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    Bielorussia, adottato il quarto pacchetto di sanzioni UE in coordinamento con Stati Uniti, Canada e Regno Unito

    Bruxelles – E sono quattro. Il Consiglio Affari Esteri ha adottato oggi (lunedì 21 giugno) un nuovo pacchetto di sanzioni dell’Unione Europea contro il regime del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko. Repressione delle proteste pacifiche, dirottamento di un volo di linea internazionale, violenze contro gli oppositori politici e violazioni dei diritti umani: è lunga la lista delle motivazioni che hanno spinto i ministri degli Esteri europei ad aggiornare la lista nera di individui e aziende da colpire con misure restrittive.
    “Oggi abbiamo lavorato sodo e abbiamo deciso di imporre un ampio pacchetto di sanzioni nei confronti di 78 persone e 8 entità bielorusse“, ha spiegato l’alto rappresentante UE per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Un’azione attuata per “influenzare il comportamento dei responsabili”, soprattutto della vicenda del dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius e il successivo arresto del giornalista Roman Protasevich e la compagna Sofia Sapega. L’alto rappresentante UE ha avvertito che “non è esclusa una quinta tornata di sanzioni“, dal momento in cui “non abbiamo la bacchetta magica, ma questo è uno strumento pesante che può contribuire a sfiancare persone, istituzioni e aziende vicine al regime”. Una visione confermata anche dalla leader dell’opposizione democratica e presidente legittima riconosciuta dall’UE, Sviatlana Tsikhanouskaya, che durante il suo intervento alla riunione dei ministri “ha fornito molti consigli utili a questo riguardo”.
    Il fattore di novità del quarto ciclo di sanzioni è il coordinamento dell’Unione Europea con Stati Uniti, Canada e Regno Unito. “Ci impegniamo a sostenere le aspirazioni democratiche a lungo represse del popolo bielorusso e siamo uniti per imporre costi al regime per il suo palese disprezzo degli impegni internazionali”, si legge nella nota congiunta. Le richieste sono sempre le stesse – “cooperare con le indagini internazionali sugli eventi del 23 maggio, rilasciare i prigionieri politici, avviare un dialogo politico con i rappresentanti dell’opposizione democratica” – ma l’azione armonica del blocco delle potenze occidentali, guidata da Bruxelles, potrebbe essere una vera svolta nella risposta internazionale al regime di Lukashenko.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    Per quanto riguarda l’aggiornamento della lista nera, sono ora 166 le persone e 15 le entità destinatarie di sanzioni che “inviano un ulteriore forte segnale ai sostenitori del regime”. Congelamento dei beni, divieto di viaggio nell’UE e impossibilità per i cittadini e le imprese europee di mettere fondi a loro disposizione: “Appoggiare il regime di Lukashenko ha un costo sostanziale”. Tra i nomi compaiono anche quello di uno dei tre figli di Lukashenko, Dimitry, e la nuora Liliya (già dal 6 novembre è incluso il primogenito Viktor, consigliere per la Sicurezza nazionale), ma anche importanti uomini d’affari della cerchia ristretta del presidente: Siarhei Tsiatseryn, nel settore dei prodotti alimentari, Mikhail Gutseriev, imprenditore russo dell’energia e del potassio e Aliaksey Aleksin, con interessi che vanno dal petrolio al tabacco.
    Nel mirino di Bruxelles sono finiti anche uomini della propaganda di regime, come Andrei Mukavozchyk, giornalista di Belarus Today (quotidiano dell’amministrazione presidenziale) e Siarhei Gusachenka, vicepresidente della televisione di Stato, Belteleradio. Compaiono inoltre professori e rettori universitari, come il vicerettore dell’Università statale di economia, Siarhei Skryba, il rettore dell’Università statale di medicina, Siarhei Rubnikovich, e quello dell’Accademia statale delle arti, Mikhail Barazna, tutti ritenuti responsabili per la decisione di espellere gli studenti che hanno partecipato alle manifestazioni pacifiche contro il regime. Da non dimenticare anche il vicecapo per le strutture detentive del ministero degli Affari interni, Ivan Myslitski, a causa dei trattamenti disumani e degradanti inflitti ai manifestanti, e l’impresa di proprietà dello Stato Belaeronavigatsia, responsabile del controllo del traffico aereo bielorusso: decisivo il suo ruolo in tutta la vicenda del dirottamento del volo Ryanair su Minsk il 23 maggio.
    Dopo il quarto pacchetto di sanzioni contro persone ed entità bielorusse e la decisione del Consiglio di vietare l’ingresso nello spazio aereo UE e l’accesso agli aeroporti dei Paesi membri a tutti i vettori battenti bandiera rosso-verde, sono attese a breve sanzioni economiche contro Minsk. L’alto rappresentante UE ha confermato che “le approveremo secondo le indicazioni che ci arriveranno dal prossimo vertice dei leader europei“, in programma questa settimana (24-25 giugno). “Finora non le abbiamo messe in atto perché creano danni indiscriminatamente all’economia di tutto Paese e colpiscono tutti i cittadini”, ha concluso Borrell, “ma ormai è arrivato il momento di adottare anche questo strumento”.

    L’alto rappresentante Borrell ha annunciato le nuove misure restrittive contro 86 individui e aziende al termine del vertice con i ministri degli Esteri dei Ventisette. Sanzioni economiche settoriali al vaglio del prossimo Consiglio Europeo

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    Russia, l’UE lancia il nuovo approccio di deterrenza e dialogo verso Mosca sullo sfondo del vertice Biden-Putin a Ginevra

    Bruxelles – Sono ore calde per i rapporti tra la Russia e l’Occidente, sull’asse Bruxelles-Ginevra. Mentre il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e l’omologo russo, Vladimir Putin, sono impegnati nel vertice di Villa La Grange per tentare di dare un impulso positivo alle relazioni tra Mosca e Washington, la Commissione Europea non è rimasta a guardare e ha presentato il suo nuovo approccio nelle relazioni con la Russia.
    In vista della prossima riunione dei leader UE (24-25 giugno), che avrà come tema principale proprio l’attuazione e il rafforzamento della politica comunitaria nei confronti del Cremlino, l’alto rappresentante dell’UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha illustrato i tre punti che caratterizzano la nuova strategia: “Respingere, contenere e interagire“. Un approccio “pragmatico”, lo ha definito Borrell, che riflette la “complessità” dei rapporti tra le due parti. Se da un lato c’è la volontà dell’esecutivo UE di “rinnovare la cooperazione con la Russia“, non bisogna dimenticare che “rimane una prospettiva lontana”.
    L’alto rappresentante dell’UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    Per questo motivo, riconoscendo il ruolo di “importante attore globale e nostro più grande vicino”, Mosca pone delle sfide “a cui dobbiamo rispondere con un approccio di difesa dei nostri valori e interessi”, ha sottolineato l’alto rappresentante UE. Esaminando lo stato di attuazione dei cinque principi che guidano le relazioni con la Russia (piena attuazione degli accordi di Minsk, relazioni rafforzate con i partner orientali, sostegno alla società civile russa, resilienza rafforzata e impegno selettivo su questioni di interesse per l’Unione), Borrell ha spiegato come rispondere ai tentativi del Cremlino di “interferire e destabilizzare i Paesi membri UE e i nostri partner”, ma anche alla “crescente repressione politica” all’interno del Paese.
    Prima di tutto bisogna “respingere le violazioni dei diritti umani“, con più impegno nel “denunciare le continue violazioni del diritto internazionale in Ucraina, Georgia e altrove”. Riaffermato nuovamente il “sostegno all’indipendenza, sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina”. In secondo luogo è necessario “contenere i tentativi di minare gli interessi dell’Unione“, contrastando “in modo più sistematico e congiunto” le minacce ibride e attraverso un “coordinamento con i partner della NATO e del G7“. Infine, l’UE dovrà “interagire e impegnarsi con la Russia in diverse sfide chiave“, tra cui la lotta alla pandemia COVID-19 e ai cambiamenti climatici, la prevenzione dei conflitti nel Medio Oriente, l’antiterrorismo e la cooperazione nell’Artico.
    In questa visione complessa, “l’Unione è reticente nel fare ricorso all’arma delle sanzioni economiche, perché cerchiamo di fare un distinguo fra il governo e la popolazione”, ha spiegato Borrell in conferenza stampa. “Le sanzioni sono uno strumento a servizio di una politica da usare in modo selettivo e spero che non si vada verso un’escalation“, ha aggiunto. In caso contrario, “questo significherebbe un deterioramento delle relazioni”.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, in una nota ha sottolineato che “le scelte deliberate e le azioni aggressive del governo russo negli ultimi anni hanno creato una spirale negativa” nei rapporti con Bruxelles e in quest’ottica “la gestione delle relazioni con la Russia continua a rappresentare una sfida strategica fondamentale per l’Unione”. Mentre “vanno colte le sfide e le opportunità”, i Ventisette devono “continuare ad agire in unità e con coerenza, difendendo i nostri valori e interessi fondamentali”, è stato l’invito di von der Leyen.

    Nella strategia presentata dall’alto rappresentante Borrell, “respingere, contenere e interagire” sono le tre parole chiave per “rinnovare la cooperazione” con il Cremlino, a partire dalle “minacce e sfide” a cui Bruxelles deve rispondere

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    Dialogo Serbia-Kosovo: l’UE prende tempo, ma tra Vucic e Kurti è scontro aperto. Tutto rimandato al vertice di luglio

    Bruxelles – Non sono servite nemmeno sei ore per spegnere ogni entusiasmo europeo sul nuovo round di alto livello del dialogo tra Serbia e Kosovo mediato dall’UE, svoltosi questa mattina (martedì 15 giugno) a Bruxelles. Se erano grandi le speranze dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e del rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák, sui risultati da “iniziare a produrre” nel corso del quarto confronto dal 12 luglio dello scorso anno, ci hanno pensato proprio i leader dei due Paesi balcanici a mettere tutto in soffitta. Se ne riparlerà “entro la fine di luglio, quando il processo proseguirà“, ha dichiarato Lajčák al termine dell’incontro.
    Il rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák
    La Commissione Europea prende tempo: il rappresentante speciale UE parla di un “nuovo capitolo”, uno “scambio molto aperto e franco su ciò che ciascuno desidera” e che “entrambi i leader hanno confermato che non c’è altra via da seguire se non quella di normalizzare le relazioni tra Kosovo e Serbia”. Ma così non basta più, di sicuro non dopo la promessa di Borrell (che risale ormai al 12 ottobre 2020) che “l’accordo è una questione di mesi, non anni”.
    Anche perché tra le due parti – se già non correva buon sangue prima – ora è scontro aperto. Il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, si è detto “deluso” dall’incontro con il premier kosovaro, Albin Kurti, e che “l’unica cosa positiva della riunione è stata l’intesa a proseguire i negoziati entro fine luglio”. Il leader serbo ha parlato di posizioni “irresponsabili e fuori dalla realtà” da parte di Kurti, dal momento in cui “si rifiuta di parlare della creazione della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo”, ma allo stesso tempo “vuole sapere quando riconosceremo l’indipendenza di Pristina”. A questa “provocazione”, Vučić ha precisato ai giornalisti con una punta di orgoglio che non lo farà “mai”.
    Piovono critiche su Belgrado, invece, dal fronte kosovaro: “Da parte nostra l’incontro è stato costruttivo”, ha spiegato il premier Kurti alla stampa, ma “dall’altra parte si riproponevano vecchie idee”. Parlando dei quattro punti proposti durante l’incontro, Kurti ha accusato Vučić di averne respinti tre e di non aver dato “nemmeno una risposta sul quarto”, ovvero la revisione dell’Accordo centro-europeo di libero scambio (CEFTA). Stando a quanto riportato dal governo di Pristina, Belgrado ha rispedito al mittente i progetti di firma di un accordo di pace tra le due parti, di istituzione in Kosovo di un Consiglio nazionale per la minoranza serba (sul modello di quello già esistente in Serbia per le minoranze albanesi e bosniache) e la rimozione del capo della Commissione serba per le persone scomparse durante il conflitto, Veljko Odalović.
    Non proprio la descrizione di un incontro soddisfacente – o “non facile”, come lo ha definito Lajčák. Ma se c’è una sola cosa incoraggiante da portare a casa in vista del nuovo vertice a Bruxelles del prossimo luglio è che entrambi i leader sembrano ormai guardare alle istituzioni europee e statunitensi come un solo attore geopolitico, una duplice garanzia sul presente e sul futuro per la stabilizzazione della regione. Il presidente serbo ha confessato di essere “fiducioso” sul fatto che l’alto rappresentante UE Borrell riferirà “in modo preciso e minuzioso” l’esito dell’incontro di oggi al presidente USA, Joe Biden. Il premier kosovaro ha invece affermato che “l’accordo con Belgrado andrà raggiunto entro la fine dei mandati di Borrell e Biden“.
    Considerando la fine naturale dei rispettivi mandati, si parla della fine del 2024 (per l’alto rappresentante UE) e dell’inizio del 2025 (per il presidente statunitense). Per allora, la dichiarazione di indipendenza del Kosovo avrà compiuto quasi 17 anni e l’inizio del dialogo Pristina-Belgrado mediato dall’UE quasi 14 anni. Ma intanto c’è da pensare al breve termine, al quinto vertice dalla ripresa del 12 luglio dello scorso anno (il confronto si era precedentemente fermato nel novembre 2018). Se arriverà davvero entro fine luglio, cadrà allo scadere del primo anniversario. E già si inizia a parlare di anni, non mesi.

    Tradisce le aspettative delle istituzioni europee il vertice a Bruxelles tra il presidente serbo Vucic e il premier kosovaro Kurti. Entrambi i leader guardano a UE e Stati Uniti come unico attore geopolitico nella regione

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    Dialogo Serbia-Kosovo, dopo 9 mesi di stallo riprende a Bruxelles il confronto politico. Grandi speranze dall’UE

    Bruxelles – Si riparte, là da dove si era fermato tutto. A Bruxelles è ricominciato oggi (martedì 15 giugno) il dialogo tra Serbia e Kosovo mediato dall’Unione Europea, a nove mesi dall’ultimo confronto politico tra i rappresentanti di Belgrado e Pristina. Era il 7 settembre 2020: l’amministrazione statunitense di Donald Trump stava mettendo seriamente a rischio il processo decennale dell’UE, il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, aveva appena comunicato che avrebbe trasferito l’ambasciata in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme come segno di intesa con The Donald e l’ex-premier del Kosovo, Avdullah Hoti, ancora non era stato travolto dallo scandalo politico che ha fatto crollare il suo governo a gennaio 2021.
    Da sinistra, il premier del Kosovo, Albin Kurti, e l’alto rappresentante UE, Josep Borrell (15 giugno 2021)
    Un vero e proprio parto politico – sia per le tempistiche, sia per le complicazioni lungo il cammino – è quello che ha portato al quarto incontro dei leader dei due Paesi dei Balcani occidentali, dopo la ripresa del 12 luglio dello scorso anno (il confronto si era precedentemente fermato nel novembre 2018). Nel frattempo, se tutto sembra rimasto immutato in Serbia, il Kosovo ha vissuto uno dei periodi di più grande fermento sociale e istituzionale: il neo-premier, Albin Kurti, e la nuova presidente della Repubblica, Vjosa Osmani, hanno promesso una svolta radicale nel Paese, ma anche nelle relazioni con il vicino che non vuole riconoscere l’indipendenza di Pristina, dichiarata il 17 febbraio 2008.
    Con tutte queste premesse, l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina e le altre questioni regionali dei Balcani occidentali, Miroslav Lajčák, hanno dato questa mattina il benvenuto al presidente serbo Vučić e al premier kosovaro Kurti. In un’atmosfera che, per descriverla in modo incisivo, “non è facile“. Parola dell’alto rappresentante UE.
    Da sinistra, l’alto rappresentante UE, Josep Borrell, e il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić (15 giugno 2021)
    “Questo processo e questo sincero impegno da entrambe le parti è necessario per il bene del popolo del Kosovo e della Serbia”, ha esortato Borrell prima dell’inizio del nuovo incontro con i due leader balcanici. Un invito che ricalca le parole utilizzate nel corso delle rispettive visite bilaterali del presidente serbo e del primo ministro kosovaro a Bruxelles alla fine di aprile: “Allora ho incoraggiato a proseguire senza indugio il dialogo, con l’obiettivo di produrre risultati, nonostante tutte le difficoltà esistenti”.
    Ma l’alto rappresentante Borrell ha voluto mettere in luce che “c’è un nuovo slancio e dobbiamo usarlo“. Prima di tutto il cambio di atteggiamento della nuova amministrazione statunitense di Joe Biden (non a caso Borrell ha sottolineato che l’appuntamento coincide con il vertice UE-Stati Uniti di oggi), che ha portato a un maggiore allineamento tra Bruxelles e Washington sulle modalità e le prospettive di stabilizzazione della penisola balcanica. Ma soprattutto per la nuova ondata di confronti dentro e fuori le istituzioni europee sul presente e il futuro dei Balcani occidentali nell’UE: “È un’importante opportunità per il progresso dell’intera regione“, ma “senza un accordo tra Kosovo e Serbia, sarà a rischio”, ha avvertito l’alto rappresentante.
    Ecco perché l’Unione Europea si aspetta un incontro “importante e proficuo”, che porti a “rapidi progressi per lasciarci finalmente alle spalle il passato” e “raggiungere un accordo completo e giuridicamente vincolante sulla normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia”. Sono molti oggi i fattori di novità rispetto a quel 7 settembre 2020: la speranza a Bruxelles è che nel frattempo non sia cambiato tutto, perché tutto rimanesse come prima.

    I am hosting a new meeting of the High Level Belgrade-Pristina Dialogue today with President @predsednikrs and Prime Minister @albinkurti.
    The Dialogue and its outcome is the path to the European future of both sides. Meanwhile, it brought important results for their citizens. pic.twitter.com/oZ3lOgxZTl
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) June 15, 2021

    Il presidente serbo, Aleksandar Vucic, e il premier kosovaro, Albin Kurti, accolti dall’alto rappresentante Borrell per la nuova sessione di colloqui ad alto livello: “Sarà difficile, ma dobbiamo iniziare a produrre risultati”

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    Bielorussia, Borrell: “Arresto e violenze su Protasevich sono atti orrendi”. Ma il Parlamento UE vuole più determinazione

    Bruxelles – Immagini “vergognose”, una violenza “tremenda” e atti “orrendi”. In un climax di crescente indignazione, l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha condannato gli eventi delle ultime due settimane in Bielorussia. Dal dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius su Minsk, fino alla confessione forzata da parte del giornalista e oppositore politico Roman Protasevich, arrestato insieme alla compagna Sofia Sapega proprio dopo il dirottamento dell’aereo che stava sorvolando lo spazio aereo bielorusso. “La Bielorussia è di nuovo al centro dell’attualità mondiale”, ha sottolineato Borrell durante il suo intervento alla plenaria del Parlamento Europeo. “Non solo per le repressioni da parte di un dittatore che ha il sostegno della Russia, ma anche per la continua violazione dei diritti umani e delle norme internazionali”.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    L’ultima in ordine cronologico è stata la violazione del diritto internazionale del volo, su cui l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO) ha già aperto un’indagine: “Con l’intervento di un caccia bielorusso, è stata messa a repentaglio la sicurezza dei più di cento passeggeri e dell’equipaggio di un’aereo commerciale che volava tra due capitali dell’Unione“. Una volta atterrato all’aeroporto nazionale di Minsk, si è consumato “l’atto orrendo” dell’arresto di Protasevich e di Sapega. Ma ancora più “tremendo” è stato assistere alla confessione forzata del giornalista e oppositore al regime del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko: “È stato l’ennesimo esempio di violazioni, dobbiamo rispondere con decisione alle immagini vergognose di questa persona che piangeva e riconosceva reati mai commessi contro la Bielorussia”.
    La prima risposta messa in atto dall’UE è stata la decisione del Consiglio Europeo di imporre la no fly zone sulla Bielorussia, di impedire l’accesso allo spazio aereo europeo ai vettori di Minsk e di implementare sanzioni non solo a carico di singole entità, ma anche economiche mirate. “Saranno adottate presumibilmente dal prossimo Consiglio Affari Esteri”, ha anticipato l’alto rappresentante Borrell, “e peseranno sui settori economici-chiave per il regime, oltre a coinvolgere i responsabili del dirottamento del volo”. Nel frattempo, “continueremo a sollevare la questione dei 450 prigionieri politici in tutti forum internazionali e portare avanti il pacchetto economico da 3 miliardi di euro a sostegno di una Bielorussia democratica”.
    La reazione del Parlamento Europeo
    Gli eurodeputati di tutti i gruppi politici hanno espresso con forza la dura condanna nei confronti del regime di Lukashenko per quanto accaduto nelle ultime settimane a Minsk e hanno chiesto una risposta ancora più decisa alla Commissione e al Consiglio. “È finito il tempo delle discussioni”, ha avvertito Andrzej Halicki (PPE), perché ormai la Bielorussia “è stata trasformata in un’enorme prigione a cielo aperto”. È arriva l’ora di “sanzioni economiche e di un sostegno più tangibile ai media indipendenti, perché il popolo è totalmente isolato”.
    Anche per Robert Biedroń (S&D) “Lukashenko ha oltrepassato tutti i limiti, ma la comunità internazionale non ha fatto tutto quanto in suo potere per fermarlo“. Con la proposta di risoluzione che sarà votata dopodomani (giovedì 10 giugno), “chiediamo a tutte le istituzioni di riconoscere Lukashenko per quello che è: l’ultimo dittatore d’Europa, che sta costruendo una Corea del Nord nel Vecchio Continente”, ha attaccato l’eurodeputato, citando le parole della leader dell’opposizione bielorussa, Sviatlana Tsikhanouskaya.
    L’eurodeputata della Lega, Susanna Ceccardi (ID)
    Secondo Petras Auštrevičius (Renew Europe), il regime di Lukashenko “da autoritario è diventato apertamente dittatoriale”, ma è anche vero che “il suo capitale politico dipende solo dal sostegno di Vladimir Putin“. Per questo motivo “dobbiamo imporre sanzioni nei settori vitali e dare sostegno immediato alla società civile”. Sul ruolo del leader russo – che proprio ieri si è confrontato telefonicamente con il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel – si è soffermata anche Susanna Ceccardi (ID). “La Russia ha perso l’occasione di prendere le distanze e l’incontro di Sochi mette il Cremlino in una posizione scomoda”, ha sottolineato l’eurodeputata in quota Lega. Ma “anche la Cina non ha condannato il dirottamento del volo e usa la Bielorussia come un corridoio strategico verso l’Europa”. Di qui, l’Unione “dovrebbe bloccare i convogli cinesi in arrivo da Minsk, sarebbe un messaggio forte contro il dittatore e suoi amici illiberali”.
    Il fatto di “non poter starcene con le mani in mano” è il filo conduttore che unisce anche l’intervento di Viola Von Cramon-Taubadel (Verdi/ALE): “Servono sanzioni contro i prodotti di raffineria e della concimazione“, settori-chiave per il “regime del terrore” instaurato dal presidente bielorusso. Per l’eurodeputato del Movimento 5 Stelle e vicepresidente del Parlamento Europeo, Fabio Massimo Castaldo, le ultime azioni di Lukashenko però non sarebbero un atto di forza, ma “mosse disperate e segni di debolezza“, perché “l’opposizione non vuole rassegnarsi ai suoi diktat”. Ecco perché il Parlamento Europeo ha ribadito con forza che “bisogna sostenere con più determinazione il piano di aiuti per una transizione veramente pacifica e democratica della Bielorussia”.

    L’alto rappresentante UE è intervenuto al dibattito in plenaria sulle vicende che hanno riportato il regime di Lukashenko al centro dell’attualità internazionale. Si attendono sanzioni economiche “mirate” anche contro i responsabili del dirottamento del volo Ryanair

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    Bielorussia, l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile aprirà un’indagine sul dirottamento del volo Ryanair

    Bruxelles – Un’indagine internazionale sul dirottamento del volo Ryanair di domenica scorsa (23 maggio) ci sarà e ad occuparsene sarà l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO). Lo ha reso noto il Consiglio dell’agenzia delle Nazioni Unite in un comunicato diffuso nella tarda serata di ieri (giovedì 27 maggio), esprimendo la “forte preoccupazione” per il possibile “dirottamento forzato” su Minsk dell’aereo passeggeri FR4978 proveniente da Atene e diretto a Vilnius.
    Durante una riunione d’urgenza, l’organo direttivo ha sottolineato “l’importanza di stabilire i fatti di quanto accaduto” e di “capire se ci sia stata una violazione del diritto internazionale dell’aviazione” da parte della Bielorussia, in particolare la Convenzione di Chicago (base dell’aviazione civile e del trasporto aereo mondiale). “Il Consiglio ha quindi deciso che tutti i fatti rilevanti debbano essere accertati ufficialmente attraverso un’indagine“, ha messo nero su bianco il presidente del Consiglio ICAO, Salvatore Sciacchitano.
    La relazione sarà preparata dal segretario generale dell’Organizzazione, Fang Liu, e sarà presentata nel corso di una delle prossime riunioni dell’organo direttivo insieme ai “fatti disponibili e gli strumenti giuridici pertinenti”. Tutti gli Stati membri dell’ICAO e le parti interessate sono stati invitati a “collaborare a questa indagine conoscitiva nell’interesse di garantire la sicurezza e la protezione dell’aviazione civile”.

    “The Council has therefore decided that all relevant facts should be officially established through an ICAO investigation conducted by the ICAO Secretariat” – @SalvatoSciacchi
    — ICAO (@icao) May 27, 2021

    La richiesta di un’indagine internazionale era stata espressa nei giorni scorsi da diverse parti, incluso il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli. Nella giornata di ieri era poi arrivata la dura condanna dei ministri degli Esteri del G7 sulla vicenda della deviazione del volo Ryanair e l’arresto del giornalista Roman Protasevich e della compagna Sophia Sapega da parte del regime del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko. Insieme all’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, i ministri di Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone e Regno Unito hanno condannato “l’azione senza precedenti delle autorità bielorusse”.
    Un’azione che non rappresenta solo “un grave attacco alla libertà dei media“, ma che “ha messo a rischio la sicurezza dei passeggeri e dell’equipaggio del volo“. I ministri del Gruppo dei Sette hanno bollato quanto accaduto come un “un grave attacco alle regole che governano l’aviazione civile” e per questo motivo l’ICAO è stata invitata ad “affrontare con urgenza questa sfida alle sue regole e standard”. Nel comunicato è stato infine sottolineato che Pratasevich e Sapega devono essere “rilasciati immediatamente e senza condizioni, così come tutti gli altri giornalisti e prigionieri politici detenuti in Bielorussia”. Sotto la minaccia al regime di Lukashenko di intensificare gli sforzi “anche attraverso ulteriori sanzioni” per mettere fine alla repressione dell’opposizione pacifica e democratica nel Paese.
    Intanto l’alto rappresentante per la Politica estera Josep Borrell ricorda che la Commissione ha messo a punto un pacchetto di aiuti da tre miliardi per la Bielorussia, già annunciato durante il Consiglio europeo di inizio settimana dalla presidente Ursula von der Leyen,  che saranno però elargiti solo “in caso di una sua transizione democratica”.

    We present today a €3bn financial assistance package that we can provide to Belarus in case of its democratic transition. It should be a genuine incentive for the regime to change its course.
    The EU remains truly committed to a democratic #Belarus.https://t.co/nfDaG470Ws
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) May 28, 2021

    La relazione del segretario generale Fang Liu servirà per “capire se ci sia stata una violazione del diritto internazionale” da parte del regime di Lukashenko. Intanto, i ministri degli Esteri del G7 condannano “con la massima fermezza” l’arresto del giornalista Protasevich e minacciano “ulteriori sanzioni”

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    Bielorussia, volo Ryanair dirottato per arrestare giornalista. Sanzioni per “terrorismo di Stato” sul tavolo del Consiglio UE

    Bruxelles – Terrorismo di Stato, pirateria aerea, inasprimento delle sanzioni. Tornano a scaldarsi gli animi dei capi di Stato europei nei confronti del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, dopo il dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius di ieri (domenica 23 maggio) verso Minsk, per arrestare il giornalista e oppositore politico, Roman Protasevich. Sul tavolo del Consiglio UE – convocato per oggi e domani – si ripresenta il dossier Bielorussia. Potrebbero essere inasprite le sanzioni nei confronti del regime, considerato il continuo deterioramento della situazione nel Paese, tra proteste pacifiche represse con la violenza e giornalisti arrestati e condannati arbitrariamente.
    Il giornalista e oppositore bielorusso Roman Protasevich, ex-direttore del canale bielorusso di informazione Telegram, Nexta
    Il caso di Protasevich è l’ultimo in ordine cronologico e senza dubbio quello più appariscente a livello internazionale. Il volo FR4978 operato dalla compagnia aerea low cost irlandese è stato deviato dalla sua rotta verso la capitale della Lituania e scortato da un jet da combattimento bielorusso all’aeroporto di Minsk, a seguito di una comunicazione dei controllori del traffico aereo nazionale di una “possibile minaccia di bomba a bordo“. Una volta che l’aereo è stato fatto atterrare d’emergenza alle ore 12.25, due passeggeri sono stati arrestati: oltre all’ex-direttore di Nexta (canale bielorusso di informazione Telegram), inserito dal regime nell’elenco delle “persone coinvolte in attività terroristiche”, anche la compagna Sophia Sapega, studentessa russa 23enne di un master all’Università Europea di Scienze Umanistiche di Vilnius.
    Le istituzioni europee, attive a sostegno dell’opposizione bielorussa dall’inizio delle proteste nel Paese il 9 agosto dello scorso anno, hanno subito denunciato con forza l’accaduto. L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha sottolineato che “TUTTI i passeggeri devono essere in grado di continuare il loro viaggio immediatamente”, mentre il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, ha preteso “spiegazioni immediate”. La leader dell’esecutivo UE, Ursula von der Leyen, è stata invece la prima a far trapelare quali saranno le prossime mosse di Bruxelles: dopo aver definito l’azione “oltraggiosa e illegale”, che “avrà delle conseguenze”, su Twitter ha riferito che “i responsabili del dirottamento devono essere sanzionati” e che il Consiglio Europeo “discuterà le azioni da intraprendere”.

    The outrageous and illegal behaviour of the regime in Belarus will have consequences.
    Those responsible for the #Ryanair hijacking must be sanctioned.
    Journalist Roman Protasevich must be released immediately.
    EUCO will discuss tomorrow action to take.
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) May 23, 2021

    La conferma è arrivata dal Consiglio Europeo. Il portavoce Barend Leyts ha riferito che oggi i leader europei discuteranno di “possibili sanzioni”, dopo i tre pacchetti già adottati dall’UE, mentre il presidente Charles Michel in una nota ha messo in chiaro che sarà affrontato “questo incidente senza precedenti”, che “non rimarrà senza conseguenze”. Una decisione che parte dalle reazioni molto dure nelle capitali europee (e non solo). Il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, ha definito il dirottamento e gli arresti un “atto di terrorismo di Stato”, mentre da Berlino all’Italia, passando per Parigi, Vilnius, Dublino e Londra, sono arrivati moniti a Minsk per il rilascio del giornalista e della compagna.
    L’accaduto è stato condannato “fermamente” anche da Washington: “Questo atto scioccante perpetrato dal regime di Lukashenko ha messo in pericolo la vita di oltre 120 passeggeri, compresi i cittadini statunitensi”, ha reso noto in un comunicato il segretario di Stato, Antony Blinken. “Stiamo coordinando da vicino la risposta con i nostri partner”, che riguarderà in primo luogo un’indagine da parte del Consiglio dell’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale, ma anche la denuncia delle “continue molestie e la detenzione arbitraria di giornalisti”.
    Le reazioni in Italia
    Anche dall’Italia sono arrivate dure condanne per l’azione intrapresa ieri dal regime bielorusso. “È un atto violento che l’Europa unita non può accettare e che non può restare senza conseguenze”, ha denunciato su Twitter il sottosegretario per gli Affari Europei, Enzo Amendola. “Chiediamo l’immediato rilascio di tutti i passeggeri del volo Ryanair dirottato”, concludendo con #freebelarus. Lo stesso hashtag è stato utilizzato dal segretario del Partito Democratico, Enrico Letta, dopo aver ribadito che “dirottare un aereo è un atto terroristico e come tale va trattato”.
    Per il presidente della commissione Esteri della Camera dei Deputati, Piero Fassino, si tratta di un “atto di pirateria aerea, illegale, arrogante e in dispregio di ogni diritto”, ma anche “la conferma di quanto il regime di Lukashenko rappresenti un pericolo per la Bielorussia e la sicurezza internazionale”. L’eurodeputato del Movimento 5 Stelle e vicepresidente del Parlamento Europeo, Fabio Massimo Castaldo, si è unito al coro di denunce, chiedendo che Protasevich e gli altri passeggeri siano liberati “immediatamente”, oltre al fatto che “questa violenza non può rimanere impunita“.

    È inaccettabile che il volo Ryanair da Atene a Vilnius sia stato dirottato con la forza su Minsk: Roman #Protasevich e tutti gli altri passeggeri illegalmente detenuti dal regime di #Lukashenka devono essere immediatamente liberati, e questa violenza non può rimanere impunita!
    — Fabio Massimo Castaldo (@FMCastaldo) May 23, 2021

    L’aereo scortato all’aeroporto di Minsk da un jet da combattimento per “possibile minaccia di bomba a bordo”. In manette l’oppositore Protasevich e la compagna Sapega. Il vertice dei leader europei discuterà oggi della risposta dell’Unione

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    Balcani occidentali, Borrell vuole far rivivere la tradizione delle “cene informali” con i leader della regione

    Bruxelles – Cena con dialogo. Sta sfoderando tutto l’arsenale diplomatico a sua disposizione l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, per ravvivare la fiamma dell’europeismo nei Balcani occidentali e promuovere la stabilità nella regione. Rimproveri agli Stati membri UE di poco impegno, accelerazione sul fronte dei vaccini anti-COVID e ora il tentativo di far rivivere la tradizione delle “cene informali” con i leader dei Paesi balcanici (sulle orme della predecessora, Federica Mogherini). L’obiettivo rimane sempre lo stesso: far sentire la presenza geopolitica dell’Unione nella penisola e accelerare il processo di allargamento dell’UE nei Balcani.
    Ieri sera (martedì 18 maggio) i capi di Stato e di governo di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia si sono incontrati a Bruxelles per un incontro non ufficiale, insieme all’alto rappresentante Borrell e al commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi. “L’impegno dell’Unione nei confronti dei Balcani occidentali è indiscutibile e deve essere molto visibile”, ha twittato Borrell per spiegare i motivi della cena: “Tenere discussioni strategiche e politiche aperte sul nostro futuro comune” e “valutare la situazione e le sfide in una regione strategica per l’Europa”. Oltre all’allargamento dell’UE nella regione, c’è l’idea di condividere “un approccio più ampio e geopolitico” con i partner balcanici.

    The EU’s commitment to the Western Balkans is unquestionable and needs to be very visible. This is why I revived the tradition of regular informal dinners with the six leaders tonight, to have open strategic and political discussions on our common future. pic.twitter.com/Cn9T1ApE33
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) May 18, 2021

    Come reso noto dal Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), l’incontro si è tenuto “in un’atmosfera aperta e schietta”, che ha permesso di presentare “una riflessione strategica” su come “accelerare le riforme e soddisfare le aspettative dei cittadini sull’integrazione nell’Unione”, ma anche “rafforzare le narrazioni positive e costruttive nella regione”. Per tutti i commensali, l’integrazione europea dei Balcani occidentali rimane “un obiettivo strategico fondamentale”, mentre è stato confermato il “forte impegno per la cooperazione regionale” nelle sfide globali, come la pandemia COVID-19.
    Un resoconto confermato anche dalle parole della prima ministra della Serbia, Ana Brnabić, che in una dichiarazione alla stampa in tarda serata ha offerto un retroscena sull’incontro: “Inizialmente l’atmosfera era tesa, ma poi la cena è proseguita molto meglio ed è durata più del previsto“. Secondo la premier, “è sempre positivo quando dialoghiamo, abbiamo affrontato importanti questioni politiche ed economiche, concentrandoci sul futuro migliore per i nostri cittadini”.
    È presumibile che parte della tensione iniziale sia stata causata dalla richiesta avanzata dal nuovo primo ministro kosovaro, Albin Kurti, di spingere i cinque Paesi UE che ancora non riconoscono l’indipendenza del Kosovo (Spagna, Grecia, Cipro, Romania e Slovacchia) ad allinearsi alla posizione degli altri ventidue Stati membri e a quella del Parlamento UE. Parlando con i giornalisti, il premier ha dichiarato di aver discusso con “amici e colleghi a Bruxelles su come possono aiutarci a fare riforme nei nostri Paesi”, ma soprattutto “a convincere i cinque Stati membri che non riconoscono l’indipendenza del Kosovo a farlo“. Kurti ha poi ribadito la necessità di liberalizzare i visti per i cittadini kosovari, “gli unici in Europa soggetti a un regime di visti”. Qualche pagina del menù per la prossima cena informale è già pronto.
    Da sinistra: Albin Kurti (primo ministro del Kosovo), Zoran Tegeltija (presidente del Consiglio dei ministri della Bosnia ed Erzegovina), Edi Rama (primo ministro dell’Albania), Josep Borrell (alto rappresentante UE), Milo Đukanović (presidente del Montenegro), Ana Brnabić (prima ministra della Serbia), Zoran Zaev (primo ministro della Macedonia del Nord) e Olivér Várhelyi (commissario UE per la Politica di vicinato e l’allargamento)

    L’alto rappresentate ha ospitato a Bruxelles i capi di Stato e di governo dei sei Paesi per discussioni geopolitiche in un’atmosfera “aperta e schietta”. L’obiettivo: favorire la stabilità della penisola e accelerare il processo di allargamento UE