More stories

  • in

    L’Ue sceglie il silenzio sugli “attacchi sproporzionati” di Israele a Jabalia. È iniziata l’evacuazione di 7.500 persone da Gaza

    Bruxelles – C’è il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, che in un tweet si dice “sconvolto dall’alto numero di vittime civili a causa delle bombe israeliane sul campo profughi di Jabalia”. Intorno a lui, dall’Unione Europea un silenzio sconcertante. Mentre dal quartier generale dell’Onu e dalle agenzie delle Nazioni Unite che lavorano nella Striscia di Gaza arrivano parole durissime sull’operazione militare delle Forze di Difesa israeliane.Il bilancio dei raid di martedì e mercoledì (31 ottobre e primo novembre) sulla città situata pochi chilometri a nord di Gaza City è di almeno 195 morti e 120 dispersi, secondo i dati diffusi dal ministero della Sanità controllato da Hamas. “L’ultima atrocità che ha colpito gli abitanti di Gaza”, l’ha descritta il sottosegretario per gli Affari Umanitari delle Nazioni Unite, Martin Griffiths. Da Ginevra, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha denunciato i bombardamenti su Jabalia come “attacchi sproporzionati che potrebbero equivalere a crimini di guerra“, mentre il suo direttore della sede di New York, Craig Mokhiber, ha addirittura deciso di lasciare il suo incarico accusando il Palazzo di Vetro di essere incapace di agire per “prevenire il genocidio” della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza. “Stiamo assistendo a un genocidio che si sta svolgendo sotto i nostri occhi e l’organizzazione che serviamo sembra impotente a fermarlo”, ha scritto Mokhiber nella lettera di dimissioni.Il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, a Rafah il primo novembre 2023 (credits: Said Khatib / Afp)Dall’inferno dell’enclave palestinese, l’Unicef condanna gli “attacchi su larga scala in un’area residenziale densamente popolata”, che “possono avere effetti indiscriminati”. E il commissario generale dell’Unrwa – l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi – ha definito la situazione umanitaria come “una tragedia senza precedenti“. Il commissario generale Philippe Lazzarini, dopo aver ottenuto il permesso di entrare a Gaza per la prima volta dal 7 ottobre, ha confermato che “l’attuale risposta umanitaria non è di gran lunga sufficiente, né corrisponde agli enormi bisogni della popolazione di Gaza”. In particolare c’è bisogno di “consegne urgenti di carburante”, che “non è arrivato per quasi un mese impattando in modo devastante su ospedali, panifici, impianti idrici” e sulle attività stessa dell’Unrwa. Ma gli appelli per un cessate il fuoco umanitario lanciati dall’Agenzia – che tra le proprie fila conta già più di 70 vittime dei raid israeliani – “cadono nel vuoto”. Senza di esso, avverte Lazzarini, “più persone verranno uccise, coloro che sono vivi subiranno ulteriori perdite e la società, un tempo vivace, sarà in lutto per sempre”.L’Ue ringrazia l’Egitto per l’apertura del varco di RafahDai leader delle istituzioni europee nessuna parola sul bombardamento di Jabalia. In comunicato pubblicato ieri sera, la Commissione Europea ha “accolto con favore l’evacuazione di numerosi cittadini dell’Ue e di altri cittadini stranieri, nonché persone ferite attraverso il valico di frontiera di Rafah tra Gaza e l’Egitto”. La presidente dell’esecutivo Ue, Ursula von der Leyen, ha “ringraziato calorosamente le autorità egiziane per i loro ammirevoli sforzi volti ad aiutare i cittadini stranieri, il personale delle organizzazioni internazionali e le loro famiglie, compresi i cittadini europei, ad entrare in sicurezza nel loro Paese”. Tralasciando completamente ciò che stava accadendo alla popolazione palestinese nel nord della Striscia.Cittadini stranieri e con doppio passaporto al varco di Rafah, tra Gaza e l’Egitto (credits: Mahmud Hams / Afp))Dal varco al confine tra Egitto e la Striscia di Gaza sono uscite ieri più di 400 persone, 335 cittadini stranieri e palestinesi con doppio passaporto e 76 feriti gravi che non potevano essere assistiti negli ospedali locali ormai allo stremo. Oggi è prevista l’evacuazione di altri 400 cittadini stranieri e di una sessantina di feriti, in totale nei prossimi giorni i cancelli di Rafah dovrebbero restare aperti per circa 7.500 persone, secondo una lista stilata da diversi Paesi e avallata dalle autorità egiziane e israeliane. L’accordo tra Il Cairo e Tel Aviv è stato reso possibile grazie alla mediazione di Stati Uniti e Qatar.Nella dichiarazione la Commissione Ue ha voluto sottolineare di aver già triplicato la sua assistenza umanitaria a Gaza, portandola a 78 milioni di euro, con l’obiettivo di “consentire ai partner di continuare il loro prezioso lavoro umanitario”, e di aver già effettuato 6 voli con oltre 263 tonnellate di aiuti umanitari, preposizionati in Egitto in attesa di una “rapida consegna di assistenza alle persone bisognose a Gaza”.
    Per l’Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani i raid sul campo profughi potrebbero essere un crimine di guerra, l’Unicef parla di “scene di carneficina”. Da Bruxelles solo l’Alto rappresentante Josep Borrell si dice “sconvolto dal numero di vittime civili”

  • in

    Macron insiste per una coalizione internazionale contro Hamas: “Azioni militari mirate che non colpiscano i civili”

    Bruxelles – Il giorno dopo il compromesso a 27 al ribasso sulla necessità di “corridoi e pause per bisogni umanitari” a Gaza, il presidente della Repubblica francese esce dal coro e chiarisce la posizione di Parigi sul conflitto tra Israele e Hamas. Ed è una linea di supporto critico a Tel Aviv: “Per combattere i gruppi terroristici servono operazioni mirate, non un azione massiccia che mette in pericolo i civili“.L’appello a una “tregua umanitaria” fatto da Emmanuel Macron nella conferenza stampa a margine del Consiglio europeo va letto anche in questo senso. Non solo permettere l’ingresso e la distribuzione rapida e in sicurezza di aiuti umanitari, ma “organizzare veramente la protezione della popolazione civile, finalizzare la liberazione degli ostaggi e mirare meglio le operazioni contro i terroristi”. Se non fosse abbastanza esplicito, Macron spiega che – pur “riconoscendo totalmente il diritto di Israele e la sua volontà legittima di lottare contro il terrorismo”- per l’Eliseo “il blocco completo di Gaza, il bombardamento indifferenziato e ancora di più la prospettiva di un’operazione massiccia di terra non possano per natura proteggere la popolazione civile come si dovrebbe”, e così i funzionari dell’Onu, i medici, i volontari dell’assistenza ai civili.Palazzi sventrati dai bombardamenti israeliani a Gaza (Photo by Yahya HASSOUNA / AFP)Distinguere chiaramente tra “terroristi, autorità politica e popolazione” per Macron è indispensabile anche per la sicurezza stessa di Israele. Perché “se milioni di persone realizzano che i loro fratelli e sorelle sono stati uccisi nel nome della guerra contro Hamas, finiranno per aderire a quella causa”. Parigi chiede a Tel Aviv di “prendersi il tempo per preparare operazioni mirate”, e di farlo attraverso uno “scambio di informazioni tra i migliori eserciti”.E le forze militari francesi sono pronte a dare il proprio contributo, legittimate dal fatto di “aver perso 30 concittadini nell’attacco di Hamas” del 7 ottobre. Macron ha rilanciato ai 27 la sua proposta di replicare contro Hamas lo schieramento internazionale che ha combattuto Daesh in Siria: “Abbiamo sempre preso le nostre responsabilità contro i movimenti terroristici nella regione perché sono minacce per noi stessi – ha dichiarato in conferenza stampa -, nelle prossime settimane proporremo ai nostri partner di riunirci per strutturare questa iniziativa. E condivideremo l’approccio con tutti i partner della regione che lo desiderano”.Un invito che dovrà chiaramente essere accolto anche dalle autorità israeliane, a cui Macron ha chiesto inoltre di adoperarsi per “far cessare le violenze di alcuni coloni sui civili in Cisgiordania“. Il focus rimane chiaramente sul disastro umanitario di Gaza, e su una tregua necessaria per “coordinare bene le cose e evitare che ci siano vittime totalmente ingiustificate di una lotta legittima contro il terrorismo”, una lotta “che durerà”. Nell’approccio del presidente francese, oltre alla lotta alla lotta al terrorismo  “con azioni mirate” e l’aiuto umanitario che “protegga la popolazione di Gaza”, non si può prescindere da un terzo punto: la prospettiva politica, con “un rilancio deciso della soluzione dei due Stati“.
    Il presidente francese ha criticato “il blocco completo di Gaza e il bombardamento indifferenziato” attuato dalle forze di difesa israeliane, che rischia di ripercuotersi sulla sicurezza stessa di Israele: “Milioni di persone finiranno per aderire alla causa di Hamas”

  • in

    Il politologo Morillas (Cidob): “L’Ue deve tenere conto della natura e della portata della risposta di Israele”

    Bruxelles – “L’Ue non può sostenere l’uso inappropriato della forza, deve tenere conto della natura e della portata della risposta di Israele”. La posizione di Pol Morillas, direttore del Barcelona Centre for International Affairs (Cidob), è chiara: sul conflitto che si è riacceso il 7 ottobre nella striscia di Gaza tra Hamas e Israele, l’Unione europea, nella sua ambiguità, ha sbagliato la risposta.Secondo Morillas, la risposta alla guerra in Medio Oriente non ha rispecchiato la posizione tradizionale dell’Ue. Il politologo si riferisce alla dichiarazione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, affidata a un tweet pubblicato il giorno dopo l’attacco di Hamas, secondo la quale “Israele ha il diritto di difendersi – oggi e nei giorni a venire”. “La sua posizione non è in linea con il linguaggio concordato nelle storiche conclusioni del Consiglio europeo sul processo di pace in Medio Oriente“, afferma Morillas in uno commento pubblicato da Carnegie Europe. Il conflitto riapre un vecchio fronte di guerra, in un momento in cui l’Europa e il mondo sono già provati da due anni di guerra condotta dalla Russia in Ucraina, confine dell’Ue. “Le prospettive di una concentrazione globale per la pace e la sicurezza, sia attraverso la collaborazione tra grandi potenze sia attraverso istituzioni multilaterali, sono nulle. Questa non può essere una buona notizia per nessuno”, aggiunge Morillas.Nessuno può trarre vantaggio da una guerra che – si legge nel commento del direttore del Cidob – potrebbe potenzialmente portare a ulteriore instabilità locale, regionale e globale. Di certo non l’Unione europea, la quale “ha molto da perdere dal riaccendersi di un vecchio conflitto” in cui ha poco da dire e da fare in confronto ad altri attori, come gli Stati Uniti. Per questo, ricorda Morillas, l’ex capo della politica estera dell’Ue Javier Solana pensava che la cosa migliore che l’Unione potesse fare fosse costruire dei depositi per la pace: “In altre parole, avere azioni che l’Ue potrebbe proporre per sostenere la pace e il dialogo, pur mantenendo una posizione chiara basata sulla soluzione dei due Stati”, aggiunge il politologo.Dichiarazioni come quelle di von der Leyen portano Morillas a vedere delle ambiguità nella posizione dell’Ue, che dovrebbe stare attenta a non inviare segnali contraddittori sulla necessità di lavorare per la pace da un lato e sull’escalation dall’altro: “È necessario condannare con la massima fermezza gli attacchi terroristici“. Non solo: quello a cui bisogna stare ancora più attenti, secondo Morillas, è la posizione sugli aiuti umanitari: “L’Unione non dovrebbe inviare segnali contraddittori sulla cancellazione degli aiuti alla Palestina, perché è proprio su questo fronte che spesso si basa la sua credibilità come attore di politica estera”.
    Secondo lo studioso, le posizioni prese da von der Leyen allo scoppio della guerra “non sono in linea con le storiche conclusioni del Consiglio europeo sul processo di pace”

  • in

    Al Consiglio europeo passa la linea morbida sull’assedio israeliano a Gaza

    Bruxelles – Dopo oltre cinque ore di discussione, i capi di stato e di governo dell’Ue riuniti per il Consiglio europeo sono riusciti a trovare una quadra comune sulla crisi in Medio Oriente. Tanto ci è voluto per limare – e ammorbidire ancora – il linguaggio scelto per la versione finale delle conclusioni del vertice. Nessuna richiesta di cessate il fuoco, passa la linea dell’appello per “corridoi umanitari e pause per necessità umanitarie” a Gaza. E contemporaneamente sparisce la “ferma condanna nei termini di tutte le violenze e ostilità contro tutti i civili”, sostituita dalla “deplorazione per tutte le perdite di vite civili”.Manifestanti chiedono il cessate il fuoco a Gaza (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)Sembrano dettagli, ma sono fondamentali per carpire il messaggio politico lanciato dai 27 leader Ue. Messaggio arrivato anche alle diverse centinaia di manifestanti che, in solidarietà al popolo palestinese, si sono dati appuntamento in serata a pochi metri dalla sede del Consiglio europeo, nel cuore del quartiere delle istituzioni europee a Bruxelles. I 27 alla fine hanno scelto di alleggerire le critiche sull’eccessivo uso della forza da parte dell’alleato israeliano. “Il Consiglio europeo enfatizza con fermezza il diritto di Israele a difendersi in linea con la legge umanitaria internazionale” e “condanna nei termini più forti possibili Hamas per i suoi attacchi terroristici brutali e indiscriminati”. I leader ribadiscono inoltre l’appello “per il rilascio immediato di tutti gli ostaggi senza condizioni”.Troppo poco sulle vittime palestinesi dei bombardamenti israeliani, che secondo le stime del Ministero della Salute di Gaza – controllato da Hamas – sono già oltre 7 mila: i 27 non vanno oltre “l’importanza di assicurare la protezione di tutti i civili in ogni circostanza e in accordo con il diritto internazionale umanitario”. Per quanto riguarda l’accesso dei convogli di aiuti internazionali a Gaza, l’Ue chiede un “accesso umanitario continuo, rapido, sicuro e senza ostacoli” di “cibo, acqua, assistenza medica, materiale da campo e carburante“. Garantendo però che “tale assistenza non sia abusata dai terroristi”.Il cancelliere tedesco Olaf Scholz al Consiglio europeo, 26/10/23Passa così la linea dei Paesi più vicini a Tel Aviv, tra i quali hanno fatto sentire il proprio peso Germania e Austria. Al suo arrivo a Bruxelles, il cancelliere tedesco Olaf Scholz aveva indicato la sua priorità: “Chiarire ancora una volta il sostegno a Israele contro il brutale attacco di Hamas”, che ha violato “tutti i principi dell’umanità”. Non solo, Scholz si è detto convinto che nelle sue operazioni militari l’esercito israeliano avesse sempre “rispettato le regole del diritto internazionale”. Chiaro il messaggio anche da parte del suo omologo austriaco, Karl Nehammer, che ha dichiarato che “tutte le fantasie sul cessate il fuoco e sulla cessazione delle ostilità hanno portato al rafforzamento di Hamas”.Dall’altra parte c’era più di tutti il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, che ha sposato la linea che è poi quella del segretario generale dell’Onu: Madrid voleva un “cessate il fuoco”, anche se realisticamente lo stesso Sanchez questo pomeriggio aveva ammesso che non sussistevano le condizioni per una tale richiesta. Nel gioco degli equilibri tra le 27 anime dell’Unione europea, Sanchez è stato accontentato su un altro punto: nella versione finale delle conclusioni si accenna al “supporto per organizzare presto una conferenza internazionale di pace“, che è la richiesta fatta a gran voce dal leader socialista spagnolo.
    I 27 leader Ue si incagliano per oltre 5 ore sul linguaggio migliore per non compromettere il diritto di Israele a difendersi. Nessun cessate il fuoco, ma la richiesta di “pause per necessità umanitarie”. E l’appoggio all’appello di Sanchez per una conferenza di pace internazionale

  • in

    L’unità dell’Ue alla prova della crisi in Medio Oriente. Meloni: “Per sconfiggere Hamas va risolta la questione palestinese”

    Bruxelles – Doveva essere il tema cruciale del vertice dei capi di stato e di governo dell’Ue, il più urgente e potenzialmente il più divisivo. E dalle dichiarazioni dei leader all’ingresso al Consiglio europeo, nel primo pomeriggio di oggi (26 ottobre), la crisi in Medio Oriente è a tutti gli effetti in cima all’agenda. L’imperativo è trovare un linguaggio comune per condannare le violenze contro i civili da entrambe le parti – obiettivo più facile -, ma soprattutto per chiedere l’ingresso e la distribuzione in sicurezza di aiuti umanitari a Gaza.Nel corso di questa settimana le diplomazie Ue hanno limato più volte il paragrafo delle conclusioni del vertice relativo alla richiesta di una pausa umanitaria nell’enclave palestinese. Nell’ultima versione della bozza, quella finita oggi sul tavolo dei leader, si è scelta la formula del “continuo, rapido e sicuro accesso umanitario attraverso tutte le misure necessarie, inclusi corridoi e pause umanitarie“. Ed è stato aggiunto una significativa “condanna nei termini più forti di tutte le violenze e le ostilità contro tutti i civili”. Come spiegato da fonti diplomatiche, tutto sta nel “trovare un linguaggio che non abbia impatti al diritto di Israele a difendersi”. Se sul principio di garantire gli aiuti umanitari alla popolazione civile c’è un consenso generale, i leader hanno mostrato ancora una volta sensibilità differenti sulla questione. A conferma di ciò, la discussione sul primo tema in agenda, è ancora in corso dopo tre ore dall’inizio del vertice.Il primo ministro spagnolo Pedro SanchezDa un lato il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez – che detiene anche la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue -, ha dichiarato chiaramente di volere “un cessate il fuoco”, ma “se non ci sono le condizioni almeno una pausa umanitaria per consegnare gli aiuti”. Il suo omologo belga, Alexander De Croo, ha definito “inaccettabile” l’assedio israeliano a Gaza, perché il diritto di Israele a difendersi “non può mai essere una scusa per privare le persone del necessario per sopravvivere“. D’altra parte il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, seppur assicurando che i 27 “lavoreranno per dare sostegno umanitario ai cittadini di Gaza”, si è concentrato sull’importanza di “chiarire ancora una volta il sostegno a Israele contro il brutale attacco di Hamas”, che ha violato “tutti i principi dell’umanità”. Emblematica la posizione del primo ministro ungherese, Viktor Orban, sulla discussione intorno al cessate il fuoco: alla domanda di un giornalista, Orban ha risposto “Cessate il fuoco? Si, tra Ucraina e Russia si”.Una volta trovato un compromesso sulla richiesta a Israele di concedere delle interruzioni umanitarie per permettere la distribuzione di aiuti a Gaza, su cui il presidente del Consiglio europeo Charles Michel si è detto “fiducioso di arrivare a una buona decisione“, i 27 sono chiamati a ridare vigore all’impegno verso una futura convivenza pacifica nella regione. La presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, ha commentato con lucidità che “uno degli strumenti più efficaci per sconfiggere Hamas sia dare una concretezza e una tempistica alla soluzione della questione palestinese“, dando “maggiore peso all’Autorità nazionale palestinese”. Il vice-premier Antonio Tajani, dal pre-summit del Partito Popolare Europeo a Bruxelles, rilancia ancora più in là la linea del governo: “Bisogna avviare un percorso che porti alla creazione di uno Stato palestinese, che dia una prospettiva alla popolazione palestinese e che tagli l’erba sotto i piedi ad Hamas, che deve essere delegittimata sia da un punto di vista militare, attraverso una sconfitta, sia da un punto di vista politico”, ha dichiarato il ministro degli Esteri.La volontà di ridare vigore al dialogo con l’Autorità Nazionale Palestinese è espressa anche nella bozza delle conclusioni del vertice, oltre all’impegno a “contribuire al processo politico sulla base della soluzione a due Stati”. Un impegno chiarito già nella dichiarazione congiunta dei 27 Paesi Ue del 15 ottobre scorso. Quell’orizzonte, messo nero su bianco trent’anni fa negli accordi di Oslo, non è però mai stato seriamente puntato. Ma, come evidenziato da Meloni, è un “medio termine che non deve più essere considerato come un ‘ne parliamo dopo’”.
    Nell’ultima bozza delle conclusioni l’appello per un “continuo, rapido e sicuro accesso umanitario attraverso tutte le misure necessarie, inclusi corridoi e pause umanitarie”. Per il vicepremier Tajani “Bisogna avviare un percorso che porti alla creazione di uno Stato palestinese”

  • in

    Tajani: “Creare lo Stato palestinese per delegittimare Hamas”

    Bruxelles – Creare uno Stato palestinese per delegittimare Hamas. DI fronte alla crisi in Medio Oriente l’Europa adesso deve approfondire il ragionamento geopolitico per il futuro della regione, già ribadito dopo il Consiglio informale del 15 ottobre. E’ Antonio Tajani a insistere esplicitamente sull’istituzione di uno nuovo Paese, vero, indipendente e sovrano. Il ministro degli Esteri, anche in qualità di segretario di Forza Italia e di vicepresidente del Ppe, porta la questione sul tavolo del Partito popolare europeo in occasione della tradizionale riunione dei leader del centro-destra europea che precede i vertici dei Consiglio europeo.“Senza negare il diritto di Israele a esistere“, sostiene Tajani, “bisogna avviare un percorso che porti alla creazione di uno Stato palestinese, che dia una prospettiva alla popolazione palestinese e che tagli l’erba sotto i piedi ad Hamas, che deve essere delegittimata sia da un punto di vista militare, attraverso una sconfitta, sia da un punto di vista politico”.Una dichiarazione più netta e più chiara di quella offerta dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Al suo arrivo in Consiglio per partecipare al vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue, Meloni afferma che “lo strumento più efficace per sconfiggere Hamas è dare concretezza e tempistica alla situazione palestinese e attribuire più peso all’Autorità nazionale palestinese”. Un concetto analogo a quello espresso dal suo ministro degli Esteri e alleato di maggioranza, ma espresso con toni forti. Manca però, nelle parole dell’inquilina di palazzo Chigi, l’esplicito riferimento allo Stato.Tajani, invece, tira dritto e ribadisce che “la nostra azione punta a costruire la pace con l’obiettivo due popoli e due Stati”. Ovviamente dialogando con il governo di Ramallah. In questo processo non semplice “l‘unica autorità che può essere l’interlocutore è l’Autorità nazionale palestinese (ANP). Non può essere Hamas”. Perché quest’ultima resta un’organizzazione terroristica agli occhi dell’Italia e dell’Unione europea. Per questa ragione “è difficile parlare di cessate il fuoco”. Un cessate il fuoco riguarda due eserciti, mentre in Medio Oriente si confrontano un esercito, quello di Israele, e un’organizzazione terroristica che non si vuole riconoscere in alcun modo. Meglio cercare una tregua umanitaria, come chiesto da 46 europarlamentari nella lettera inviata ai leader riuniti a Bruxelles.
    Il ministro degli Esteri al pre-vertice del Ppe rilancia la soluzione a due Stati. “Hamas va sconfitta militarmente e politicamente, nostro interlocutore è ANP”

  • in

    Pausa, pause o cessate il fuoco umanitario. I leader Ue devono trovare la formula per chiedere l’accesso degli aiuti internazionali a Gaza

    Bruxelles – La crisi in Medio Oriente ha ridisegnato l’agenda del vertice dei leader Ue: domani (25 ottobre) e venerdì, i capi di Stato e di governo dei 27 dovranno trovare le parole giuste per chiedere l’accesso e la distribuzione degli aiuti umanitari in sicurezza nella Striscia di Gaza. È questo il punto cruciale, perché – ribadiscono fonti europee – la posizione dell’Unione europea sul conflitto non è cambiata dalla dichiarazione congiunta emessa lo scorso 15 ottobre.Una posizione ribadita nell’ultima bozza delle conclusioni del Consiglio europeo, visionata da Eunews, che prende le mosse dalla “condanna nei termini più forti possibili nei confronti di Hamas per i suoi attacchi terroristici brutali e indiscriminati in tutto Israele”. Il secondo punto fermo è il supporto al diritto di Israele a difendersi in linea con il diritto internazionale e con il diritto internazionale umanitario, il terzo è l’appello ad Hamas per il “rilascio immediato di tutti gli ostaggi senza condizioni”. Una volta riaffermati questi principi, i leader si concentreranno su “come migliorare la situazione umanitaria a Gaza”.È qui che si tocca “il tema sensibile”, ammette un alto funzionario dell’Ue. I Paesi membri sono d’accordo sul richiedere un “accesso umanitario continuo, rapido, sicuro per raggiungere le persone bisognose attraverso tutte le misure necessarie“, e nel documento finito sul tavolo degli ambasciatori Ue questa mattina veniva inclusa la possibilità di “una pausa umanitaria”. Ma la discussione ruota attorno alle lettere, alle virgole, perché l’imperativo a Bruxelles è trovare un linguaggio “che non abbia impatti sul diritto di Israele a difendersi“. Non può esserci un appello al cessate il fuoco, perché questo significherebbe equiparare l’esercito regolare israeliano ad Hamas, organizzazione riconosciuta come terroristica dall’Ue. Rispetto alla bozza precedente – circolata nei giorni scorsi – è scomparso anche il “supporto alla all’appello del segretario generale dell’Onu per una pausa umanitaria”.Perché su uno dei conflitti più divisivi di sempre da ieri sera è divisivo anche Antonio Guterres, dopo che ha dichiarato che “Hamas non è nata dal nulla” e Israele ne ha chiesto le dimissioni. L’importante, ribadiscono ancora fonti europee, è l’ingresso degli aiuti umanitari. Che comprendono “cibo, acqua, assistenza medica, materiale da campo e carburante“. Su questo, l’Ue fa uno sgarro ad Israele, che non vuole permettere l’ingresso nella Striscia di carburante che potrebbe essere utilizzato per il lancio di missili. Ma che viene sicuramente utilizzato per far funzionare gli ospedali. 
    Al Consiglio europeo di domani e venerdì (26-27 ottobre) irrompe la crisi in Medio Oriente. Dai 27 la “ferma condanna di tutte le violenze e le ostilità contro i civili”, ma dalla bozza delle conclusioni sparisce il sostegno all’appello del segretario generale dell’Onu per una pausa umanitaria

  • in

    Dai leader Ue probabile appello per una “pausa umanitaria” a Gaza. Borrell: “Obiettivo meno ambizioso di un cessate il fuoco”

    Bruxelles – La richiesta di un cessate il fuoco tra Israele e Hamas è troppo divisiva. Ma i 27 sono d’accordo “con l’idea di una pausa umanitaria, come qualcosa che permetta agli aiuti internazionali di entrare” a Gaza e di essere distribuiti alla popolazione ormai allo stremo. L’ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, al termine del vertice a Lussemburgo con i ministri degli Esteri dei Paesi membri. La palla passa ai capi di stato e di governo, che si incontreranno a Bruxelles tra pochi giorni, giovedì 26 ottobre.Le parole di Borrell trovano conferma nella bozza delle conclusioni del vertice dei leader, visionata da Eunews: “Il Consiglio europeo sostiene l’appello del segretario generale delle Nazioni Unite Guterres per una pausa umanitaria al fine di consentire un accesso umanitario sicuro e l’arrivo degli aiuti a chi ne ha bisogno”. Il documento sarà nuovamente discusso dai rappresentanti permanenti dei 27 al Coreper prima del Consiglio europeo, ma il capo della diplomazia europea non prevede intoppi su un punto che è già un compromesso. Perché qualche Paese, in prima linea la Spagna, in mattinata aveva invocato un obiettivo più ambizioso. “Questo è il momento di un cessate il fuoco. Questo è il momento di fermare la violenza a Gaza e in Israele e di guardare avanti”, ha dichiarato il ministro di Madrid, José Manuel Albares, prima di incontrare i suoi omologhi.Ma per la maggior parte dei 27 vale un’altra linea, sintetizzata dal ministro degli esteri italiano, Antonio Tajani. Una linea per cui il cessate il fuoco equivale a negare il diritto di Israele a difendersi, ma “non possiamo dire a Israele di non difendersi mentre Hamas continua a lanciare missili contro le città”. Quello che si può fare, è insistere per una pausa umanitaria. Anche se per il ministro degli Esteri dell’Irlanda, Micheal Martin, “Pausa umanitaria o cessate il fuoco sono intercambiabili”, in realtà il loro significato politico e i risvolti pratici sono differenti. “Al vertice de il Cairo il segretario dell’Onu ha parlato di cessate il fuoco, che è certamente molto di più di una pausa. Una pausa è una pausa: un’interruzione che più avanti riprenderà, è un obiettivo meno ambizioso“, ha ammesso Borrell.Il capo della diplomazia europea ha però messo in chiaro che gli aiuti umanitari che Israele ha lasciato entrare finora a Gaza dal varco di Rafah non sono sufficienti. “Prima della guerra entravano cento camion al giorno, ora si parla di venti – ha commentato -, e i bisogni sono molto maggiori”. Ma non è solo una questione di “velocità e quantità”: i ministri dei 27 sono d’accordo sul fatto che “gli aiuti debbano includere il combustibile necessario per far funzionare gli impianti di desalinizzazione dell’acqua e la produzione di energia elettrica”. Cosa che Israele sta vietando. Duro anche il commissario Ue per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, secondo cui “la quantità non deve essere decisa in modo arbitrario, ma dai bisogni” e “deve poter andare in tutti i posti in cui c’è gente che ha bisogno”. Perché Tel Aviv sta cercando di limitare la distribuzione degli aiuti al sud della Striscia, in modo da forzare chi ancora non si è spostato dal nord a mettersi in marcia. “Non c’è necessità solo di cibo, acqua e medicine, ma particolarmente di carburante, perché senza gli ospedali non possono funzionare”, ha sottolineato Lenarčič.Nelle conclusioni del Consiglio europeo su cui stanno lavorando i diplomatici dei 27, nel capitolo relativo al Medio Oriente si dice anche che l’Ue “ribadisce il bisogno di evitare un escalation regionale impegnandosi con i partner, inclusa l’Autorità Palestinese”, per “ridare vigore ad un processo politico sulla base della soluzione a due stati“. Un obiettivo indicato anche da Borrell, che ha fatto mea culpa: “Sono trent’anni che ne parliamo e ogni volta sembra che ci si allontani, nella misura in cui il numero dei coloni israeliani nei territori della Cisgiordania si è triplicato dalla firma degli accordi di Oslo”. È ora di rilanciare il processo politico e le aspirazioni legittime del popolo palestinese. A due settimane dai terribili attacchi di Hamas a Israele, anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha ritenuto opportuno riallacciare i contatti con l’Autorità Nazionale palestinese: in una telefonata al presidente Mahmoud Abbas ha espresso le proprie condoglianze per i civili vittime dei raid israeliani e gli ha assicurato il supporto per una soluzione che preveda la creazione di uno stato legittimo palestinese.
    Nella bozza del Consiglio europeo il “sostegno all’appello del segretario generale delle Nazioni Unite Guterres” per l’accesso sicuro e la distribuzione degli aiuti umanitari. Von der Leyen chiama il presidente palestinese Abbas per rilanciare il processo politico verso la soluzione a due stati