Georgia, l’appello di società civile e opposizioni: “L’Europa intervenga contro la deriva autoritaria”
Bruxelles – Non accenna ad arrestarsi la deriva autoritaria in Georgia, dove il partito di governo filorusso sta smantellando la democrazia a suon di leggi liberticide e repressione. Mentre la popolazione, una delle più europeiste tra quelle dei Paesi candidati all’ingresso in Ue, continua a scendere in piazza dallo scorso autunno, si moltiplicano gli appelli rivolti ai vertici comunitari dalla società civile e dalle forze politiche dell’opposizione. Chiedono a Bruxelles di intervenire prima che sia troppo tardi, per salvare la democrazia georgiana e, in prospettiva, la stessa credibilità del progetto europeo.Riporta la data di ieri (17 giugno) un appello firmato congiuntamente da oltre una ventina di associazioni nazionali, europee e globali che esortano l’Ue a darsi da fare per difendere la libertà di stampa nel Paese, finita nel mirino del governo autoritario di Irakli Kobakhidze, leader del partito populista e filorusso Sogno georgiano al potere dal lontano 2012.Senza stampa indipendente non c’è democrazia. Ed è appunto contro i media indipendenti che l’esecutivo di Tbilisi sta conducendo la sua crociata, denunciano i firmatari della lettera aperta, 24 organizzazioni e associazioni per la tutela della libertà di stampa e dei diritti umani tra cui spiccano il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj), la Federazione europea dei giornalisti (Efj), Reporter senza frontiere (Rsf) e il Progetto di investigazione sulla corruzione e il crimine organizzato (Occrp).Il primo ministro georgiano Irakli Kobakhidze (foto: Irakli Genedidze/Afp)“I media indipendenti subiscono pressioni senza precedenti e sono ormai sull’orlo del baratro“, si legge nel comunicato, in cui si sottolinea che “i giornalisti sono sempre più spesso oggetto di arresti, aggressioni fisiche, multe arbitrarie, censura e repressione finanziaria e istituzionale“. Tutto questo, continua la missiva, a seguito dell’approvazione di una serie di provvedimenti liberticidi – come la normativa sugli agenti stranieri e gli emendamenti alle leggi sulle sovvenzioni e sulle trasmissioni radiotelevisive – il cui combinato disposto fa sì che “i media indipendenti in Georgia potrebbero avere solo pochi mesi prima di essere costretti a chiudere” definitivamente.La censura da parte del partito al potere si traduce non solo in restrizioni al lavoro dei giornalisti, soggetti a pesanti multe per la loro copertura delle proteste antigovernative in corso ininterrottamente da più di 200 giorni (e intensificatesi dopo che Sogno georgiano ha annunciato lo stop dei negoziati di adesione all’Ue). Ma anche in aggressioni verbali e fisiche, campagne diffamatorie, azioni legali strumentali e, in almeno una dozzina di casi, in arresti arbitrari.Dei protestanti sulle barricate a Tbilisi, nella notte tra l’1 e il 2 dicembre 2024 (foto: Giorgi Arjevanidze/Afp)Tra tali incarcerazioni, a destare più scalpore è stata sicuramente quella di Mzia Amaglobeli, fondatrice e direttrice di due importanti pubblicazioni indipendenti georgiane. Poco dopo essere finita dietro le sbarre lo scorso gennaio, ha avviato uno sciopero della fame per protestare contro quello che ritiene un arresto politicamente motivato.In parallelo all’appello delle associazioni giornalistiche, una delegazione di rappresentanti delle forze politiche dell’opposizione si è recata negli scorsi giorni a Bruxelles per perorare la causa di una Georgia democratica direttamente con membri e funzionari delle istituzioni comunitarie.Ai vertici Ue chiedono di promuovere e sostenere la ripetizione delle elezioni dello scorso ottobre, che gli osservatori hanno denunciato come truccate, e di esercitare una pressione costante sul governo e sul presidente della Repubblica, Mikheil Kavelashvili, insediatosi a fine dicembre ma ritenuto illegittimo dagli oppositori di Sogno georgiano (inclusa l’ex capo dello Stato, Salomé Zourabichvili, che esattamente sei mesi fa a Strasburgo rivolgeva agli eurodeputati i medesimi appelli).L’ex presidente della Georgia Salomé Zourabichvili si rivolge ai suoi sostenitori mentre pronuncia il suo ultimo discorso nel cortile di palazzo Orbeliani a Tbilisi, il 29 dicembre 2024 (foto: Giorgi Arjevanidze/Afp)Anche tramite sanzioni, se serve: che però richiedono l’unanimità e sono già saltate in passato a causa del veto dell’Ungheria. Il rischio, avvisano, è che se l’Europa fallirà a mettere in campo il proprio “potere normativo”, la Georgia reciderà progressivamente i suoi legami con l’Occidente per riorientarsi strategicamente verso potenze revisioniste come Russia, Cina e Iran.Il piccolo ma strategico Stato del Caucaso meridionale pareva vicino all’ingresso nel club a dodici stelle finché, a partire dalla primavera dell’anno scorso, Sogno georgiano ha impresso una brusca svolta alla traiettoria (geo)politica di Tbilisi, portandola sempre più lontana da Bruxelles e sempre più vicina a Mosca. Da un lato l’adozione di leggi liberticide, fotocopie di analoghi provvedimenti in vigore nella Russia di Vladimir Putin.Dall’altro, la repressione sistematica e violenta del dissenso democratico, che passa attraverso il silenziamento delle opposizioni, delle voci mediatiche indipendenti e in generale dell’intera società civile, dalle ong ai singoli cittadini (colpiti rispettivamente dalla cosiddetta legge sugli agenti stranieri e dalle restrizioni che si applicano alle proteste).Nonostante l’evidente deterioramento della democrazia e dello Stato di diritto, tuttavia, l’Ue non ha saputo esercitare pressioni politiche sufficientemente forti sulla dirigenza georgiana all’infuori di misure cosmetiche come la sospensione dei visti diplomatici per i funzionari governativi. Vuoto totale anche nel contesto di iniziative che, come la fumosa strategia per il Mar Nero, dovrebbero teoricamente servire a Bruxelles per proiettare il proprio soft power in quel quadrante strategico sia tramite accordi economici sia attraverso il rilancio del processo di allargamento.Da un anno, per Tbilisi quel processo è de facto congelato e non pare prossimo a sbloccarsi. Gli sviluppi degli ultimi mesi, durante i quali la situazione non ha fatto che incancrenirsi ulteriormente, non lasciano intravedere alcuna luce in fondo al tunnel. Anzi, nel tunnel, il buio si infittisce ogni giorno di più. LEGGI TUTTO