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    L’Ue vuole nuove relazioni con l’India, ma il nuovo corso di Delhi è una sfida

    Bruxelles – L’India come nuova meta, una risposta alle nuove tensioni globali e alle nuove logiche geopolitiche. L’Unione europea, ed in particolare la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, puntano molto su una nuova stagione di relazioni bilaterali con Nuova Delhi. Una scelta per certi aspetti obbligata, ma che rischia di gettare il vecchio continente in una dimensione anche controproducente. Perché l’India, al pari della Cina, mantiene un ruolo di partner privilegiato con la Russia condannata e oggetto di ben sedici pacchetti di sanzioni, ed ha ancora molto da fare a livello di diritti umani. In sostanza, non è propriamente paladina di quei valori tanto sbandierati dall’Ue in questi ultimi anni.Il Centro studi e ricerche del Parlamento europeo, in un documento di lavoro redatto per agevolare il compito degli europarlamentari, non nasconde che le relazioni Ue-India non sono prive di criticità. La prima riguarda l’agenda politica indiana. “L’Ue sta cercando di ampliare la sua cerchia di partner chiave, sullo sfondo dell’incertezza sulle relazioni transatlantiche”, la premessa del documento, ma “l‘India nel frattempo mantiene una relazione privilegiata con la Russia e sta rafforzando i legami con l’amministrazione Trump“. Un modo di porsi sullo scacchiere internazionale che certamente pone l’Ue nella scomoda posizione di dover scegliere: evitare ogni rapporto con chi non condivide principi europei, o scegliere quel pragmatismo enunciato da von der Leyen per cui bisogna saper accettare di “dover lavorare con paesi che non hanno idee simili ma condividono alcuni dei nostri interessi”.La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyne, con il primo ministro indiano, Narendra Modi (fonte: Commissione Ue)Ue-India, il calendario per la nuova stagione di relazioniLa Commissione europea fa sul serio. Poco importa se Nuova Delhi flirta con Mosca e Washington. L’intero collegio sarà in India la prossima settimana, il 27 e 28 febbraio. Per l’occasione si riunirà anche il consiglio Ue-India per il commercio e la tecnologia. Una comunicazione congiunta su una nuova agenda strategica Ue-India è prevista per il secondo trimestre del 2025. Un vertice Ue-India potrebbe aver luogo nell’ultimo trimestre del 2025. Un calendario con date, tappe, obiettivi, a riprova di volersi mettere al riparo da nuove tensioni commerciali e nuovi ordini mondiali.L‘Ue desidera sviluppare le sue relazioni con l’India, il cui mercato e la cui crescita economica rappresentano una preziosa opportunità per le aziende europee, soprattutto nel campo delle tecnologie verdi. L‘India è leader nella promozione delle energie rinnovabili, viene ricordato, e questo ruolo non è nuovo. A marzo 2018 il primo ministro indiano, Narendra Modi, insieme al Presidente francese Emmanuel Macron, ha co-presieduto la conferenza fondatrice dell’Alleanza internazionale per il solare (International Solar Alliance, Isa). La missione dell’Isa è quella di sbloccare un trilione di dollari in investimenti solari entro il 2030, riducendo al contempo i costi di tecnologia e finanziamento.La partita geopoliticaC’è poi tutta la partita geopolitica da dover considerare e da non dover sottovalutare. I ricercatori del Parlamento europeo ricordano che l’obiettivo di Nuova Delhi è “collocarsi al centro dell’equilibrio di potere globale” tra gli Stati Uniti e i suoi alleati da una parte, e Russia e Cina (con cui partecipa all’organizzazione intergovernativa BRICS e alla Shanghai Cooperation Organisation) dall’altra. Allo stesso tempo, l’India mira a rappresentare e guidare il ‘Sud globale’.In questa agenda tutta indiana la Russia gioca un ruolo non indifferente, visto che storicamente l’India si sente minacciata dalla Cina (con cui esiste ancora il contenzioso sui territori dell’Aksai-Chin, rivendicati da entrambe le parti), e vede nelle relazioni con la Russia un modo per rispondere a questo senso di accerchiamento cinese. Una parte del greggio russo sanzionato dagli europei è stato acquistato dall’India, che avrebbe aiutato a far entrare in Russia materiale aeronautico europeo che non potrebbe essere venduto in Russia.C’è poi la questione diritti umani, che “rappresentano un’ulteriore causa di disagio nelle relazioni Ue-India”. Nella sua risoluzione di gennaio 2024 sulle relazioni Ue-India, il Parlamento ha espresso preoccupazione per la situazione dei diritti umani e della democrazia nel paese.

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    Niente crescita e meno commercio, per Londra la Brexit cinque anni dopo è un ‘flop’

    Bruxelles – Meglio soli che male accompagnati. Il noto detto devono conoscerlo anche oltre Manica, dove si è deciso di dire addio all’Unione europea per un futuro più radioso che però non c’è. Ecco che il noto detto mostra i suoi limiti, riassunti nei numeri certificati anche dall’Ufficio per la responsabilità di bilancio, l’ente pubblico finanziato dal Tesoro britannico. Meno crescita, meno produttività, meno commercio: ecco il Regno Unito post-Brexit, a cinque anni dalla ‘nuova indipendenza’.L’analisi dell’Ufficio governativo, certifica che essere usciti dal mercato unico non è stato un vantaggio. Al contrario, “sia le esportazioni che le importazioni saranno inferiori di circa il 15 percento nel lungo periodo rispetto a quanto sarebbe stato se il Regno Unito fosse rimasto nell’Ue“. Questo per via di costi alle dogane in termini di nuovi dazi e tempi lunghi per i nuovi controlli delle merci scattati quale effetto della Brexit. Inoltre, la libertà di decidere da sé come fare libero scambio si riflette nell’incapacità di essere davvero innovativiDavid Cameron, primo ministro del Regno Unito dall’11 maggio 2010 al 13 luglio 2016. Fu lui a volere il referendum sulla Brexit, e si dimise a seguito dell’esito del voto [foto: imagoeconomica] “I nuovi accordi commerciali con Paesi non Ue non avranno un impatto materiale e qualsiasi effetto sarà graduale”, sottolinea ancora l’Ufficio britannico. “Questo perché gli accordi conclusi fino a oggi replicano (o ‘rinnovano’) accordi di cui il Regno Unito ha già beneficiato come stato membro dell’Ue”. Inoltre, il nuovo accordo di commercio e cooperazione (Tca) Ue-Regno Unito entrato in vigore l’1 maggio 2021 “ridurrà la produttività a lungo termine del 4 percento rispetto alla permanenza nell’Ue”.Dove il Regno Unito ci guadagna dalla Brexit è sull’immigrazione. Si stima che il nuovo regime del governo possa ridurre la migrazione netta in entrata. Sempre che questo sia un vantaggio per il sistema economico e produttivo britannico. Il National Institute of Economic and Social Research di Londra rileva come a seguito della Brexit la carenza di manodopera ha messo “a dura prova l’economia” del Regno Unito. Se prima del recesso dall’Ue le imprese potevano facilmente soddisfare le loro esigenze di lavoro attraverso il mercato del lavoro integrato dell’Ue, a seguito della Brexit settori critici come agricoltura, assistenza sanitaria e ristorazione hanno incontrato carenze di manodopera, con conseguente aumento dei costi operativi e limitazioni di produzione.

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    Commercio, intesa Ue-Paesi del golfo per lavorare a un accordo di libero scambio

    Bruxelles – Ue-Paesi del golfo arabico, avanti con il commercio. I leader dei Ventisette e i rappresentanti dei Paesi del consiglio di cooperazione della regione (Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi) lasciano il primo summit bilaterale con l’intenzione di lavorare per un accordo di libero scambio regionale. E’ questo il risultato tangibile più di rilievo di un incontro scandito comunque da tensioni su dossier di politica estera e divergenze su temi caldi attualità, in particolare guerra russo-ucraina e conflitto israelo-palestinese.C’è la volontà, sancita nelle conclusioni di fine summit, di “far avanzare le discussioni” tra le parti per raggiungere un nuovo modello di scambi commerciali. I numeri, aggiornati al 2022, fanno capire l’importanza della posta in gioco. I flussi commerciali bilaterali hanno superato i 204 miliardi di dollari in valore, con l’Ue che da sola rappresenta il 13 per cento del totale degli scambi dei Paesi arabi del golfo. Numeri che potrebbero crescere, se si considera il potenziale abbattimento dei dazi attualmente in vigore.Per l’Ue, ovviamente un’opportunità ma pure un rischio. Perché la bilancia commerciale Ue-Paesi del golfo pende a favore di questi ultimi. Nel 2022 le esportazioni verso il mercato unico europeo hanno raggiunto un valore di 106,3 miliardi di dollari, a fronte di importazioni di prodotti ‘made in EU’ per un valore di circa 98 miliardi di dollari.I leader riuniti attorno al tavolo vedono nella convergenza per l’integrazione economico-commerciale il principale risultato di un incontro considerato storico perché il primo di sempre a Bruxelles. Si vogliono rilanciare anche gli investimenti, anche sulla scia di una realtà già solida. A oggi le due parti hanno investimenti diretti per oltre 100 miliardi di euro in settori quali energia, trasporti, ambiente, turismo, farmaceutica. E si vuole andare proseguire. “Continueremo a valutare accordi su misura a sostegno del commercio e degli investimenti“, l’accordo di principio trovato. Un punto di partenza per una nuova stagione di relazioni bilaterali.Nella rinnovata intenzione di nuovi regimi commerciali c’è anche una specifica: “L’importanza della  cooperazione nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio” (Omc, o Wto secondo l’acronimo in lingua inglese). La centralità del Wto, sottolineano i leader europei e arabi del golfo persico, rimane “essenziale per contribuire al pieno funzionamento del meccanismo di risoluzione delle controversie, al fine di rafforzare il sistema commerciale multilaterale”. Un messaggio in salsa anti-Cina e, in prospettiva, anche in chiave anti-Donald Trump qualora alle elezioni del 5 novembre dovesse trionfare il candidato repubblicano critico sull’organizzazione mondiale per il commercio.

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    Gli aiuti allo sviluppo dell’Ue sono un problema per l’Africa

    Bruxelles – Gli aiuti dell’UE all’Africa non aiutano il continente e i suoi Stati. Al contrario, per come sono concepiti, accrescono i problemi, soprattutto economici, dei Paesi in cui l’azione concepita per portare contributi utili allo sviluppo. La strategie dell’Unione europea per i Paesi più poveri, soprattutto africani, dovrebbero essere dunque riviste. Il Parlamento europeo accende i riflettori su partenariati che, così, come sono, finiscono per produrre effetti contrari a quelli desiderati.La nota di accompagnamento alla relazione per la cooperazione allo sviluppo dell’Ue a sostegno dell’accesso all’energia nei paesi in via di sviluppo, che l’Aula del Parlamento europeo, da calendario, discuterà il 17 gennaio in occasione della prima sessione plenaria del nuovo anno, evidenzia le carenze dell’azione a dodici stelle.Tra il 2014 e il 2020, recita il passaggio allegato al testo legislativo, l’insieme dei Ventisette ha fornito 13,8 miliardi di euro complessivi di assistenza all’Africa per lo sviluppo sostenibile. Innanzitutto l’importo “non è ancora sufficiente e occorre compiere maggiori sforzi” se si vuole permettere una crescita sostenibile da un punto di vista climatico-ambientale. Ma, soprattutto, “il 53 per cento degli esborsi è avvenuto sotto forma di prestiti”, il che si traduce in “debito aggiuntivo che riduce la capacità di questi paesi di investire negli obiettivi di sviluppo sostenibile”.Aumenta in sostanza il debito dei Paesi africani, che si trovano in una situazione di difficoltà. Tanto che, viene messo in risalto, risulta che  “21 paesi africani a basso reddito si trovano o sono a rischio di sofferenza debitoria nel 2023“.C’è un’ulteriore considerazione da fare, e che viene fatta. La cooperazione allo sviluppo dell’UE, per com’è concepita, non è a misura di Green Deal europeo. “La maggior parte dei progetti finanziati dall’UE mirano a promuovere grandi infrastrutture di generazione elettrica e l’interconnessione delle reti di trasmissione per creare mercati elettrici integrati, che hanno un impatto minimo sulla promozione dell’accesso all’elettricità per coloro che non ce l’hanno”. C’è da ripensare l’intera architettura della politica per lo sviluppo. La relazione che sta per approdare in Aula chiede perciò agli Stati membri dell’UE di aumentare l’importo dell’aiuto pubblico allo sviluppo destinato al settore energetico in Africa, “dando priorità alle sovvenzioni rispetto ai prestiti nei paesi a rischio di indebitamento“. C’è di più. Perché si suggerisce di cambiare il modello di business condotto fin qui. “Per superare la povertà energetica in Africa, i finanziamenti dell’UE dovrebbero essere ri-orientati verso i paesi con tassi di accesso all’elettricità più bassi”.Un altro, poi, riguarda l‘idrogeno verde, quello prodotto attraverso le energie rinnovabili. L’Africa non appare una regione ottimale per spingere per questo particolare tipo di investimenti. “Sebbene possa potenzialmente svolgere un ruolo significativo” nel raggiungimento degli obiettivi internazionali di sostenibilità incardinati negli accordi di Parigi , allo stesso tempo “potrebbe innescare conflitti sull’uso del territorio e aggravare la povertà“. Questo perché produrre idrogeno verde implica estrazione mineraria e uso di materie prime e terre rare, che richiedono grandi quantità di acqua dolce e generano inquinamento idrico. Per il sud del mondo, povero di acqua e sistemi di raccolta, l’idrogeno verde “può avere impatti sociali e ambientali negativi”. L’UE, insomma, sta sbagliando calcoli e strategie, e dovrebbe correggere il tiro.

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    Alleanza per democrazia, vaccini anti-COVID e commercio: il summit UE-Stati Uniti per ripartire

    Bruxelles – Ricostruire relazioni perdute con la precedente amministrazione, tornare a essere protagonisti in un mondo pieno di insidie, a partire da quella sanitaria. Stati Uniti e Unione europea tornano a tenere un summit bilaterale all’insegna di una rinnovata partenership transatlantica vera. COVID-19, clima, commercio e investimenti, politica estera, promozione di diritti e valori fondamentali. Sul tavolo c’è praticamente un po’ di tutto, perché dopo cinque anni di trumpismo molto è stato accantonato.
    La Brexit, e la perdita di un interlocutore privilegiato per Washington in seno all’UE, spinge il presidente americani Joe Biden a trovare nuove sponde col vecchio continente, improvvisamente nuovamente strategico. C’è la necessità di ripristinare collegamenti tra le due sponde dell’Atlantico nel senso vero dell’espressione, dei viaggi che si vogliono ripristinare. La questione COVID con i voli aerei è uno dei temi di maggiore priorità per entrambe le parti. Per tornare alla normalità c’è però la necessità di “accelerare le vaccinazioni”. E’ in quest’ottica, riferiscono fonti europee, che Biden metterà sul tavolo la proposta di una task force UE-Stati Uniti per aumentare la produzione globale di vaccini. Sempre in questa ottica, l’obiettivo è lavorare insieme per mantenere aperte le catene di approvvigionamento, e dunque mercati e filiere, una tema su cui gli europei avranno molto da poter offrire in termini di contributo.
    Ma la pandemia impone un ripensamento sull’OMS, l’Organizzazione mondiale per la sanità. Biden è pronto a discutere coi leader europei, intesi come i capi delle istituzioni comunitarie, di riforma dell’Agenzia delle Nazioni Unite. A Washington sono convinti che vada resa “più preparata ad affrontare eventuali pandemie future”, e c’è dunque la necessità di questo.
    A proposito di riforme, le modifiche istituzionali dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) è anche uno dei temi sul tavolo del summit UE-USA. Entrambe le parti vogliono un ammodernamento della struttura, e l’appuntamento bilaterale offre un’opportunità unica per stabilire una prima linea comune di riassetto dell’organismo.
    Certo frizioni non mancano. Chi pensa ad un nuovo inizio all’insegna di una ritrovata amicizia deve smorzare gli entusiasmi, pur tuttavia giustificati. Sulla questione cinese ci sono vedute diverse. L’Europa sta cercando una via di collaborazione, specie in ambito commerciale. L’accordo per gli investimenti è un qualcosa che a Bruxelles si difende. “E’ nostra intenzione ribilanciare le nostre relazioni commerciali con la Cina”, ha spiegato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nel corso di un’intervista rilasciata ad un gruppo selezionato di testate, tra cui AFP. “Per questo abbiamo deciso di facilitare l’accesso al nostro mercato unico” a industrie cinesi. “L’assenza di reciprocità è il motivo per cui abbiamo accelerato i negoziati per l’accordo sugli investimenti”.
    Se gli europei vedono nella Cina delle opportunità, la controparte statunitense vede in Pechino minacce. Economiche e militari sicuramente. Un attore internazionale con cui dover fare i conti e di cui non fidarsi. Sul dossier cinese dunque le posizioni restano distanti, e si dovrà trovare un’intesa su come impostare la rinnovata relazione verso est. Guardando all’oriente cinese, non si possono ignorare le questioni relative alla democrazia.
    Per questo al summit Unione europea-Stati Uniti è intenzione discutere l’organizzazione di un summit globale per la democrazia. Una proposta che si attende da Biden, per vedere come potenziare gli strumenti per rafforzare la democrazia nel mondo, per poi concentrarsi al contrasto della disinformazione e alle ingerenze straniere.
    “Vogliamo dire all’Europa che l’America c’è”, le parole di Biden in occasione del summit NATO, che precede la serie di appuntamenti previsti nella capitale belga ed europea. Un messaggio incoraggiate, quello che si voleva sentire. Il Summit, per entrambe le parti, vuole essere essere l’occasione per costruire “un’agenda positiva nelle relazioni UE-USA per i prossimi anni”.

    Donald Trump ha rivisto in modo peggiorativo le relazioni con l’Europa, ora Biden e i leader dell’Unione cercano di ripartire. La Casa Bianca: “L’America c’è”

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    Partenariato strategico UE-India, cosa prevede l’accordo sulla connettività firmato al vertice di Porto

    Bruxelles – Solo una settimana fa veniva annunciata la ripresa dei contatti per un partenariato strategico tra Bruxelles e Nuova Delhi, in pompa magna durante il vertice UE-India di Porto. Un nuovo capitolo nelle relazioni tra “le due democrazie più grandi al mondo” (parola del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel), inclusa un’intesa sulla connettività su cui si sta lavorando intensamente anche dietro alle quinte.
    Non si è parlato solo di commercio e della possibilità di spianare la strada ai negoziati sul libero scambio interrotti nel 2017, ma anche di come promuovere regole “trasparenti, praticabili, inclusive e sostenibili” nell’approccio alla tecnologia. Il vertice si è concluso con la firma di un documento specifico, il Partenariato strategico sulla connettività, con cui Unione Europea e India hanno concordato una convergenza sulla “connettività resiliente, sostenibile e globale”, ha sottolineato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Reso pubblico dal Consiglio dell’UE, è ora possibile analizzarne il contenuto, oltre le dichiarazioni della politica (qui il testo integrale).
    I principi
    Il partenariato sulla connettività UE-India si fonda sui “valori condivisi” di democrazia, libertà, Stato di diritto e rispetto dei diritti umani. A partire da questi presupposti, possono essere stabilite le regole comuni nell’approccio alla connettività, in particolare a livello di sostenibilità ambientale (tra gli altri, si fa riferimento all’accordo di Parigi e all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile) e sociale (con valutazioni d’impatto non solo economico sulle comunità interessate).
    Il vertice UE-India a Porto (8 maggio 2021)
    Attraverso il partenariato si vogliono sostenere reti digitali, di trasporto ed energetiche, ma anche sviluppare il flusso di persone, beni, servizi, dati e capitali equi e inclusivi. L’obiettivo finale è “contribuire agli sforzi di sviluppo globale” e per questo motivo si cercherà di incentivare investimenti anche con la Banca europea per gli investimenti (BEI) e le istituzioni degli Stati membri UE e dell’India.
    Ma a livello finanziario “entrambe le parti concordano sul fatto che la connettività richiede la partecipazione attiva del settore privato“. Ecco perché il documento cita esplicitamente la necessità di “garantire parità di condizioni per le aziende e assicurare l’accesso reciproco ai mercati“. In questo modo si andrà a sostenere un ecosistema globale competitivo e la doppia transizione verde e digitale, stimolando la ripresa economica post-COVID, posti di lavoro “di qualità” e “catene del valore resilienti”. A livello pratico, si andrà a incentivare la cooperazione tra imprese europee e indiane, oltre a quella delle camere di commercio, banche e fondi di promozione e sviluppo nazionale e di agenzie di finanziamento all’esportazione.
    Il contenuto
    Quando si parla di connettività non si può non considerare “l’aumento del traffico di dati” che impone una migliore collaborazione digitale tra Paesi, a partire dalle infrastrutture. “Per esempio, tramite cavi sottomarini e reti satellitari”, Bruxelles e Nuova Delhi hanno fissato degli obiettivi per intervenire con “reti resilienti, sicure e conformi agli standard comuni” in diversi campi.
    Primo tra tutti, lo spazio informatico, il cyberspazio. Nel testo viene esplicitato che sarà necessario “promuovere una rapida ed efficace implementazione del 5G” e tecnologie che lo superino, per supportare “lo sviluppo rurale, l’agricoltura di precisione e l’assistenza sanitaria”. A questo proposito si inserisce un accesso ai servizi cloud “aperto, sicuro, sostenibile e inter-operabile”. Posto l’accento sulla necessità di implementare l’ambiente imprenditoriale, tra gli obiettivi fissati c’è quello di “migliorare la digitalizzazione dei pagamenti trans-frontalieri, comprese le rimesse”, ma anche la convergenza tra i quadri normativi sulla protezione dei dati personali per “facilitare flussi trans-frontalieri sicuri e protetti”.
    (8 maggio 2021)
    Spazio anche per la connettività sul fronte energetico. Il partenariato punta a sostenere gli obiettivi di energia pulita e di lotta ai cambiamenti climatici, sviluppando sistemi elettrici “modernizzati, efficienti e intelligenti” per aumentare le interconnessioni regionali per la produzione di energia rinnovabile su larga scala. All’orizzonte c’è la cooperazione in aree all’avanguardia, come il solare galleggiante, l’eolico offshore, l’idrogeno e lo stoccaggio dell’energia.
    A livello di trasporti, esiste un “reciproco interesse” per la decarbonizzazione e digitalizzazione del sistema ferroviario (sull’esempio del Sistema Europeo di Gestione del Traffico Ferroviario) e per la riduzione delle emissioni attraverso uno scambio più efficiente dei dati nei settori dell’aviazione e marittimo. Ma all’interno di questa sezione del testo c’è anche il dialogo tra le due parti sulla mobilità intelligente e sostenibile.
    Per lo sviluppo della connettività c’è bisogno dell’essere umano e per questo motivo è stata trovata un’intesa sulla promozione della cooperazione nel campo della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica. In altre parole, significa sostenere con più forza la mobilità dei ricercatori attraverso i programmi europei e indiani, oltre al coinvolgimento di start-up e piccole e medie imprese nel processo di sviluppo di soluzioni innovative in ambito accademico. Sinergie che però vanno alimentare già dalla mobilità di studenti e docenti tra le università europee e gli Istituti di Istruzione Superiore indiani.
    È poi necessario uno sforzo congiunto per aiutare Paesi terzi nelle loro azioni di connettività sostenibile. Focus particolare su Africa, Asia centrale e l’Indo-Pacifico – per contrastare l’influenza cinese sempre crescente – con l’obiettivo dichiarato di sostenere queste regioni “nella digitalizzazione per lo sviluppo sostenibile e l’inclusione finanziaria digitale”.
    Investimenti pubblici privati
    (8 maggio 2021)
    L’ultima sezione del documento programmatico riguarda il rafforzamento dell’integrità dei sistemi finanziari e lo sviluppo degli investimenti privati nel partenariato UE-India. Partendo dalla Piattaforma internazionale sulla finanza sostenibile (IPSF), come base per lo scambio continuo di informazioni sulle migliori pratiche, viene indicata la possibilità di promuovere joint venture europee e indiane attraverso la National Infrastructure Pipeline indiana.
    Per gli investimenti verdi esistono già partnership tra la BEI e l’Agenzia indiana per lo sviluppo delle energie rinnovabili, su cui innestare investimenti azionari delle istituzioni finanziarie europee. Ma allo stesso tempo è possibile sfruttare fondi pubblici e flussi di capitale globali (compresi fondi sovrani e fondi pensione) per veicolare gli investimenti privati ​​verso progetti sostenibili. Anche per quanto riguarda l’infrastruttura di connettività, si potrà sviluppare una cooperazione nel sostegno governativo al finanziamento delle esportazioni.
    Ultimo punto – ma non certo per importanza – l’incoraggiamento della cooperazione del settore privato tra le due parti. Questo obiettivo si potrà realizzare attraverso reti di imprese dell’UE e dell’India, sfruttando Invest India ed Enterprise Europe come piattaforme di lancio di progetti congiunti tra start-up e piccole e medie imprese delle due potenze mondiali.

    Il vertice di Porto ha stabilito la necessità di definire regole “trasparenti, praticabili, inclusive e sostenibili” nell’approccio comune alla tecnologia tra Bruxelles e Nuova Delhi. Non solo valori condivisi, ma anche collaborazione nel cyberspazio, nell’energia e nei trasporti, oltre a stimoli per investimenti privati

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    Dall’UE altri 170 milioni di euro all’Etiopia per promuovere riforme e sviluppo

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