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    Dai leader Ue probabile appello per una “pausa umanitaria” a Gaza. Borrell: “Obiettivo meno ambizioso di un cessate il fuoco”

    Bruxelles – La richiesta di un cessate il fuoco tra Israele e Hamas è troppo divisiva. Ma i 27 sono d’accordo “con l’idea di una pausa umanitaria, come qualcosa che permetta agli aiuti internazionali di entrare” a Gaza e di essere distribuiti alla popolazione ormai allo stremo. L’ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, al termine del vertice a Lussemburgo con i ministri degli Esteri dei Paesi membri. La palla passa ai capi di stato e di governo, che si incontreranno a Bruxelles tra pochi giorni, giovedì 26 ottobre.Le parole di Borrell trovano conferma nella bozza delle conclusioni del vertice dei leader, visionata da Eunews: “Il Consiglio europeo sostiene l’appello del segretario generale delle Nazioni Unite Guterres per una pausa umanitaria al fine di consentire un accesso umanitario sicuro e l’arrivo degli aiuti a chi ne ha bisogno”. Il documento sarà nuovamente discusso dai rappresentanti permanenti dei 27 al Coreper prima del Consiglio europeo, ma il capo della diplomazia europea non prevede intoppi su un punto che è già un compromesso. Perché qualche Paese, in prima linea la Spagna, in mattinata aveva invocato un obiettivo più ambizioso. “Questo è il momento di un cessate il fuoco. Questo è il momento di fermare la violenza a Gaza e in Israele e di guardare avanti”, ha dichiarato il ministro di Madrid, José Manuel Albares, prima di incontrare i suoi omologhi.Ma per la maggior parte dei 27 vale un’altra linea, sintetizzata dal ministro degli esteri italiano, Antonio Tajani. Una linea per cui il cessate il fuoco equivale a negare il diritto di Israele a difendersi, ma “non possiamo dire a Israele di non difendersi mentre Hamas continua a lanciare missili contro le città”. Quello che si può fare, è insistere per una pausa umanitaria. Anche se per il ministro degli Esteri dell’Irlanda, Micheal Martin, “Pausa umanitaria o cessate il fuoco sono intercambiabili”, in realtà il loro significato politico e i risvolti pratici sono differenti. “Al vertice de il Cairo il segretario dell’Onu ha parlato di cessate il fuoco, che è certamente molto di più di una pausa. Una pausa è una pausa: un’interruzione che più avanti riprenderà, è un obiettivo meno ambizioso“, ha ammesso Borrell.Il capo della diplomazia europea ha però messo in chiaro che gli aiuti umanitari che Israele ha lasciato entrare finora a Gaza dal varco di Rafah non sono sufficienti. “Prima della guerra entravano cento camion al giorno, ora si parla di venti – ha commentato -, e i bisogni sono molto maggiori”. Ma non è solo una questione di “velocità e quantità”: i ministri dei 27 sono d’accordo sul fatto che “gli aiuti debbano includere il combustibile necessario per far funzionare gli impianti di desalinizzazione dell’acqua e la produzione di energia elettrica”. Cosa che Israele sta vietando. Duro anche il commissario Ue per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, secondo cui “la quantità non deve essere decisa in modo arbitrario, ma dai bisogni” e “deve poter andare in tutti i posti in cui c’è gente che ha bisogno”. Perché Tel Aviv sta cercando di limitare la distribuzione degli aiuti al sud della Striscia, in modo da forzare chi ancora non si è spostato dal nord a mettersi in marcia. “Non c’è necessità solo di cibo, acqua e medicine, ma particolarmente di carburante, perché senza gli ospedali non possono funzionare”, ha sottolineato Lenarčič.Nelle conclusioni del Consiglio europeo su cui stanno lavorando i diplomatici dei 27, nel capitolo relativo al Medio Oriente si dice anche che l’Ue “ribadisce il bisogno di evitare un escalation regionale impegnandosi con i partner, inclusa l’Autorità Palestinese”, per “ridare vigore ad un processo politico sulla base della soluzione a due stati“. Un obiettivo indicato anche da Borrell, che ha fatto mea culpa: “Sono trent’anni che ne parliamo e ogni volta sembra che ci si allontani, nella misura in cui il numero dei coloni israeliani nei territori della Cisgiordania si è triplicato dalla firma degli accordi di Oslo”. È ora di rilanciare il processo politico e le aspirazioni legittime del popolo palestinese. A due settimane dai terribili attacchi di Hamas a Israele, anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha ritenuto opportuno riallacciare i contatti con l’Autorità Nazionale palestinese: in una telefonata al presidente Mahmoud Abbas ha espresso le proprie condoglianze per i civili vittime dei raid israeliani e gli ha assicurato il supporto per una soluzione che preveda la creazione di uno stato legittimo palestinese.
    Nella bozza del Consiglio europeo il “sostegno all’appello del segretario generale delle Nazioni Unite Guterres” per l’accesso sicuro e la distribuzione degli aiuti umanitari. Von der Leyen chiama il presidente palestinese Abbas per rilanciare il processo politico verso la soluzione a due stati

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    Von der Leyen sostiene l’ordine israeliano di evacuare Gaza. L’Onu chiede di revocarlo: “Sarebbe un disastro”

    Bruxelles – “So che la risposta di Israele dimostrerà che è una democrazia”. Con queste parole, pronunciate da Tel Aviv mentre a Gaza più di un milione di persone in condizioni disperate devono decidere se lasciare la propria casa o restare, Ursula von der Leyen ribadisce la posizione ufficiale della Commissione europea: Israele ha il diritto di difendersi, senza se e senza ma.Nel suo discorso al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, nessun riferimento al taglio dei beni di prima necessità imposto alla popolazione di Gaza, in violazione del diritto internazionale umanitario. Nessun accenno alle oltre 1.800 vittime – e 6 mila feriti- dei bombardamenti israeliani sull’enclave palestinese. La presidente della Commissione europea, in Israele oggi (13 ottobre) insieme alla numero uno dell’Eurocamera, Roberta Metsola, ha dichiarato ancora una volta che “l’unico responsabile per quello che sta accadendo è Hamas”. Ed è solo a causa delle azioni terroristiche palestinesi che ora Gaza sta vivendo l’inferno.Ursula von der Leyen e Roberta Metsola al kibbutz di Kfar Azza, dove Hamas ha massacrato oltre 100 civili israelianiMa sull’ordine di evacuazione emanato dalle autorità israeliane ieri sera, è scontro con il capo della diplomazia europea, Josep Borrell. Da un lato il portavoce dell’esecutivo Ue, Eric Mamer, ha avallato l’azione di Tel Aviv perché “i civili devono essere avvertiti su operazioni militari in arrivo, così da poter andare via, e questo è quello che Israele ha fatto”. Dall’altro l’Alto rappresentante Ue, in una conferenza stampa a Pechino con il ministro degli Esteri cinese, ha definito “sicuramente irrealistica” l’idea che “un milione di persone possa spostarsi in 24 ore”. Borrell si è schierato ancora una volta con il segretario generale delle Nazioni Unite, rilanciando il suo appello a revocare l’ordine di evacuazione, che “potrebbe trasformare quella che è già una tragedia in un disastro”.All’allarme lanciato da Antonio Guterres e Josep Borrell si è unito anche il Norwegian Refugee Council, organizzazione umanitaria attiva sul territorio: “La richiesta militare israeliana che 1,2 milioni di civili nel nord di Gaza si trasferiscano nel sud entro 24 ore, in assenza di qualsiasi garanzia di sicurezza o ritorno, equivarrebbe al crimine di guerra di trasferimento forzato”, è la denuncia che arriva dall’Ong, secondo cui “ci sono innumerevoli persone nelle zone settentrionali che non hanno i mezzi per trasferirsi in sicurezza sotto la costante raffica di fuoco” israeliano.Ma per Metsola e von der Leyen, definite dal presidente di Israele Isaac Herzog due “grandi combattenti per la moralità, la dignità e i diritti umani”, la comunità internazionale sta prendendo un abbaglio. Perché quello che sta succedendo a Gaza è che “Hamas sta usando i civili come scudi umani, bloccandoli e non permettendogli di andarsene, per proteggere le sue vili intenzioni militari”. Per questo le Nazioni Unite dovrebbero sostenere “con chiarezza l’immediata rimozione dei civili in un’altra area in modo che si possa continuare a combattere per lo Stato di Israele sotto la legge internazionale”, ha chiesto Herzog in una dichiarazione con le due leader Ue.Palazzi sventrati dai bombardamenti israeliani a Gaza (Photo by Yahya HASSOUNA / AFP)Una risposta esplicita l’ha data il ministro degli Esteri cinese, Yi Wang, durante il punto stampa a Pechino con Borrell. “La Palestina è in una situazione umanitaria critica, che si sta rapidamente deteriorando. La Cina condanna tutti gli atti che colpiscono i civili contro le leggi internazionali”, ha dichiarato Wang. Il messaggio che arriva dalla Cina, membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu, è chiaro: “Tutti i Paesi terzi rilevanti devono mantenere la calma, rimanere oggettivi e giusti, lavorare per la de-escalation e evitare di causare maggiore spargimento di sangue”.Metsola e von der Leyen hanno portato in Israele la posizione delle istituzioni a cui fanno capo, ma a ben vedere non è proprio così. Dall’Eurocamera la leader dei Socialisti e democratici (S&d), Iratxe Garcia Perez – che fa parte della cosiddetta “maggioranza Ursula” – si è unita all’appello della comunità internazionale, definendo l’evacuazione di Gaza “pericolosa e irrealistica“. Anche nel gabinetto von der Leyen non sono tutti d’accordo: sta con Borrell il commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, che ha ribadito con un tweet che “i civili devono essere protetti” e che “le infrastrutture critiche non devono essere colpite”.Sicuramente le due leader non parlano a nome della terza istituzione dell’Unione europea: rispetto alla commemorazione di due giorni fa per le vittime israeliane di Hamas, oggi a Tel Aviv non era presente con loro il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Non erano presenti i 27 Paesi Ue.
    Da Pechino l’Alto rappresentante Ue Borrell rilancia l’appello delle Nazioni Unite: è “sicuramente irrealistico pensare che un milione di persone possano spostarsi in 24 ore”. Ma dalla Commissione europea l’ok a Israele che “ha avvertito i cittadini dell’operazione militare in arrivo”

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    L’inconsistenza dell’Unione europea in Medio Oriente e quella difficoltà a condannare l’assedio di Gaza

    Bruxelles – Sono passati ormai sei giorni dall’attacco terroristico senza precedenti sferrato da Hamas a Israele la mattina di sabato 7 ottobre e le ostilità continuano a crescere. Sarebbero già 1.200 le vittime israeliane, oltre 1.400 i morti a Gaza, in cui secondo le stime delle Nazioni Unite i raid di ritorsione di Tel Aviv avrebbero già causato 339 mila sfollati. Da entrambe le parti, chi sta pagando il prezzo più alto è la popolazione civile. L’Unione europea si è immediatamente schierata a fianco dell’amico e partner israeliano, “l’unica democrazia del Medio oriente”, e contro la barbarie del gruppo terrorista islamico. Ma è difficile non rilevare diverse criticità nell’atteggiamento che Bruxelles ha assunto di fronte al riaccendersi del conflitto israelo-palestinese.Prima di tutto, come ha sottolineato il diplomatico francese ed ex segretario generale del Servizio europeo d’azione esterna (Eeas), Pierre Vimont, la diplomazia europea “negli ultimi anni sta progressivamente scomparendo dalla geopolitica della regione”. Il lungo elenco di richiami ad Israele a porre fine alla politica degli insediamenti illegali e di appelli alla de-escalation a entrambe le parti è rimasto inascoltato. “Oggi, l’Europa è troppo emarginata nella regione per sperare di far sentire la propria voce nel contesto dello scontro in corso”, prosegue Vimont nel suo editoriale per Carnegie Europe. E infatti per ora nessuna iniziativa è stata lanciata dai 27, la cui linea comune sul conflitto può essere riassunta con la frase “Israele ha il diritto di difendersi”.Pierre Vimont (Photo by NICHOLAS KAMM / AFP)Un principio sacrosanto, ma che d’altra parte palesa la mancanza di volontà e di autorità per mediare tra le parti. Se a questo si somma la confusione manifestatasi negli ultimi due giorni in seguito all’annuncio del commissario europeo, Olivér Várhelyi, di una sospensione totale di ogni assistenza Ue al popolo palestinese, senza distinzione tra Striscia di Gaza e Cisgiordania, seguita da una forte opposizione da parte di diversi Stati membri , “è una chiara indicazione delle profonde divisioni all’interno dell’Unione”, scrive ancora l’esperto diplomatico francese.Se la polemica sui fondi europei per la popolazione palestinese sembra essere rientrata – con non poco imbarazzo -, con la Commissione europea che ha smentito Várhelyi e ha annunciato una revisione dell’assistenza a causa del rischio che le risorse Ue possano direttamente o indirettamente armare Hamas, a Bruxelles non sembrano aver ancora trovato una formula comune per condannare le atrocità sui civili palestinesi che sta compiendo Tel Aviv a Gaza. L’Ue ha denunciato con sdegno e determinazione il massacro di “neonati, bambini, donne e uomini innocenti” da parte dei terroristi di Hamas, ma pochissimo ha detto contro l’assedio totale all’enclave palestinese ordinato dal governo Netanyahu.O meglio, la differenza sta nella coralità dell’appello: ci ha provato Borrell, che dopo la riunione d’urgenza con i 27 ministri degli Esteri a Muscat, in Oman, ha dichiarato che “Israele ha il diritto di difendersi, ma deve essere fatto in conformità con il diritto internazionale, il diritto umanitario e alcune decisioni sono contrarie al diritto internazionale”. Perché tagliare l’acqua, l’elettricità, il cibo, l’assistenza medica a una popolazione intera è una violazione del diritto internazionale. Anche il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha rilanciato su X (ex Twitter) un messaggio del Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, secondo cui “i beni di prima necessità devono raggiungere Gaza”.Charles Michel, Roberta Metsola, Ursula von der Leyen e l’ambasciatore israeliano a Bruxelles, Haim Regev, commemorano le vittime di Hamas (Photo by Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)Ma la posizione presa dalle Nazioni Unite non sembra essere condivisa – quanto meno nei discorsi ufficiali – dalla presidente della Commissione europea. La stessa von der Leyen che un anno fa, davanti all’Eurocamera, dichiarava che “gli attacchi della Russia contro le infrastrutture civili sono crimini di guerra” e che “tagliare l’acqua, l’elettricità e il riscaldamento a uomini, donne e bambini sono atti di puro terrore”. A riascoltare queste parole, il silenzio di von der Leyen sull’assedio di Gaza è ancora più assordante. Lo stesso che ha portato Roberta Metsola, leader del Parlamento europeo, a indire un sacrosanto momento di raccoglimento per le vittime israeliane del terrorismo di Hamas, ma senza concedere alcun cenno alle vittime civili palestinesi.Legittimare la risposta massiva dell’esercito israeliano su una popolazione di 2 milioni e mezzo di persone, che dal 2007 vivono in una prigione a cielo aperto in una condizione di dipendenza pressoché totale dagli aiuti internazionali, potrà solamente alimentare un inasprimento delle tensioni in Medio Oriente. “Per il momento, qualsiasi mediazione – se ce n’è la possibilità – tra le parti in conflitto nella Striscia di Gaza proverrà dai Paesi della regione”, sostiene Pierre Vimont. Non da Bruxelles.
    Secondo l’ex segretario generale del Seae, Pierre Vimont, la diplomazia Ue è “progressivamente scomparsa dalla geopolitica della regione”. I 27 hanno condannato duramente il terrorismo di Hamas e difeso il diritto di Israele a difendersi, ma per ora non hanno profuso nessuno sforzo di mediazione. E non richiamare Tel Aviv sull’assedio a Gaza è un errore

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    Scontri tra Israele e gruppi armati palestinesi, ennesima condanna dell’Ue. Si cerca una tregua con la mediazione dell’Egitto

    Bruxelles – Fino a ora gli appelli europei alla de-escalation tra Israele e i gruppi armati palestinesi sono caduti sistematicamente nel vuoto, ma Bruxelles non demorde. Anche oggi (11 maggio), dopo 72 ore di attacchi da una parte e dell’altra è arrivata la dura condanna dal Servizio Europeo per l’Azione Esterna (Seae) e l’invito a riprendere un dialogo sempre più compromesso.
    Secondo gli ultimi aggiornamenti di Afp, in tre giorni di escalation tra Israele e Gaza sono già 26 i palestinesi morti sotto i bombardamenti dei caccia dello Stato ebraico, tra cui cinque comandanti della Jihad Islamica ma anche diverse donne e bambini. In risposta all’operazione militare di Tel Aviv, dalla Striscia sono stati lanciati oltre 550 razzi verso Israele, dei quali oltre 440 hanno superato il confine e almeno 154 sono stati intercettati dal sistema difensivo Iron Dome.
    L’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha usato parole dure per entrambe le parti in causa. Condanna per i raid aerei israeliani e per l’uccisione di abitanti palestinesi, perché al “diritto di difendersi” corrisponde “l’obbligo di prendere precauzioni per prevenire vittime civili nelle sue operazioni” e di rispettare il diritto internazionale umanitario. Allo stesso modo, il capo della diplomazia europea ha definito “inaccettabile il lancio indiscriminato di razzi da Gaza”.
    Lo sforzo diplomatico del Cairo per la tregua tra Israele e Gaza
    Al momento sarebbe in corso un tentativo, mediato dall’Egitto, di raggiungere una tregua tra le parti. Sforzo diplomatico – “elogiato” dallo stesso Borrell – che cozza con le dichiarazioni rilasciate ieri dal primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, pronto ad “allargare l’operazione Scudo e Freccia e infliggere colpi pesanti a Gaza ora e in futuro“. Borrell ha ricordato che i ministri degli Esteri di Francia, Germania, Egitto e Giordania si sono incontrati oggi a Berlino e hanno salutato con favore il dialogo intrapreso tra il Cairo e le parti in causa.
    Nella dichiarazione congiunta del vertice, i quattro hanno reiterato il sostegno al Processo di Pace fondato sulla soluzione dei due Stati, l’unica praticabile per una pace duratura, e hanno richiamato le autorità israeliane e palestinesi a rispettare gli impegni presi nei mesi scorsi, negli incontri mediati da Washington e da il Cairo ad Aqqaba e a Sharm el-Sheik. Anche Bruxelles cerca di fare la sua parte per ridare vita al Middle East Peace Process. Il portavoce del Seae, Peter Stano, ha dichiarato in mattinata che è in corso un dialogo con i 22 ministri degli Esteri della Lega degli Stati Arabi, per trovare “un orizzonte politico” che permetta di andare oltre l’alternanza infinita di scontri e tregue temporanee.

    Sono già 26 le vittime dei bombardamenti di Tel Aviv nella Striscia di Gaza, di cui almeno 20 civili. La Jihad Islamica Palestinese ha risposto con oltre 550 razzi verso Israele. L’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, in contatto con i ministri degli Esteri della Lega Araba per ridare vigore a un processo di pace sempre più distante