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    La Russia e l’Ucraina starebbero trattando per sospendere gli attacchi reciproci sulle infrastrutture energetiche

    Bruxelles – Per ora sono solo indiscrezioni giornalistiche, ma pare che i negoziatori russi e ucraini stiano avviando dei colloqui, mediati dal Qatar, per giungere ad un accordo che metta le rispettive infrastrutture energetiche al riparo dagli attacchi militari.La notizia è stata data stamattina dal Financial Times e rimbalzata da diversi altri organi d’informazione, e cita fonti anonime (alcune delle quali qualificate come “alti funzionari ucraini”). Secondo il FT, Kiev starebbe tentando di riprendere i negoziati sulla protezione delle infrastrutture energetiche già avviati negli scorsi mesi sotto la mediazione del Qatar. Tali colloqui erano sembrati sul punto di portare ad un accordo con Mosca, poi sfumato in agosto quando l’esercito ucraino ha lanciato la sua incursione a sorpresa oltre il confine russo nell’oblast’ di Kursk.Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha rifiutato di confermare ufficialmente la notizia, sostenendo che ci sono in circolazione molte fake news che “non hanno nulla a che fare con la realtà”, persino sui media tradizionalmente più affidabili. D’altro canto, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha segnalato che l’esito dei colloqui sulla protezione delle infrastrutture critiche segnalerà la reale disponibilità del suo omologo Vladimir Putin di sedersi al tavolo negoziale per trattare i termini di una cessazione del conflitto (o perlomeno di una tregua). Che tale discussione, se mai occorrerà, possa partire dal “piano per la vittoria” presentato dal leader ucraino all’ultimo Consiglio europeo rimane tuttavia dubbio.Dopo due anni e mezzo di guerra, la maggior parte della rete energetica ucraina è gravemente danneggiata, distrutta o sotto occupazione dell’esercito invasore, e nelle scorse settimane sono ripresi i pesanti bombardamenti di Mosca contro le infrastrutture del Paese aggredito. Per far fronte alle crescenti difficoltà di Kiev di produrre energia per mantenere in piedi la propria economia e riscaldare i propri abitanti, il mese scorso Bruxelles ha annunciato un pacchetto finanziario del valore di 160 milioni di euro per riparare la rete energetica ucraina (ricostruendo circa 2,5 Gw di capacità elettrica), connetterla a quella dell’Ue (esportando altri 2 Gw di energia) e stabilizzare il flusso di energia che circola attraverso il Paese.Pur se con mezzi e risultati molto diversi, anche l’Ucraina ha cercato di colpire le infrastrutture energetiche del nemico. Gli attacchi, portati avanti principalmente con droni, razzi e missili (anziché con i bombardieri, come fa invece Mosca), hanno danneggiato diversi impianti, centrali, depositi e strutture russe (anche nella Crimea occupata), ma non sono arrivati a mettere in seria difficoltà l’approvvigionamento energetico della Federazione.I punti più critici delle infrastrutture energetiche di entrambi i belligeranti sono gli impianti nucleari. La centrale di Zaporizhzhia, la più grande non solo dell’Ucraina ma dell’intero continente, è caduta nelle mani dei russi nel marzo 2022 e da allora i due eserciti non hanno mai smesso di addossarsi a vicenda la responsabilità degli attacchi che ne mettono a repentaglio le strutture e, con esse, la sicurezza dell’intera regione. Da quando, lo scorso agosto, è partita l’operazione di Kiev nella regione di Kursk, i timori sono cresciuti anche per la centrale russa di Kurchatov.

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    Contro vulnerabilità e rischi di attacchi e sabotaggi. Unione Europea e Nato alzano l’allarme sulle infrastrutture critiche

    Bruxelles – Dopo tre mesi di lavori si è chiuso il lavoro della task force congiunta Ue-Nato sulla valutazione dei rischi per la sicurezza delle infrastrutture critiche. Energia, trasporti, digitale e spazio. “La guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina ha portato nuovi rischi, attacchi fisici e informatici, spesso combinati come una minaccia ibrida“, si legge nel rapporto di valutazione finale della task force congiunta tra le due organizzazioni, che traccia una mappa delle attuali sfide alla sicurezza nei quattro settori-chiave “di importanza trasversale”.
    Il risultato delle analisi sui rischi e le minacce alle infrastrutture critiche iniziate le scorso 16 marzo sono state presentate oggi (29 giugno) con una serie di raccomandazioni per mitigare la situazione nel prossimo futuro. In primis c’è il settore dell’energia: “Il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream ha evidenziato la vulnerabilità delle infrastrutture energetiche“, è l’incipit del primo capitolo con il riferimento al sabotaggio di fine settembre 2022 dei due gasdotti nel Mar Baltico. “La sicurezza energetica è più impegnativa nell’attuale contesto geopolitico”, anche considerando che “le attività militari dipendono in modo significativo dalle reti e dalle forniture energetiche civili” e che “sono collegate in rete, quindi un’interruzione in un luogo può avere un impatto più ampio”. Nella valutazione viene riconosciuto che gli Stati membri Ue e gli alleati Nato “hanno compiuto passi decisivi per ridurre la dipendenza dall’energia russa“, mentre parallelamente “anche il crescente utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e l’elettrificazione possono rafforzare la resilienza”, riducendo la dipendenza da un unico sistema centrale. Allo stesso tempo non va dimenticato che “la maggiore dipendenza dalle energie rinnovabili comporta anche potenziali vulnerabilità“, perché “molti dei loro componenti critici sono ancora in gran parte concentrati al di fuori” dei Paesi membri Nato e Ue.
    “Le infrastrutture di trasporto, compresi gli aeroporti e i porti marittimi, sono anch’esse vulnerabili agli attacchi informatici, che possono infliggere ingenti danni economici ed eventualmente causare interruzioni per l’uso da parte delle forze armate”, è invece l’avvertimento lanciato sul piano dei trasporti: “Le nostre forze armate fanno grande affidamento sulle infrastrutture di trasporto civili e commerciali per lo svolgimento delle loro attività”. A questo si aggiunge il fatto che “la crescente elettrificazione dei trasporti porterà a una maggiore dipendenza dalla rete elettrica, dalle batterie e dalle relative infrastrutture” e che “le infrastrutture di trasporto sono sempre più digitalizzate”, tutti fattori di maggiore rischio. A proposito di digitale, il riferimento esplicito è a cavi in fibra ottica sotterranei e sottomarini, stazioni base cellulari, satelliti e reti 5G: “Comportano rischi dovuti alle limitate capacità di riparazione e alla maggiore vulnerabilità“. E infine lo spazio: “Concorrenti strategici e potenziali avversari stanno sviluppando capacità contro-spaziali che potrebbero minacciare l’accesso e la libertà operativa della Nato e dell’Ue nello spazio, interrompendo potenzialmente le infrastrutture critiche”, specifica il testo.
    Tra le raccomandazioni avanzate dalla task force si spinge sulla maggiore cooperazione “sfruttando appieno le sinergie”, come per esempio nel caso di “un grave pericolo o un cambiamento significativo del contesto di sicurezza”. Impegno esteso anche al settore privato e con il sostegno del Centro europeo di eccellenza per il contrasto alle minacce ibride. Di importanza centrale il rafforzamento del dialogo strutturato Ue-Nato sulla resilienza e quello sulla mobilità militare, con un ampliamento del confronto su sicurezza informatica, spazio, energia e mare. Da migliorare anche lo scambio sul monitoraggio delle implicazioni per la sicurezza e la cooperazione le e valutazioni parallele e coordinate delle minacce alle infrastrutture critiche.
    La protezione delle infrastrutture critiche nell’Ue
    Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, alla firma della terza dichiarazione congiunta Ue-Nato (10 gennaio 2023)
    Oltre alla task force Ue-Nato, da mesi per i Ventisette la protezione delle infrastrutture critiche è diventata una priorità sempre più urgente, come aveva messo in chiaro la presidente von der Leyen, anticipando il piano in cinque punti al vaglio della Commissione: “Abbiamo visto quanto sono vulnerabili sia i gasdotti sia i cavi sottomarini, che sono la spina dorsale dell’economia globale e dell’energia”. Dal momento in cui le infrastrutture critiche “sono diventate obiettivi militari per la prima volta nella storia“, le istituzioni comunitarie hanno chiesto una maggiore coordinazione sotto la supervisione della Commissione, sempre considerata la competenza degli Stati membri nel campo della sicurezza nazionale.
    Il piano del gabinetto von der Leyen è stato presentato il 18 ottobre dello scorso anno dalla commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, con una serie di azioni da mettere in pratica nel campo energetico, digitale, spaziale e dei trasporti: implementazione della legislazione comunitaria, stress test, aumento della capacità di risposta attraverso il Meccanismo di protezione civile dell’Ue, identificazione satellitare delle minacce e rafforzamento della cooperazione internazionale. Già in quell’occasione la titolare per gli Affari interni aveva comunicato che “gli alleati hanno accettato” di istituire la task force congiunta Ue-Nato per la protezione delle infrastrutture critiche, ma è dal 2020 che il segretario generale della Nato Stoltenberg mette in guardia sulla “cruciale importanza” dei cavi sottomarini sia per scopi civili sia militari. In ogni caso, nell’eventualità di danneggiamento alle infrastrutture critiche terrestri, le forze armate occidentali possono comunque passare rapidamente alle comunicazioni satellitari.

    Pubblicato il rapporto di valutazione finale della task force congiunta delle due organizzazione, che traccia una mappa delle attuali sfide alla sicurezza in quattro settori-chiave: energia, trasporti, infrastrutture digitali e spazio. Si rafforzerà il dialogo strutturato a Bruxelles