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    Il governo georgiano porta fino in fondo la sfida all’Ue. A Bruxelles si lavora su “risposte adeguate”

    Bruxelles – Lo scontro con le istituzioni dell’Ue è inevitabile, nessuno nel partito al potere Sogno Georgiano sta facendo nulla per arrestare l’escalation diplomatica. Tutto al contrario, l’iter legislativo sul progetto di ispirazione filo-russa sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’ sta procedendo a tappe forzate e oggi (28 maggio) è arrivato all’approvazione finale. D’ora in poi non ci sono altri ostacoli, dal momento in cui il governo e la sua maggioranza parlamentare hanno superato anche l’ultimo: il veto della presidente della Repubblica, Salomé Zourabichvili. E ora non si può che aprire lo scontro diplomatico con Bruxelles, che inevitabilmente provocherà una frenata nel percorso di adesione della Georgia all’Unione Europea, almeno fino al 26 ottobre quando i cittadini andranno a votare la nuova composizione del Parlamento.Da sinistra: il primo ministro della Georgia, Irakli Kobakhidze, e la presidente della Repubblica, Salomé Zourabichvili (credits: Irakli Gedenidze / Pool / Afp)Perché dopo il primo via libera alla legge (secondo l’iter legislativo ordinario) dello scorso 14 maggio, è ricominciato un nuovo rapidissimo processo legislativo per superare la decisione della capa dello Stato, che si è sempre opposta fermamente a una legge che riprende in modo inquietante molti elementi della stessa legge in vigore in Russia. Il gesto della presidente Zourabichvili è stato puramente simbolico, dal momento in cui il governo sapeva già in partenza di poter utilizzare la propria maggioranza schiacciante in Parlamento per annullare il veto e far diventare legge la ‘trasparenza dell’influenza straniera’, così come confermato ieri (27 maggio) in commissione per gli Affari legali e oggi dall’intero Parlamento con 84 voti a favore. “È impossibile migliorare questa legge, nel suo intero contenuto è incostituzionale, anti-europea e anti-democratica“, ha attaccato la numero uno della Georgia motivando il suo veto.National treason broadcasted to the rally. 84 in favor again. The Presidential veto on the Russian law has just been overridden. This is just the beginning – of their end. ✊ pic.twitter.com/tyry8Zh2DA— Marika Mikiashvili (@Mikiashvili_M) May 28, 2024La legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’ era stata presentata lo scorso anno da Sogno Georgiano e messa in stallo dopo l’ondata oceanica di proteste del marzo 2023. Con un leggero emendamento al testo, a inizio aprile la legge è stata ripresentata dal governo: tutte le organizzazioni che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero dovrebbero registrarsi come ‘organizzazione che persegue gli interessi di una potenza straniera’ (simile ad ‘agente di influenza straniera’ in vigore in Russia dal primo dicembre 2022). Dopo settimane di altissima tensione dentro e fuori il Parlamento di Tbilisi, e decine di migliaia di cittadini ad animare la più grande ondata di proteste dall’indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991 – ogni giorno ininterrottamente per due mesi – il partito al governo ha deciso di tirare dritto con la propria iniziativa legislativa prima del ritorno alle urne il 26 ottobre. E mostrando una disponibilità ad aumentare la portata della violenza messa in campo dalla polizia anti-sommossa e dagli agenti in passamontagna contro i manifestanti pacifici pro-Ue, che non hanno mai smesso di scendere a decine di migliaia in piazza ogni giorno.Manifestanti georgiani a Tbilisi contro la legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, 14 maggio 2024 (credits: Giorgi Arjevanidze / Afp)Nonostante lo status di Paese candidato ricevuto il 14 dicembre 2023 dal Consiglio Europeo, a Bruxelles non è più un segreto che l’entrata in vigore della legge di ispirazione filo-russa impedirebbe di aprire i negoziati di adesione all’Unione Europea, dal momento in cui gli stessi negoziati sono vincolati ai progressi sulle raccomandazioni della Commissione Europea sulla libertà della società civile e sulla lotta alla disinformazione. Non a caso l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, al termine del Consiglio Affari Esteri di ieri ha reso noto che con i 27 governi “abbiamo iniziato a considerare le risposte più appropriate in caso la legge sia messa in atto a partire da giugno“, esortando ancora il governo guidato da Irakli Kobakhidze a “ritirare la legge”. Lo stesso messaggio è stato veicolato oggi a pochi minuti dall’approvazione della legge, ricordando che sono state ignorate le “dettagliate argomentazioni giuridiche della Commissione di Venezia che portavano a una chiara raccomandazione di abrogare questa legge”, ha aggiunto Borrell.Non va però dimenticato che l’unità dei 27 Paesi membri (e di conseguenza dell’Unione) è bloccata dalle resistenze dell’Ungheria di Viktor Orbán e della Slovacchia di Robert Fico. Per la prima volta questo blocco si è dimostrato a metà mese, quando si sarebbe dovuta adottare una dichiarazione di tutti i 27 leader Ue per condannare inequivocabilmente la legge adottata dal Parlamento georgiano. E lo stallo – soprattutto con la costante minaccia del veto ungherese – dopo due settimane non è ancora crollato, come ha lasciato intendere tra le righe lo stesso Borrell: “Per alcuni la situazione non è così grave e seria, mentre altri la considerano un attentato contro le leggi e i valori dell’Ue”. Eppure l’alto rappresentante Ue è alla ricerca di una via d’uscita per mostrare l’unità e l’intransigenza dell’Unione nei confronti di una legge inaccettabile per un Paese che aspira a diventarne parte integrante: “Vorrei che i Paesi membri fossero pronti a prendere decisioni ogni volta che si verifica qualcosa che non corrisponde ai nostri valori, la legge internazionale e il percorso europeo, che sia in Georgia o ovunque nel mondo”.Il complesso rapporto tra Ue e GeorgiaLe proteste pro-Ue dei manifestanti georgiani a Tbilisi, 7 marzo 2023 (credits: Afp)Nonostante la concessione dello status di Paese candidato all’adesione Ue, il rapporto tra Bruxelles e Tbilisi rimane particolarmente complesso – e ora tesissimo – a causa dello scollamento tra una popolazione a stragrande maggioranza filo-Ue e un governo di tendenze filo-russe, lo stesso che ha fatto richiesta di aderire all’Unione per i timori sollevati dall’espansionismo del Cremlino. Nel corso degli ultimi due anni si sono registrati diversi episodi che hanno evidenziato l’ambiguità del partito al potere Sogno Georgiano: nel maggio 2023 sono ripresi dei voli tra Georgia e Russia dopo la decisione di Mosca di eliminare il divieto in vigore, e il Paese caucasico non si è mai allineato alle misure restrittive introdotte da Bruxelles contro il Cremlino dopo l’invasione dell’Ucraina. Lo scorso autunno il governo ha anche tentato di mettere sotto impeachment (fallito) la presidente della Repubblica Zourabichvili per una serie di viaggi nell’Unione Europea che avrebbero rappresentato una violazione dei poteri della capa di Stato secondo la Costituzione nazionale.Ma la popolazione georgiana da anni dimostra di non condividere la direzione assunta da Sogno Georgiano e anche per questo motivo saranno cruciali le elezioni per il rinnovo del Parlamento il 26 ottobre. A cavallo della decisione di Bruxelles nel giugno 2022 di non concedere per il momento alla Georgia lo status di candidato all’adesione, a Tbilisi si sono svolte due grandi manifestazioni pro-Ue: una ‘marcia per l’Europa’ per ribadire l’allineamento del popolo ai valori dell’Unione e una richiesta di piazza di dimissioni del governo (senza seguito da parte dell’esecutivo allora guidato da Garibashvili). I tratti comuni evidenziati a partire da queste manifestazioni sono le bandiere – bianca e rossa delle cinque croci (nazionale) e con le dodici stelle su campo blu (dell’Ue) – cartelli con rivendicazioni europeiste e l’inno georgiano intervallato dall’Inno alla Gioia. Un anno più tardi sono scoppiate le dure proteste popolari nel marzo 2023 – appoggiate da Bruxelles – che hanno portato al momentaneo accantonamento del controverso progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, fino all’approvazione di questa primavera nel pieno di una nuova ondata di proteste popolari.In questo scenario non va dimenticato il rapporto particolarmente delicato della Georgia con la Russia, Paese con cui confina a nord. La candidatura all’adesione Ue e Nato – sancita dalla Costituzione nazionale – da tempo è causa di tensioni con il Cremlino. Dopo i conflitti degli anni Novanta con le due regioni separatiste dell’Ossezia del Sud (1991-1992) e dell’Abkhazia (1991-1993) a seguito dell’indipendenza della Georgia nel 1991 dall’Unione Sovietica, sul terreno la situazione è rimasta di fatto congelata per 15 anni, con le truppe della neonata Federazione Russa a difendere i secessionisti all’interno del territorio rivendicato. Il tentativo di riaffermare il controllo di Tbilisi sulle due regioni nell’estate del 2008 – voluto dall’allora presidente Mikheil Saakashvili – determinò il 7 agosto una violenta reazione russa non solo nel respingere l’offensiva dell’esercito georgiano, ma portando anche all’invasione del resto del territorio nazionale con carri armati e incursioni aeree per cinque giorni. Da allora la Russia di Vladimir Putin riconosce l’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud e ha dislocato migliaia di soldati nei due territori per aumentare la propria sfera d’influenza nella regione della Ciscaucasia, in violazione degli accordi del 12 agosto 2008.

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    La Commissione europea stanzia 2,12 miliardi di euro per aiutare il popolo siriano

    Bruxelles – Continuare a sostenere il popolo siriano con un aiuto da 2,12 miliardi di euro per il 2024 e il 2025. È questa la risposta della Commissione europea per assistere sia le persone in Siria si quelle che hanno lasciato il Paese per salvarsi dalla fame e dalla guerra, rifugiandosi negli Stati vicini. Le misure adottate dalla Commissione Ue sono state dibattute durante la conferenza ‘Sostenere il futuro della Siria e della regione’. L’Unione europea con questo nuovo stanziamento conferma il suo impegno nel perseguire la risoluzione 2254 delle Nazioni Unite che chiede il cessate il fuoco immediato e l’avvio di negoziati politici.La situazione in Siria è preoccupante con la guerra civile che continua da 13 anni e la popolazione che soffre la fame e la distruzione. L’Ue in questo contesto vuole continuare a supportare il popolo siriano: 560 milioni di euro sono destinati alle persone in difficoltà all’interno del Paese, mentre altrettanti saranno destinanti alle persone che sono scappate dalla Siria e hanno trovato rifugio in Iraq, Libano e Giordania. Anche in questi Paesi la situazione non è facile: gli immensi campi profughi e le condizioni difficili delle nazioni ospitanti non rendono agevole la vita di chi è scappato. Un altro miliardo di euro infine sarà destinato ad aiutare le comunità siriane che hanno trovato rifugio in Turchia.Secondo Janez Lenarčič, Commissario europeo per la cooperazione internazionale e gli aiuti umanitari, in Siria sarebbero circa 16,7 milioni le persone che necessitano di aiuti salvavita, di cui metà di queste sarebbero donne e bambini. Josep Borrell, l’alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, punta il dito contro il presidente siriano, Bashar al-Assad, responsabile di questa situazione: “Il regime di Damasco continua a perpetrare diffuse violazioni dei diritti umani che creano seri ostacoli al processo politico”.

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    L’Ue “inorridita” dal massacro nel campo profughi a Rafah chiede di convocare un Consiglio di associazione con Israele

    Bruxelles – L’uccisione di almeno 45 sfollati palestinesi – tra cui diversi bambini – in un bombardamento israeliano sul campo profughi di Tal-Sultan, a Rafah, “dimostra che non esiste luogo sicuro a Gaza“. E “inorridisce” a tal punto le coscienze dei Paesi Ue, che i ministri degli Esteri dei 27 decidono all’unanimità che è ora di convocare un Consiglio di associazione con Israele per discutere del rispetto dei diritti umani previsto nell’accordo di associazione tra Bruxelles e Tel Aviv.Al termine di una due giorni dedicata al conflitto a Gaza, con l’incontro di ieri (26 maggio) con il neo-premier dell’Autorità nazionale palestinese, Mohammad Mustafa, e la riunione dei ministri degli Esteri Ue a cui oggi si sono uniti gli omologhi da Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Emirati Arabi e Qatar, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, si è presentato in conferenza stampa scuro in volto. “Voglio insistere sulle orribili notizie provenienti da Rafah“, ha esordito, sottolineando che l’attacco israeliano è arrivato poche ore dopo l’ordine della Corte di Giustizia Internazionale di astenersi da qualsiasi operazione militare a Rafah.“Per ora, quello che stiamo vedendo non è uno stop delle attività militari, ma al contrario un aumento di bombe e vittime civili”, ha constatato Borrell. La sfacciata noncuranza delle misure richieste dall’Aia con cui ha agito il governo di Netanyahu ha convinto i 27 a convocare un Consiglio di associazione Ue-Israele. Chiedere conto al partner del rispetto degli impegni presi nell’ambito dell’accordo di Associazione è il primo passo per una sua eventuale sospensione. Come avevano chiesto oltre tre mesi fa in una lettera a Ursula von der Leyen i governi di Spagna e Irlanda, ma la richiesta era stata finora rimasta inascoltata.Proprio Madrid e Dublino domani procederanno al riconoscimento formale dello Stato palestinese. Sulla reazione israeliana all’annuncio, Borrell ha commentato: “Con Spagna e Irlanda non la chiamerei escalation diplomatica, ma aggressione verbale assolutamente ingiustificata ed estrema da parte del governo Netanyahu”.La pazienza del capo della diplomazia europea nei confronti delle scelte del primo ministro israeliano è ai minimi storici. Addirittura, Borrell ha dichiarato che “d’ora in poi non dirò più Israele, ma governo Netanyahu”, per sottolineare ancora di più le responsabilità dell’esecutivo di estrema destra israeliano. Che ha deciso di bloccare l’esborso delle tasse che raccoglie in Cisgiordania per l’Autorità Nazionale Palestinese, risorse con cui l’ANP paga i salari ai dipendenti pubblici e garantisce un minimo di servizi in un territorio già “in ebollizione”. Una decisione pensata “per asfissiare economicamente e finanziariamente l’Anp”, ha denunciato ancora l’Alto rappresentante.Con i rappresentanti dei Paesi arabi, i 27 hanno provato a immaginare il day-after. I cinque mediorientali hanno “gettato il guanto sul tavolo – ha spiegato Borrell -, ora tocca a noi coglierlo”. Hanno cioè presentato una sorta di piano di pace, ipotizzando l’organizzazione di una conferenza di pace internazionale su “come implementare la soluzione dei 2 Stati”. Un impegno che Borrell vuole prendersi, ma “fino a quel giorno, la cosa più importante è sostenere l’Anp e l’Unrwa”.Sull’Agenzia Onu per il soccorso l’occupazione dei rifugiati palestinesi, la terza richiesta di Borrell al governo Netanyahu: “Basta chiamarla organizzazione terroristica”. Perché Tel Aviv non ha fornito prove alle sue accuse di complicità di membri dello staff con Hamas, e perché senza l’Unrwa la distribuzione degli aiuti a Gaza è impensabile. Questo l’ultimo punto toccato dall’Alto rappresentante: “L’unica cosa che possiamo fare per facilitare gli aiuti è riaprire la missione Ue a Rafah”, la missione con cui – dal 2005 al 2007 – l’Ue ha gestito il passaggio di merci e persone alla frontiera tra Gaza e l’Egitto. “Ci è stato chiesto, i ministri mi hanno dato il via libera politico per riattivare EUBAM Rafah, ma deve essere fatto in accordo con l’Anp, l’Egitto e ovviamente Israele”.

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    L’Ue vara il ‘pacchetto Navalny’: stop all’export di tutto ciò che può servire alla repressione in Russia

    Bruxelles – Mai più altri Alexsey Navalny. L’Unione europea vara un nuovo pacchetto di sanzioni tutto speciale contro Mosca, volto a fermare la macchina di repressione della Russia di Vladimir Putin. La morte di uno dei principali oppositori politici del leader russo è la molla che spinge il Consiglio dell’Ue a varare un pacchetto annunciato. Scatta la messa al bando di tutto ciò che può essere utilizzato ai fini di repressione, tortura, violazione dello Stato di diritto, e che quindi non potrà essere venduto alla federazione russa. Si tratta di un divieto alle esportazioni di merci, ma anche programmi informatici e dispositivi quali apparecchi radio e monitor.Il via libera garantito oggi (27 maggio) prevede anche l’iscrizione nella lista nera dell’Ue del Servizio penitenziario federale della Federazione Russa (Fsin). Si tratta dell’autorità centrale che gestisce il sistema carcerario russo, “noto per i suoi diffusi e sistematici abusi e maltrattamenti contro i prigionieri politici in Russia”, critica il Consiglio dell’Ue. In quanto agenzia federale, la FSIN è responsabile delle colonie penali, già inserite tra le entità soggette a sanzioni, in cui il politico dell’opposizione russa Alexei Navalny è stato detenuto con accuse politicamente motivate ed è infine morto il 16 febbraio 2024.Le decisioni prese a Bruxelles sono obbligate, spiega l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell. La morte di Navalny, sottolinea, “stata un altro segno dell’accelerazione e della repressione sistematica da parte del regime del Cremlino”. Come Unione europea, promette, “non risparmieremo alcuno sforzo per chiedere conto alla leadership politica e alle autorità russe” per la morte dell’oppositore politico e il rispetto dei diritti umani nel Paese, “anche attraverso questo nuovo regime di sanzioni, prendendo di mira coloro che limitano il rispetto e violano i diritti umani in Russia”.Per questo motivo l’Unione europea colpisce anche tutti quei giudici ritenuti responsabili o corresponsabili per la morte in carcere di Navalny. Per loro non sarà possibile mettere piede su suolo comunitario, e per tutti, singoli individui e autorità penitenziaria nazionale, scatterà il congelamento degli eventuali beni detenuti in uno dei Ventisette Stati membri.

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    L’Ue reagisce al “modello di comportamento provocatorio” della Russia nella regione baltica

    Bruxelles – Un’altra provocazione russa nell’arco di pochi giorni nell’area baltica, a dimostrazione dell’aumento delle preoccupazioni dei Paesi membri Ue e Nato, dall’Estonia alla Finlandia. Ma questa volta interviene anche l’Unione Europea, per mettere in chiaro che gli occhi di Bruxelles sono vigili sulle mosse del Cremlino e delle sue mire espansionistiche. “Questo incidente di confine fa parte di un più ampio modello di comportamento provocatorio e di azioni ibride da parte della Russia, anche ai suoi confini marittimi e terrestri nella regione del Mar Baltico”, è l’attacco dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, in una dichiarazione in risposta alla rimozione “unilaterale” delle boe luminose poste dall’Estonia sul fiume Narva per delimitare il confine nord-orientale con la Russia.La prima ministra dell’Estonia, Kaja KallasA rendere nota l’azione “compiuta nell’ombra della notte” – alle 3 del mattino di ieri (23 maggio) – dalla Guardia di frontiera russa è stato il ministero degli Affari esteri estone con una nota, in cui ha definito l’azione “un incidente di confine provocatorio“. Da Tallinn la risposta “rimane calma e lucida” in contatto con alleati e partner Ue e Nato, a partire dalla richiesta ufficiale a Mosca di spiegazioni attraverso i rappresentanti di frontiera e i canali diplomatici e “l’immediata restituzione” delle boe luminose. La premier estone, Kaja Kallas, ha rincarato la dose con un post su X: “L’azione della Russia si inserisce nel più ampio schema del suo comportamento provocatorio in tutta Europa, anche ai confini con i Paesi vicini“.L’autocrate russo, Vladimir Putin (credits: Natalia Kolesnikova / Afp)Il riferimento implicito è a quanto accaduto all’inizio della settimana, con il giallo della bozza di documento ufficiale del ministero della Difesa russo per rivedere la frontiera marittima della Russia nel Mar Baltico orientale. Una proposta senza alcuna consultazione con i vicini della regione – ma scomparsa dal sito del ministro poche ore più tardi – motivata secondo la Russia dal fatto che la misurazione sovietica del confine del 1985 avrebbe utilizzato carte nautiche della metà del XX secolo e di conseguenza non corrisponderebbe pienamente alle coordinate cartografiche “più moderne”. Le modifiche sarebbero dovute entrare in vigore nel gennaio 2025 ed erano rivolte agli equipaggi delle navi, alle forze dell’ordine e ai funzionari della difesa e della sicurezza che operano nel Golfo orientale della Finlandia.A pochi giorni dalla prima provocazione diplomatica, la nuova azione del Cremlino viene seguita con preoccupazione da tutte le capitali baltiche e scandinave, ma anche dalle istituzioni Ue “in cooperazione e solidarietà con l’Estonia e gli altri Stati membri”, spiega l’alto rappresentante Borrell. “L’Unione Europea ha monitorato attentamente la situazione fin dall’inizio” e ora “si aspetta una spiegazione da parte della Russia” sulle sue azioni “inaccettabili” lungo la frontiera.

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    Borrell avverte Israele, con l’operazione militare a Rafah mette “a dura prova” le relazioni con l’Ue

    Bruxelles – Delle linee rosse che la comunità internazionale ha indicato a Israele nella sua feroce risposta all’attacco terroristico di Hamas, l’ultima è stata quella di non intraprendere alcuna operazione militare a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, dove in questi otto mesi si sono ammassati più di un milione di sfollati palestinesi. Ora che Tel Aviv ha già un piede e mezzo oltre questa linea, arriva l’ennesimo avvertimento dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell: a rischio – se Netanyahu continuerà per la sua strada – ci sono le relazioni stesse tra l’Ue e Israele.In una nota pubblicata oggi (15 maggio), il capo della diplomazia europea ha esortato Israele – a nome dei 27 – a “porre fine immediatamente all’operazione militare a Rafah”. Un’operazione che sta causando “ulteriori interruzioni” nella distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza, “nuovi sfollamenti interni, esposizione alla carestia e sofferenza”. Secondo l’Ufficio di coordinamento per gli Affari umanitari delle Nazioni Unite (Ocha), l’offensiva di terra israeliana continua a espandersi, in particolare nella parte orientale di Rafah e intorno ai varchi di Kerem Shalom e Rafah. “A causa delle attuali operazioni militari israeliane e dell’insicurezza”, le rotte terrestri critiche di Kerem Shalom e Rafah – da lì dovrebbe entrare la maggior parte degli aiuti umanitari – “sono state chiuse dal 6 al 10 maggio 2024”, conferma Ocha.Tendopoli sulla spiaggia di Deir el-Balah, nel centro della Striscia di Gaza, in cui si stanno riversando migliaia di sfollati da Rafah (Photo by AFP)Nelle ultime settimane circa 150 mila persone hanno deciso di lasciare Rafah, seguendo l’ordine di evacuazione emanato dalle autorità israeliane verso aree che – come ritenuto dalle Nazioni Unite e sottolineato ancora una volta da Borrell – “non possono essere considerate sicure”. Per l’Alto rappresentante l’offensiva a Rafah è un punto di non ritorno: se Israele dovesse continuare a ignorare gli appelli della comunità internazionale, “ciò metterebbe inevitabilmente a dura prova le relazioni con l’Ue“.Fino ad oggi, il governo di Netanyahu è rimasto sordo a qualsiasi appello – vincolante o meno – delle maggiori istituzioni multilaterali globali. Anzi, le ha attaccate frontalmente: l’ultimo scontro si è consumato dopo la Risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu che consentirà alla Palestina di divenire membro delle Nazioni Unite. Il governo israeliano l’ha respinta, e l’ufficio del primo ministro ha dichiarato che “non permetteremo loro di creare uno stato terrorista dal quale possano attaccarci ancora più forte”. Parallelamente – e non è la prima volta – l’ambasciatore israeliano presso l’Onu ha dichiarato alla radio dell’esercito che l’Onu è diventato “un’entità terroristica“.L’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep BorrellBorrell ha ribadito anche che “Israele deve consentire e facilitare il passaggio senza ostacoli dei soccorsi umanitari per i civili”. Come stabilito dalle misure provvisorie ordinate dalla Corte internazionale di giustizia il 26 gennaio e il 28 marzo per impedire un genocidio a Gaza. Sempre secondo Ocha, nei primi 10 giorni di maggio solo 9 delle 32 missioni di aiuto umanitario nel nord di Gaza sono state agevolate dalle autorità israeliane. Cinque sono state negate, undici sono state ostacolate e sette sono state cancellate a causa di problemi logistici. Allo stesso modo, nel sud della Striscia, Tel Aviv ha facilitato solo 25 delle 46 missioni di aiuto. Nove missioni sono state negate, tre ostacolate e nove sono state cancellate a causa di problemi logistici.Ricordando che, con il lancio di razzi su Kerem Shalom del 5 maggio scorso, anche Hamas è responsabile di aver ostacolato la consegna di aiuti umanitari, Borrell ha rilanciato l’invito “a tutte le parti a raddoppiare gli sforzi per raggiungere un cessate il fuoco immediato e il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi detenuti da Hamas”.

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    Difesa, l’Ue apre a Kiev l’ufficio per l’innovazione delle start-up del settore

    Bruxelles  – Ue e Ucraina tentano l’integrazione della difesa. Un modo per rinsaldare i legami tra le due parti, e mandare un messaggio a Mosca. Il primo forum dell’industria delle difesa Ue-Ucraina intende tracciare la rotta, quella di una nuova Europa, più integrata, con più Ucraina. Che chiede un cambio di passo. “E’ da un un anno e mezzo che stiamo invitando ad accrescere la produzione dell’industria europea della difesa”, scandisce il ministro degli Esteri di Kiev, Dmytro Kuleba, intervenendo al forum. “Se vogliamo mantenere la pace in Europa dobbiamo passare a un’economia di guerra, per quanto possa essere paradossale“.Da qui l’invito a creare un sistema industriale interconnesso, che passa per gli investimenti nelle imprese ucraine. “Investire nelle nostre imprese della difesa è un buon modo per aiutare l’Ucraina”, continua il ministro degli Esteri ucraino. “Ogni euro investito in Ucraina genera un ritorno nelle sicurezza dell’Europa“. Mentre la creazione di questa alleanza “sottolinea che il futuro del Paese è nell’Unione europea”, tiene a precisa Oleksandr Kamyshin, ministro per le Industria strategiche. E’ questo il messaggio politico per Putin, a a capo di quella “dittatura anti-europeista a est dell’Europa”, come la definiscono i componenti del governo ucraino, che “non si fermerà finché non ci sarà una forza di fuoco superiore”.Un messaggio che sembra essere recepito a Bruxelles, dove l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, che ai partner d’Ucraina promette che “apriremo un nuovo Ufficio per l’innovazione dell’UE a Kiev entro la fine dell’anno per facilitare l’incontro tra le start-up ucraine e le società di difesa dell’Unione europea“. Un annuncio che si aggiunge alla strategia di lungo periodo per la difesa dell’Ucraina, a cui l’Ue guarda con rinnovato slancio.Lo scopo del forum, sottolinea ancora Borrell, “è quello di rendere l’Ucraina in grado di resistere all’invasione aumentando la loro capacità industriale, utilizzando ciò che già ha, aumentandola finanziando e acquistando la loro produzione”. La tecnologia da un lato, e le capacità finanziarie dall’altra devono stare insieme, al fine di rendere gli ucraini in grado di avere le capacità militari di resistere.

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    In Georgia la polizia ha iniziato a usare la violenza contro i manifestanti pacifici pro-Ue

    Bruxelles – In Georgia lo scontro ora non è più solo politico, e nemmeno più solo pacifico. Per cercare di piegare le enormi proteste di piazza a Tbilisi, la polizia ha iniziato a utilizzare la violenza contro i manifestanti pacifici che da quasi un mese si stanno opponendo ogni giorno al progetto di legge di ispirazione filo-russa sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’. E dopo le critiche di tutte le istituzioni Ue a ogni livello, contro il marchio di fabbrica del partito al potere Sogno Georgiano si è schierata in modo inequivocabile anche la numero uno della Commissione Europea, Ursula von der Leyen: “Seguo con grande preoccupazione la situazione in Georgia e condanno la violenza nelle strade di Tbilisi”, è quanto messo nero su bianco in una dichiarazione che esorta il governo ad ascoltare il “chiaro messaggio” dei cittadini che “stanno dimostrando il loro forte attaccamento alla democrazia”.Arresti della polizia georgiana durante le manifestazioni a Tbilisi contro la legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, 30 aprile 2024 (credits: Giorgi Arjevanidze / Afp)A scatenare la tensione a Tbilisi e Bruxelles è il controverso progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, voluto già lo scorso anno dal partito al potere Sogno Georgiano e messo in stallo dopo l’ondata oceanica di proteste del marzo 2023. Con un leggero emendamento al testo, a inizio aprile la legge è stata ripresentata dal governo: tutte le organizzazioni che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero dovrebbero registrarsi come ‘organizzazione che persegue gli interessi di una potenza straniera’ (simile ad ‘agente di influenza straniera’ in vigore in Russia dal primo dicembre 2022). Da settimane è altissima la tensione dentro e fuori il Parlamento di Tbilisi, dove il progetto è già stato approvato in prima e seconda lettura e ora si attende il voto definitivo per il 17 maggio. Non è attesa nessuna sorpresa dai legislatori georgiani, ma sarà inevitabile un’altra ondata di tensione. Il progetto di legge sarà inviato alla presidente della Repubblica, Salomé Nino Zourabichvili, che ha già annunciato che porrà il veto: ma Sogno Georgiano potrà utilizzare la propria maggioranza schiacciante in Parlamento per annullare il veto e far diventare legge la ‘trasparenza dell’influenza straniera’.Manifestanti georgiani a Tbilisi contro la legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, 17 aprile 2024 (credits: Giorgi Arjevanidze / Afp)Le manifestazioni organizzate dalle opposizioni unite e dalle organizzazioni della società civile hanno visto la partecipazione di decine di migliaia di cittadini – e stanno continuando da giorni in modo spontaneo – per ribadire la contrarietà a un progetto legislativo che minerebbe il percorso di adesione della Georgia all’Unione Europea, nonostante lo status di Paese candidato ricevuto il 14 dicembre 2023 dal Consiglio Europeo. “Anche l’Ue ha espresso chiaramente le sue preoccupazioni riguardo alla legge sull’influenza straniera”, ha messo in chiaro von der Leyen, che ha avvertito in modo nemmeno troppo velato che “la Georgia è a un bivio, deve mantenere la rotta verso l’Europa“. E se il popolo georgiano “vuole un futuro europeo per il proprio Paese”, il governo di Irakli Kobakhidze dovrà “agire rapidamente sulle misure che si è impegnato ad adottare come Paese candidato”. Perché ormai a Bruxelles non è più un segreto che l’entrata in vigore della legge di ispirazione filo-russa impedirebbe di aprire i negoziati di adesione all’Unione Europea: “Se i nostri partner sono in grado di leggere e capire con attenzione, sapranno riconoscere il messaggio inviato pubblicamente e direttamente”, ha spiegato oggi (2 maggio) alla stampa il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano.Ma ora preoccupa anche il modo in cui le istituzioni georgiane stanno rispondendo a decine di migliaia di persone che non mostrano segni di stanchezza nel scendere in piazza tutti i giorni per dimostrare la propria opposizione al progetto di legge filo-russo. In particolare dopo l’approvazione in seconda lettura del progetto di legge con 83 voti a favore e 23 contrari in Parlamento martedì (30 aprile). La sera stessa, per la prima volta dal marzo 2023, la polizia antisommossa ha interrotto le proteste pacifiche su viale Rustaveli (dove ha sede il Parlamento), usando gas lacrimogeni, spray al peperoncino e idranti, manganellando e arrestando oltre 60 persone. “La Georgia è un Paese candidato all’adesione all’Unione Europea e chiedo alle sue autorità di garantire il diritto di riunione pacifica, l’uso della forza per reprimerlo è inaccettabile“, è stata la dura condanna dell’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell.Il complesso rapporto tra Ue e GeorgiaLe proteste pro-Ue dei manifestanti georgiani a Tbilisi, 7 marzo 2023 (credits: Afp)Nonostante la concessione dello status di Paese candidato all’adesione Ue, il rapporto tra Bruxelles e Tbilisi rimane particolarmente complesso a causa dello scollamento tra una popolazione a stragrande maggioranza filo-Ue e un governo di tendenze filo-russe, lo  stesso che ha fatto richiesta di aderire all’Unione per i timori sollevati dall’espansionismo del Cremlino. Nel corso degli ultimi due anni si sono registrati diversi episodi che hanno evidenziato l’ambiguità del partito al potere Sogno Georgiano: nel maggio 2023 sono ripresi dei voli tra Georgia e Russia dopo la decisione di Mosca di eliminare il divieto in vigore, e il Paese caucasico non si è mai allineato alle misure restrittive introdotte da Bruxelles contro il Cremlino dopo l’invasione dell’Ucraina. Lo scorso autunno il governo ha anche tentato di mettere sotto impeachment (fallito) la presidente della Repubblica Zourabichvili per una serie di viaggi nell’Unione Europea che avrebbero rappresentato una violazione dei poteri della capa di Stato secondo la Costituzione nazionale.Ma la popolazione georgiana da anni dimostra di non condividere la direzione assunta da Sogno Georgiano e anche per questo motivo saranno cruciali le elezioni per il rinnovo del Parlamento il 26 ottobre. A cavallo della decisione di Bruxelles nel giugno 2022 di non concedere per il momento alla Georgia lo status di candidato all’adesione, a Tbilisi si sono svolte due grandi manifestazioni pro-Ue: una ‘marcia per l’Europa’ per ribadire l’allineamento del popolo ai valori dell’Unione e una richiesta di piazza di dimissioni del governo (senza seguito da parte dell’esecutivo allora guidato da Garibashvili). I tratti comuni evidenziati a partire da queste manifestazioni sono le bandiere – bianca e rossa delle cinque croci (nazionale) e con le dodici stelle su campo blu (dell’Ue) – cartelli con rivendicazioni europeiste e l’inno georgiano intervallato dall’Inno alla Gioia. Un anno più tardi sono scoppiate le dure proteste popolari nel marzo 2023 – appoggiate da Bruxelles – che hanno portato all’accantonamento temporaneo del controverso progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, almeno fino agli eventi di questa primavera.In questo scenario non va dimenticato il rapporto particolarmente delicato della Georgia con la Russia, Paese con cui confina a nord. La candidatura all’adesione Ue e Nato – sancita dalla Costituzione nazionale – da tempo è causa di tensioni con il Cremlino. Dopo i conflitti degli anni Novanta con le due regioni separatiste dell’Ossezia del Sud (1991-1992) e dell’Abkhazia (1991-1993) a seguito dell’indipendenza della Georgia nel 1991 dall’Unione Sovietica, sul terreno la situazione è rimasta di fatto congelata per 15 anni, con le truppe della neonata Federazione Russa a difendere i secessionisti all’interno del territorio rivendicato. Il tentativo di riaffermare il controllo di Tbilisi sulle due regioni nell’estate del 2008 – voluto dall’allora presidente Mikheil Saakashvili – determinò il 7 agosto una violenta reazione russa non solo nel respingere l’offensiva dell’esercito georgiano, ma portando anche all’invasione del resto del territorio nazionale con carri armati e incursioni aeree per cinque giorni. Da allora la Russia di Vladimir Putin riconosce l’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud e ha dislocato migliaia di soldati nei due territori per aumentare la propria sfera d’influenza nella regione della Ciscaucasia, in violazione degli accordi del 12 agosto 2008.