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    La “mediazione” di Trump in Ucraina non avanza: premia Mosca e penalizza Kiev

    Bruxelles – Tira una brutta aria per l’Ucraina. Negli ultimi giorni, il processo negoziale è parso muoversi lungo due binari paralleli, nettamente separati. Da un lato gli Stati Uniti che dialogano apertamente con la Russia. Dall’altro, l’Ucraina e i suoi alleati europei, che mantengono posizioni più intransigenti ma faticano a trovare un punto di caduta definitivo.Dopo il sostanziale stallo nelle trattative seguito al buco nell’acqua dei colloqui di Riad, Donald Trump ha ora impresso l’ennesima accelerazione ai negoziati tra Russia e Ucraina. L’impressione, tuttavia, è che l’ex repubblica sovietica sia stata messa con le spalle al muro da quello che dovrebbe essere il suo più potente alleato ma che, invece, appare decisamente intenzionato a chiudere la questione il più rapidamente possibile. Anche se questo significa di fatto darla vinta a Mosca.Gioco di sponda tra Mosca e WashingtonQuando, la scorsa settimana, l’inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff è volato in Russia per incontrare Vladimir Putin, avrebbe ottenuto dall’inquilino del Cremlino l’impegno a fermare l’avanzata delle sue truppe, congelando di fatto la linea del fronte. Nello specifico, il presidente russo si sarebbe offerto di “cedere” a Kiev le aree ancora sotto il controllo ucraino nelle quattro oblast’ parzialmente occupate (Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson), rinunciando a completarne la conquista militare. Rinunciando, cioè, a dei territori di cui non dispone e per ottenere i quali non sono bastati tre anni di guerra.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Un’offerta che, a quanto pare, è stata giudicata soddisfacente dall’amministrazione a stelle e strisce. Da giorni, tanto il presidente quanto il suo numero due, JD Vance, minacciano di ritirare Washington dalla mediazione se i due belligeranti non raggiungeranno rapidamente un accordo. “Abbiamo fatto una proposta molto esplicita sia ai russi sia agli ucraini“, ha ribadito ieri (23 aprile) il vicepresidente, “ed è ora che ci dicano ‘sì’ oppure gli Stati Uniti abbandoneranno questo processo”.Proprio l’altro ieri, Putin si è dichiarato disponibile ad intavolare dei negoziati diretti con la controparte, un cambio di tono rispetto alle posizioni rigide mantenute fin qui che ha fatto eco ad un’analoga apertura da parte del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Non è chiaro, tuttavia, se o quando i due leader potranno incontrarsi di persona.Il piano Trump (che non piace a Kiev)Ma la proposta cui si riferisce Vance è piuttosto problematica, per usare un eufemismo. Tanto che la leadership ucraina nega di averne ricevuto notifica formale dalla Casa Bianca. Zelensky ha liquidato le indiscrezioni giornalistiche circolate nelle ultime ore come “segnali, idee, discussioni“, ma nulla di ufficiale. Un modo diplomatico per prendere tempo senza scatenare un’altra scomposta reazione del suo irascibile omologo statunitense, si direbbe. La realtà è che ci sono diversi punti del “piano Trump” che sono semplicemente irricevibili per Kiev.La stringata “offerta finale” del tycoon newyorkese prevede anzitutto il riconoscimento de jure della penisola di Crimea come parte della Federazione Russa, 11 anni dopo l’annessione unilaterale del febbraio 2014. Un secondo elemento è il riconoscimento de facto del controllo di Mosca sulla quasi totalità del Luhansk e sulle porzioni occupate delle altre tre regioni menzionate prima, che la Russia considera proprio territorio dopo il referendum farsa del settembre 2022. C’è poi la promessa che Kiev non aderirà mai alla Nato, mentre rimarrebbe aperta la porta all’ingresso nell’Unione europea.La bozza, che sembra decisamente sbilanciata a favore della Russia, menziona inoltre la rimozione di tutte le misure restrittive imposte contro il Cremlino dal 2014, anche se parrebbero esserci dei mal di pancia all’interno dell’amministrazione Usa rispetto a questo punto. Punto che rimane politicamente controverso e che presenta delle complessità legali non indifferenti, ad esempio quelle legate al fatto che molte sanzioni non sono state comminate unilateralmente da Washington ma a livello di G7.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)Le concessioni che otterrebbe l’Ucraina sono invece più limitate. A Kiev verrebbe assicurata una “robusta garanzia di sicurezza” da parte degli europei e di altri Paesi, anche se il documento rimane vago sull’entità e le regole di ingaggio di tale contingente. Il riferimento più naturale sarebbe alla cosiddetta “forza di rassicurazione” che Parigi e Londra stanno cercando di assemblare con la coalizione dei volenterosi, ma l’unica cosa certa per ora è che non ci sarà il coinvolgimento di truppe statunitensi.Trump sembra intenzionato a prendersi in carico la gestione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa attualmente occupata dai russi, e a vendere l’elettricità prodotta dall’impianto sia a Kiev sia a Mosca. Il testo menziona poi il famigerato accordo sulle materie prime critiche ucraine, che ancora non è stato finalizzato, e propone infine di consentire la libera navigazione lungo il fiume Dnipro, che attualmente segna una parte del fronte tra i due eserciti.Reazioni e controreazioniDi sicuro c’è anche che Zelensky non ha gradito il piano di Trump. Soprattutto il passaggio sulla penisola del Mar Nero, considerata da Kiev una linea rossa invalicabile: “L’Ucraina non riconoscerà l’occupazione della Crimea“, ha ribadito il presidente per l’ennesima volta, spiegando che “è il nostro territorio, il territorio del popolo d’Ucraina, non c’è nulla da discutere“. Accoglienza fredda anche per quanto riguarda l’allentamento del regime sanzionatorio contro Mosca.Una risposta, quella dell’omologo ucraino, che ha irritato l’inquilino della Casa Bianca. In un post condiviso ieri sul suo social Truth, quest’ultimo ha bollato come “molto dannosa” la posizione di Kiev sulla Crimea poiché, dice, la penisola “è stata persa anni fa” quando fu “consegnata” ai russi dal suo predecessore Barack Obama. “Sono le dichiarazioni incendiarie come quelle di Zelensky che rendono così difficile risolvere questa guerra“, ha continuato il tycoon, aggiungendo che la scelta di fronte a Kiev è ora quella tra “avere la pace” e “combattere per altri tre anni prima di perdere l’intero Paese”.“Siamo molto vicini ad un accordo“, ha concluso, “ma l’uomo che non ha carte da giocare dovrebbe finalmente darsi una mossa“, riprendendo le sue stesse parole denigratorie usate contro Zelensky durante il litigio nello Studio ovale di fine febbraio. Le conseguenze sono riverberate anche nella sfera diplomatica. Nella mattinata di ieri, i colloqui previsti a Londra tra i ministri degli Esteri di Stati Uniti, Ucraina, Regno Unito, Francia e Germania sono saltati dopo che il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, e Witkoff hanno annullato all’ultimo la propria partecipazione. Una consultazione è comunque avvenuta, ma ad un livello più basso e “tecnico”.Binari separati?Nel Vecchio continente l’attivismo della Casa Bianca non è accolto positivamente. In un’ulteriore rappresentazione plastica della distanza siderale tra le due sponde dell’Atlantico, l’Eliseo ha risposto al “piano Trump” ribadendo che qualunque soluzione negoziale della crisi russo-ucraina non può prescindere dalla salvaguardia dell’integrità territoriale dell’ex repubblica sovietica, chiudendo di fatto la porta alle ipotesi di riconoscimento della Crimea o di altre regioni come parte della Federazione.Una posizione, quella di Parigi, condivisa anche dall’esecutivo comunitario. “L’Ue non riconoscerà mai la Crimea come russa“, ha dichiarato il capo della diplomazia a dodici stelle, Kaja Kallas, che ha denunciato il recente attacco aereo di Mosca su Kiev come “una presa in giro” degli sforzi per raggiungere la pace. Dal Berlaymont si ribadisce che “l’Ucraina è l’unica che può decidere sulle condizioni per la pace” e che “è cruciale” difenderne “l’indipendenza, l’integrità territoriale e la sovranità”.Quanto al capitolo sanzioni, i Ventisette non intendono allentare le proprie e anzi sono al lavoro su un 17esimo pacchetto di misure restrittive, mentre a inizio maggio dovrebbe arrivare un’ulteriore stretta sulla stipula di nuovi contratti energetici con la Russia nei confronti delle aziende europee. Ma il vero problema è che l’Ue non sta toccando palla nella partita diplomatica per tentare di mettere fine alle ostilità nell’ex repubblica sovietica, bloccata dalle posizioni divergenti degli Stati membri. Da Bruxelles continuano a giungere molte dichiarazioni e qualche stanziamento finanziario, ma poco altro.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: European Council)Del resto, la riprova che i binari politici e strategici su cui si muovono Ue e Usa si sono ormai completamente separati arriva anche dalla notizia che Witkoff è nuovamente in viaggio verso Mosca, per parlare con Putin domani (25 aprile) per la quarta volta in tre mesi. L’inviato speciale di Trump ha dichiarato candidamente che sta sviluppando “un’amicizia” col presidente russo ed è tra i principali fautori della normalizzazione economica e diplomatica tra i due Paesi.Nel frattempo, proprio in queste ore il segretario generale della Nato Mark Rutte è a Washington, dove sta incontrando Rubio, il capo del Pentagono Pete Hegseth e il consigliere della Casa Bianca per la Sicurezza nazionale Michael Waltz. Non sono invece previsti in agenda, per il momento, incontri tra la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il presidente Trump, che saranno entrambi a Roma il prossimo sabato (26 aprile) per i funerali di papa Francesco insieme alle delegazioni di quasi tutti i Paesi del mondo.

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    Se le materie prime critiche ucraine servono di più all’Ue che agli Usa

    Bruxelles – Da mesi si parla di un fantomatico accordo sulle “terre rare” ucraine, che Donald Trump vorrebbe concludere come risarcimento per il sostegno di Washington a Kiev (passato e futuro) e che, dice, il suo omologo Volodymyr Zelensky dovrebbe accogliere come la miglior garanzia di sicurezza per il proprio Paese. Ma di cosa si tratta realmente, e a chi converrebbe realmente mettere le mani sulle ricchezze del sottosuolo dell’ex repubblica sovietica?Lo scorso giovedì (17 aprile), la ministra dell’Economia ucraina Julija Svyrydenko ha annunciato la firma di un memorandum d’intesa con il segretario al Tesoro Usa Scott Bessent che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe costituire un primo “passo verso un accordo di partenariato economico congiunto” più ampio. “È importante riaffermare con i nostri accordi il desiderio del popolo americano di investire insieme al popolo ucraino in un’Ucraina libera, sovrana e sicura”, ha dichiarato, sottolineando che il testo finale del documento dovrà essere approvato sia dal Parlamento di Kiev sia dal Congresso statunitense.We are happy to announce the signing, with our American partners, of a Memorandum of Intent, which paves the way for an Economic Partnership Agreement and the establishment of the Investment Fund for the Reconstruction of Ukraine. pic.twitter.com/AQsHPkWh5X— Yulia Svyrydenko (@Svyrydenko_Y) April 17, 2025Il condizionale rimane d’obbligo, dopo l’agguato teso a Volodymyr Zelensky da Donald Trump e il suo vice, JD Vance, nello Studio ovale a fine febbraio. L’inquilino della Casa Bianca interpreta l’accordo sui minerali ucraini come un risarcimento dovuto al proprio Paese da parte dell’ex repubblica sovietica a fronte dei generosi aiuti – finanziari e militari – elargiti in oltre tre anni di guerra.Kiev e Washington stanno lavorando da mesi per trovare la quadra sui termini dell’intesa, dopo la bocciatura da parte della leadership ucraina di diverse versioni ritenute esageratamente onerose (tanto che alcuni osservatori le hanno definite addirittura “coloniali”). Ora, non è chiaro cosa sia contenuto precisamente nel memorandum, ma si sa da tempo che tra i punti cardine dell’accordo dovrebbe esserci l’istituzione di un fondo d’investimento ad hoc con “proprietà congiunta” tra i due Paesi.L’Ucraina dovrebbe contribuirci col 50 per cento dei proventi derivanti dalla commercializzazione delle risorse minerarie nazionali, e con quei soldi andrebbero finanziati progetti di ricostruzione i quali, è lecito immaginare, prevederanno una sorta di “prelazione” per le aziende a stelle e strisce. L’accesso privilegiato alle ricchezze del sottosuolo ucraino (incluso il petrolio e il gas naturale) assicurato agli Usa costituirebbe inoltre, sostiene Trump, un elemento cruciale delle famigerate garanzie di sicurezza chieste da Kiev per assicurare la sostenibilità di qualunque tregua o pace stipulata con Mosca.Il presidente statunitense Donald Trump (destra) accoglie nello Studio ovale il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Tuttavia, i dettagli tecnici del patto non sono l’unica cosa fumosa. È poco chiaro anche quale sia la reale entità delle risorse ucraine al centro delle trattative, nonché il loro valore commerciale e strategico. La dicitura “terre rare” include 17 minerali ferrosi come l’ittrio, il lantanio, il lutezio e lo scandio. Ma sarebbe più corretto, nel caso dell’accordo Ucraina-Usa, parlare di materie prime critiche, una gamma più ampia di elementi indispensabili ai settori strategici al centro della competizione globale – che si basa sulle batterie per la transizione verde, sul nucleare, sull’industria aerospaziale e della difesa, giusto per citarne alcuni – tra cui si annoverano anche berillio, grafite, litio, titanio e uranio.Il punto è che, come sostengono diversi analisti, l’Ucraina non è così ricca di tali risorse, o quantomeno non particolarmente più ricca di altri Paesi in altre regioni del mondo. Di sicuro, inoltre, non si tratta di risorse sfruttabili nel breve-medio termine: al netto del fatto che la guerra è ancora in corso (e che molti giacimenti si trovano vicini al fronte o addirittura sotto occupazione russa), per individuare ed estrarre i minerali in questione si impiega in media una dozzina d’anni.Nell’ex repubblicano sovietica ci sarebbero importanti depositi di uranio, che però rappresentano solo il 2 per cento delle risorse recuperabili a livello globale (contro il 28 per cento dell’Australia, il 13 per cento del Kazakistan o il 10 per cento del Canada). Si contano poi circa l’1 per cento delle riserve mondiali di titanio e di grafite, ma non sono stati condotti studi approfonditi in epoca recente sulla redditività di una potenziale estrazione, ad esempio, di litio e altre terre rare (la cui presenza è documentata sin dai tempi dell’Urss).Peraltro, l’unica potenza globale per cui risulterebbe effettivamente conveniente sfruttare le riserve ucraine è l’Unione europea, sia per la vicinanza geografica (che accorcia le catene di approvvigionamento) sia per la sostanziale carenza di tali materie prime nel sottosuolo dei Ventisette, cui è molto più complesso sopperire dopo lo smantellamento degli imperi coloniali.Da sinistra: Antonio Costa, Volodymyr Zelensky e Ursula von der Leyen (foto: European Council)Del resto, l’Ue ha in piedi un memorandum d’intesa con l’Ucraina dal 2021, in cui i materiali critici giocano un ruolo primario. E può mettere sul tavolo la prospettiva dell’adesione di Kiev al club a dodici stelle, anche se la Commissione ha messo in guardia rispetto ad eventuali violazioni delle norme comunitarie sulla libera concorrenza nel caso in cui l’accordo con lo zio Sam favorisca sproporzionatamente le imprese statunitensi a scapito di quelle europee.A maggior ragione dato l’approccio di Trump al commercio globale, a Bruxelles farebbe molto più comodo mettere le mani sul tesoretto di Kiev di quanto non servirebbe a Washington, che ha già in casa una quantità non indifferente di risorse minerarie (e di idrocarburi). Semmai, osservano gli esperti, quello che le terre rare forniscono agli Stati Uniti è una giustificazione accettabile – soprattutto nell’ottica della competizione sistemica con la Cina – per la prosecuzione di un impegno militare nel Vecchio continente. Impegno che cozza pesantemente con la politica estera isolazionista sbandierata dal tycoon in campagna elettorale con l’agenda America first.

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    Putin ha aperto a colloqui di pace diretti con l’Ucraina

    Bruxelles – Per la prima volta in oltre tre anni, Vladimir Putin ha segnalato la volontà di intavolare colloqui diretti con Kiev per raggiungere una tregua. Per il momento, tuttavia, in pochi credono alla buona fede dell’inquilino del Cremlino, mentre crescono le pressioni internazionali sulla Casa Bianca per giungere in tempi rapidi alla stipula di un cessate il fuoco sostenibile.Parlando ai media statali ieri sera (21 aprile), il presidente russo ha affermato che la Federazione è disposta a discutere con l’ex repubblica sovietica la possibilità di sospendere gli attacchi reciproci alle infrastrutture energetiche e civili. “Abbiamo un atteggiamento positivo nei confronti di qualsiasi iniziativa di pace“, ha dichiarato, augurandosi “che i rappresentanti del regime di Kiev la pensino allo stesso modo”.Come confermato dal suo portavoce, Dmitry Peskov, “il presidente aveva in mente negoziati e discussioni con la parte ucraina”. È la prima volta che l’inquilino del Cremlino si rende disponibile a intavolare trattative dirette con l’Ucraina dopo aver lanciato l’invasione su larga scala nel febbraio 2022. Nei tempi recenti, si è sempre riferito alla leadership di Kiev come a un “regime nazista“, sostenendo di non voler negoziare col suo omologo Volodymyr Zelensky, ritenuto illegittimo.Il leader ucraino ha ribadito di essere aperto al dialogo, sostenendo che la sua amministrazione è “pronta per qualsiasi conversazione” capace di avvicinare la fine del conflitto. E ha reiterato la proposta, accettata il mese scorso dalla squadra negoziale ucraina sulla base di una proposta statunitense (ma mai presa in seria considerazione dalla parte russa), su una pausa di 30 giorni degli attacchi aerei e delle operazioni navali nel Mar Nero. Rilanciando ulteriormente, Zelensky ha scritto su X che Kiev, col sostegno dei suoi alleati occidentali, è disposta a lavorare per ottenere “un cessate il fuoco incondizionato, seguito dall’instaurazione di una pace reale e duratura“.Now, after Easter, the whole world can clearly see the real issue — the real reason why the hostilities continue. Russia is the source of this war. It is from Moscow that a real order must come for the Russian army to cease fire. And if there is no such firm Russian order for… pic.twitter.com/jS9cTiRQqd— Volodymyr Zelenskyy / Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) April 21, 2025Nel suo intervento di ieri sera, Putin ha inoltre fatto riferimento anche ad una proposta, da lui stesso avanzata qualche giorno prima, per un’interruzione dei combattimenti nei giorni delle festività pasquali. Una tregua limitata che, tuttavia, lo stesso esercito russo non ha rispettato attaccando strutture civili, una settimana dopo il bombardamento su Sumy costato la vita ad oltre trenta persone.Del resto, storicamente gli accordi per la cessazione (parziale o totale) delle ostilità tra Russia e Ucraina non hanno quasi mai funzionato. Dopo dieci anni dalla stipula del memorandum di Budapest nel 1994 – col quale Kiev cedette a Mosca il proprio arsenale nucleare ereditato dall’Urss, in cambio dell’assicurazione che la Federazione avrebbe rispettato l’integrità territoriale dell’ex repubblica sovietica – il Cremlino ha annesso unilateralmente la Crimea per poi sostenere i separatisti filorussi nel Donbass.Da allora, due deboli accordi di pace noti come protocolli di Minsk (siglati nel 2014 e 2015) avrebbero dovuto portare ad una tregua nei combattimenti ma sono stati ripetutamente violati, con entrambe le parti che si sono scambiate accuse a vicenda. Secondo Zelensky, nell’ultimo decennio l’ingombrante vicino ha infranto almeno 25 volte i termini del cessate il fuoco concordati nella capitale bielorussa.Ad ogni modo, a livello internazionale sta crescendo la pressione per giungere il più rapidamente possibile ad una qualche forma di composizione politica della crisi russo-ucraina. Dopo un apparente rallentamento a seguito degli infruttuosi colloqui di Riad, le iniziative diplomatiche si sono moltiplicate di recente con gli incontri di alto livello tra i vertici dell’amministrazione a stelle e strisce e quelli di Francia, Regno Unito e Germania. I quali si sono incontrati a Parigi la scorsa settimana e si riuniranno nuovamente a Londra domani (23 aprile), per discutere con la delegazione ucraina delle prossime mosse.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)Donald Trump, che ha adottato nei confronti di Mosca posizioni decisamente più morbide rispetto al proprio predecessore e dei partner europei, sembra spazientito dalla lentezza delle trattative. Il segretario di Stato Marco Rubio ha ammonito che gli Usa potrebbero fare un passo indietro e abbandonare gli sforzi di mediazione tra i due belligeranti se non si otterranno progressi visibili nel giro di “giorni”, mentre il tycoon newyorkese ha ribadito ieri di vedere “ottime possibilità” di trovare a stretto giro una quadra su un cessate il fuoco.A quanto riferito nelle scorse ore, la Casa Bianca avrebbe elaborato una bozza di piano di pace che prevederebbe, tra le altre cose, il riconoscimento della Crimea come territorio russo de jure e l’impegno dell’Ucraina a non cercare l’adesione alla Nato. Zelensky ripete da tempo che non intende cedere nessuna delle regioni occupate da Mosca e che le garanzie di sicurezza dell’Alleanza nordatlantica sono le uniche possibili per mettere al sicuro l’ex repubblica sovietica.Ma è evidente che l’esercito ucraino non ha alcuna speranza di riconquistare con la forza le aree cadute sotto il controllo nemico, e che la Federazione tratta da una posizione nettamente più forte. Dietro le quinte si starebbe lavorando ad un incontro diretto tra Trump e Putin, anche se per il momento non è stato annunciato nulla di preciso al riguardo.Washington e Kiev sarebbero peraltro sul punto, sempre stando a indiscrezioni mediatiche, di concludere il famigerato accordo sullo sfruttamento delle risorse minerarie e delle materie prime critiche ucraine, la cui ultima versione presenterebbe condizioni più favorevoli all’ex repubblica sovietica rispetto alle precedenti. Ma da oltreoceano rimane ferma la contrarietà ad ogni coinvolgimento militare diretto nel monitoraggio di un’eventuale tregua che venisse raggiunta in Ucraina, con lo zio Sam che si è sfilato da tempo dalle discussioni su una potenziale “forza di rassicurazione” proposta dal presidente francese Emmanuel Macron e il premier britannico Keir Starmer.

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    Ucraina, i Ventisette al lavoro sul 17esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca

    Bruxelles – Mentre la Russia continua a bombardare l’Ucraina, l’Ue non ha ancora trovato la quadra per imporre nuove sanzioni su Mosca, mentre il sostegno a Kiev procede ancora a singhiozzo. Le cancellerie stanno lavorando al 17esimo pacchetto di misure restrittive, che potrebbe essere pronto il mese prossimo, ma le difficoltà maggiori si riscontrano ancora sull’utilizzo dei proventi dai capitali russi congelati.È di almeno 34 morti e oltre 110 feriti il bilancio dell’ultimo attacco russo sulla città ucraina di Sumy, poco distante dal confine con la Federazione, condotto ieri (13 aprile) mentre la cittadinanza era riunita per celebrare la domenica delle Palme, ad appena un paio di giorni dalla visita a Mosca dell’inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff. L’ennesima strage di civili ha aumentato la pressione politica sui ministri degli Esteri dei Ventisette, riuniti stamattina a Lussemburgo, ma non è stata sufficiente per imprimere una svolta decisiva. Il 17esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca è ancora in preparazione e non sarà ultimato prima del mese prossimo, come sottolineato dalla stessa Kaja Kallas.Sanzioni e beni congelati“Tutti gli Stati membri vogliono la pace e tutti appoggiano il cessate il fuoco” accettato dall’ex repubblica sovietica quasi un mese fa, ha dichiarato l’Alta rappresentante (alla sua prima missione nel Granducato). Ma il bombardamento di Sumy “dimostra che i russi non vogliono la pace“, e dunque “l’unico modo per portare la Russia a negoziare è aumentare la pressione“. L’ultimo round di misure restrittive contro la Russia è stato approvato lo scorso febbraio in occasione del terzo anniversario dell’invasione su larga scala dell’Ucraina del 2022.“Stiamo lavorando all’imposizione di sanzioni sul petrolio e sul gas“, ha aggiunto l’ex premier estone auspicando “un pacchetto il più forte possibile“. Stavolta, tra le maglie delle sanzioni potrebbero finire intrappolate anche le navi della cosiddetta “flotta ombra” della Federazione (utilizzata fin qui per aggirare le sanzioni già esistenti) e le importazioni di gas naturale liquefatto (gnl), nonché la società atomica statale Rosatom. Questi, almeno, sarebbero i desiderata dei baltici e degli scandinavi, i più vocali sostenitori dell’Ucraina e i più accaniti detrattori della Russia.Una volta confezionate, ad ogni modo, le nuove misure restrittive dovranno passare per le Forche Caudine dell’unanimità tra le cancellerie. Che, in termini pratici, significa esporle al veto del primo ministro ungherese Viktor Orbán, il cavallo di Troia del Cremlino in seno all’Ue che si è sempre messo di traverso per quanto riguarda il sostegno a Kiev, tanto da far parlare il ministro lituano Kęstutis Budrys di “un’umiliazione per tutti coloro che si impegnano diplomaticamente per fermare questa guerra”.Il primo ministro ungherese Viktor Orbán (foto: European Council)Una questione ancora più spinosa è quella relativa all’utilizzo degli extraprofitti generati dagli interessi sui capitali russi immobilizzati nella giurisdizione dell’Unione (un tesoretto che ammonta a qualcosa come 210 miliardi di euro) per finanziare la resistenza ucraina e la futura ricostruzione del Paese aggredito. La ministra svedese Maria Palmer Stenergard, ad esempio, vorrebbe spingersi fino a sequestrare gli stessi beni congelati.La faccenda è complessa tanto dal punto di vista politico quanto da quello giuridico e in Ue se ne discute da parecchio tempo, ma il tema ha guadagnato nuova urgenza dopo il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, data la prospettiva di una chiusura dei rubinetti a stelle e strisce e l’alleggerimento delle sanzioni a Mosca ventilato recentemente dal tycoon newyorkese.Aiuti militariSul tavolo dei titolari degli Esteri c’erano anche gli aiuti militari a Kiev. “Abbiamo discusso dell’espansione delle missioni già in corso“, ha spiegato il capo della diplomazia a dodici stelle, ma anche di quella “forza di rassicurazione” di cui si sta occupando la coalizione dei volenterosi a egida franco-britannica. In termini finanziari, ha osservato Kallas “quest’anno gli Stati membri hanno già contribuito oltre 23 miliardi di euro”, una cifra superiore a quella versata dai Ventisette nel 2024 (circa 20 miliardi).Ad oggi, ha annunciato, sono stati consegnati circa due terzi dei 2 milioni di proiettili (per un valore totale di 5 miliardi) promessi all’Ucraina dagli Stati membri in quello che resta dell’ambizioso “piano Kallas” da 40 miliardi affossato qualche settimana fa da Italia, Francia e Spagna. L’Alta rappresentante spera di poter arrivare al 100% “nel più breve tempo possibile”.È peraltro di stamattina la notizia che il cancelliere tedesco in pectore, il conservatore Friedrich Merz, sarebbe propenso ad inviare all’ex repubblica sovietica i missili Taurus a lunga gittata, superando il netto rifiuto del Bundeskanzler uscente Olaf Scholz e innescando la risposta del Cremlino che condanna l’ennesima “pericolosa escalation”.Following yesterday’s horrific Russian attack on Sumy, I addressed the EU Foreign Affairs Council online upon @kajakallas invitation.This weekend was Passover and Palm Sunday, and now the Holy Week begins. This should have been a time for peace, but Putin made it a time of… pic.twitter.com/2VVTXzSAPp— Andrii Sybiha (@andrii_sybiha) April 14, 2025Stamattina, il ministro degli Esteri ucraino Andrij Sybiha (collegato da remoto al Consiglio in corso a Lussemburgo) ha invitato i suoi omologhi Ue a recarsi a Kiev in occasione della giornata dell’Europa il prossimo 9 maggio. Da un paio d’anni, l’Ucraina ha anticipato le celebrazioni per la fine della Seconda guerra mondiale dal 9 maggio – data in cui si festeggiava nell’Urss e si festeggia ancora in Russia – all’8, mentre il giorno successivo ricorda la dichiarazione Schuman del 1950 (considerato l’avvio del progetto comunitario) come fanno i Ventisette.Ma sul punto Kallas è stata evasiva: “Ho chiesto a tutti gli Stati membri e alle istituzioni dell’Unione di visitare Kiev quanto più possibile per mostrare la nostra solidarietà”, ha dichiarato ai giornalisti rispondendo ad una domanda sul tema, specificando invece che “non vogliamo che nessun Paese candidato partecipi alle celebrazioni del 9 maggio a Mosca“.

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    Le incomprensioni tra gli alleati di Kiev fanno il gioco di Mosca

    Bruxelles – Mentre l’inviato speciale della Casa Bianca incontra Putin a Mosca, in Europa gli alleati dell’Ucraina continuano a discutere su come garantire il mantenimento della pace nell’ex repubblica sovietica quando si raggiungerà una pausa nei combattimenti. Ma non tutti sono sulla stessa lunghezza d’onda, né tra le due sponde dell’Atlantico e nemmeno, a quanto pare, all’interno del Vecchio continente.Ad esempio, non sembrava esserci grande sintonia questa mattina (11 aprile) tra Kaja Kallas e John Healey, almeno a giudicare dalle riflessioni condivise separatamente dai due con la stampa. L’Alta rappresentante Ue per la politica estera ha sostenuto di non aver ottenuto la “chiarezza” che si aspettava dall’incontro dei ministri della Difesa della coalizione dei volenterosi, tenutasi ieri al quartier generale della Nato a Bruxelles. “Diversi Stati membri hanno opinioni diverse“, ha spiegato l’ex premier estone, “e le discussioni stanno andando avanti”.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: European Council)Un’osservazione che ha spinto il titolare della Difesa britannico a offrire una precisazione qualche ora più tardi: i piani in via di definizione a livello della coalizione sono “reali, sostanziali e in fase avanzata“, ha dichiarato Healey, aggiungendo che “l’Ue non fa parte di tale pianificazione“. In effetti, le redini del gruppo – composto da una trentina di Paesi di cui fanno parte molti membri dell’Ue (ma non tutti), e di cui non fanno parte gli Stati Uniti – sono saldamente in mano a Londra e Parigi.Quanto ai contenuti di tali piani, dalla riunione di ieri sono emersi i quattro punti cardine intorno a cui si dovranno imperniare le operazioni della cosiddetta “forza di rassicurazione” (che non sarà una forza di peacekeeping): sicurezza nei cieli, sicurezza nel Mar Nero, fine dei combattimenti terrestri e rafforzamento delle forze armate ucraine. Queste ultime, ripetono da settimane gli alleati di Kiev, costituiranno l’elemento centrale della deterrenza contro potenziali nuove aggressioni russe.Il principale problema, in questa fase, è che per procedere con la definizione dei dettagli occorre conoscere i termini di un potenziale cessate il fuoco. Mancando quest’ultimo, è difficile per i vertici militari elaborare piani precisi. Inoltre, tutti i “volenterosi” continuano a ribadire la necessità che Washington fornisca un qualche tipo di asset – condivisione dell’intelligence, copertura aerea o addirittura truppe di terra – per garantire ulteriormente il mantenimento della pace, ma finora l’amministrazione a stelle e strisce ha rifiutato categoricamente ogni coinvolgimento militare nell’ex repubblica sovietica.In Brussels today, Defence Ministers and military leaders came together to build the momentum and progress of our Coalition of the Willing.We stand by Ukraine in the fight, and we will stand by Ukraine in the peace. pic.twitter.com/Y0mJkTRH5u— John Healey (@JohnHealey_MP) April 10, 2025Sia come sia, Healey ha presieduto oggi la riunione di un’altra formazione, il cosiddetto Gruppo di contatto per l’Ucraina (altrimenti noto come gruppo Ramstein), che di membri ne conta una cinquantina inclusi gli Usa, anche se il meeting odierno è stato il primo in cui Washington non faceva da padrone di casa (il capo del Pentagono, Pete Hegseth, era collegato da remoto). Al termine dell’incontro, il segretario alla Difesa di Sua Maestà ha annunciato nuovi aiuti a Kiev per un totale di oltre 21 miliardi di euro, definiti “un aumento record nel finanziamento militare per l’Ucraina”.Nel frattempo, in queste stesse ore è arrivato al Cremlino Steve Witkoff – il capo-negoziatore designato da Donald Trump per condurre le trattative tra Washington, Kiev e Mosca (nonostante il suo titolo ufficiale sia quello di inviato speciale per il Medio Oriente) – per incontrare personalmente Vladimir Putin. Prima di atterrare nella capitale della Federazione, Witkoff ha incontrato a San Pietroburgo Kirill Dmitriev, l’inviato di Putin per gli investimenti.L’inviato speciale della Casa Bianca per il Medio Oriente, Steve Witkoff (foto: Mandel Ngan/Afp)Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha dichiarato che durante il faccia a faccia i due “potrebbero discutere” di un prossimo incontro tra Putin e Trump, ma non ha fornito ulteriori dettagli e ha anticipato che dalla visita odierna “non ci si dovrebbe aspettare alcun passo avanti” significativo. Sul suo social Truth, intanto, l’inquilino della Casa Bianca ha scritto che “la Russia deve darsi una mossa“.Le trattative diplomatiche per un cessate il fuoco sono sostanzialmente congelate da quando il presidente russo ha posto una serie di condizioni massimaliste per accettare una pausa nelle ostilità, che di conseguenza non si sono mai interrotte, nonostante Kiev si fosse dichiarata disponibile (in linea di principio) ad una tregua. Sul campo, la situazione volge da tempo a favore dell’esercito di Mosca, al punto che diversi analisti concordano nel ritenere imminente il lancio di una nuova offensiva primaverile da parte della Federazione, per far avanzare ulteriormente la linea del fronte e presentarsi al tavolo negoziale da una posizione ancora più forte.

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    Ucraina, la Nato rimane sospettosa di Putin (e tira per la giacca Trump)

    Bruxelles – Nonostante i proclami sul cessate il fuoco in Ucraina, gli alleati europei di Kiev sono scettici circa la disponibilità del Cremlino di interrompere le ostilità e sedersi al tavolo delle trattative. Sotto i riflettori, per l’ennesima volta, le reali intenzioni della Russia nonché la linea dell’amministrazione a stelle e strisce, percepita come eccessivamente indulgente verso Mosca.Ieri e oggi (3 e 4 aprile), i ministri degli Esteri dei Paesi Nato si sono dati appuntamento al quartier generale dell’Alleanza a Bruxelles per coordinarsi sulla guerra ancora in corso nell’ex repubblica sovietica. Andrij Sybiha, titolare degli Esteri di Kiev, ha ripetuto l’impegno del suo Paese per una “pace duratura e globale”, ribadendo che “abbiamo accettato la proposta statunitense di un cessate il fuoco provvisorio di 30 giorni senza alcuna condizione”. Da Mosca si parla invece “di richieste e condizioni“, ha incalzato, aggiungendo che “la Russia deve fare sul serio per la pace“.Il messaggio, nemmeno troppo velato, condiviso da tutti i partecipanti è lo stesso: Washington non dovrebbe allentare la pressione sul Cremlino – che starebbe cercando di prendere tempo per ottenere un successo militare importante e trattare da una posizione di maggiore forza nei confronti dell’Ucraina – ma, semmai, aumentarla. Il Segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha elogiato diplomaticamente “gli sforzi americani per superare lo stallo”, ma ha sottolineato l’importanza di “assicurarci che quando si raggiungerà un cessate il fuoco o un accordo di pace sia duraturo” e non venga infranto da nessuno dei belligeranti. Tradotto, significa che non si può lasciare carta bianca alla Russia.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)In questa fase, la situazione sul campo appare favorevole alle truppe della Federazione, che starebbero ottenendo successi virtualmente lungo l’intera linea del fronte. Gli incentivi di Mosca per sospendere le ostilità appaiono dunque piuttosto scarsi, e lo sanno anche a Washington: “Continuiamo a dubitare che la squadra di Putin si presenti al tavolo con buone intenzioni“, ha ammesso un funzionario statunitense. Del resto, l’annuncio di una nuova mobilitazione per arruolare 160mila soldati non sembra esattamente una mossa distensiva.“È chiaro che Vladimir Putin non sembra avere alcuna volontà di avviare un cessate il fuoco e di iniziare negoziati di pace”, ha dichiarato il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot. Gli ha fatto eco l’omologo britannico, David Lammy: “Ti vediamo, Vladimir Putin. Sappiamo cosa stai facendo”. Anche per la tedesca Annalena Baerbock quelle del Cremlino sono “parole vuote“.Dopo essersi gloriato per aver convinto, a suo dire, tanto Vladimir Putin quanto Volodymyr Zelensky a sospendere i combattimenti per 30 giorni, il tycoon newyorkese ha aperto ad un alleggerimento delle sanzioni nei confronti della Russia, mentre Kiev ha rifiutato per la terza volta una bozza dell’accordo sulle materie prime critiche che dovrebbe stipulare con Washington.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Recentemente è trapelata anche la notizia che il capo del Pentagono, Pete Hegseth, non parteciperà alla riunione del cosiddetto formato Ramstein (una cinquantina di Paesi che sostengono la resistenza ucraina) in calendario per il prossimo 11 aprile. Sarà la prima volta che i partner di Kiev si incontreranno senza gli Usa.Ora, dopo diversi giorni in cui sul fronte diplomatico nulla sembra muoversi (almeno non in superficie), il segretario di Stato Marco Rubio è venuto a Bruxelles a chiedere agli alleati europei di aumentare le spese per la difesa al 5 per cento del Pil, proprio mentre l’inquilino della Casa Bianca andava allo scontro con le economie del Vecchio continente imponendo dazi sull’import del 20 per cento.

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    Ucraina, Macron annuncia una “forza di rassicurazione” europea

    Bruxelles – Dopo settimane di incontri frenetici tra Londra e Parigi (e online), sembra che la coalizione dei volenterosi sia finalmente riuscita ad elaborare un piano concreto su come intende garantire il rispetto di un eventuale cessate il fuoco e, in prospettiva, il mantenimento della sicurezza nel dopoguerra in Ucraina. Per ora non sono disponibili troppi dettagli, ma al cuore delle discussioni c’è stato il dispiegamento di una “forza di rassicurazione“, aperta alla partecipazione volontaria dei Paesi europei.La riunione di alto livello convocata oggi (27 marzo) a Parigi da Emmanuel Macron e co-presieduta dal primo ministro britannico Keir Starmer si è conclusa nel primo pomeriggio con un’idea più chiara di quello che l’ex repubblica sovietica potrà aspettarsi – e cosa no – dai suoi alleati occidentali una volta terminata la guerra che sta combattendo contro l’aggressione russa.Attorno al tavolo c’erano i leader di 29 Paesi (esclusi gli Stati Uniti ma inclusa la Turchia) più i vertici delle istituzioni Ue e il Segretario generale della Nato, Mark Rutte. Fonti comunitarie riferiscono che i partecipanti rimangono “scettici” riguardo all’effettiva disponibilità della Russia di mettere in pratica il cessate il fuoco parziale che, almeno teoricamente, ha concordato in Arabia Saudita con gli emissari statunitensi.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Nella capitale transalpina, i “volenterosi” hanno discusso di come rendere “operativa e concreta” la proposta franco-britannica di dispiegare in Ucraina una “forza di rassicurazione“, fermo restando che la priorità dev’essere il rafforzamento dell’esercito di Kiev, il quale rimarrà con ogni evidenza il primo e più importante elemento che garantirà la sicurezza dell’ex repubblica sovietica nel lungo termine.Il padrone di casa ha annunciato un piano per schierare le truppe – fornite su base volontaria da “diversi Paesi europei” – in non meglio precisate “località strategiche” quando (e se) verrà stipulato un trattato di pace. Tali truppe dovrebbero fungere da deterrente contro eventuali aggressioni russe, ha spiegato monsieur le Président al termine del vertice. Non si tratterà di peacekeepers, ha precisato l’inquilino dell’Eliseo, in quanto non sostituiranno le forze armate ucraine e, soprattutto, non si posizioneranno in prima linea bensì nelle retrovie, tenendosi pronte a intervenire nel caso di una rottura della tregua.Del resto, era chiaro fin dalla vigilia del summit, durato circa tre ore, che non si sarebbe mai raggiunto un accordo unanime sull’invio di truppe, che rimane un tema particolarmente controverso per molti governi. Ma “non abbiamo bisogno dell’unanimità”, ha sottolineato Macron, riconoscendo i gradi diversi di volontà all’interno della coalizione.Ad esempio, come ampiamente anticipato, la premier italiana Giorgia Meloni non ci sta a mandare soldati in Ucraina a meno che non venga coordinata sotto un più ampio mandato delle Nazioni Unite. Un’idea, quella di Roma, che secondo fonti di palazzo Chigi “si sta facendo spazio” anche tra le altre cancellerie europee. Meloni ha anche ribadito l’importanza di lavorare al fianco della Casa Bianca, auspicando la partecipazione di Washington al prossimo incontro dei volenterosi.La premier italiana Giorgia Meloni (foto: European Council)Si vedrà. Come al solito, intanto, gli Stati Ue si muovono in ordine sparso. Il premier spagnolo Pedro Sánchez caldeggia la creazione di un esercito europeo con truppe provenienti dai Ventisette, mentre la Polonia continua ad aumentare le spese per la difesa e punta ad addestrare l’intera popolazione maschile adulta. Germania ed Estonia starebbero aprendo all’invio di soldati in Ucraina, pur sottolineando che vanno ancora discusse molte questioni. Per quel che riguarda Parigi, Macron ha annunciato ieri sera un nuovo pacchetto di aiuti per Kiev da 2 miliardi di euro.Gli impegni presi dall’Ue riguardano invece le forniture militari e gli aiuti finanziari. Si è parlato dell’invio di 2 milioni di proiettili d’artiglieria di grosso calibro per un valore di 5 miliardi di euro, cioè quello che resta del cosiddetto “piano Kallas” (anche se il nodo dei finanziamenti non è ancora stato sciolto), della partecipazione dell’Ucraina agli appalti congiunti europei promossi dallo strumento Safe – i 150 miliardi messi sul tavolo dalla Commissione nell’ambito del ReArm Europe – e del rafforzamento della missione militare di addestramento Eumam. Nelle casse di Kiev dovrebbero poi arrivare 18 miliardi da Bruxelles, come quota Ue del maxi-prestito G7 da 50 miliardi, nonché altri 17 miliardi da parte dei singoli Paesi membri.The best way to support Ukraine is to stay consistent in our objective to reach a just and lasting peace. This means keeping up the pressure on Russia through sanctions.I will convey this message at today’s Leaders’ meeting on peace and security for #Ukraine organised by… pic.twitter.com/csBYcIbkr1— António Costa (@eucopresident) March 27, 2025Un ulteriore tema che ha tenuto banco nell’incontro odierno è infine quello delle sanzioni contro la Federazione. Parlando accanto all’omologo ucraino durante una conferenza stampa congiunta, il presidente francese aveva sottolineato la necessità di non allentare la pressione su Mosca, come sembra invece intenzionata a fare la Casa Bianca.“La pace attraverso la forza non significa rimuovere le sanzioni“, ha ammonito, osservando che “la loro abolizione dipende unicamente dalla scelta della Russia di rispettare il diritto internazionale”. Semmai, ha aggiunto, quelle in vigore vanno rafforzate. Sulla stessa linea anche il presidente del Consiglio europeo, António Costa, e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, secondo i quali sarebbe un errore cedere alla tentazione di ammorbidire le misure restrittive in questa fase.

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    L’Ue e gli Stati Uniti sono in disaccordo sulla questione delle sanzioni alla Russia

    Bruxelles – Chiedendo di alleggerire parte delle sanzioni occidentali contro Mosca, Vladimir Putin sembra intenzionato a scavare un altro solco tra le sponde dell’Atlantico. Conta sulle aperture di Donald Trump e spera che Washington cominci a fare pressioni su Bruxelles perché ceda soprattutto sulla riammissione delle banche russe nello Swift. Per ora, dal Vecchio continente emerge la volontà di tenere la barra dritta senza cedere ai ricatti del Cremlino, ma siamo solo all’inizio di una partita geopolitica particolarmente delicata.I desiderata di PutinNelle ultime ore si è tornato a parlare con insistenza di sanzioni alla Russia, soprattutto quelle comminate dall’Ue e codificate in 16 pacchetti (l’ultimo adottato in occasione del terzo anniversario dell’invasione su larga scala dell’Ucraina lo scorso febbraio). Con una mossa da manuale, Vladimir Putin ha sparigliato le carte in tavola tirando in ballo, dopo che si erano conclusi i colloqui di Riad con gli Stati Uniti, la questione dell’allentamento di alcune misure restrittive contro Mosca.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)In un comunicato con cui il Cremlino ha dato il suo resoconto dei negoziati, si menzionano una serie di condizioni poste dalla Federazione per rispettare la tregua appena concordata in Arabia Saudita. Tra tali condizioni, soprattutto, l’abolizione delle restrizioni contro la Rosselkhozbank (la banca agricola nazionale) e altri istituti bancari e assicurativi attivi nel commercio di prodotti agroalimentari e fertilizzanti, nonché di quelle contro produttori, esportatori ed armatori, e la loro riammissione sul sistema Swift, dal quale erano stati estromessi nel 2022.Non così in frettaLo Swift è un sistema informatico che collega oltre 11mila istituti in più di 200 Paesi in tutto il mondo, permettendo loro di scambiarsi qualcosa come 50 milioni di “messaggi finanziari” quotidianamente. La sede legale dell’ente si trova a La Hulpe, poco fuori Bruxelles, ed è pertanto sottoposta al diritto comunitario, incluso l’obbligo di rispettare le sanzioni decise dall’Ue.Secondo la vulgata del Cremlino, il ritiro nel luglio 2023 della Federazione dall’accordo sul grano mediato l’anno prima da Turchia e Onu (quell’iniziativa del Mar Nero che ora Mosca sta cercando di rimettere in piedi) sarebbe dovuto proprio al rifiuto degli europei e dell’amministrazione Usa di Joe Biden di ricollegare le banche russe allo Swift. Ma ora che nello Studio ovale è tornato il tycoon newyorkese, Putin ci sta riprovando. E stavolta potrebbe andargli meglio.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)Di là dell’Atlantico si stanno infatti moltiplicando le voci possibiliste circa un eventuale alleggerimento del regime sanzionatorio internazionale contro la Russia, da concedere in cambio di un’entrata in vigore rapida del cessate il fuoco parziale concordato in Arabia Saudita. Trump ha dichiarato che “stiamo esaminando” le condizioni poste da Mosca, tenendo di fatto la porta aperta alle richieste di Putin (come si evinceva già dal comunicato diffuso dalla Casa Bianca dopo i colloqui sauditi). Anche il titolare del Tesoro statunitense, Scott Bessent, ritiene che “tutto sia sul tavolo” e che andrebbe iniziata “una lunga discussione” sulle modalità con cui “riportare la Russia nel sistema internazionale“.Le reazioni europeeIl problema è che non si tratta di decisioni che spettano (solo) a Washington. A Bruxelles, al contrario, c’è ben poco entusiasmo per procedere su questa strada. Tanto la Commissione quanto i Ventisette sembrano intenzionati a seguire la linea della fermezza contro l’aggressore russo. Potrebbe trattarsi del momento tanto agognato dalle cancellerie europee, in cui possono far sentire la loro voce nelle trattative sulla guerra d’Ucraina.Dall’esecutivo comunitario si fa sapere che “una delle principali precondizioni” per rivedere o abolire le sanzioni – una decisione che va presa all’unanimità dal Consiglio ogni sei mesi (e già messa a repentaglio più di una volta dall’Ungheria di Viktor Orbán) – sarà “la fine dell’aggressione russa” e “il ritiro di tutte le truppe russe” dall’ex repubblica sovietica. Le misure restrittive in questione puntano del resto a “massimizzare la pressione” su Mosca: se non fossero efficaci, il Cremlino non ci chiederebbe di rimuoverle, si ragiona al Berlaymont. Del medesimo avviso è anche il presidente del Consiglio europeo, António Costa, oggi a Parigi per partecipare alla riunione della coalizione dei volenterosi.The best way to support Ukraine is to stay consistent in our objective to reach a just and lasting peace. This means keeping up the pressure on Russia through sanctions.I will convey this message at today’s Leaders’ meeting on peace and security for #Ukraine organised by… pic.twitter.com/csBYcIbkr1— António Costa (@eucopresident) March 27, 2025Pure tra gli Stati membri il mood sembra il medesimo. Emmanuel Macron, parlando dall’Eliseo accanto a Volodymyr Zelensky, ha detto chiaro e tondo ieri sera che “non elimineremo le sanzioni“, sostenendo che è ancora “troppo presto” per fare alla Federazione una concessione di questo genere. Per il presidente del Senato ceco, Miloš Vystrčil, accettare di rimuovere le sanzioni prima che Mosca interrompa i bombardamenti “è come se un marito picchiasse la moglie e dicesse che si fermerà solo quando la moglie smetterà di chiedere aiuto“. Sotto la spinta soprattutto di alcuni Paesi, come i baltici, si starebbe anzi lavorando in Ue al diciassettesimo pacchetto di sanzioni.Ma la partita diplomatica è complessa e il rischio di mettere il piede in fallo è dietro l’angolo. A Bruxelles c’è la consapevolezza che quelle di Putin potrebbero essere richieste strumentali, una trappola tesa dall’ex agente Kgb ai Ventisette. Se gli europei iniziano a discutere sul rinnovo delle sanzioni, le divisioni interne ai Ventisette faranno il gioco del Cremlino. Viceversa, se l’Ue dimostrasse unità nella fermezza, Mosca avrebbe una scusa per proseguire le trattative a due, dialogando esclusivamente con la Casa Bianca, poiché avrebbe “smascherato” la malafede degli europei.