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    L’eurodeputata Ana Miranda trattenuta e respinta da Israele. “Rammarico” dell’Ue

    Bruxelles – Trattenuta per oltre cinque ore all’aeroporto di Tel Aviv e respinta a Madrid: questo il trattamento riservato dalle autorità israeliane all’eurodeputata del Blocco Nazionalista Galiziano, Ana Miranda Paz, membro della delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con la Palestina (Dpal).
    Ana Miranda Paz
    Nella serata di ieri (20 febbraio) Miranda è atterrata all’aeroporto Ben Gurion con il resto della delegazione, da cui avrebbe dovuto muoversi alla volta dei territori palestinesi per una missione ufficiale, utile per appurare il trattamento della popolazione palestinese da parte delle autorità israeliane, incontrare attori della società civile e monitorare la situazione umanitaria nei territori occupati. Ma la polizia israeliana le ha impedito l’ingresso e, dopo ore di trattative, l’ha obbligata a salire sul primo volo della mattina per la Spagna. Miranda ha spiegato che il divieto sarebbe dovuto alla sua partecipazione, nel 2015, alla “flotilla” di supporto umanitario alla popolazione di Gaza. “Questa decisione è profondamente spiacevole e sorprendente, dal momento che le autorità israeliane sono state informate con largo anticipo della composizione della delegazione, e il suo ingresso (di Miranda, ndr) era stato autorizzato esplicitamente dalle autorità”, ha dichiarato la portavoce della Commissione europea, Nabila Massrali.
    Delegazione che era già stata ridotta, poiché il suo presidente, l’eurodeputato della Sinistra europea, Manu Pineda, si è visto negare il permesso di transitare in territorio israeliano la scorsa settimana. “Il regime israeliano sa di poter fare quello che vuole con gli eurodeputati perché è libero: nessun provvedimento è stato preso, né pare che saranno presi al di là di sterili dichiarazioni”, ha commentato Pineda su Twitter, esprimendo il suo sostegno alla collega. Il presidente della delegazione Dpal aveva chiesto una riunione d’urgenza con Roberta Metsola per discutere l’applicazione di misure reciproche contro Israele, ovvero il “divieto di ingresso al Parlamento Ue a rappresentanti e diplomatici israeliani”. Raggiunto da Eunews, il suo staff ha confermato di non aver ancora ricevuto risposta dalla presidente dell’Eurocamera.
    In un tweet Metsola si è detta “rammaricata” per la decisione di Israele e pronta a “contattare le autorità per chiarire la vicenda”. Nessun riferimento all’appello di Pineda, ma la promessa di “parlare con i capigruppo del Parlamento europeo per discutere cosa si può fare in modo che non accada di nuovo”. Sterile dichiarazione, come insinuato da Pineda, o manifesta volontà di intenti? Lo sgarbo di Israele è grave e reiterato e, come ha ricordato Nabila Massrali, “il rispetto di tutti gli eurodeputati è essenziali per le buone relazioni” tra Bruxelles e Tel Aviv.

    Deeply disappointed at Israel’s decision to deny entry to @anamirandapaz, who was due to form part of an official @Europarl_EN mission to West Bank & Gaza.
    MEP Miranda is now back in Europe. I will be contacting Israel’s authorities to clarify what happened & convey our concern.
    — Roberta Metsola (@EP_President) February 21, 2023

    Membro della delegazione del Parlamento Ue per le relazioni con la Palestina, è stata costretta a tornare in Spagna dopo aver passato 5 ore all’aeroporto di Tel Aviv. Metsola annuncia una riunione con i capigruppo per discutere le possibili contromisure

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    Israele blocca (ancora) la delegazione del Parlamento Ue per la Palestina: non può entrare nel Paese

    Dall’inviato a Strasburgo – Manu Pineda, presidente della delegazione Ue per le relazioni con la Palestina (Dpal), non è il benvenuto in Israele. Per la seconda volta il Ministero degli Esteri di Tel Aviv ha notificato all’eurodeputato della Sinistra europea il divieto di ingresso nel Paese, a una settimana dalla missione che la delegazione dovrebbe condurre in Palestina.
    Manu Pineda
    “Una decisione unilaterale e inaccettabile”, ha commentato da Strasburgo Pineda, che dopo aver preso conoscenza della misura nei suoi confronti ha chiesto una riunione d’urgenza con la presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola. L’eurodeputato spagnolo le chiederà “di prendere misure di reciprocità contro Israele”, ovvero il “divieto di ingresso al Parlamento Ue a rappresentanti e diplomatici israeliani”. La situazione è delicata, perché Tel Aviv è un partner privilegiato di Bruxelles, che riceve ingenti risorse dall’Unione e partecipa a numerosi programmi europei. Nonostante questo, da 13 anni la delegazione Dpal non riesce a visitare la Striscia di Gaza e i territori occupati.
    Nel maggio 2022 l’Eurocamera aveva sospeso la missione della delegazione a causa del veto imposto già allora a Pineda, ma questa volta potrebbe andare diversamente: “Dobbiamo assolutamente mantenere la missione, frutto di un anno di lavoro con l’ambasciata dell’Ue a Gerusalemme”, ha dichiarato ancora il presidente della delegazione, sottolineando che “la presenza in Palestina, in un momento che vede in Israele il governo più estremista degli ultimi anni, è indispensabile”.
    Rosa D’Amato
    Lo scopo della missione, ha spiegato a Eunews Rosa D’Amato, eurodeputata dei Verdi/Ale e membro della delegazione Dpal, “è perfettamente in linea con le prerogative di questa istituzione e con quanto già avviene negli altri paesi”: appurare il trattamento della popolazione palestinese da parte delle autorità israeliane, incontrare attori della società civile e monitorare la situazione umanitaria nei territori occupati. Dopotutto anche la Relatrice speciale delle Nazioni Unite, Francesca Albanese, ha definito come “ostinata e continua” la violazione da parte di Israele del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. E l’Unione europea stessa ha più volte richiamato le autorità israeliane sulle politiche di colonizzazione del territorio palestinese, come ribadito poco meno di un mese fa dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, nell’ultimo incontro con il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh.
    Dopo le svariate denunce della delegazione per le relazioni con la Palestina sull’ostruzionismo israeliano, secondo D’Amato è arrivato il momento di “una presa di posizione forte”, se Metsola “ha a cuore l’immagine del Parlamento europeo”. Per il momento Manu Pineda dovrà accontentarsi di una riunione con il capo di gabinetto della Presidente, ma si è detto “fiducioso che Metsola trovi spazio nella sua agenda per riunirsi con la delegazione”.

    La delegazione dovrebbe partire per una missione nei territori occupati la prossima settimana, ma per la seconda volta Tel Aviv nega l’ingresso al suo Presidente Manu Pineda. Chiesta riunione urgente con Metsola per prendere misure contro Israele

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    Medio Oriente, Borrell: “Prevenire un conflitto Israele-Palestina più ampio, bene cessate il fuoco”

    Bruxelles – Israele “ha il diritto di proteggere la sua popolazione civile”, e “l’UE non sta valutando la sospensione dell’accordo di associazione”. La Commissione europea chiarisce una volta di più la sua linea, quella di una soluzione a due Stati, fatta di volontà e dialogo politici, ma fa fatica a condannare apertamente i nuovi scontri in Medio Oriente, dove Israele da giorni conduce raid e attacchi nei territori palestinesi. Azione volta a eliminare i nuovi capi del terrorismo islamico, a cui i palestinesi rispondono con lancio di razzi. Una nuova situazione di conflitto a cui l’UE risponde facendo attenzione a non urtare il partner israeliano.
    “E’ necessario fare tutto il possibile per prevenire un conflitto più ampio”, la priorità dell’Unione europea, come espresso dall’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, che invoca “la massima moderazione da tutte le parti per evitare un’ulteriore escalation”. In Medio Oriente l‘Unione europea “segue con grande preoccupazione gli ultimi sviluppi a Gaza e dintorni”. Una situazione che richiama “la necessità di ripristinare un orizzonte politico e garantire una situazione sostenibile a Gaza“.
    In tal senso il cessate il fuoco raggiunto è una buona notizia. “Ora è fondamentale lavorare per consolidarlo”, commenta Borrell. Sottolinea come questa tregua riguarda “Israele e la jihad islamica palestinese“, a riprova delle posizioni assunte a Bruxelles. L’UE condanna il condannabile, ma resta fedele allo Stato ebraico. Hamas è stata inserita nella lista dell’Unione delle organizzazione terroristiche, e sarebbe difficile immaginare passi indietro in tal senso.
    L’Ue in sostanza invita a deporre le armi e sedersi attorno a un tavolo. Offre una posizione di mediatore, ma non intende scaricare Israele. Borrell critica l’operato delle forze di sicurezza israeliane per quanto accaduto alla giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh, uccisa in circostanza da accertare e oggetto di scontri nel giorno dei suoi funerali. Nella stessa risposta all’interrogazione parlamentare, Borrell assicura che non si intende porre fine all’accordo di associazione, anche perché al decisione va presa dal Consiglio, ma su proposta della Commissione. Proposta che non al momento non si ha intenzione di produrre.

    Di fronte alle operazioni militari israeliane l’Alto rappresentate ricorda che lo Stato ebraico “ha il diritto di difendersi”, e invoca “un orizzonte politico e sostenibile a Gaza”

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    Von der Leyen sigla l’intesa con Egitto e Israele per più forniture di gas all’Europa

    Bruxelles – Da Israele all’Europa, passando per l’Egitto. L’Unione Europea ha siglato oggi (15 giugno) un Memorandum d’intesa con cui Egitto e Israele si sono impegnati a incrementare le esportazioni di gas naturale verso il Continente, alle prese con il tentativo di ridurre la sua dipendenza dalle forniture di idrocarburi importati dalla Russia nel contesto della guerra in Ucraina.
    Abdel Fattah El-Sisi, a destra, e Ursula von der Leyen
    Un “grande passo avanti nella fornitura di energia all’Europa, ma anche per l’Egitto nel diventare un hub energetico regionale”, ha rivendicato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, in conferenza stampa con il presidente egiziano Abdel Fattah-Sisi annunciando l’intesa che Bruxelles cercava da settimane. Il gas israeliano sarà trasportato tramite gasdotto in Egitto, dove sarà liquefatto in GNL e poi trasportato via mare in Europa per essere rigassificato. L’Egitto dispone di due impianti di GNL, uno a est di Alessandria, a Idku, e l’altro nella città portuale di Damietta, che ha una capacità produttiva di 5 milioni di tonnellate all’anno.
    L’accordo quadro è stato siglato al Cairo dalla commissaria per l’Energia, Kadri Simson, insieme al ministro egiziano, Tāreq El Molla, e alla ministra israeliana, Karine Elharrar. Conclude il tour mediorientale di tre giorni della leader dell’Esecutivo comunitario, che l’ha vista impegnata da lunedì prima in Israele e Palestina e poi in Egitto e Giordania nel tentativo di rafforzare la cooperazione con la regione.
    Bruxelles lavorava a questo accordo trilaterale almeno da inizio aprile, nel quadro del suo piano per sbarazzarsi degli idrocarburi in arrivo da Mosca, che rappresentano oltre il 40 per cento delle sue forniture importate per circa 150 miliardi di metri cubi di gas. Per arrivare a liberarsi dalla dipendenza energetica russa, Bruxelles stima che sarà necessario aumentare le sue importazioni di gas da fonti non russe, principalmente gas naturale liquefatto (+50 miliardi di metri cubi), ma anche gas proveniente da gasdotto (+10 bcm) visti i limiti infrastrutturali di molti Paesi membri UE che dispongono di pochi rigassificatori sul proprio territorio.
    Nel memorandum non si parla di volumi precisi di gas che arriveranno in Europa, ma secondo la ministra israeliana si tratta del primo accordo a “consentire esportazioni significative” di gas israeliano verso l’Europa. “Oggi l’Egitto e Israele si impegnano a condividere il nostro gas naturale con l’Europa e ad aiutare con la crisi energetica”, ha commentato Elharrar dopo la firma dell’intesa, definendolo un grande momento per Israele per diventare un grande attore sul mercato globale, approfittando del “vuoto” che la Russia lascia sul mercato.

    Israele, da solo, non può rimpiazzare tutto il gas russo ma secondo l’UE tutti gli Stati del Mediterraneo orientale possono fornire circa 20 miliardi di metri cubi all’anno, la maggior parte dei quali proverrebbe da Israele. L’UE ha già siglato un accordo con gli Stati Uniti per la consegna di almeno 15 miliardi di metri cubi di Gnl nel 2022 e circa 50 miliardi di metri cubi all’anno almeno fino al 2030. Dopo l’intesa con Israele ed Egitto, la commissaria Simson volerà Azerbaijan a luglio, nel contesto del lavoro che l’Unione Europea sta facendo per trovare fornitori di gas alternativi alla Russia.
    Bruxelles rafforza la cooperazione con l’Egitto anche in vista della prossima Conferenza sul clima delle Nazioni Unite, la COP27, che si terrà proprio in Egitto (a Sharm El-Sheikh) dal 7 al 18 novembre 2022. E’ in questa occasione che sarà annunciata una nuova partnership UE-Egitto sull’idrogeno, come anticipato dalla presidente in conferenza stampa. “L’Egitto ha il potenziale per essere un leader nella produzione e nell’esportazione di energia rinnovabile”, ha detto von der Leyen, definendo l’Egitto un partner affidabile dal punto di vista energetico. Con Israele, invece, Bruxelles porta avanti altri due progetti in parallelo, un nuovo gasdotto per trasporto prima di gas (e poi, nei piani di Bruxelles) di idrogeno pulito nel Mediterraneo orientale; un cavo elettrico sottomarino per connettere Israele, Cipro e Grecia che nel tempo sarà elettrificato con energie rinnovabili.

    Il gas israeliano arriverà in Egitto tramite gasdotto, poi sarà liquefatto in Gnl e trasportato via mare in Europa per essere rigassificato. “Un grande passo avanti nella fornitura di energia all’Europa, ma anche per l’Egitto nel diventare un hub energetico regionale”, sostiene la presidente dell’Esecutivo comunitario

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    Von der Leyen vola in Egitto per la sicurezza alimentare della regione (e per quella energetica dell’UE)

    Bruxelles – Ursula von der Leyen volerà la prossima settimana in Egitto per discutere con il presidente Abdel Fattah al-Sisi di “come indirizzare al meglio il nostro sostegno alla regione” di fronte alla crisi di insicurezza alimentare globale trainata dalla guerra di Russia in Ucraina. La conferma è arrivata questa mattina (8 giugno) a Strasburgo dalla stessa presidente della Commissione Europea in un dibattito con il Parlamento europeo sull’ultimo Vertice Ue che si è tenuto il 30-31 maggio, affrontando le conseguenze della guerra di Mosca sulla sicurezza alimentare ed energetica globale.
    Tra le altre conseguenze della guerra in Ucraina, la presidente cita con apprensione l’aumento dei prezzi dell’energia che ha fatto aumentare i costi dei fertilizzanti o del trasporto delle esportazioni. Ma il tema è soprattutto le difficoltà che si stanno incontrando nell’esportare le materie prime agricole nel mondo. “Il cibo è ormai diventato parte dell’arsenale del terrore del Cremlino. E non possiamo tollerarlo”, accusa von der Leyen. “Penso che questo sia l’unico modo per descrivere il bombardamento da parte della Russia degli impianti di stoccaggio del grano, il blocco dei porti ucraini – anzi in alcuni casi anche il furto di grano dall’Ucraina. Quindi, al momento, ci sono circa 20 milioni di tonnellate di grano intrappolate in Ucraina”, ha ricordato.
    Kiev produce il 12 per cento del grano mondiale, il 15 per cento del suo mais e il 50 per cento del suo olio di girasole, ed è il principale esportatore di prodotti agricoli per i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, che iniziano a soffrire il rallentamento delle esportazioni. L’invasione della Russia, iniziata lo scorso 24 febbraio, fa temere per la sicurezza alimentare su scala globale. In circostanze normali, Bruxelles stima che il 75 per cento della produzione cerealicola ucraina venga esportata, e prima della guerra, i porti ucraini sul Mar Nero rappresentavano il 90 per cento delle esportazioni di cereali e semi oleosi. Circa un terzo delle esportazioni è destinato all’Europa, alla Cina e all’Africa.
    Dell’intenzione di viaggiare in Egitto, von der Leyen aveva fatto menzione già in conferenza stampa al termine del Vertice Europeo del 30-31 maggio con l’idea di affrontare “le questioni di sicurezza alimentare anche in senso regionale, non solo europeo o dell’Ucraina”. Discutere di sicurezza alimentare non è sicuramente l’unica ragione che spinge la leader dell’Esecutivo europeo a recarsi in Egitto. Nel piano ‘REPowerEu’ per svincolare l’UE dai combustibili fossili importati dalla Russia, la Commissione Europea ha fissato tra gli obiettivi per porre fine alla dipendenza dal gas russo una spinta sulle energie rinnovabili e fonti di energia a basse emissioni di carbonio, efficienza e risparmio. Ma è ben consapevole che il fabbisogno residuo di gas naturale dell’Europa andrà coperto dalla diversificazione dei fornitori. Nella comunicazione del piano presentato il 18 maggio scorso, Bruxelles stima che sarà necessario aumentare le sue importazioni di gas da fonti non russe: principalmente gas naturale liquefatto, Gnl (+50 miliardi di metri cubi), ma anche gas proveniente da gasdotto (+10 bcm) visti i limiti infrastrutturali di molti Paesi membri che non dispongono o dispongono di pochi rigassificatori sul proprio territorio.
    Dopo un accordo con gli Stati Uniti per la consegna di almeno 15 miliardi di metri cubi di Gnl nel 2022 e circa 50 miliardi di metri cubi all’anno almeno fino al 2030 e dopo che Giappone e Corea hanno già reindirizzato una serie di carichi verso l’Europa, la Commissione europea punta “entro quest’estate” – come si legge nella comunicazione – e dunque nelle prossime settimane a concludere un accordo trilaterale con Egitto e Israele per maggiori forniture di Gnl all’Europa. I contatti tra Unione e Israele sono già in corso, ufficialmente da inizio aprile ma si stanno accelerando. I due partner stanno negoziando per trasportare il gas attraverso l’Egitto, dopo che la ministra per l’Energia di Israele Karin Elharrar ha fatto capire che intende sfruttare appieno il “vuoto” e l’opportunità nel mercato energetico globale e soprattutto quello europeo lasciato dalla Russia, a causa delle sanzioni imposte dall’UE.
    A novembre, Egitto e Israele hanno firmato un accordo per facilitare il trasferimento del gas israeliano in Egitto e una volta iniziata la guerra di aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina, a fine febbraio, hanno approfondito i colloqui con Bruxelles per sfruttare l’opportunità e trasferire il Gnl in Europa, dove poi sarà rigassificato. Prima dell’invasione dell’Ucraina, Mosca forniva all’Europa circa il 40% della sua domanda di gas all’anno. Israele, da solo, non può compensare tutta la domanda di gas coperta dalla Russia, ma Bruxelles stima che con una partnership rafforzata con i Paesi del Mediterraneo orientale si può arrivare a forniture per oltre 15 miliardi di metri cubi all’anno. Nel piano REPowerEu c’è un intero capitolo dedicato alla dimensione esterna di questo progetto per dire addio ai combustibili fossili russi, che vedrà Bruxelles impegnata sia con i principali paesi produttori (Stati Uniti, Australia, Qatar, Nigeria, Egitto, ecc.) sia con i paesi consumatori (Cina, Giappone, Corea) di gas.

    La presidente della Commissione in Egitto la prossima settimana per discutere con il presidente Abdel Fattah al-Sisi di “come indirizzare al meglio il nostro sostegno alla regione” di fronte alla crisi di insicurezza alimentare globale trainata dalla guerra in Ucraina. Ma non solo. Bruxelles punta a concludere un accordo trilaterale con Israele e Egitto per forniture di gas all’Europa

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    Conflitto Israele-Palestina: l’Ungheria ostacola l’intesa dei ministri Esteri UE per cessate il fuoco e rilancio dei negoziati di pace

    Bruxelles – Sulla ripresa del conflitto tra Israele e Palestina l’Unione Europea parla come un attore politico e diplomatico unito. Anzi no. Sono bastate 24 ore per affossare il miraggio di vedere tutti e 27 i Paesi membri UE allineati sulla stessa posizione, che in fondo è quella dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: la protezione dei civili, un cessate il fuoco immediato e la ripresa dei negoziati di pace per una soluzione “stabile e duratura, senza adagiarsi sullo status quo che non evita il ritorno della violenza”.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    Nel corso del Consiglio Affari Esteri straordinario convocato dallo stesso Borrell per oggi (martedì 18 maggio), è stata l’Ungheria l’unico Stato membro a mettersi di traverso all’intesa di massima raggiunta dai ministri degli Esteri europei (non ci sono state conclusioni ufficiali, dal momento in cui si trattava di un vertice informale). “È stata una riunione intensa”, ha confermato Borrell, “ma ce n’era bisogno, perché i governi nazionali iniziavano a prendere posizioni autonomamente”. Ventisei su ventisette è una maggioranza che lascia l’alto rappresentante “abbastanza soddisfatto, perché partivamo da sensibilità diverse“. Ma l’amarezza per aver sfumato l’obiettivo dell’unanimità ha accompagnato tutta la conferenza stampa e alla fine è stata espressa in modo esplicito: “Sinceramente non riesco a capire come non si possa essere d’accordo con questo testo. Abbiamo bisogno di un orizzonte politico sul breve e sul lungo raggio nella regione, lo status quo non è un’opzione perché è chiaro che la violenza può tornare”.
    Al netto dell’ostacolo ungherese, come già anticipato ieri dal portavoce Peter Stano, per l’Unione Europea “la priorità è far cessare tutte le violenze e implementare il cessate il fuoco”, in modo da permettere di “proteggere i civili e dare accesso agli aiuti umanitari a Gaza“, ha confermato Borrell. “L’escalation tra Israele e Palestina ha causato un numero elevato di vittime, tra cui troppe donne e bambini. Questo è inaccettabile”. Sul breve periodo, l’UE riconosce il “diritto di Israele di difendersi, ma in modo rispettoso delle leggi internazionali e umanitarie” e pretende che “si fermi l’occupazione abusiva di territori palestinesi e le espulsioni da Gerusalemme Est“. Ma sul lungo periodo, “c’è bisogno di una soluzione politica efficace, l’unica che può portare davvero alla pace”: vale a dire, un impegno per “rilanciare i negoziati di pace, rimasti in stallo per troppo tempo”, favorendo il processo democratico anche in Palestina.
    Il dibattito in Parlamento 
    Proprio mentre i ministri degli Esteri concludevano il vertice informale, al Parlamento Europeo si è tenuto il dibattito in plenaria sulla strategia dell’Unione verso Israele e la Palestina. Un dibattito che, come fatto notare con disappunto dall’eurodeputato Pedro Marques (S&D), “si sarebbe potuto posticipare a domani, per permettere all’alto rappresentante UE un confronto con noi”. A suo nome, invece, ha parlato il ministro degli Esteri portoghese e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Augusto Santos Silva, che ha posto l’accento sulla necessità di orientare “tutti gli sforzi verso la difesa delle vite umane e la fine dell’escalation di violenza” e ha ricordato i colloqui di Borrell con il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, e il ministro degli Esteri israeliano, Gabi Ashkenazy.
    Il ministro degli Esteri portoghese e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Augusto Santos Silva
    Da parte del Consiglio dell’UE c’è stato un tentativo di tenere equidistanza verso le istanze di Israele e della Palestina: “Siamo particolarmente preoccupati per quello che succede a Gaza, sia per i raid aerei di Israele, sia per i razzi lanciati dalla Striscia”. Da una parte, vengono condannati gli “attacchi indiscriminati di Hamas, da cui Israele ha il diritto di difendersi”, ma allo stesso tempo sono considerate “illegali e contro il diritto internazionale le espulsioni di cittadini palestinesi da Gerusalemme Est”.
    Il dibattito in plenaria ha però messo in luce anche profonde divisioni tra i gruppi politici sulle dinamiche del conflitto, con le sinistre che hanno sottolineato la debolezza delle potenze internazionali nel condannare le occupazioni abusive da parte di Israele e le destre che hanno calcato la mano sul diritto del governo guidato da Benjamin Netanyahu di difendersi da organizzazioni terroristiche come Hamas. In mezzo, il PPE e Renew Europe, che hanno mantenuto una linea più aderente a quella dell’alto rappresentante Borrell: “Il lancio di razzi da Gaza non ha alcuna giustificazione, ma Israele deve rispondere con moderazione”, ha predicato calma David McAllister (PPE), sostenendo la necessità di un fronte unito con gli Stati Uniti, l’Egitto e la Giordania. Per Hilde Vautmans (Renew Europe), “finché le due parti saranno provocate da estremisti, non ci sarà pace” e per questo “dobbiamo lavorare a un nuovo accordo di Oslo e trovare una posizione comune anche in Parlamento”.
    L’eurodeputata del Partito Democratico, Pina Picierno (S&D)
    Da parte del gruppo S&D, Maria Arena ha accusato che “voler mettere fine alle ostilità senza considerare le cause del conflitto, significa voler riscrivere i fatti”. E mentre viene chiesto un cessate il fuoco, “l’equidistanza oggi ci disturba, perché dimentichiamo che ci troviamo di fronte a occupazioni abusive e un regime di apartheid, come ci dicono ONG internazionali e israeliane”. È per questo che serve una “pace durevole, ma per tutti”, che per la collega italiana Pina Picierno (PD) passa dall’impegno per la democrazia e l’affermazione dei diritti civili e politici anche in Palestina: ” Siamo rimasti impotenti per anni, mentre i terroristi di Hamas hanno messo da parte la classe politica palestinese. Dobbiamo ribaltare questa tendenza”.
    Anche per Jordi Solé (Verdi/ALE) la sola de-escalation “porterebbe a una situazione di ordinaria amministrazione, mentre sul terreno c’è un’ingiustizia di fondo che la comunità internazionale non riconosce”. La co-presidente del gruppo della Sinistra al Parlamento UE, Manon Aubry, definendosi “ardente partigiana per una soluzione pacifica che contempli due Stati”, ha ribadito che “non ci sarà soluzione duratura al conflitto senza porre fine alla colonizzazione israeliana e tornare al rispetto delle risoluzioni ONU“.
    Dura la replica dalle destre europee: “Accettereste mai un’organizzazione terroristica che attacca il vostro Paese democratico?”, ha tuonato Charlie Weimers (ECR). “Ecco perché dobbiamo sostenere Israele contro un gruppo che cerca la sua distruzione”. Secondo Anna Bonfrisco (ID), “Israele è un partner affine nell’area più strategica per l’Europa, mentre Hamas sponsorizza solo l’odio e attacca la democrazia”. Per questa ragione, “la pace che dia impulso alla rinascita economica della regione va costruita con Israele”.

    L’amarezza dell’alto rappresentante Borrell al termine del vertice straordinario: “Non capisco come si possa non essere d’accordo su queste priorità”. Ma anche la plenaria del Parlamento Europeo mostra divisioni tra gruppi politici su soluzioni e responsabilità per l’escalation di violenza

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    Conflitto Israele-Palestina, “proteggere i civili” è la priorità di Bruxelles. Domani riunione straordinaria dei ministri Esteri UE

    Bruxelles – A una settimana esatta dalla ripresa del conflitto tra Israele e Palestina, il quadro della situazione può essere tracciato da pochi – ma tragici – numeri: 197 palestinesi sono stati uccisi dai raid aerei israeliani su Gaza, tra cui almeno 58 bambini e 34 donne, e altri 1.235 feriti, mentre 10 israeliani hanno perso la vita a causa dei razzi lanciati da Hamas verso il sud del Paese (lo riportano rispettivamente il ministero della Salute palestinese e le Forze di Difesa israeliane). È la più grave escalation di violenza dal 2014 a oggi, che sta mettendo le diplomazie mondiali di fronte a grossi interrogativi sulle modalità di difesa di Israele e sul suo ininterrotto processo di occupazione abusiva dei territori palestinesi.
    Mentre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sta cercando (al momento senza successo) di trovare una posizione comune per un cessate il fuoco “immediato”, come confermato dal segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, anche l’Unione Europea si sta muovendo per “agire come un attore politico e diplomatico unito“. Lo ha spiegato oggi (lunedì 17 maggio) Peter Stano, portavoce dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, commentando la convocazione d’urgenza dei ministri degli Affari esteri UE di domani. “La riunione straordinaria ci permetterà di capire come affrontare al meglio l’escalation di violenza a Gaza, in Israele e nei territori palestinesi occupati”, ha riferito alla stampa, ponendo l’accento sul fatto che “la nostra priorità è la de-escalation, proteggere i civili e trovare soluzioni sostenibili sul lungo periodo“.

    In view of the ongoing escalation between Israel and Palestine and the unacceptable number of civilian casualties, I am convening an extraordinary VTC of the EU Foreign Ministers on Tuesday. We will coordinate and discuss how the EU can best contribute to end the current violence
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) May 16, 2021

    Traspare cautela dalle parole di Stano che, pressato dai giornalisti, ha dato un colpo al cerchio e uno alla botte. Da una parte, “è sempre stata chiara” la posizione di Bruxelles sulle colonie israeliane e le relative espulsioni di cittadini palestinesi nei territori occupati: “Sono illegali e non in linea con la legge internazionale, perché impediscono il raggiungimento di una soluzione stabile nella regione“. Ma allo stesso tempo, “non dobbiamo dimenticare che Hamas ha iniziato a lanciare razzi indiscriminatamente su Israele, con l’obiettivo di colpire civili”, e questo per Bruxelles è “un atto terroristico inaccettabile”. In questo senso si definisce il “diritto di Israele di difendersi”, anche se l’UE ribadisce che la risposta “deve essere proporzionata e non deve violare le leggi internazionali”.
    A questo proposito va ricordata la polemica con il governo di Benjamin Netanyahu sull’abbattimento dell’edificio al-Jala in pieno centro a Gaza (lo scorso sabato 15 maggio), dove avevano sede al-Jazeera e diverse agenzie internazionali di informazione, tra cui Associated Press. “L’attacco israeliano è estremamente preoccupante, perché la sicurezza dei giornalisti è essenziale, specialmente in aree di conflitto“, ha commentato il portavoce della Commissione UE. “I media devono poter lavorare in uno scenario sicuro e riportare cosa sta accadendo in modo libero e indipendente”. Ma, aldilà degli operatori dell’informazione, il vero punto focale è la protezione dei civili: “Ogni vita persa è una tragedia e stiamo lavorando con i partner per fermare questa escalation”. L’obiettivo è ambizioso: “Dobbiamo cercare di risolvere il problema alla radice, ovvero puntare alla soluzione sostenibile e duratura dei due Stati indipendenti“. Serviranno ancora ventiquattro ore per capire se e come i Paesi membri UE riusciranno a spingere in questa direzione in modo unito.

    Non si ferma il lancio di razzi di Hamas verso il sud del Paese e i raid israeliani su Gaza, mentre si aggrava il bilancio delle vittime. I Ventisette convocati d’urgenza dall’alto rappresentante Borrell per rispondere all’escalation di violenza “come un attore politico e diplomatico unito”

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    Tensione a Gaza, l’UE invita alla de-escalation e alla protezione dei civili

    Bruxelles – L’Unione Europea è coinvolta in un’intensa attività diplomatica da quando lunedì 10 maggio sono ricominciate nuove tensioni tra Palestina e Israele. Lo ha riferito durante il punto giornaliero con la stampa Peter Stano, il portavoce dell’Alto Rappresentante per la Politica estera e la Sicurezza comune, interpellato sulla posizione di Bruxelles sugli scontri che hanno nuovamente infiammato il conflitto tra le due parti nell’area.
    “Da quando le tensioni sono ricominciate l’UE è impegnata a parlare e a lavorare con le parti a livello internazionale”, ha affermato il portavoce. Le priorità per l’Unione restano la de-escalation e la protezione delle vite dei civili e quindi il rispetto del diritto internazionale umanitario da parte di “tutte e due i fronti”.
    In un comunicato l’Alto Rappresentante Josep Borrell ha definito “inaccettabile” il lancio dei razzi organizzato da Gaza verso la popolazione civile israeliana. “La violenza degli ultimi giorni dimostra la necessità di rilanciare i negoziati per cercare una soluzione pacifica sostenibile per l’attuale situazione, l’orizzonte politico deve essere ristabilito”, ha continuato Stano. Il portavoce ha anche dichiarato che gli sforzi dell’UE si stanno tutti concentrando sulla ripresa di un negoziato diretto che promuova la soluzione dell’esistenza di due Stati, uno di Israele e uno di Palestina.
    I missili lanciati da Gaza sono stati una risposta agli scontri registratisi lunedì mattina sulla Spianata delle Moschee, il principale sito religioso palestinese nella città di Gerusalemme. A fronte dei trecento feriti comunicati, Hamas, il movimento radicale che controlla la Striscia di Gaza ha lanciato decine di razzi verso lo Stato ebraico senza provocare morti. La reazione di Tel Aviv non si è fatta attendere: l’aviazione israeliana ha colpito 140 obiettivi militari a Gaza e ora minaccia un’operazione di terra. Le autorità palestinesi finora parlano di 20 morti e decine di feriti.

    Dopo gli scontri alla Spianata delle Moschee la risposta di Gaza e la successiva ritorsione da parte di Tel Aviv. Bruxelles tenta di mediare: “L’orizzonte politico deve essere ristabilito”