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    Per il Sudafrica Israele “ha commesso e continua a commettere atti di genocidio” a Gaza. Ora tocca alla difesa

    Bruxelles – Un’accusa che parte da molto lontano. Dalla Nakba del 1948, passando per l’occupazione israeliana dei territori palestinesi nella guerra dei sei giorni del 1967, fino alla più recente chiusura della Striscia di Gaza nel 2007. E che si conclude con i numeri sconvolgenti – oltre 23 mila morti – delle vittime dei bombardamenti degli ultimi tre mesi. Per il Sudafrica “Israele ha commesso, sta commettendo e vuol continuare a commettere atti di genocidio contro i palestinesi di Gaza“.Nella prima delle due udienze per stabilire l’ammissibilità del caso che Pretoria ha sottomesso alla Corte Internazionale di Giustizia, il team legale sudafricano ha puntato il dito soprattutto contro l’entità delle devastazioni a Gaza e la retorica “disumanizzante” utilizzata sempre più di frequente da esponenti del governo israeliano di Benjamin Netanyahu. Sono stati otto gli interventi per convincere i 17 giudici de l’Aia, 15 di nomina delle Nazioni Unite e uno per ciascuno Stato contendente, che Israele abbia violato la Convenzione per la prevenzione e repressione del genocidio del 1948.Perché, come sottolineato dal ministro della Giustizia sudafricano, Ronald Lamola, “nessun attacco, per quanto grave, può giustificare una violazione della Convenzione, sia sul piano della legge che della moralità” e “Israele ha oltrepassato questa linea e ha violato la Convenzione sul genocidio”. L’avvocato 87enne John Dugard, uno dei padri costituenti del Sudafrica post-apartheid, ha definito la Striscia di Gaza “un campo di concentramento dove è in corso un genocidio”.Membri della delegazione del Sudafrica (UN Photo/ICJ-CIJ/Frank van Beek)In un documento di 84 pagine, il team legale di Pretoria ha raccolto prove di uccisioni, gravi danni mentali e fisici, evacuazioni forzate, fame diffusa. Della creazione cioè di “condizioni calcolate per provocare la distruzione fisica” del popolo palestinese, ha spiegato l’avvocata Adila Hassim. I palestinesi di Gaza “vengono uccisi nelle loro case, nei luoghi in cui cercano rifugio, negli ospedali, nelle scuole, nelle moschee, nelle chiese”, ha dichiarato Hassim rivolgendosi ai giudici, “il livello di uccisioni è così ampio che i corpi trovati sepolti in fosse comuni spesso non vengono identificati”. Nel suo intervento, il legale Tembeka Ngcukaitobi si è invece concentrato sulla “retorica genocida”, citando le parole del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e del ministro per la Sicurezza Nazionale, Ben Gvir. “Combattiamo contro animali umani” e “Non esistono civili non coinvolti a Gaza”, le due frasi oggetto dell’accusa.Mentre era in corso l’udienza, diversi governi nazionali hanno espresso il proprio sostegno all’iniziativa sudafricana. Oltre ai 57 membri dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica, anche Bolivia, Namibia, Brasile e Cuba hanno dato il loro appoggio, mentre il governo del Cile starebbe già preparando i documenti necessari per aderire alla denuncia contro Israele. Dall’Ue, dopo che la vicepremier del Belgio, Petra De Sutter, ha dichiarato che proporrà al governo belga di “agire presso la Corte internazionale di giustizia, seguendo l’esempio del Sudafrica, anche la Slovenia ha pubblicamente sostenuto Pretoria. Parole di elogio sono arrivate anche da grandi organizzazioni che difendono i diritti umani nel mondo, come Human Rights Watch e Actionaid.Dall’altra parte, gli Stati Uniti hanno già definito il procedimento presso la Corte de L’Aia “controproducente e completamente privo di fondamento“. Giudizio rilanciato anche da Germania e Italia, con la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che ha chiarito che dal punto di vista di Berlino quella di Israele “è autodifesa, non genocidio”, e il vicepremier Antonio Tajani che ha glissato affermando che “genocidio è altro”.L’avvocato inglese Vaughan Lowe ha specificato in aula che “in questa fase non è necessario determinare se Israele abbia o meno agito contrariamente ai suoi obblighi verso la Convenzione“, ma è quanto più necessario imporre “urgenti misure cautelari“. Oggi (12 gennaio) è il turno della difesa di Israele, che verosimilmente si concentrerà sul tentativo di dimostrare di aver messo in campo quante più precauzioni possibili per distinguere gli obiettivi militari dalla popolazione civile.La delegazione israeliana a l’Aia (UN Photo/ICJ-CIJ/Frank van Beek)In una nota diplomatica, Israele ha ribadito di impegnarsi a operare “in conformità con il diritto internazionale“, dirigendo le sue operazioni militari a Gaza “esclusivamente contro Hamas e altre organizzazioni terroristiche”. È Hamas che “utilizza la popolazione palestinese come scudi umani” e a tal fine ha “deliberatamente costruito la sua infrastruttura del terrore intorno e sotto ospedali, scuole, moschee e altri siti civili”.In base a quanto scritto nel comunicato, Israele cercherà inoltre di ribaltare l’accusa di genocidio: “Hamas è impegnato nel genocidio del popolo ebraico” e il suo statuto “invita allo sterminio degli ebrei”. Per questo, in definitiva, “diffamando Israele in un momento in cui si sta difendendo da coloro che cercano di annientarlo, il Sudafrica si è reso criminalmente complice di un’organizzazione terroristica e genocida“.

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    Israele, giovedì 11 a l’Aia la prima udienza sul possibile genocidio in corso a Gaza

    Bruxelles – La questione è complessa, potrebbe richiedere parecchio tempo. A partire da domani (11 gennaio), quando prenderà il via il procedimento immediato invocato dal Sudafrica presso la Corte di Giustizia Internazionale de l’Aia (ICJ), per stabilire se Israele si sta macchiando del crimine di genocidio con la sua azione militare nella Striscia di Gaza.L’accusa di Johannesburg, giunta a l’Aia lo scorso 29 dicembre, sostiene che Israele avrebbe violato la Convenzione sul genocidio, trattato internazionale approvato dall’Assemblea generale dell’Onu nel 1948 e ratificato da Tel Aviv nel 1950. La convenzione, che conferisce all’ICJ – il massimo organo giuridico delle Nazioni Unite – la giurisdizione per pronunciarsi sulle controversie sul trattato, definisce il genocidio come gli “atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”.Nella documentazione di 84 pagine depositata alla Corte si legge che “gli atti e le omissioni di Israele denunciati dal Sudafrica sono di tipo genocida perché volti a provocare la distruzione di una parte sostanziale del gruppo nazionale, razziale ed etnico palestinese“. Un’accusa pesante, formulata alla luce delle ormai 23 mila vittime dei bombardamenti su Gaza, di cui il 70 per cento donne e bambini. E su diverse ricostruzioni che hanno rivelato che negli ultimi mesi l’esercito israeliano ha sganciato oltre 200 bombe particolarmente distruttive in zone della Striscia che in precedenza aveva indicato come sicure, e dove aveva quindi suggerito ai civili di rifugiarsi.Per arrivare a una sentenza potrebbe volerci molto tempo, a causa dell’impossibilità di accedere alla Striscia di Gaza e portare avanti indagini indipendenti. Israele ha immediatamente “rifiutato con disgusto” le accuse “senza fondamenti fattuali e legali” del Sudafrica, forte del sostegno americano, secondo cui il procedimento è “controproducente e completamente privo di fondamento“. Ma i 57 membri dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica e alcuni altri governi nel mondo – la Bolivia, la Namibia – hanno sposato l’accusa a Israele.A loro potrebbe presto aggiungersi il Belgio: ieri la vicepremier Petra De Sutter ha dichiarato in un tweet che “il Belgio non può restare a guardare l’immensa sofferenza umana a Gaza” e che è necessario “agire contro la minaccia di genocidio”. De Sutter ha assicurato che proporrà al governo belga di “agire presso la Corte internazionale di giustizia, seguendo l’esempio del Sudafrica“. Una goccia nel mare di indifferenza dei 27 Paesi dell’Ue, che per ora hanno preferito non prendere posizioni nette. Mentre da Bruxelles, il portavoce della Commissione europea Peter Stano ha commentato che “l’Ue supporta l’operato dell’ICJ” ma “non fa parte di questa causa, non spetta a noi commentarla, è ancora un caso in corso“.Raggiunto da Eunews, Stano ha spiegato che “l’Ue non è e non può essere parte o intervenire in un cosiddetto ‘caso controverso’ davanti alla Corte internazionale di giustizia”, cioè un caso che rappresenta una disputa legale tra Stati. Sono gli Stati membri dell’Ue, in quanto Stati parte della Convenzione sul genocidio, ad avere la possibilità di intervenire. “Al momento non ci risulta che nessuno Paese membro abbia espresso l’intenzione di farlo”, ha concluso il portavoce dell’esecutivo Ue.

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    Ratko Mladic, condanna definitiva all’ergastolo per il boia di Srebrenica. L’UE: “Opportunità per riconciliazione in Bosnia”

    Bruxelles – Ora la condanna è definitiva, non ci sono più possibilità di ricorso. Ratko Mladić, il comandante militare dei serbo-bosniaci durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina del 1992-1995, dovrà scontare l’ergastolo per crimini di guerra e contro l’umanità. Lo ha stabilito oggi (martedì 8 giugno) il Meccanismo residuale per i Tribunali Penali Internazionali (IRMCT) – tribunale delle Nazioni Unite dell’Aja che nel 2017 ha preso il posto del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia (ICTY) – confermando in appello la sentenza di primo grado emessa nel novembre di quattro anni fa.
    Commemorazione delle vittime del massacro di Srebrenica al Memoriale di Potočari (2015)
    Il “macellaio della Bosnia” è stato riconosciuto colpevole per 10 capi d’accusa: quattro per crimini di guerra, cinque per crimini contro l’umanità e di un genocidio, il massacro di Srebrenica. Proprio per il suo “importante contributo” nel genocidio del luglio del 1995, Mladić è anche conosciuto con il soprannome di “boia di Srebrenica”. Su suo ordine, le truppe serbo-bosniache da lui comandate uccisero più di ottomila civili musulmani nella città della Bosnia orientale, tutti i maschi adulti e adolescenti.
    Stando alla sentenza, l’ultimo criminale di guerra eccellente giudicato dalla giustizia internazionale (prima di lui era toccato al presidente della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina dal 1992 al 1996, Radovan Karadžić) è stato responsabile di operazioni di pulizia etnica, sterminio, deportazioni, atti disumani di dislocamento forzato, uccisioni, infrazioni delle leggi di guerra, attacchi contro i civili, presa in ostaggio dei Caschi Blu dell’ONU e terrore contro i civili di Sarajevo, durante l’assedio più lungo del Novecento (durato quasi quattro anni consecutivi).
    Il commento da Bruxelles
    Immediata la reazione delle istituzioni europee, non solo sulla condanna di Mladić, ma soprattutto sugli scenari che possono aprirsi in Bosnia ed Erzegovina. “La sentenza definitiva pone fine a un processo-chiave per crimini di guerra nella storia recente dell’Europa“, hanno commentato attraverso una nota del Servizio europeo per l’azione esterna l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi. “Questo giudizio contribuirà alla guarigione di tutti coloro che hanno sofferto”.
    Dal punto di vista del processo di pacificazione sociale, “la decisione odierna è un’opportunità per i leader della Bosnia ed Erzegovina e della regione di aprire la strada per onorare le vittime e promuovere un ambiente favorevole alla riconciliazione“, con l’obiettivo di “superare le eredità della guerra e costruire una pace duratura”. Borrell e Várhelyi hanno insistito sul fatto che “la negazione del genocidio, il revisionismo e la glorificazione dei criminali di guerra contraddicono i valori europei più fondamentali“.
    Per questo motivo, “l’Unione si aspetta che tutti gli attori politici in Bosnia ed Erzegovina e nei Balcani occidentali dimostrino piena cooperazione con i tribunali internazionali e rispettino le loro decisioni“. Questo è un “prerequisito per la stabilità e la sicurezza” del Paese e per il suo cammino europeo, dal momento in cui compare anche tra le 14 priorità-chiave sulla domanda di Sarajevo per l’adesione all’Unione Europea. I due membri del gabinetto von der Leyen hanno infine insistito sul fatto che i tribunali bosniaci e della regione “devono continuare la loro missione di fornire giustizia a tutte le vittime e ai loro familiari”, perché “l’impunità non è tollerata“.
    Un commento alla sentenza è arrivato anche dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel: “È un altro passo importante per garantire giustizia alle vittime”, ha commentato su Twitter. “Ci aiuterà tutti a lasciarci alle spalle il doloroso passato e a mettere il futuro al primo posto“, ha aggiunto, usando l’hashtag in ricordo del massacro di 26 anni fa.

    The final ruling by the international tribunal in the case against Ratko Mladić is another important step to provide justice to the victims.
    It will help us all put the painful past behind us and to put the future first. #SrebrenicaMassacre pic.twitter.com/N4NJVXIJ8n
    — Charles Michel (@eucopresident) June 8, 2021

    Confermato in appello l’ergastolo per il comandante serbo-bosniaco responsabile di crimini contro l’umanità durante il conflitto del 1992-1995. Bruxelles avverte che “negazionismo e revisionismo contraddicono i valori europei”

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    Violazioni dei diritti umani a Hong Kong e sugli uiguri: Borrell e Parlamento condannano la Cina

    RT : 🇩🇪Pour Angela Merkel qui a pris aujourd’hui la présidence du Conseil de l’Union européenne 🇪🇺on est encore loin d’un acco… RT : Comme le disait Claude Cheysson, ministre des Affaires étrangères de François Mitterrand, en décembre 1981 lors du coup d’Et… RT : Bachelot disruptive. “j’entends un syndicaliste médecin se plaindre : “je […]