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    L’Eurocamera riafferma il sostegno a Kiev (e striglia Washington)

    Bruxelles – Il Parlamento europeo conferma il proprio sostegno all’Ucraina aggredita. All’indomani dell’accordo raggiunto tra Kiev e Washington sui termini di un potenziale cessate il fuoco, da Strasburgo arriva l’ennesima, convinta presa di posizione degli eurodeputati. Che, al netto delle defezioni (prevedibili) degli italiani, ripetono la necessità di pervenire ad una “pace giusta e duratura” al conflitto in corso.La risoluzione non vincolante approvata oggi (12 marzo) dall’Eurocamera, riunita in plenaria a Strasburgo, ribadisce che l’Ue deve continuare a rimanere al fianco dell’ex repubblica sovietica, impegnata da tre anni nella resistenza all’invasione russa. Bruxelles è chiamata a fornire all’Ucraina solide garanzie di sicurezza e, insieme agli Stati membri, deve “aumentare in modo significativo la necessaria assistenza” a Kiev.I deputati sottolineano che la leadership ucraina non va spinta ad accettare una “resa” e che i Ventisette devono prendere parte alla definizione della nuova architettura della sicurezza continentale, sostenendo parallelamente la creazione di una “coalizione dei volenterosi” sotto l’egida franco-britannica per inviare in Ucraina una forza d’interposizione.E non hanno risparmiato frecciate alla Casa Bianca di Donald Trump, criticando Washington per l’approccio eccessivamente morbido adottato nei confronti di Mosca – contro la quale i parlamentari chiedono sanzioni più stringenti nonché la confisca dei beni congelati per ripagare la ricostruzione ucraina – e per le “pressioni” sugli alleati europei ed ucraini. Infine, l’emiciclo ha chiesto di accelerare sul processo di adesione di Kiev al club a dodici stelle.Il co-capogruppo dell’Ecr, Nicola Procaccini (foto: Philippe Stirnweiss/European Parliament)Il meloniano Nicola Procaccini, co-capogruppo dei Conservatori (Ecr), aveva provato a rimandare la votazione sostenendo che una presa di posizione forte dell’Aula rischierebbe di compromettere la delicata discussione in corso tra Stati Uniti e Russia sulle condizioni del cessate il fuoco che sono state concordate ieri a Gedda – in merito alle quali il Cremlino deve ancora esprimersi ufficialmente – gettando una luce negativa sugli sforzi dell’amministrazione a stelle e strisce.Ma l’emiciclo ha bocciato la sua richiesta, e dunque la risoluzione comune presentata da Ppe, S&D, Ecr, Renew e Verdi (che faceva seguito ad un dibattito dello scorso febbraio) è passata con 442 voti favorevoli, 98 contrari e 126 astensioni.Tra gli italiani, le fratture si sono registrate soprattutto nel Pd (il capodelegazione Nicola Zingaretti ha votato in dissenso, Cecilia Strada e Marco Tarquinio si sono astenuti e i restanti 18 hanno sostenuto il testo), mentre Fi ha dato un “sì” convinto, FdI si è astenuta (a parte Sergio Berlato, che ha votato contro) e, infine, Lega, M5s e Avs hanno votato compattamente contro alla risoluzione (dei quattro Verdi, solo Ignazio Marino ha votato a favore, laddove per Sinistra italiana c’era solo Mimmo Lucano, che ha votato “no”).Un aggiornamento al testo per includere un riferimento ai colloqui di ieri è comunque stato approvato dai deputati, con un emendamento orale (presentato dal popolare tedesco Michael Gahler) secondo cui il Parlamento “accoglie con favore la dichiarazione congiunta dell’Ucraina e degli Stati Uniti a seguito del loro incontro” in Arabia Saudita e “ricorda che un cessate il fuoco può essere uno strumento efficace di sospensione delle ostilità solo se l’aggressore vi aderisce pienamente“, auspicando pertanto “che la Russia lo accetti e lo segua cessando tutti gli attacchi alla popolazione civile, alle infrastrutture e al territorio ucraini”.

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    Ucraina e Stati Uniti concordano le condizioni per un cessate il fuoco

    Bruxelles – AGGIORNAMENTO : Ucraina e Stati Uniti ci riprovano e ci riescono. Le delegazioni di Kiev e Washington, incontratesi a Gedda, in Arabia Saudita, hanno raggiunto un accordo preliminare sulle condizioni per raggiungere un cessate il fuoco con la Russia. L’Ucraina ha accettato la proposta statunitense per una tregua immediata della durata di 30 giorni, mentre la Casa Bianca ha annunciato la revoca dello stop agli aiuti militari verso il Paese aggredito. Attesa a breve anche la stipula dell’accordo sulle materie prime critiche ucraine. Secondo il segretario di Stato Usa Marco Rubio, “ora la palla è nel campo” di Mosca.Secondo quanto si legge in una dichiarazione congiunta delle delegazioni statunitense e ucraina, Kiev e Washington hanno “compiuto passi importanti verso il ripristino di una pace duratura” nell’ex repubblica sovietica. “L’Ucraina si è dichiarata pronta ad accettare la proposta statunitense di un cessate il fuoco immediato e provvisorio di 30 giorni, che può essere prorogato di comune accordo tra le parti e che è soggetto all’accettazione e alla contemporanea attuazione da parte della Federazione Russa”, si legge ancora nella nota.“Gli Stati Uniti comunicheranno alla Russia che la reciprocità russa è la chiave per raggiungere la pace“, prosegue il comunicato, mentre il capo della diplomazia a stelle e strisce Marco Rubio ha dichiarato: “Spero che (i russi, ndr) dicano di sì. Se lo faranno, credo che avremo fatto grandi progressi. Se invece diranno di no, allora sapremo purtroppo qual è l’ostacolo alla pace”. A seguito dell’accordo raggiunto a Gedda, la Casa Bianca ha annunciato che “rimuoverà immediatamente la pausa sulla condivisione dell’intelligence e riprenderà l’assistenza alla sicurezza dell’Ucraina“.All’indomani del più grosso attacco di droni (oltre una novantina) mai compiuto in tre anni dall’esercito di Kiev che ha fatto almeno tre morti nella capitale della Federazione, i team negoziali di Ucraina e Stati Uniti si sono incontrati oggi (11 marzo) a Gedda per provare a sbloccare la complessa partita sul cessate il fuoco e mettere in pausa il conflitto che da tre anni sta tenendo il mondo col fiato sospeso. Stando al capo dell’ufficio presidenziale ucraino Andriy Yermak, il clima dei colloqui è “molto costruttivo”.Si tratta del primo contatto diretto tra i due Paesi, teoricamente alleati, dopo le forti tensioni diplomatiche delle scorse settimane culminate nell’imboscata tesa da Donald Trump e dal suo vice J.D. Vance a Volodymyr Zelensky lo scorso 28 febbraio nello Studio ovale. Nelle speranze del leader ucraino, i colloqui odierni (a cui non prenderà parte direttamente, nonostante ieri abbia incontrato il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman) servono a ravvivare le relazioni con Washington e a ottenere “risultati pratici”.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) incontra il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman a Gedda, il 10 marzo 2025 (foto via Imagoeconomica)Il presidente statunitense, secondo cui sarebbe “più facile” negoziare con l’omologo russo Vladimir Putin piuttosto che con Zelensky (quest’ultimo non sarebbe “pronto” alla pace, aveva detto nei giorni scorsi il tycoon), ha recentemente sospeso gli aiuti militari a Kiev – inclusa la condivisione delle informazioni d’intelligence – nel tentativo di mettere pressione sugli ucraini per costringerli a sedersi al tavolo delle trattative.Al tavolo di Gedda, il presidente del Paese aggredito arriva con una proposta per una tregua di un mese nei combattimenti aerei e marittimi. L’obiettivo di Zelensky è duplice: saggiare la buona fede della Russia di muoversi verso un negoziato di pace e dimostrare al contempo la propria disponibilità all’inquilino della Casa Bianca, col quale gli alleati europei lo avevano esortato a ricucire i rapporti. “La posizione dell’Ucraina in questi colloqui sarà pienamente costruttiva“, ha scritto su X alla vigilia dell’incontro.Dal canto suo, il segretario di Stato Marco Rubio – che guida la delegazione a stelle e strisce, di cui fanno parte anche il consigliere alla Sicurezza nazionale Michael Waltz e l’inviato speciale per il Medio Oriente Steve Witkoff – ha dichiarato che “dobbiamo capire la posizione ucraina e avere un’idea generale di quali concessioni sarebbero disposti a fare, perché non si otterrà un cessate il fuoco e la fine di questa guerra se entrambe le parti non faranno concessioni“.La Casa Bianca considera inevitabile la cessione di alcuni dei territori ucraini occupati all’invasore, ma non è ancora chiaro quali. “I russi non possono conquistare tutta l’Ucraina e ovviamente sarà molto difficile per l’Ucraina, in un periodo di tempo ragionevole, costringere i russi a tornare indietro fino a dove erano nel 2014”, ha osservato il capo della diplomazia statunitense. Attualmente, Mosca controlla all’incirca un quinto del territorio ucraino (inclusa la penisola della Crimea, annessa unilateralmente 11 anni fa).Il segretario di Stato di Washington, Marco Rubio, al suo arrivo a Gedda il 10 marzo 2025 (foto via Imagoeconomica)La speranza, condivisa tanto da Kiev quanto da Washington, è quella di concludere una volta per tutte la stipula del patto sulle materie prime critiche che era saltato dopo il catastrofico colloquio a tre nello Studio ovale. L’amministrazione Usa lo considera un risarcimento per gli aiuti inviati all’ex repubblica sovietica in tre anni di guerra, mentre per Zelensky si tratta dell’ultimo spiraglio per tenere lo zio Sam dalla sua parte. Trump aveva in precedenza descritto l’accordo come “la miglior garanzia di sicurezza” per Kiev, nonostante non preveda nessun distaccamento di truppe statunitensi sul suolo ucraino.Quello odierno è il secondo incontro diplomatico di alto livello che si tiene in Arabia Saudita per arrivare ad una fine negoziata della guerra in Ucraina. Il precedente era stato convocato a Riad lo scorso 18 febbraio, ed era stato il primo faccia a faccia tra funzionari statunitensi e russi dal 2022, che nella capitale saudita avevano concordato il ripristino delle relazioni diplomatiche congelate durate la presidenza di Joe Biden.

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    Trump sta abbandonando Kiev per abbracciare Mosca

    Bruxelles – “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”. Come nel celebre adagio di Agatha Christie, non c’è più spazio per nutrire ancora dubbi circa la scelta di campo, in apparenza definitiva e certo inequivocabile, compiuta dall’amministrazione statunitense sulla guerra in Ucraina.In effetti, di indizi in questo caso ce ne sono in abbondanza, e puntano tutti ad una conclusione che sarebbe stata inimmaginabile solo un paio di mesi fa: gli Stati Uniti hanno voltato le spalle a Kiev per abbracciare Mosca. Nelle ultime ore si sono moltiplicati i colpi che Donald Trump sta assestando al Paese aggredito, in un’escalation che dura ormai da settimane e che avvantaggia solo Vladimir Putin.L’ultima tessera del puzzle è l’incontro di alcuni membri del cerchio magico del tycoon newyorkese con alcune figure chiave dell’opposizione domestica a Volodymyr Zelensky, inclusa l’ex presidente Yulia Tymoshenko e alcuni luogotenenti di Petro Poroshenko, capo dello Stato fino al 2019. I colloqui si sarebbero incentrati sulla possibilità di celebrare delle presidenziali in Ucraina (si sarebbero dovute tenere nel maggio 2024), manovrando alle spalle dello stesso Zelensky.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky al Consiglio europeo di Bruxelles, il 19 dicembre 2024 (foto: European Union)Quello delle elezioni a Kiev è di fatto un tema controverso solo in Occidente, data la sostanziale contrarietà degli ucraini a recarsi alle urne sotto le bombe (qualcosa che viene peraltro vietata dalla Costituzione, essendo attualmente in vigore la legge marziale), ma rappresenta un fuoco su cui Trump non ha mai smesso di soffiare, spingendosi fino a definire il leader ucraino un “dittatore” privo di legittimità democratica e suggerendo che Zelensky se ne dovrebbe andare se non accetta di stipulare l’accordo sui minerali con Washington. Ingerenze estere in piena regola.C’è poi l’annunciata intenzione di revocare lo status di protezione speciale per circa 240mila profughi ucraini, che rischiano così di venire espulsi e rispediti nel Paese in guerra. In realtà, questa decisione sarebbe stata presa prima dell’imboscata tesa da Trump e dal suo vice JD Vance a Zelensky la settimana scorsa, e non riguarderebbe solo i rifugiati provenienti dal Paese est-europeo ma anche quelli di altre nazionalità (soprattutto dall’America centro-meridionale e dall’Afganistan) per un totale di quasi 2 milioni di persone non più gradite negli Stati Uniti.Negli scorsi giorni, Trump ha assestato numerosi altri colpi all’ex repubblica sovietica, sulla carta un’alleata ma nei fatti una vittima del bullismo istituzionalizzato del tycoon, intento a recuperare quello che percepisce come “maltolto” (cioè il sostegno finanziario alla resistenza ucraina), del quale peraltro sovrastima abbondantemente l’entità. Tra gli aiuti militari a Kiev di cui ha annunciato la sospensione c’è anche la condivisione dell’intelligence, che negli ultimi tre anni si è rivelata cruciale per l’esercito ucraino. In linea con l’approccio muscolare e transazionale di Trump, lo stop alla condivisione delle informazioni sembrerebbe uno strumento di pressione impiegato da Washington per costringere Kiev a sedersi al tavolo delle trattative. In altre parole, un ricatto.Il presidente statunitense Donald Trump (destra) accoglie nello Studio ovale il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Quella dell’intelligence è del resto una partita delicatissima, poiché rappresenta un asset fondamentale (almeno al pari delle capacità operative) nel settore strategico. E le agenzie d’intelligence a stelle e strisce sono universalmente riconosciute come le più efficienti al mondo: erano state loro a lanciare l’allarme, tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, di un’imminente operazione russa in Ucraina, venendo peraltro tacciate di isterismo dalle cancellerie di mezzo mondo.L’azzardo di Trump non ha fatto altro che aggravare i problemi di fiducia reciproca tra i membri Nato, soprattutto nel quadro in cui Stati come l’Ungheria e la Slovacchia (guidati da governi filorussi) vengono percepiti come inaffidabili da gran parte degli alleati occidentali. Ma le crepe si iniziano a vedere anche tra i Paesi che sono sempre stati dallo stesso lato della barricata. Da un lato, in aperta polemica con Washington, Parigi ha rivendicato orgogliosamente che sta continuando a condividere le informazioni con Kiev. Dall’altro, dalla Casa Bianca starebbero spingendo per estromettere il vicino canadese dal gruppo dei Five Eyes, un’alleanza di intelligence globale che comprende anche il Regno Unito, l’Australia e la Nuova Zelanda.Zelensky tenta di fare buon viso a cattivo gioco, perché non può prescindere dal sostegno di Washington. Dopo aver inviato al suo omologo statunitense una lettera in cui si è reso disponibile a rinegoziare l’accordo sulle materie prime chimiche, deragliato venerdì scorso proprio a seguito della riunione disastrosa alla Casa Bianca, il presidente ucraino ha dichiarato oggi di fronte ai leader dei Ventisette, riuniti a Bruxelles per un vertice straordinario, che le delegazioni dei due Paesi sono in contatto e stanno lavorando per organizzare un nuovo incontro la prossima settimana.Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky (al centro) con il presidente del Consiglio europeo e la presidente della Commissione europea [Bruxelles, 6 marzo 2025]Ma è ormai evidente che a Trump, della sorte dell’Ucraina, importa poco. La pace di cui continua a riempirsi la bocca non è la “pace giusta e duratura” che continuano a invocare le cancellerie europee (qualunque cosa questa formula possa significare concretamente), ma una pace che va più che altro a favore della Russia. Di pari passo con il “grande tradimento” di Kiev, dunque, si sta compiendo un riavvicinamento a Mosca che nessun osservatore si sarebbe aspettato con una simile velocità.Colloqui telefonici diretti con Putin, incontri diplomatici di alto livello con i vertici del Cremlino, negoziati sottotraccia in corso per porre fine alle ostilità nell’ex repubblica sovietica, o almeno metterle in pausa. Il tutto contornato da attacchi frontali al leader ucraino e agli alleati europei (con la pretesa di dare a tutti lezioni di democrazia da parte di chi ha istigato l’assalto al Campidoglio) e dall’amplificazione della propaganda putiniana, per finire a votare insieme al Cremlino all’Onu.Abbandonando l’Ucraina al suo destino e allineandosi così convintamente alla Russia, Washington mette in difficoltà l’intera Europa. E il tycoon sta tirando così tanto la corda che neppure i suoi tradizionali sostenitori nel Vecchio continente – i nazional-populisti della destra radicale – riescono più a stargli dietro. Critiche più e meno dirette al repentino voltafaccia dell’amministrazione statunitense sono arrivate, tra gli altri, dalla francese Marine Le Pen, dall’olandese Geert Wilders e dal britannico Nigel Farage, che peraltro sono stati tutti accusati in passato di essere troppo vicini alla Russia. L’ennesimo risultato impensabile solo fino a poche settimane fa.

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    Trump getta acqua sul fuoco: “Firmiamo la pace” tra Russia e Ucraina

    Bruxelles – Prove di distensione tra Washington e Kiev. In un discorso di fronte al Congresso, Donald Trump è parso ammorbidire i toni nei confronti di Volodymyr Zelensky, gettando acqua sul fuoco divampato in seguito al catastrofico incontro nello Studio ovale della scorsa settimana. A sua volta, il leader ucraino si è reso disponibile a rinegoziare con la Casa Bianca non solo il controverso accordo sulle materie prime critiche ma anche, più in generale, le condizioni per un cessate il fuoco con la Russia.Pace in vista?Parlando durante una sessione congiunta del Congresso ieri (4 marzo), il presidente statunitense ha annunciato di aver ricevuto una lettera inviatagli personalmente dal suo omologo ucraino. “L’Ucraina è pronta a sedersi al tavolo dei negoziati il prima possibile per far avvicinare una pace duratura“, ha dichiarato Trump riportando un passaggio della missiva.“Apprezzo il fatto che abbia inviato questa lettera”, ha aggiunto, sottolineando contestualmente di aver intrattenuto “serie discussioni” con Mosca, dalle quali avrebbe ricevuto “forti segnali” sulla disponibilità di Vladimir Putin di intraprendere le trattative, sostenendo che i russi sarebbero “pronti per la pace”. “È ora di fermare questa follia, è ora di fermare le uccisioni, è ora di porre fine a questa guerra insensata”, ha detto, sottolineando che “se si vuole porre fine alle guerre, bisogna parlare con entrambe le parti”. Ci sono del resto già stati due incontri di alto livello tra funzionari e diplomatici di Usa e Russia, prima a Riad e poi a Istanbul.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Dal canto suo, Zelensky si è detto pronto a lavorare “sotto la forte leadership del presidente Trump” e ha dimostrato riconoscenza per il sostegno fornito da Washington in questi anni di guerra. Il leader ucraino aveva precedentemente espresso il medesimo messaggio su X, osservando che “nessuno di noi vuole una guerra infinita” e che “apprezziamo molto quanto l’America abbia fatto per aiutare l’Ucraina a mantenere la propria sovranità e indipendenza”.“Il momento in cui le cose sono cambiate” nel sostegno a stelle e strisce alla resistenza ucraina contro l’imperialismo russo, ha riconosciuto Zelensky (facendo apparentemente tesoro del suggerimento arrivatogli qualche giorno fa dal capo della Nato, Mark Rutte), è stata la fornitura dei razzi anticarro Javelin nel 2019, decisa proprio da Trump nel suo primo mandato: “Ne siamo grati”, ha scritto.Il presidente ucraino ha anche delineato quali passi si potrebbero intraprendere verso un potenziale cessate il fuoco. “Le prime fasi potrebbero essere il rilascio dei prigionieri e la tregua nel cielo“, cioè una moratoria sul ricorso a droni, missili e bombardamenti aerei, “e la tregua nel mare“, un’idea contenuta anche nella bozza di accordo cui starebbero lavorando Francia e Regno Unito. “Poi vogliamo procedere molto velocemente in tutte le fasi successive e lavorare con gli Stati Uniti per concordare un accordo finale forte”, ha continuato Zelensky.Da sinistra: il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il primo ministro britannico Keir Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron si incontrano a Londra, il 2 marzo 2025 (foto: Justin Tallis/Afp)Parrebbe dunque aver funzionato l’annuncio shock dello stop agli aiuti militari statunitensi, mollato come una bomba a mano dall’inquilino della Casa Bianca giusto l’altroieri. Secondo diversi osservatori, si sarebbe trattato principalmente di una mossa per mettere pressione su Kiev (in linea con l’approccio muscolare e transazionale di Trump alle relazioni internazionali), che avrebbe infine dato i suoi frutti.L’accordo sui mineraliE sembra essere di nuovo sul tavolo il controverso accordo sulle materie prime critiche ucraine, che era stato al centro del disastroso incontro svoltosi lo scorso venerdì nello Studio ovale ma la cui stipula era saltata in seguito all’aggressione verbale di Trump e del suo vice JD Vance ai danni di Zelensky. “L’Ucraina è pronta a firmarlo in qualsiasi momento sia conveniente per voi”, ha detto il presidente Usa leggendo dalla lettera.Il tycoon ha reiterato la sua convinzione per cui questo accordo contribuirà ad avvicinare la fine delle ostilità nell’ex repubblica sovietica, garantendo una partecipazione finanziaria a stelle e strisce nel futuro di quest’ultima. Da un lato, dice, è un modo per i contribuenti statunitensi per “riprendersi” una parte dei miliardi di dollari versati a Kiev in tre anni di conflitto. Dall’altro, sempre secondo la lettura di Trump, avere sul proprio territorio lavoratori dagli States rappresenterebbe la miglior garanzia di sicurezza per l’Ucraina contro un eventuale nuovo attacco russo.Il presidente statunitense Donald Trump (destra) accoglie nello Studio ovale il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Al momento attuale non è chiaro se i termini del patto siano rimasti gli stessi o siano cambiati. L’ultima bozza del documento – che aveva sostituito un paio di versioni precedenti la cui formulazione era stata giudicata troppo svantaggiosa dalla leadership ucraina – prevedeva l’istituzione di un fondo congiunto d’investimento per la ricostruzione del Paese, co-gestito da Kiev e Washington, ma non includeva alcun impegno militare da parte degli Stati Uniti per garantire il rispetto di un’eventuale tregua.Quello che è chiaro è l’intenso lavoro diplomatico tra le due amministrazioni, pur dietro le quinte, per far vedere la luce a questo accordo. I funzionari statunitensi starebbero soprattutto esortando i loro omologhi ucraini affinché convincano Zelensky a scusarsi pubblicamente per gli eventi trasmessi in mondovisione venerdì, facendogliene dunque assumere la responsabilità. Per ora, il presidente ucraino ha affermato su X che il colloquio di venerdì “non è andato come doveva”, rammaricandosi per il suo esito “deplorevole”. “È tempo di sistemare le cose“, ha continuato, tendendo al tycoon un ramoscello d’olivo: “Vorremmo che la cooperazione e la comunicazione future fossero costruttive”.Trump ha recentemente lamentato che Kiev “dovrebbe essere più riconoscente” nei confronti di Washington poiché “questo Paese è rimasto al fianco (degli ucraini, ndr) nella buona e nella cattiva sorte”, ripetendo peraltro le false affermazioni per cui gli Stati Uniti avrebbero contribuito “molto di più dell’Europa” alla resistenza ucraina. Numeri alla mano, gli aiuti statunitensi ammontano a circa 114 miliardi di dollari dal 2022 ad oggi (meno della metà dei 350 miliardi millantati da Trump), mentre quelli inviati dai Paesi del Vecchio continente arrivano nel complesso a quota 132 miliardi.L’allora presidente-eletto Donald Trump (sinistra) e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si incontrano alla cerimonia di riapertura della cattedrale di Notre Dame a Parigi, il 7 dicembre 2024 (foto: Ludovic Marin/Afp)Trump non molla su Groenlandia e PanamaDi fronte a deputati e senatori, il presidente statunitense ha anche confermato l’intenzione – espressa a inizio gennaio, prima ancora del suo insediamento – di prendere il controllo della Groenlandia “in un modo o nell’altro”, sostenendo di essere pronto ad accogliere sotto la giurisdizione Usa la popolazione del territorio autonomo danese. “Vi terremo al sicuro”, ha promesso, e “vi faremo diventare ricchi”. In realtà, i groenlandesi non sembrano intenzionati a fare il cambio da Copenaghen a Washington.Trump ha usato un analogo tono aggressivo nei confronti di Panama (dove dice di voler “reclamare” il canale omonimo), rivendicando infine l’introduzione di dazi doganali contro il Canada e il Messico, i due maggiori partner commerciali degli Stati Uniti.

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    Trump sospende gli aiuti a Kiev (e si prepara per allentare le sanzioni contro Mosca)

    Bruxelles – Il momento che tutti temevano, soprattutto a Kiev, è arrivato. Donald Trump ha sospeso gli aiuti militari per l’Ucraina, in quella che molti interpretano come una mossa per indurre Volodymyr Zelensky ad accettare le condizioni di Washington rispetto all’accordo sulle materie prime critiche e, più in generale, a seguire l’iniziativa della Casa Bianca sui negoziati di pace con la Russia. Russia che, a breve, potrebbe vedersi allentare alcune sanzioni proprio dall’amministrazione a stelle e strisce.Rubinetti chiusi (per ora)Con uno schiocco di dita, una parte importante del flusso degli aiuti militari che sostenevano la resistenza ucraina da tre anni è stata interrotta. Lo stop si applica a tutte le attrezzature militari e le munizioni statunitensi non ancora fisicamente in Ucraina, comprese quelle in transito.Per il momento, la sospensione sarebbe temporanea. Donald Trump rimarrebbe in attesa di sapere se la leadership ucraina, a partire dal suo omologo Volodymyr Zelensky, vuole impegnarsi “in buona fede” per la pace. Cioè per la pace ventilata dal presidente Usa, che dovrebbe includere lo sfruttamento da parte di Washington delle risorse minerarie di Kiev ma nessuna garanzia di sicurezza militare, almeno non dal Pentagono.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: Sergei Supinsky/Afp)Commentando un’osservazione del presidente ucraino, secondo cui la fine delle ostilità con la Russia è ancora “molto lontana”, il tycoon ha lamentato che “questo tizio non vuole che ci sia la pace finché ha l’appoggio dell’America“. Dall’amministrazione fanno sapere che gli aiuti all’ex repubblica sovietica stanno venendo rimodulati “per garantire che contribuiscano a una soluzione” del conflitto, anziché prolungarlo.Strumento di pressione?Gli ucraini e i loro alleati occidentali (quelli che rimangono) stavano aspettando con terrore questo momento da quando, venerdì scorso, si è consumata la catastrofe diplomatica. Vale a dire da quando l’inquilino della Casa Bianca e il suo numero due, JD Vance, hanno finalmente gettato la maschera tendendo un’imboscata a Zelensky, bullizzandolo e redarguendolo per aver cercato di assicurare la sopravvivenza del suo Paese.Per qualche giorno era parso che si potesse ancora salvare il rapporto tra Washington e Kiev. Sia Trump sia Zelensky avevano ribadito durante il weekend che l’accordo era nell’interesse tanto degli Stati Uniti quanto dell’Ucraina. La chiusura dei rubinetti decisa dall’amministrazione a stelle e strisce potrebbe essere in effetti una mossa per mettere pressione sul governo ucraino, forzandolo a stipulare il patto sui minerali e gli idrocarburi – magari con nuovi termini, ancora più vantaggiosi per Washington – senza avanzare ulteriori pretese.Il presidente statunitense Donald Trump (destra) accoglie nello Studio ovale il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Secondo Trump, Zelensky “dovrebbe essere più riconoscente, perché questo Paese è rimasto con loro nella buona e nella cattiva sorte”. “Non dovrebbe essere un accordo così difficile da fare“, ha ragionato il tycoon, aggiungendo che “se qualcuno non vuole fare un accordo, penso che quella persona non resterà in giro molto a lungo”. Una velata invocazione per un cambio di regime a Kiev?In molti, a partire dal capo della Nato Mark Rutte, stanno esortando il presidente ucraino a scusarsi pubblicamente per aver osato rispondere alle accuse false rivoltegli in mondovisione, per riallacciare al più presto i rapporti con l’amministrazione statunitense. Dietro le quinte, sono febbrilmente all’opera i pontieri europei, Giorgia Meloni e Keir Starmer in testa, per ricucire lo strappo e ripristinare le relazioni transatlantiche sconvolte dal primo mese del Trump bis.Allentare le sanzioniMa non finisce qui. Contemporaneamente, Trump starebbe puntando a sospendere alcune delle sanzioni che i suoi predecessori Joe Biden e Barack Obama avevano imposto contro la Russia (le azioni illegali russe in Ucraina sono iniziate nel 2014, durante il secondo mandato di Obama, con l’annessione unilaterale della Crimea e il supporto ai separatisti del Donbass).La Casa Bianca ha incaricato il dipartimento di Stato e quello del Tesoro di redigere una lista delle misure restrittive che potrebbero essere alleggerite, come segno tangibile di buona volontà da parte di Washington nei confronti di Mosca nel quadro della distensione dei rapporti tra le due superpotenze globali seguita all’insediamento del tycoon. Non è ancora chiaro quali ambiti potrebbero essere interessati dalla revisione del regime sanzionatorio Usa, ma potrebbero essere coinvolti tanto degli oligarchi vicini al Cremlino quanto la produzione petrolifera della Federazione.Il presidente russo Vladimir Putin (foto: Sergei Ilnitsky/Afp)Dopo aver minacciato il suo omologo russo Vladimir Putin di inasprire le sanzioni se non avesse accettato di sedersi al tavolo delle trattative per fermare il conflitto nell’ex repubblica sovietica, il presidente statunitense ha cambiato approccio e sembra ora preferire la carota al bastone. In effetti, il bastone lo usa ancora: ma con Kiev, anziché con Mosca.Dal canto suo, Mosca ha già aperto alla cooperazione economica con gli Stati Uniti del dopo-Biden. Negli scorsi giorni ha addirittura offerto a Washington una collaborazione sull’estrazione delle terre rare dai propri giacimenti, dopo il naufragio dell’accordo con l’Ucraina. Come sottolineato dal portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, la nuova politica estera a stelle e strisce “è in gran parte allineata con la nostra visione” del mondo. Più di così.Testa sotto la sabbiaNonostante la rapidità e la profondità di questi cambiamenti, di qua dell’Atlantico non sembrano vedersi all’orizzonte grandi novità. Il maxi-pacchetto da 20 miliardi di euro in aiuti militari caldeggiato nei giorni scorsi dall’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas è sparito dal radar e non verrà discusso al Consiglio europeo straordinario in calendario per dopodomani (6 marzo), dove pure i leader dei Ventisette discuteranno di difesa e Ucraina.We are living in dangerous times.Europe‘s security is threatened in a very real way.Today I present ReArm Europe.A plan for a safer and more resilient Europe ↓ https://t.co/CYTytB5ZMk— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 4, 2025La presidente dell’esecutivo comunitario Ursula von der Leyen ha svelato giusto stamattina un piano da 800 miliardi per riarmare il Vecchio continente, ma si tratta di soldi che gli Stati membri useranno per le proprie forze armate. Per quelle di Kiev, almeno per ora, non c’è nulla sul tavolo. L’ennesima vittoria per il primo ministro ungherese Viktor Orbán che, col suo collega slovacco Robert Fico, ha sempre messo i bastoni tra le ruote di Bruxelles ogni volta che cercava di sostenere la resistenza ucraina all’aggressione russa.

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    Ucraina, i pontieri europei all’opera per tenere Washington dalla parte di Kiev

    Bruxelles – Mettere insieme i cocci. Dopo il terremoto (l’ennesimo) sprigionatosi venerdì con epicentro alla Casa Bianca, l’Europa fa quadrato attorno al presidente ucraino umiliato dagli alti papaveri dell’amministrazione Trump. Ma prova anche a guardare avanti.Mentre tra le cancellerie dei Ventisette e a Bruxelles si inizia a parlare con insistenza di riarmo, c’è contemporaneamente chi si muove per tentare di ricucire lo strappo, spegnere le fiamme divampate tra Kiev e Washington e riavvicinare le due sponde dell’Atlantico che sembrano allontanarsi sempre più. La premier italiana lavora con l’omologo britannico ad un summit Ue-Usa, mentre il capo della Nato esorta Zelensky a fare un passo indietro e riallacciare i rapporti con Trump.Rutte striglia ZelenskyDopo l’incendio, i pompieri. Che per l’occasione indossano anche i panni dei pontieri. L’incendio da spegnere è quello appiccato dal presidente statunitense Donald Trump e dal suo vice JD Vance quando, lo scorso venerdì (28 febbraio), hanno teso un agguato al leader ucraino Volodymyr Zelensky mettendolo al muro per poi cacciarlo malamente dallo Studio ovale, rendendo esplicite in diretta mondiale le fratture nella coalizione occidentale che dovrebbe supportare l’ex repubblica sovietica nella resistenza all’invasione russa.E ci sono ponti che sembrano essere stati tagliati e vanno ora ricostruiti. Quello tra Washington e Kiev, e quello tra Washington e Bruxelles. Del primo si occupa il Segretario generale della Nato, Mark Rutte. “Penso che tu debba trovare un modo, caro Volodymyr, per ripristinare le tue relazioni con Donald Trump e l’amministrazione americana. Questo è importante per il futuro“, ha detto l’ex premier olandese al presidente ucraino, esortandolo a mettere urgentemente una pezza per rimediare al disastro diplomatico appena consumatosi alla Casa Bianca. Come dire alla vittima di un bullo che deve chiedergli scusa se non ha voluto cedergli la merenda.Il Segretario generale della Nato, Mark Rutte (destra), accoglie il segretario della Difesa statunitense Pete Hegseth al quartier generale dell’Alleanza a Bruxelles, il 13 febbraio 2025 (foto: Nato via Imagoeconomica)“Dobbiamo davvero rispettare ciò che il presidente Trump ha fatto finora per l’Ucraina“, ha osservato Rutte, riferendosi ad esempio alla fornitura (risalente al 2019) dei razzi anticarro Javelin, con cui l’esercito di Kiev ha potuto fermare l’avanzata delle colonne corazzate di Mosca a inizio 2022. “Dobbiamo dare credito a Trump per quello che lui ha fatto allora, per quello che l’America ha fatto da allora e anche per quello che l’America sta ancora facendo” per sostenere il Paese aggredito, ha aggiunto il capo dell’Alleanza.L’iniziativa di Meloni e StarmerSul ponte transoceanico stanno invece lavorando Giorgia Meloni e Keir Starmer. Quest’ultimo ha organizzato ieri un summit tra leader europei, vertici comunitari e membri Nato, per coordinare gli sforzi del Vecchio continente nel difendere l’Ucraina aggredita e garantire la tenuta di un eventuale cessate il fuoco, qualora dovesse venir stipulato.La sera prima dell’incontro a Lancaster House, la premier italiana ha sentito al telefono il presidente statunitense: “Penso che sia molto, molto importante evitare il rischio che l’Occidente si divida“, ha ragionato ieri dalla capitale britannica, evitando di schierarsi tra quelle che ha chiamato “tifoserie” pro-Trump o pro-Zelensky. Meloni è stata l’unica tra i principali leader europei a non esprimere pubblicamente solidarietà al presidente ucraino dopo l’imboscata di venerdì.La premier italiana Giorgia Meloni e il primo ministro britannico Keir Starmer (foto via Imagoeconomica)Poi la carta diplomatica: “Ho proposto una riunione tra gli Stati Uniti e i leader europei perché se ci dividiamo saremo tutti più deboli”. Un vertice inter-alleato sotto l’egida di Roma e Londra, che sembrano aver trovato un’inedita sinergia e puntano ora a giocare “un ruolo importante nella costruzione di ponti” (Meloni dixit). In materia di difesa, i due governi collaborano già allo sviluppo di un caccia di sesta generazione insieme a Tokyo. Basterà un summit per convincere l’inquilino della Casa Bianca a non abbandonare l’Alleanza nordatlantica? Giusto in queste ore, il suo braccio destro (oramai di fatto una sorta di vicepresidente ombra) Elon Musk ha caldeggiato l’uscita di Washington da Nato e Onu.La sponda di VarsaviaItalia e Regno Unito hanno trovato la sponda importante della Polonia. Varsavia è tra le più ferventi sostenitrici della resistenza ucraina (come Londra ma non come Roma, almeno in termini di risorse finanziarie e asset militari mobilitati), ma insiste sulla necessità di una partnership transatlantica forte. “Noi polacchi siamo sostenitori dell’alleanza più stretta possibile tra la Polonia, l’Europa e l’intero Occidente con gli Stati Uniti“, ha ribadito il primo ministro Donald Tusk ieri, ostentando soddisfazione per l’iniziativa proposta da Meloni a Trump, “visti i loro ottimi rapporti”.Il primo ministro polacco Donald Tusk (foto: European Council)Sulla questione cruciale della sicurezza continentale, la via indicata dal leader polacco è quella della “indipendenza militare e di difesa dell’Europa” rispetto a Washington, purché si tratti di “indipendenza, non isolamento“. Il fantomatico pilastro europeo della Nato, insomma, tanto dibattuto e mai realizzato. Il suo Paese è quello col bilancio per la difesa più ampio tra i 32 membri dell’Alleanza, in termini relativi: le previsioni per il 2025 parlano del 4,7 per cento del Pil.“L’Europa è una potenza“, dice, e “non sarà un’alternativa all’America, ma il suo alleato più desiderabile“. Come chiesto da Trump, “dobbiamo contare su noi stessi”: per farlo, occorre colmare il “deficit di immaginazione e di coraggio” che affligge il Vecchio continente, e attrezzarlo per metterlo nelle condizioni di “difendere i suoi confini” anche autonomamente, senza dover sempre aspettare che lo zio Sam apra l’ombrello. Del resto, è lo Zeitgeist: da Parigi a Berlino, passando per Bruxelles, la parola d’ordine in Europa è “riarmo”. Ma quando persino a Varsavia si parla così, non ci si può più illudere: il mondo che conoscevamo è finito.

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    Starmer non riesce a convincere Trump a impegnare truppe in Ucraina

    Bruxelles – C’è un grande via vai in questi giorni alla corte di Donald Trump. Dopo Emmanuel Macron, ieri vi si è recato per rendere omaggio Keir Starmer, e oggi pomeriggio sarà il turno di Volodymyr Zelensky. Ma “re Donald” non sembra lasciarsi impressionare granché dalle richieste di quelli che dovrebbero essere i suoi alleati più stretti. Così, nemmeno il pellegrinaggio del premier britannico pare aver prodotto risultati concreti. Almeno sul dossier più scottante tra quelli che si affollano sulla scrivania dello Studio ovale: quello del conflitto in Ucraina.Come si conviene ad un vassallo che visita il suo feudatario, così l’inquilino di Downing Street ha varcato la soglia della Casa Bianca assicurandosi di non presentarsi a mani vuote. Tra le regalie offerte al padrone di casa, il primo ministro britannico ha portato anzitutto un invito personale di Sua Maestà re Carlo III a Trump per una seconda visita di Stato nel Regno Unito (dopo quella della regina Elisabetta II nel 2019), un avvenimento “senza precedenti”.A dimostrazione della buona fede di Londra e dell’impegno del suo governo sulla questione sicurezza, Starmer ha poi messo sul tavolo la recentissima decisione di portare il bilancio per la difesa dall’attuale 2,3 al 2,5 per cento del Pil, anticipando al 2027 il target inizialmente previsto per il 2030. Musica per le orecchie del presidente, che fin dal suo primo mandato non si stanca di ripetere che gli europei devono assumersi la responsabilità della sicurezza nel Vecchio continente.The bond between the UK and the US couldn’t be stronger.Thank you for your hospitality, @POTUS. pic.twitter.com/tcAtp2hzCY— Keir Starmer (@Keir_Starmer) February 27, 2025Del resto, quel monito sta venendo preso sempre più seriamente dalle cancellerie di qua dell’Atlantico, come dimostrano i frenetici summit che si susseguono in queste settimane – dopo la doppietta parigina, un terzo vertice è in calendario per dopodomani (2 marzo) a Londra – dedicati proprio al tema della difesa continentale. Qualcuno, come il cancelliere tedesco in pectore Friedrich Merz, immagina addirittura una potenziale alleanza militare europea che possa assumere vita propria rispetto alla Nato.Probabilmente una chimera, almeno nell’immediato futuro. Ma queste fughe in avanti (soprattutto se arrivano da un atlantista incallito come il leader della Cdu) rendono bene la cifra del panico che sta attanagliando l’Europa mentre la nuova amministrazione statunitense procede spedita verso il disgelo con il Cremlino, come dimostrato dai colloqui di Istanbul di ieri tra i diplomatici delle due superpotenze, apparentemente intenzionate a spartirsi (di nuovo) il mondo.Quindi la charme offensive. Il leader britannico si è profuso in lusinghe nei confronti del suo potente (quanto erratico) interlocutore. Seguendo l’esempio offerto lunedì da Macron, anche Starmer si è esibito in un numero di equilibrismo politico. Mostrandosi il più amichevole possibile ma correggendo il tycoon quando quest’ultimo ha ripetuto le osservazioni (false) per cui i Paesi europei avrebbero finanziato Kiev solo tramite prestiti e non, come gli Stati Uniti, con sovvenzioni a fondo perduto. La carota e, se non proprio il bastone, un fuscello gentile.Il presidente statunitense Donald Trump (destra) ospita a Washington il suo omologo francese Emmanuel Macron, il 24 febbraio 2025 (foto via Imagoeconomica)Trump ha “cambiato la conversazione sull’Ucraina”, ha dichiarato davanti alla stampa il primo ministro laburista. Il presidente Usa, dice Starmer, ha aperto “una finestra di enorme opportunità per raggiungere un accordo di pace storico” che ponga fine al conflitto. E ora “vogliamo lavorare con voi” per assicurarci che sia “duraturo”. Ma occorre vedere se tutti intendono la stessa cosa quando parlando di questo fantomatico accordo di pace.Una delle richieste principali del premier britannico – e vero motivo delle regalie – era l’impegno da parte di Washington di fornire una “copertura” (backstop) alle eventuali truppe di peacekeeping europee nell’ex repubblica sovietica. Come Zelensky, Macron e il resto dei leader del Vecchio continente, anche Starmer continua a ripetere che le garanzie di sicurezza di cui Kiev ha bisogno saranno credibili solo se coinvolgeranno anche l’esercito statunitense.Tuttavia, l’impegno delineato da Trump non è esattamente quello che ci si aspetta a Londra, Parigi e Bruxelles. “Avremo molte persone che lavorano” in Ucraina, ha spiegato il tycoon, come conseguenza dell’accordo sulle materie prime critiche che dovrebbe siglare proprio oggi pomeriggio insieme a Zelensky. “È una garanzia di sicurezza“, ha ragionato: “Non credo che qualcuno si prenderà gioco di noi se saremo lì con molti lavoratori”. In fin dei conti, il presidente statunitense si è detto convinto che il suo omologo russo Vladimir Putin “manterrà la sua parola” e rispetterà un cessate il fuoco, quando ne verrà stipulato uno.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: European Council)Ma se ciò non accadesse? Lo zio Sam difenderà i peacekeepers di Sua Maestà, se venissero attaccati? “I britannici sono soldati incredibili”, ha osservato Trump, “e possono prendersi cura di loro stessi“. “Se hanno bisogno di aiuto, io sarò sempre con gli inglesi”, ha poi precisato, ma ribadendo immediatamente che “non hanno bisogno di aiuto“. Non esattamente una rassicurazione per gli alleati europei, che si stanno interrogando sul destino della Nato e sulla deterrenza garantita dall’articolo 5 della Carta atlantica (dove si sancisce il principio della difesa collettiva): “Non credo che avremo motivo” di attivarlo, dice il presidente.Alla fine, dal suo bilaterale, Starmer porta a casa fumose promesse su un futuro accordo commerciale tra Usa e Regno Unito, per rinsaldare la special relationship tra Washington e Londra. Niente di più concreto. Anzi, semmai, l’ennesima conferma che i militari statunitensi non metteranno piede in Ucraina. Ma di questi tempi, in cui gli europei (o meglio i vertici Ue, che Trump ritiene “progettata per ingannare gli Usa“) devono umiliarsi come a Canossa per incontrare qualcuno dell’amministrazione a stelle e strisce, già aver ottenuto udienza alla Casa Bianca è un risultato.

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    Se Washington diventa la Canossa di Kaja Kallas (e dell’Ue)

    Bruxelles – A voler dare ascolto ai maligni, si direbbe che l’approccio della nuova amministrazione statunitense nei confronti degli alleati europei (o presunti tali) sia quello del divide et impera. Donald Trump incontra gli uomini che detengono il potere nei singoli Paesi del Vecchio continente, ma snobba – e fa snobbare ai suoi sottoposti – i vertici delle istituzioni comunitarie. O almeno, appunto, questa è l’impressione che si ha vedendo l’improvviso annullamento del bilaterale tra i capi delle diplomazie Ue e Usa, Kaja Kallas e Marco Rubio.Originariamente in programma per oggi pomeriggio (26 febbraio), l’incontro tra l’Alta rappresentante e il Segretario di Stato – che si erano visti per la prima e unica volta alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco – avrebbe dovuto incentrarsi sulla guerra della Russia contro l’Ucraina e, specificamente, su come coordinare gli sforzi tra le due sponde dell’Atlantico per giungere ad una soluzione negoziata del conflitto. Peraltro, dopo le rivelazioni di ieri sul via libera al famigerato accordo sulle terre rare ucraine, il piatto sul tavolo dei due sarebbe stato ancora più ghiotto.E tuttavia, all’ultimo minuto l’incontro con Marco Rubio (che ieri ha visto l’omologo saudita Khalid bin Salman) è stato annullato “a causa di problemi di programmazione“, come annunciato nel primo pomeriggio di oggi da Anouar El Anouni, il portavoce di Kaja Kallas.I met with Saudi Minister of Defense Prince @kbsalsaud to discuss the importance of the U.S.-Saudi partnership. Strengthening this key relationship is a top priority for the Trump Administration, especially when it comes to working towards our shared interests across the Middle… pic.twitter.com/HKcEOfw11J— Secretary Marco Rubio (@SecRubio) February 26, 2025Non sono al momento disponibili ulteriori informazioni sul genere di problemi che sarebbero occorsi, né sull’eventualità che l’ex premier estone (in visita a Washington fino a domani) possa avere colloqui con altri rappresentanti dell’amministrazione Usa. Tutto quello che si sa è che Kallas vedrà alcuni membri del Congresso per discutere della guerra, nonché lo staff della delegazione Ue, e che parteciperà ad un evento pubblico allo Hudson Institute. Dai portavoce della Commissione, del Consiglio e del Servizio di azione esterna (Seae, la Farnesina dell’Ue) non trapela nient’altro.Il sospetto che ci sia poco di casuale e molto di intenzionale nell’umiliare il capo della diplomazia Ue come in una moderna Canossa è forte. La differenza con la leggendaria vicenda del 1077, quando l’imperatore Enrico IV dovette stare inginocchiato per tre giorni e tre notti sotto la neve fuori dal castello della contessa Matilde per farsi revocare la scomunica da papa Gregorio VII, è che i rappresentanti dei due poteri dell’epoca (temporale e spirituale) erano nemici per definizione, laddove Europa e Stati Uniti dovrebbero essere legati da una solida alleanza. Un’alleanza che però Donald Trump sta dimostrando di non tenere più in considerazione, mentre sembra intenzionato ad allestire una nuova Jalta a lume di candela con Vladimir Putin.Il presidente statunitense Donald Trump (destra) ospita a Washington il suo omologo francese Emmanuel Macron, il 24 febbraio 2025 (foto via Imagoeconomica)Del resto, il tempo per incontrare il suo omologo francese Emmanuel Macron, l’uomo più potente del mondo – libero e non – l’aveva trovato a inizio settimana, e ne troverà dell’altro domani per accogliere il primo ministro britannico Keir Starmer. Due uomini, questi ultimi, che parlano soprattutto in rappresentanza dei rispettivi interessi nazionali (o, al massimo, a nome di un potenziale fronte euro-britannico che però non si è ancora delineato compiutamente all’orizzonte).Ma evidentemente non c’è tempo per incontrare i vertici delle istituzioni comunitarie, forse proprio perché impersonificano quello che Trump non sopporta, cioè una (fragile) unità politica del Vecchio continente. Tanto più se sono critici verso l’approccio muscolare e transazionale del tycoon alle relazioni internazionali. E, forse, il fatto che tre su quattro siano donne aiuta ancora meno.Di recente, Kallas ha espresso più volte la sua netta contrarietà rispetto alle scelte dell’amministrazione Usa sul dossier ucraino. Riguardo alla porta in faccia sull’ingresso di Kiev nell’Alleanza nordatlantica, ad esempio, aveva osservato che “l’adesione alla Nato è la garanzia di sicurezza più forte che ci sia“, lamentando inoltre che “dare (ai russi, ndr) tutto quello che vogliono prima ancora che i negoziati comincino” è niente più e niente meno che “appeasement“. Il riferimento (che riprende uno analogo del presidente ucraino Volodymyr Zelensky) è alla strategia adottata dai leader europei nel 1938, quando a Monaco diedero in pasto ad Adolf Hitler l’allora Cecoslovacchia sperando di saziarne l’appetito espansionista. Quella volta non andò a finire bene.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)L’Alta rappresentante aveva avuto da ridire anche sulle prove tecniche di disgelo tra Washington e Mosca tenutesi a metà febbraio in Arabia Saudita. Dopo quell’incontro (organizzato scavalcando tanto Kiev quanto Bruxelles) tra Rubio e l’omologo russo Sergei Lavrov, peraltro sottoposto a sanzioni dall’Ue, aveva richiamato all’unità gli alleati occidentali dell’Ucraina. Esortandoli a non cadere nelle “trappole” del Cremlino che, ha ammonito, “cercherà di dividerci“. Parole profetiche, suo malgrado.