loro dimensione, della loro popolazione, si vedranno attribuiti un certo numero di migranti”.
    Resta l’emergenza degli sbarchi estivi con l’Unione europea che dovrà rinnovare la sua moral suasion verso gli Stati membri per una redistribuzione su base volontaria per non lasciare sola l’Italia, unico Paese a ospitare i salvataggi in mare.  “Non basta la sicurezza, bisogna contrastare la povertà e sostenere lo sviluppo dei Paesi d’origine” ha detto durante gli incontri il presidente tunisino Kais Saied.
    l’incontro con il presidente della Repubblica tunisina Kais Saied
    Nella nota diffusa dal governo di Tunisi, la ministra Lamorgese ha sottolineato “l’impegno dell’Italia a continuare a sostenere il Paese nordafricano accelerando il ritmo degli investimenti, contribuendo allo sviluppo delle regioni interne e creando posti di lavoro per i giovani, al fine di ridurre il fenomeno migratorio”.
    L’UE continuerà a sostenere il processo democratico in Tunisia, ha assicurato Johansson, elogiando l’integrazione della comunità locale nella società e nel tessuto economico dei Paesi europei. età europee e il loro ruolo
    attivo nel tessuto economico dei paesi dell’Unione”. Durante l’incontro, conclude la nota “le due parti hanno espresso la loro determinazione a combattere le reti criminali della tratta di esseri umani che sfruttano le difficili condizioni economiche di alcuni gruppi per trarne profitto”.

    L’incontro con le istituzioni tunisine per rafforzare la collaborazione con l’UE del Paese nordafricano. Le parti d’accordo per affrontare il fenomeno non solo con il registro della sicurezza che ha mostrato limiti