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    Salpano verso Gaza le navi italiane della Global Sumud Flotilla. Scuderi: “La popolazione ci ringrazia, i governi si attivino”

    Bruxelles – Dopo giorni di attesa, sciolgono gli ormeggi le decine di imbarcazioni che dall’Italia si uniranno alla Global Sumud Flotilla nel tentativo di rompere il blocco israeliano e consegnare aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Raggiunta da Eunews a Siracusa, l’eurodeputata Benedetta Scuderi, del gruppo dei Verdi, ha raccontato le fasi concitate prima della partenza: “Le persone ci ringraziano, speriamo che i governi si attivino se i nostri diritti verranno violati”.Il primo gruppo di barche, ancorate al porto di Sidi Bou Said, nei pressi di Tunisi, ha issato le vele ieri. Tra loro, le due imbarcazioni colpite da ordigni incendiari lanciati da piccoli droni nelle scorse notti. In un comunicato, gli equipaggi della Flotilla si dicono “ancora più determinati nel portare avanti” la missione dopo questi attacchi intimidatori. Dopo una conferenza stampa  – prevista alle 14:00 – ed un presidio alla marina di Ortigia, sarà il turno di tutte le barche riunitesi in Sicilia nei giorni scorsi da vari porti d’Italia.La Family Boat e altre imbarcazioni della Global Sumud Flotilla ancorate a Sidi Bou Said, Tunisi (Photo by FETHI BELAID / AFP)“Imbarcazioni abbastanza piccole, dagli 11 ai 15 metri, a vela, civili e non commerciali”, che in sostanza “hanno la possibilità di navigare in acque territoriali”, spiega Scuderi. Sulla sua, a bordo saranno in 11. Oltre agli aiuti umanitari caricati ieri al porto di Augusta. “L’obiettivo è quello di far arrivare gli aiuti, c’è la volontà effettiva di creare il corridoio umanitario“, aggiunge. Per questo le due eurodeputate italiane – Scuderi e la dem Annalisa Corrado – e i due parlamentari nazionali – Marco Croatti (M5S) e Arturo Scotto (Pd) – a bordo, hanno chiesto “fin dall’inizio il supporto del governo e del ministero degli Esteri”.Da Roma, finora “quel che è stato detto è stato detto a singhiozzi”, denuncia Scuderi. La premier Meloni ha affermato inizialmente che “tutelerà i cittadini”, il ministro degli Esteri Tajani ha chiesto oggi al suo omologo israeliano, Gideon Sa’ar, di garantire i diritti degli italiani sulla Flotilla. “Siamo ben lontani dalla protezione diplomatica” annunciata da Madrid per i cittadini spagnoli a bordo, ammette l’eurodeputata, ma “spero che il governo si attivi se dovesse succedere qualcosa”.Gli scenari sono diversi, alcuni molto rischiosi, e gli equipaggi ne sono stati messi al corrente prima della partenza. Nel 2010, i militari israeliani avevano aperto il fuoco su un’imbarcazione della Freedom Flotilla e ucciso 10 attivisti. Negli ultimi due tentativi, a giugno e luglio del 2025, le navi Madleen e Handala sono state intercettate e abbordate dalla marina israeliana, e i membri dell’equipaggio trattenuti ed in seguito espulsi da Tel Aviv.Il ministro israeliano per la Sicurezza nazionale, l’estremista religioso Itamar Ben-Gvir, ha avvertito che Israele “tratterà gli attivisti alla stregua di terroristi“. Vuol dire che saranno trattenuti in celle d’isolamento, senza accesso a privilegi speciali come tv, radio e cibo specifico. “È un altro tentativo di intimidazione”, commenta Scuderi, sottolineando che “trattare persone che vogliono portare aiuti umanitari come terroristi sarebbe un comportamento gravissimo”.Pochi giorni fa, un portavoce della Commissione europea ha negato il supporto di Bruxelles alla missione civile, affermando anzi che “azioni di questo genere rischiano di portare a un’escalation”. Ieri, di fronte al Parlamento europeo, per la prima volta dopo due anni di conflitto Ursula von der Leyen ha annunciato che proporrà una sospensione parziale dell’accordo di Associazione Ue-Israele e sanzioni contro i ministri israeliani più estremisti (tra cui Ben-Gvir) . “Un ritardo che non ha giustificazioni“, sottolinea Scuderi, e proposte “inferiori a quanto si dovrebbe fare. Proposte in ogni caso figlie di “tutta la pressione della Flotilla, della mobilitazione dal basso, e di una mozione di sfiducia nei suoi confronti” anche a causa della complicità con Israele.

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    Per la prima volta in quasi due anni, l’Eurocamera voterà una risoluzione sul massacro a Gaza

    Bruxelles – Per la prima volta in oltre 22 mesi, il Parlamento europeo ha calendarizzato per la prossima plenaria una risoluzione su Gaza, dopo quasi due anni in cui sul tema, a Strasburgo, si sono tenuti solo dibattiti senza voto. I gruppi della maggioranza centrista stanno lavorando per definire il testo, che potrebbe ottenere il supporto di altre forze progressiste (pur coi distinguo del caso). Il voto seguirà un dibattito con l’Alta rappresentante Kaja Kallas sulla situazione nella Striscia e il ruolo dell’Ue.Non suona particolarmente rivoluzionaria, ma la notizia segna comunque una novità: dopo aver discusso il tema per oltre 22 mesi con accesi dibattiti nell’emiciclo, l’Eurocamera voterà finalmente la sua prima risoluzione sulla mattanza in corso a Gaza. Un cambio di passo politico che arriva con grande ritardo, e che finora era stato bloccato dalle differenze di vedute dei principali gruppi politici dell’Aula.Ma stavolta sembra essersi registrata una convergenza tra i tre pilastri della maggioranza europeista. Socialisti (S&D), Popolari (Ppe) e liberali (Renew) si sono messi al lavoro su un testo comune che andrà al voto giovedì prossimo (11 settembre), nell’ultimo giorno della sessione plenaria di Strasburgo. I negoziati sono tutt’ora in corso, confermano a Eunews fonti parlamentari, ma dovrebbero portare ad un punto di caduta accettabile per tutti.L’eurodeputato del M5s Danilo Della Valle (foto: Jan Van De Vel/Parlamento europeo)Se per il momento i gruppi centristi preferiscono non sbottonarsi, dalle fila dell’opposizione arrivano prese di posizione più nette. L’eurodeputato del Movimento 5 stelle Danilo Della Valle ha esortato l’assemblea a “lanciare un forte messaggio di pace e solidarietà verso il popolo palestinese“, annunciando che la delegazione pentastellata presenterà degli emendamenti “per chiedere l’embargo di armi a Israele, la sospensione dell’accordo di associazione Ue-Israele e la protezione diplomatica degli attivisti della Global Sumud Flotilla che rischiano il carcere solo perché trasportano generi alimentari negati oggi da Israele a Gaza”.Il gruppo cui appartiene il M5s, la Sinistra (The Left), è da tempo il più vocale dell’emiciclo sullo sterminio dei palestinesi nella Striscia perpetrato dallo Stato ebraico. La co-leader Manon Aubry sta raccogliendo le firme per presentare un’altra mozione di censura dell’esecutivo comunitario a guida Ursula von der Leyen, criticando proprio l’immobilismo di Bruxelles sul dossier mediorientale. Anche da altre forze progressiste dell’Aula ci si aspetta un supporto di principio alla risoluzione, in attesa che venga finalizzato il testo. “Il nostro scopo è sottolineare che, oltre alla crisi umanitaria, è a rischio l’esistenza stessa della Palestina“, ci fanno sapere da un gruppo del centro-sinistra.La risoluzione, che non sarà vincolante, seguirà un dibattito con Kaja Kallas martedì (9 settembre) dal titolo “Gaza al punto di rottura: l’azione dell’Ue per combattere la carestia, la necessità urgente di rilasciare gli ostaggi e di muoversi verso una soluzione a due Stati”. L’Alta rappresentante, il cui ruolo la costringe a fare il parafulmine degli Stati membri senza affidarle alcun potere reale, ha condiviso pubblicamente la sua crescente frustrazione personale nei confronti dell’inerzia dimostrata dalle cancellerie.I Ventisette si muovono in ordine sparso sulla Palestina – 11 di loro la riconoscono già, altri hanno annunciato di volerlo fare a breve (l’ultimo in ordine cronologico è il Belgio), altri ancora rischiano la crisi di governo solo per aver scoperchiato questo vaso di Pandora – e un fronte unitario a livello europeo è pura fantascienza, come evidenziato plasticamente dall’impossibilità di concordare persino una misura cosmetica e simbolica come la sospensione parziale dei fondi Horizon+ destinati a Tel Aviv.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Lukasz Kobus/Commissione europea)Intervenendo ieri (3 settembre) ad un evento pubblico, il capo della diplomazia a dodici stelle ha respinto al mittente “l’accusa secondo cui l’Europa sarebbe inattiva” rispetto al genocidio in corso nella Striscia e al regime di apartheid messo in piedi in Cisgiordania. “Siamo i più attivi su questo tema“, ha risposto, rivendicando come l’Ue sia il primo donatore internazionale per l’Autorità nazionale palestinese (Anp). Ma ha riconosciuto che questo “non è sufficiente a cambiare la situazione sul terreno“, ammettendo che questo le provoca “frustrazione“. In Medio Oriente, concede, “non stiamo usando il nostro potere geopolitico perché non siamo uniti”.Il punto, ha proseguito scaricando il barile sull’alleato transatlantico, è che “se l’America sostiene tutto ciò che fa il governo israeliano, allora la leva che hanno è lì”. Forse Kallas dimentica che c’è un gruppo di Paesi membri, capitanati dalla Germania, che continua a bloccare ogni mossa concreta che possa mettere lo Stato ebraico di fronte alle proprie responsabilità. Le opzioni, teoricamente, sarebbero molte: dalla sospensione dell’accordo di associazione alle sanzioni contro il governo di Benjamin Netanyahu (ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità).Nel gabinetto di Tel Aviv, ministri come Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir inneggiano continuamente all’annessione dei territori occupati e all’espulsione forzata dei palestinesi dalla loro terra, suggerendo di trattare alla stregua di “terroristi” gli attivisti della Global Sumud Flotilla, in viaggio verso Gaza nonostante le difficoltà legate al meteo avverso. E proprio sulla missione internazionale di solidarietà si è finalmente espressa ieri la premier italiana Giorgia Meloni, uscendo dal silenzio delle ultime settimane.La premier italiana Giorgia Meloni (foto: Andrea Di Biagio via Imagoeconomica)Rispondendo ad una lettera aperta della segretaria Pd Elly Schlein – a bordo delle navi umanitarie ci sono anche due eletti del suo partito, l’eurodeputata Annalisa Corrado e il senatore Arturo Scotto, oltre a Benedetta Scuderi (Avs) e Marco Croatti (M5s) – la premier garantisce che “il governo italiano assicura che saranno adottate tutte le misure di tutela e di sicurezza dei connazionali all’estero in situazioni analoghe” e suggerisce alla spedizione di considerare “la possibilità di avvalersi di canali alternativi e più efficaci di consegna” degli aiuti ai gazawi.“Avvalersi dei canali umanitari già attivi”, ragiona Meloni, eviterebbe di esporre gli attivisti “ai rischi derivanti dal recarsi in una zona di crisi e al conseguente onere a carico delle diverse autorità statuali coinvolte di garantire tutela e sicurezza”. Insomma, secondo l’inquilina di Palazzo Chigi la Flotilla farebbe meglio a non cacciarsi nella tana del leone, perché andrà a finire che dovranno scomodarsi le cancellerie.Peccato che sia proprio il vuoto lasciato dalle cancellerie di tutto il mondo che i partecipanti all’iniziativa stanno tentando di riempire coi propri corpi, mettendo a repentaglio la propria incolumità. In passato Israele ha fermato le precedenti spedizioni umanitarie con la forza, bloccandole in acque internazionali e addirittura bombardando i natanti coi droni.

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    La Global Sumud Flotilla naviga verso Gaza, Israele prepara una reazione muscolare

    Bruxelles – Il maltempo non ferma la Global Sumud Flotilla. Seppur con qualche ritardo sulla tabella di marcia iniziale, i partecipanti all’iniziativa transnazionale hanno ripreso il mare e stanno navigando verso le coste di Gaza. Nei prossimi giorni altre imbarcazioni si uniranno alla spedizione umanitaria per fornire sollievo ai palestinesi della Striscia, che Israele sta massacrando indiscriminatamente da oltre 22 mesi. Sui ponti della “flotta resistente” anche diversi politici italiani.Continua ad allargarsi il sostegno internazionale alla missione di solidarietà della Global Sumud Flotilla, la più grande mobilitazione della società civile mai messa in piedi nella storia recente appena salpata alla volta di Gaza. Obiettivo: spezzare il blocco illegale imposto da Israele e aprire un corridoio umanitario marittimo, nel tentativo di far entrare nella Striscia gli aiuti di cui la popolazione palestinese ha un disperato bisogno dopo quasi due anni di bombardamenti incessanti e una carestia creata artificialmente da Tel Aviv.Nelle ultime ore si sono “arruolati” volontariamente svariati politici di diversi Paesi, inclusi quattro italiani. Ci sono le europarlamentari Benedetta Scuderi (Avs) e Annalisa Corrado (Pd), il senatore Marco Croatti (M5s) e il deputato Arturo Scotto (Pd). Con loro anche altri due membri del gruppo della Sinistra all’Eurocamera di Strasburgo, la francese Emma Fourreau e l’irlandese Lynn Boylan (quest’ultimo a bordo di una nave indipendente che monitorerà lo svolgimento delle operazioni).L’eurodeputata di Avs Benedetta Scuderi (foto: Andrea Panegrossi via Imagoeconomica)“Questo governo è complice”, ha denunciato Scuderi additando Palazzo Chigi, rinnovando gli appelli per “fare pressioni” su Benjamin Netanyahu – ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità – e “smettere di inviare armi” a Tel Aviv. L’eurodeputata lamenta peraltro il silenzio di Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen sulla Flotilla: né Roma né Bruxelles hanno offerto alcuna copertura politico-istituzionale agli attivisti, che pure stanno cercando di colmare coi loro corpi un vuoto lasciato aperto dalle cancellerie dell’Europa e del mondo.Corrado invoca la “protezione” del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e sottolinea come nella Striscia non siano morti “solo 65mila esseri umani, in gran parte civili e bambini” ma anche “la democrazia, la fiducia nella politica e nelle istituzioni internazionali, tra silenzi e inazione”. “A Gaza stiamo morendo tutte e tutti noi”, osserva, paragonando la Flotilla ad una “arca di Noè del nostro tempo“.La partenza della Flotilla non è stata delle più semplici. A causa delle condizioni meteorologiche avverse, una trentina di navi con oltre 300 attivisti salpate la notte del 31 agosto da Barcellona sono dovute rientrare nel porto catalano poche ore dopo essersi messe in mare, all’alba del primo settembre. Da lì sono ripartite la sera stessa, ma per una seconda volta nella giornata di ieri (2 settembre) cinque piccole imbarcazioni hanno dovuto tornare indietro per riparare i danni.Le altre 24 hanno proseguito, meno sette che hanno fatto tappa alle Baleari per sostenere ulteriori riparazioni e aspettare i natanti che nel frattempo sono ripartiti da Barcellona. Il convoglio si sarebbe dovuto riunire domani (4 settembre) col resto della Flotilla al largo delle coste tunisine, ma a quanto pare l’appuntamento è stato rimandato al 7 settembre. A quel punto si congiungeranno anche i naviganti salpati da Genova, dalla Sicilia e dalla Grecia per veleggiare tutti insieme verso Gaza. L’organizzazione Emergency ha annunciato che si unirà alla missione con la sua nave Life support.Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (foto: Shaul Golan/Afp)Nel frattempo si intensifica la pressione politica su Israele, anche se continuano a mancare azioni concrete da parte dei governi occidentali per porre fine allo sterminio dei gazawi e assicurare la consegna degli aiuti umanitari nella martoriata exclave costiera. All’Eurocamera di Strasburgo ha raccolto un centinaio di firme la richiesta di interrogazione scritta all’Alta rappresentante Kaja Kallas sulla strage dei cronisti palestinesi a Gaza – oltre 240 dall’ottobre 2023, stando ai dati Onu – avanzata dal dem Sandro Ruotolo, secondo cui “chi colpisce i giornalisti colpisce il diritto a conoscere la verità”.Ieri il Belgio si è aggiunto al novero dei Paesi che si dichiarano pronti a riconoscere lo Stato di Palestina all’imminente Assemblea generale dell’Onu, seguendo le più recenti orme di Francia, Malta e Regno Unito. Solo qualche giorno prima, l’Associazione internazionale degli studiosi di genocidio (Iags) ha certificato che Tel Aviv sta perpetrando il “crimine dei crimini” nella Striscia, come già rilevato dalle stesse ong israeliane.Lo Stato ebraico risponde in maniera muscolare. La marina israeliana ha condotto un’esercitazione nelle acque antistanti Gaza, mentre un numero di droni non identificati sorvola le imbarcazioni della Flotilla, probabilmente per sorvegliarle. Erano senza dubbio israeliani, invece, i droni che hanno colpito le strutture in cui sono stanziati i caschi blu dell’Unifil, così come i velivoli dell’aeronautica di Tel Aviv che nelle scorse ore sono atterrati all’aeroporto militare di Sigonella, dopo aver sorvolato la Sicilia. Quanto agli attivisti della Flotilla, il ministro ultraortodosso della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir li ritiene dei “terroristi” e dice di volerli trattare di conseguenza.

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    Falsa partenza (causa meteo) della Global Sumud Flotilla. Tutti gli occhi su Tel Aviv

    Bruxelles – La Global Sumud Flotilla è dovuta tornare indietro poche ore dopo essere salpata. La gigantesca mobilitazione della società civile internazionale per portare aiuti umanitari alla Striscia di Gaza via mare è partita ieri da diversi porti alla volta dell’exclave palestinese assediata. Dovrebbe arrivare al largo delle coste gazawe tra un paio di settimane, e punta a mantenere alta l’attenzione mediatica per mettere pressione su Israele, che con ogni probabilità impedirà alle imbarcazioni di sbarcare.È partita ieri (31 agosto) la prima parte della Global Sumud Flotilla, una flotta di decine di navi di dimensioni medio-piccole messe in acqua dagli aderenti a quella che potrebbe essere la più grande mobilitazione transnazionale della storia recente, ma è dovuta rientrare in porto poche ore dopo a causa delle condizioni meteorologiche avverse. Non è chiaro, al momento, quando potrà ritentare il mare.Una ventina di navi sono salpate da Barcellona, dove oltre 5mila persone hanno salutato i circa 300 naviganti: non solo marinai ma anche attivisti, giornalisti, avvocati, medici, personaggi pubblici e membri della società civile. Sulle imbarcazioni, tonnellate di aiuti umanitari per i palestinesi della Striscia, intrappolati da oltre 18 anni di assedio illegale dello Stato ebraico, iniziato nel giugno 2007.Tra gli altri c’era anche Greta Thunberg, che figura nel board dell’iniziativa. “La questione riguarda come le persone vengono deliberatamente private dei mezzi di sussistenza più elementari e come il mondo possa tacere“, ha dichiarato la giovane attivista svedese, accusando Tel Aviv di voler “cancellare la nazione palestinese“.Contemporaneamente, da Genova mollavano gli ormeggi altre imbarcazioni con la “benedizione” della sindaca Silvia Salis. La sera precedente, una manifestazione partecipatissima (gli organizzatori parlano di 50mila presenze) ha portato sul lungomare la cittadinanza per l’ennesima dimostrazione di solidarietà coi gazawi vittime dello sterminio. I rappresentanti dei portuali hanno promesso di “bloccare tutto” – riferendosi alle spedizioni per Israele, incluse quelle di armi, che partono regolarmente dalla Liguria – se verrà usata violenza contro la Flotilla.Altre navi sono partite da altri porti del Mediterraneo occidentale e tutte stanno facendo vela verso la zona centrale del Mare Nostrum dove, il prossimo 4 settembre, raccoglieranno ulteriori naviganti da altre località, incluse Tunisia, Grecia e Sicilia, per un totale di circa 50 imbarcazioni con oltre 500 naviganti provenienti da 44 Paesi. Obiettivo: forzare il blocco, o almeno trasmettere in diretta mondiale la risposta israeliana (negli scorsi mesi, Tel Aviv ha fermato diverse spedizioni umanitarie che avevano tentato di raggiungere Gaza, talvolta ricorrendo a metodi pirateschi come attacchi con droni in acque internazionali). L’arrivo era originariamente previsto per metà settembre.Come qualunque iniziativa simile, nemmeno la Global Sumud Flotilla è esente da critiche. Alcuni osservatori ne hanno messo in dubbio la genuinità e l’opportunità, domandandosi se si tratti di un gesto realmente utile – date le probabilità di successo dell’impresa, prossime allo zero, ma anche dati i costi esorbitanti della mobilitazione e una serie di apparenti inefficienze logistiche – o non piuttosto di una spettacolarizzazione mediatica per fornire all’ennesimo slancio del performattivismo occidentale una veste di dignità umanitaria con la quale l’opinione pubblica globale si potrà lavare la coscienza.Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (sinistra) e il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Sia come sia, quel che è certo è che si tratta dell’unica azione concreta attualmente sul tavolo tesa a fermare la carneficina in corso a Gaza e a cercare di mettere all’angolo Benjamin Netanyahu, ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità ma intoccabile fintantoché gode della protezione incondizionata delle potenze occidentali, a partire dagli Stati Uniti.Nessun governo sta esercitando una reale pressione su Tel Aviv affinché ponga fine allo sterminio dei palestinesi (bollato come genocidio dalle stesse ong israeliane, oltre che da un buon numero di giuristi ed esperti), alla pulizia etnica nella Striscia, allo sfollamento forzato, all’apartheid in Cisgiordania, alle violazioni estese e sistematiche dei diritti umani e, in definitiva, allo smantellamento delle fondamenta stesse del diritto internazionale.Quest’ultimo sembra ormai evaporato, cancellato insieme agli edifici rasi al suolo dall’esercito israeliano (Idf), alla carestia creata artificialmente come ai tempi dell’Holodomor, agli assassini di civili, giornalisti e personale sanitario perpetrati con metodi terroristici, alla violenza impunita dei coloni, alle detenzioni extragiudiziali e ai soprusi di ogni genere che il popolo palestinese subisce da decenni, intensificatisi gravemente negli ultimi 22 mesi. Indisturbato, Netanyahu procede nel fare a pezzi la Palestina, dalle demolizioni in Cisgiordania all’assalto su Gaza City tutt’ora in corso, e il suo sodale Donald Trump continua a vaneggiare di trasformare Gaza nella “riviera del Medio Oriente“.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Consiglio europeo)Mentre Tel Aviv starebbe valutando di annettere l’intera zona C – la porzione di Cisgiordania (circa il 60 per cento) che, in base agli accordi di Oslo di trent’anni fa, si trova attualmente sotto il “temporaneo” controllo amministrativo e militare israeliano – come risposta (sic) alle “minacce” di diversi Paesi di riconoscere lo Stato di Palestina all’imminente Assemblea generale dell’Onu, i leader Ue rimangono divisi e in diversi casi rischiano crisi politiche paralizzanti.Non si vede all’orizzonte nemmeno una maggioranza qualificata per una misura cosmetica come la sospensione parziale dei fondi Horizon+ a Israele, come certificato dall’Alta rappresentante Kaja Kallas. “Gli Stati membri non sono d’accordo su come far cambiare rotta al governo israeliano“, ha ammesso il capo della diplomazia comunitaria al termine dell’informale Difesa svoltosi l’altroieri a Copenaghen, dichiarandosi “non molto ottimista” sulla possibilità di fare progressi a stretto giro. Il portavoce della Commissione Thomas Regnier ha rifiutato di commentare su “casi specifici”, rispondendo ad una domanda sulle tecnologie militari vendute da Bruxelles all’Idf per lo sviluppo di droni usati contro i palestinesi.

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    Gaza, la Global Sumud Flotilla tenta di rompere l’assedio per portare gli aiuti umanitari

    Bruxelles – Nell’inazione dei governi di tutto il mondo nei confronti di Israele, tocca alla società civile mobilitarsi e cercare di fermare le atrocità commesse da Tel Aviv nella Striscia di Gaza. A fine mese, decine di imbarcazioni salperanno alla volta dell’exclave costiera, nel tentativo di rompere il blocco navale e far arrivare alla popolazione civile gli aiuti umanitari di cui ha disperatamente bisogno, ma che lo Stato ebraico continua a non lasciar passare.Il prossimo 31 agosto decine di barche e navi provenienti da 44 Paesi prenderanno il mare per raggiungere le coste di Gaza. Alcune partiranno dalla Spagna, mentre altre molleranno gli ormeggi il 4 settembre dalla Tunisia. È la Global Sumud Flotilla, un movimento transnazionale nato dall’unione di tre precedenti iniziative – la Freedom Flotilla Coalition, il Movimento Globale per Gaza e il Maghreb Sumud Convoy – con l’obiettivo di spezzare l’assedio totale con cui Israele cinge la Striscia per terra, mare e aria e consegnare gli aiuti umanitari vitali alla popolazione civile, ormai sull’orlo del collasso.All’appello globale alla solidarietà nei confronti del popolo palestinese lanciato dall’associazone stanno rispondendo decine di uomini e donne dal mondo della politica, dell’attivismo, della cultura e della musica che stanno usando le proprie piattaforme per diffondere il messaggio umanitario dell’iniziativa, oltre a migliaia di cittadini da tutti gli angoli del mondo, inclusi medici, giornalisti e avvocati. “Ogni barca rappresenta una comunità e il rifiuto di rimanere in silenzio di fronte al genocidio“, scrivono i promotori della coalizione internazionale.Anche diversi personaggi pubblici italiani hanno deciso di metterci la faccia e alzare la voce contro i crimini di guerra perpetrati da Tel Aviv, con l’obiettivo di tenere alta l’attenzione mediatica verso l’iniziativa: da Alessandro Gassman a Claudio Santamaria, da Alessandro Barbero a Zerocalcare. Affiancano volti noti a livello internazionale come Greta Thunberg, Mark Ruffalo, Susan Sarandon, Liam Cunningham e molti altri.Anche alla Mostra del Cinema di Venezia, diversi artisti italiani hanno scritto una lettera aperta chiedendo al festival di schierarsi contro il genocidio in corso. Tra i firmatari, nomi di spicco come Carolina Crescentini, Serena Dandini, Fiorella Mannoia, Gabriele Muccino, Alba e Alice Rohrwacher, Pietro Sermonti, Claudio Santamaria, Toni Servillo e Marco Bellocchio.La parola sumud in arabo significa “resilienza“. Una resistenza pacifica, nonviolenta, che fa ricorso alla disobbedienza civile – a cui si può prendere parte non solo tramite la partecipazione diretta a bordo di un vascello, ma in molti modi anche “a distanza” – per ribellarsi contro uno dei crimini più efferati ed abominevoli della contemporaneità. Nel solco di altre iniziative collettive messe in piedi nelle scorse settimane, come il viaggio del vascello Madleen, intercettato dallo Stato ebraico al largo delle coste di Gaza, in acque internazionali (fato toccato anche alla Handala, mentre la Conscience era stata attaccata da droni israeliani).La nave Madleen del collettivo Freedom Flotilla (foto dall’account X della Freedom Flotilla Coalition)E nel nome di un senso di umanità che a quanto pare non è condiviso dai governi mondiali: a partire da quelli europei che tanto amano dipingersi come difensori del diritto e dei diritti, ma che tuttavia non riescono nemmeno a mettersi d’accordo su una misura essenzialmente simbolica come la sospensione parziale dei fondi Horizon+ per Tel Aviv. In alcuni Paesi i governi sono entrati in crisi solo per aver contemplato come argomento di discussione politica il potenziale riconoscimento dello Stato di Palestina.Stato palestinese che, nei fatti, potrebbe presto non poter esistere più, cancellato per sempre dalla mappa. Da un lato, l’ecatombe nella Striscia non sembra conoscere fine. Le operazioni dell’Idf continuano a Gaza City mentre i civili palestinesi vengono assassinati quando tentano di raccogliere il cibo distribuito col contagocce dalle autorità di Tel Aviv (che assoldano influencer per diffondere la propria propaganda e addossare la colpa alle Nazioni Unite).Da oltre 22 mesi, il governo di Benjamin Netanyahu (sul cui capo pende un mandato di cattura spiccato dalla Corte penale internazionale) sta deliberatamente sterminando tramite il combinato disposto di una violentissima campagna militare – bollata come genocidio anche dalle stesse ong israeliane – e di una carestia creata artificialmente per affamare gli oltre 2 milioni di civili ancora rimasti nell’area, come certificato dall’Onu. L’esecutivo di Tel Aviv pare intenzionato a rioccupare permanentemente l’exclave, 20 anni dopo essersi ritirato dall’area.Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (foto: Charly Triballeau/Afp)Stamattina, un bombardamento israeliano presso l’ospedale Nasser di Khan Yunis ha ucciso almeno 20 persone, tra cui 5 giornalisti, con la tecnica del cosiddetto double tap: ad un primo attacco ne fa seguito un secondo contro lo stesso bersaglio, per massimizzare i danni colpendo le squadre di soccorso quando arrivano sul posto. Un metodo barbaro, utilizzato anche dalla Russia in Ucraina: in quel contesto, i governi occidentali si sperticano giustamente per denunciarne l’inumanità. In questo, invece, il loro silenzio è assordante.Dall’altro lato, continua a incancrenirsi pure il regime di apartheid messo in piedi da Israele nella Cisgiordania occupata, dove aumentano le demolizioni (anche di strutture scolastiche finanziate coi soldi europei) e le violenze dei coloni. E dove Tel Aviv potrebbe presto procedere con lo scellerato progetto noto come E1, che collegherebbe l’insediamento di Maale Adumim con Gerusalemme Est, tagliando de facto in due questa porzione di Palestina.