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    Guardian: Missili europei venduti a Israele usati per uccidere bambini a Gaza

    Bruxelles – Secondo un esclusiva del Guardian, il più grande produttore europeo di missili, MBDA, vende componenti chiave per le bombe che sono state spedite a migliaia in Israele e utilizzate in numerosi attacchi aerei in cui, secondo le ricerche, sono stati uccisi anche bambini palestinesi e altri civili. Questa compagnia europea fa parte di un gruppo composto dalla più grande azienda di difesa britannica BAE Systems, la francese Airbus e l’italiana Leonardo.Con l’aumentare delle preoccupazioni sulla misura in cui le aziende europee potrebbero trarre profitto dalla devastazione della Palestina, un’inchiesta del Guardian, in collaborazione con le redazioni indipendenti Disclose e Follow the Money, ha esaminato la catena di approvvigionamento della bomba GBU-39 e i modi in cui è stata impiegata durante il conflitto.MBDA possiede uno stabilimento negli Stati Uniti, che produce le “ali” che vengono montate sul GBU-39, prodotto da Boeing. Esse si dispiegano dopo il lancio, consentendo alla bomba di essere guidata verso il suo obiettivo.I ricavi della società statunitense MBDA Incorporated passano attraverso MBDA UK, con sede in Inghilterra, che poi trasferisce gli eventuali profitti al gruppo MBDA, con sede in Francia. L’anno scorso l’azienda ha distribuito dividendi per quasi 350 milioni di sterline (400 milioni di euro) ai suoi tre azionisti.A settembre, il ministro degli Esteri britannico, David Lammy, ha sospeso alcune licenze di esportazione di armi verso Israele, citando il rischio di “gravi violazioni” del diritto umanitario internazionale. Lammy ha dichiarato che la mossa era volta a colpire “articoli che potrebbero essere utilizzati nell’attuale conflitto a Gaza”.Utilizzando informazioni di fonte aperta e analisi di esperti di armi, l’indagine del Guardian ha verificato 24 casi in cui le GBU-39 sono state impiegate in attacchi che hanno causato la morte di civili. Ognuno di essi includeva bambini tra le vittime. Molti degli attacchi sono avvenuti di notte, senza preavviso, in edifici scolastici e tendopoli dove si rifugiavano le famiglie sfollate. Alcuni sono stati esaminati dalle Nazioni Unite e dal gruppo umanitario Amnesty International, che li ha segnalati come sospetti crimini di guerra.Casi verificati nel 2023, suggeriscono che l’esercito israeliano ha aumentato drasticamente l’uso delle GBU-39 nel 2024. Uno degli attacchi più devastanti è avvenuto nella notte del 26 maggio 2024, quando i jet hanno bombardato il Campo della Pace Kuwait 1 a Rafah, scatenando un incendio che ha messo a fuoco file di tende. Un bambino e una donna sono stati decapitati dai frammenti di esplosivo, ha riferito Amnesty. Il ministero della Sanità di Gaza ha contato 45 morti e 249 feriti.“I GBU-39 sono stati usati spesso per colpire scuole e aree in cui altre persone si rifugiano”, ha affermato Trevor Ball, associato all’Armaments Research Services, che riceve alcuni finanziamenti dall’Ue.Degli attacchi verificati, 16 erano contro scuole. Sebbene gli edifici non funzionino più come strutture educative, sono diventati luoghi di rifugio per la popolazione sfollata della Palestina. Gli altri attacchi hanno colpito tendopoli, case di famiglia e una moschea durante le preghiere del mattino.Nonostante le parole forti e le minacce di ulteriori sanzioni dopo la rottura del cessate il fuoco da parte di Israele a marzo, e le conclusioni delle Nazioni Unite secondo cui: “i metodi di guerra a Gaza sono compatibili con il genocidio, i leader europei non hanno preso ulteriori provvedimenti per impedire alle imprese di armamenti nazionali di trarre profitto”.In un rapporto del mese scorso, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei Territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, ha esaminato i profitti delle imprese derivanti dal conflitto. La relatrice ha concluso che: “Il presente rapporto mostra perché il genocidio condotto da Israele continua: perché è redditizio per molti”.

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    L’Ue monitora l’accordo con Israele sugli aiuti umanitari a Gaza: “Segnali positivi, ma serve di più”

    Bruxelles – L’Unione europea cerca di salvare contemporaneamente la faccia e il prezioso rapporto con Israele. L‘accordo raggiunto in extremis, la scorsa settimana, tra Bruxelles e Tel Aviv per l’ingresso massiccio di aiuti umanitari a Gaza permette ai 27 di svincolarsi dall’urgenza di prendere misure più decise nei confronti del governo di Benjamin Netanyahu. Così per ora Bruxelles accoglie con favore “i segnali positivi” che arrivano dalla Striscia e chiede “misure più concrete”, congelando le possibili azioni da sfoderare nel caso la situazione umanitaria non migliori.Sono queste le conclusioni a cui sono giunti oggi i ministri degli Esteri dei 27, riuniti nella capitale europea per l’ultimo Consiglio prima della pausa estiva. Dopo l’esercizio di revisione dell’Accordo di associazione Ue-Israele che ha certificato le violazioni da parte israeliana, erano stati gli stessi capi di stato e di governo Ue a chiedere all’Alta rappresentante, Kaja Kallas, di mettere sul tavolo un ventaglio di possibili misure da intraprendere contro Tel Aviv. “Manterremo aperte tutte le opzioni e saremo pronti ad agire se Israele non rispetterà i suoi impegni”, ha dichiarato al termine della riunione il capo della diplomazia europea.Kallas – ben consapevole delle profonde divisioni tra le capitali sul tema – si appiglia ai “segnali positivi” che arrivano dalla Striscia: “Vediamo entrare più camion e rifornimenti, più varchi aperti e riparazioni alle linee elettriche”. Insomma, abbastanza per sperare di aver mosso qualcosa. “Non è chiaramente abbastanza, l’Ue continuerà a seguire da vicino l’attuazione di questo accordo comune e fornirà aggiornamenti ogni due settimane“, ha garantito l’Alta rappresentante.L’esito appariva scontato, tant’è che lo stesso ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ieri sera a Bruxelles per un vertice dei Paesi del Mediterraneo, si era detto sicuro che “nessuna delle 10 proposte contenuta nel rapporto sarà applicata dai 27 Stati membri domani”.L’accordo strappato da Kallas lo scorso 10 luglio prevede che “gli aiuti su larga scala siano forniti direttamente alla popolazione” – tagliando fuori la controversa Gaza Humanitarian Foundation – e che Israele permetta un aumento sostanziale del numero di camion giornalieri per il trasporto di generi alimentari e beni non alimentari in entrata a Gaza, l’apertura di diversi altri valichi di frontiera nelle zone nord e sud, la riapertura delle rotte umanitarie giordano-egiziane, la distribuzione di generi alimentari attraverso panifici e mense pubbliche in tutta la Striscia, la ripresa delle forniture di carburante per le strutture umanitarie, la protezione degli operatori umanitari e la riparazione e l’agevolazione dei lavori sulle infrastrutture vitali.Se è vero che alcune misure sono state attuate già nel fine settimana da Tel Aviv, è altrettanto vero che i raid su Gaza sono continuati, uccidendo decine di civili palestinesi. “Per la prima volta in 130 giorni, questa settimana è entrata a Gaza una piccola quantità di carburante. Si tratta di uno sviluppo positivo, ma è solo una piccola parte di ciò che serve ogni giorno per garantire la vita quotidiana e le operazioni di soccorso”, hanno dichiarato in un comunicato congiunto diverse agenzie delle Nazioni Unite presenti sul territorio. Ma nel frattempo oggi, in un attacco a Gaza City, sono morti 6 cittadini palestinesi.“L’unica garanzia che abbiamo è che tutte le opzioni sono sul tavolo e che se la situazione non migliora potremo usarle”, ha ammesso Kallas ai cronisti che sottolineavano le fragilità dei termini dell’intesa con Israele. A margine della riunione, il ministro degli Esteri irlandese, Thomas Byrne, ha affermato che “non abbiamo nulla di scritto, Kallas ci ha comunicato solo dellle previsioni”.La prossima riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue sarà solamente ad ottobre, tra più di due mesi. Fino ad allora, qualsiasi saranno gli sviluppi sul terreno, sicuramente Bruxelles non si muoverà. Un rischio, sottolineato dall’eurodeputato del Movimento 5 Stelle, Danilo Della Valle: “Non possiamo accontentarci di un accordo sulla consegna degli aiuti umanitari e di un semplice monitoraggio, mentre poi Israele si macchia di genocidio e continua ad avere libertà di sterminare un’intera popolazione”, ha affermato in una nota.

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    Kallas annuncia un accordo con Israele per nuovi aiuti umanitari a Gaza

    Bruxelles –  L’alta rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Kaja Kallas, ha annunciato che dopo  dialoghi con Israele sono arrivati significativi passi avanti per migliorare la situazione umanitaria a Gaza.Una nota del Servizio di azione esterna (Seae) spiega che le misure concordate saranno applicate nei prossimi giorni, e fra queste sono incluse: l’aumento di camion con aiuti umanitari ed alimenti, la riapertura delle rotte di aiuto giordane ed egiziane, la ripresa delle forniture di carburante per le strutture umanitarie fino a un livello operativo, la protezione degli operatori umanitari, la riparazione e l’agevolazione dei lavori sulle infrastrutture vitali, come la ripresa dell’approvvigionamento elettrico all’impianto di desalinizzazione dell’acqua, ed altro ancora.Ancora, si legge sul comunicato: “Tali misure sono state o saranno attuate nei prossimi giorni, con la consapevolezza comune che gli aiuti su larga scala devono essere forniti direttamente alla popolazione e che continueranno ad essere adottate misure per garantire che non vi sia alcun dirottamento degli aiuti a Hamas”.L’Ue continua ad applicare tutti i mezzi possibili per arrivare ad una risoluzione delle drammatiche dinamiche in Medio Oriente, e rinnova gli appelli rivolti al cessate il fuoco ed il rilascio degli ostaggi.

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    I leader Ue sperano ancora di fermare la guerra a Gaza senza prendere alcuna misura contro Israele

    Bruxelles – Diciassette pacchetti di sanzioni non sono bastati a fermare l’invasione della Russia in Ucraina, eppure l’Ue ne ha pronto un diciottesimo. Ma per fermare il genocidio in corso a Gaza, a Bruxelles sono ancora convinti che basti discutere con il governo israeliano. Dal vertice dei capi di stato e di governo dei 27, nessuna svolta dopo il rapporto che certifica che Israele ha violato i termini dell’accordo di associazione con l’Unione europea: per ora, i leader “prendono atto” e rimandano le discussioni al prossimo incontro dei ministri degli Esteri, a luglio.Le conclusioni del rapporto commissionato dall’Alta rappresentante per gli Affari Esteri, Kaja Kallas, al Servizio Europeo di Azione Esterna, sono “innegabili”, aveva sottolineato solo ieri una fonte diplomatica. E dunque, il Consiglio europeo non poteva fare finta di niente. Alla fine, dopo una discussione “a porte chiuse, senza reporting e senza telefoni”, nel documento finale del vertice compare una riga striminzita su quell’articolo 2 dell’Accordo di associazione, che vincola le parti contraenti al rispetto dei diritti umani.I leader prendono tempo ancora un mese: nel frattempo, Kallas avrebbe già intensificato i contatti con il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, nella speranza che la minaccia delle possibili implicazioni della violazione dell’accordo convincano Tel Aviv a cambiare atteggiamento. “Non stiamo parlando della sospensione dell’accordo, ma di coinvolgere le autorità israeliane”, conferma una fonte. Eppure, i due partner ne hanno già parlato abbondantemente. Il 5 febbraio, si è tenuto a Bruxelles un Consiglio di associazione Ue-Israele.Gideon Sa’ar e Kaja Kallas a Bruxelles, febbraio 2025Sul tema, i 27 sono così divisi che “il fatto stesso che ne discutiamo con il governo israeliano è importante“. Mentre un manipolo di Paesi – Spagna, Irlanda e Slovenia su tutti – chiedono la sospensione immediata dell’accordo e minacciano di proseguire autonomamente con sanzioni contro il governo israeliano, altri – tra cui l’Italia – lo ritengono una mossa controproducente per fare pressione su Benjamin Netanyahu.L’obiettivo condiviso da tutti è “l’arresto delle ostilità, l’accesso senza impedimenti agli aiuti umanitari e il rilascio degli ostaggi”. Più in là di questa sacrosanta posizione, Bruxelles non si spinge. Le conclusioni del vertice diventano allora sostanzialmente un copia-incolla di quelle dei summit precedenti: il Consiglio europeo “deplora la grave situazione umanitaria a Gaza, il numero inaccettabile di vittime civili e il livello di fame”, Israele “deve rispettare pienamente gli obblighi che gli incombono in virtù del diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario”.Sarebbero quasi tutti d’accordo almeno su ulteriori sanzioni ai chi si macchia di violenze contro le comunità palestinesi in Cisgiordania: i leader “ribadiscono l’invito a portare avanti i lavori su ulteriori misure restrittive nei confronti dei coloni estremisti e delle entità e organizzazioni che li sostengono”. Tutti tranne uno: il governo ungherese, che ne ha bloccato l’adozione al Consiglio Affari esteri a maggio. Questa notte, il villaggio palestinese di Kafr Malik è stato attaccato da gruppi di coloni ebraici, che hanno incendiato case e veicoli e aperto il fuoco su civili disarmati. Sono morte tre persone. Oggi, secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari, 56 palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza.

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    Gaza, l’Ue certifica le violazioni dei diritti umani da parte di Israele. Ma non è ancora il momento di agire

    Bruxelles – A venti mesi dall’inizio del conflitto tra Israele e Hamas, il Servizio europeo di Azione esterna (Seae) mette nero su bianco che “vi sono indicazioni che Israele violerebbe i propri obblighi in materia di diritti umani ai sensi dell’articolo 2 dell’accordo di associazione Ue-Israele”. A dire il vero, è la seconda volta che il rappresentante speciale dell’Ue per i diritti umani, Olof Skoog, trae le stesse conclusioni: la prima già nel novembre scorso, su richiesta dell’allora Alto rappresentante Josep Borrel. Come allora però, il rischio è che il rapporto venga dimenticato in un cassetto senza alcuna conseguenza.“Le misure a disposizione ci sono, ma la domanda è: su cosa siamo in grado di concordare?”, ha affermato oggi (23 giugno) Kaja Kallas, che ha ereditato il difficile ruolo di capo della diplomazia europea. I ministri degli Esteri dei 27 hanno ricevuto il rapporto di Skoog già nel fine settimana e ne hanno discusso questa mattina con Kallas a Bruxelles. Lo scorso 20 maggio, 19 Stati membri avevano finalmente chiesto all’Alta rappresentante di avviare un esercizio di revisione del vasto accordo politico-commerciale che lega l’Unione europea a Israele, le cui disposizioni “si basano sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici”.Dopo oltre 55 mila vittime palestinesi, le uccisioni di giornalisti e operatori umanitari, il blocco totale dell’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia e i raid durante la distribuzione del cibo – tutto documentato e denunciato da media, organizzazioni e tribunali internazionali -, le conclusioni del rapporto erano facilmente prevedibili. Quasi quanto l’impasse che arriva ora che i 27 dovranno decidere se sospendere l’Accordo con Israele, o se prendere altre misure o sanzioni nei confronti dello Stato ebraico, oppure se limitarsi ad avvertimenti verbali, richieste o appelli senza conseguenze concrete.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Consiglio europeo)“Quello di oggi è stato solo l’inizio del dibattito, non la sua conclusione”, ha spiegato Kallas a margine dell’incontro. La prima mossa sarebbe valutare se quanto denunciato dal rapporto faccia sì che Israele modifichi spontaneamente il proprio modo di condurre la guerra. L’Alta rappresentante ha confermato di aver già ricevuto la diplomatica risposta di Israele al rapporto: “Oltraggioso e indecente”, secondo quanto riportato dalla testata Politico.“Se la situazione non migliora, potremo discutere ulteriori misure a luglio“, durante il prossimo Consiglio Affari Esteri previsto il 15 del mese, ha proseguito Kallas. Per rivedere tutti gli aspetti del partenariato con Israele legati alla politica commerciale, i Paesi membri potrebbero decidere a maggioranza qualificata. Per imporre sanzioni, sospendere il dialogo politico o l’intero accordo, serve l’unanimità dei 27. Una chimera, quest’ultima, a rileggere le dichiarazioni del vicepremier italiano, Antonio Tajani, che già a fine maggio si oppose alla revisione dell’articolo 2 dell’accordo: “La nostra posizione è di andare avanti con il rapporto con Israele, pur non condividendo le scelte fatte a Gaza, cioè la sproporzione della reazione, l’uso eccessivo della forza che ha provocato migliaia di morti in quella parte della Palestina”, ha affermato.All’opposto, la Spagna ha reiterato la richiesta di “una sospensione immediata dell’accordo di associazione, un embargo sulle vendite di armi da parte dell’Unione europea ad Israele e sanzioni individuali contro tutti coloro che vogliono minare definitivamente la soluzione a due Stati”. Richieste che Tajani ha bollato come “velleitarie e utili per la politica interna”. In mezzo a questi due estremi, si collocano tutti gli altri Stati membri.Le conclusioni del rapporto redatto da Skoog finiranno giovedì sul tavolo del vertice dei capi di stato e di governo dei 27. “È inevitabile che i leader si troveranno di fronte al risultato della relazione”, ha confermato un alto funzionario dell’Ue. Ma il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, “non intende affatto sottoporre la questione ai leader per una decisione. Anche perché, siamo realistici, probabilmente non si raggiungerebbe l’unanimità”.

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    Alla fine Kallas critica Netanyahu: “Israele deve difendersi, ma è andato oltre”

    dall’inviato a Strasburgo – “Quando è troppo è troppo. Israele ha il diritto di difendersi, ma quanto vediamo va al di là di questo diritto“. Alla fine Kaja Kallas riconosce pubblicamente le responsabilità dello Stato ebraico nella gestione della risposta agli attacchi di Hamas. L’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue critica l’operato del governo di Benjamin Netanyahu nell’Aula di un Parlamento europeo che su questo l’ha incalzata, costringendola di fatto a esprimersi. All’orizzonte, c’è il Consiglio Ue Affari Esteri del prossimo 23 giugno, in cui Kallas svelerà le conclusioni sulla possibile revisione dell’accordo di associazione Ue-Israele.Il dibattito tematico sulla situazione a Gaza è stato chiesto e ottenuto dal gruppo de laSinistra, che da Kallas ottiene quelle parole dure poco udite finora. Sì, l’Alta rappresentante ribadisce che “Israele ha il diritto di vivere, ma nessuno deve vivere nel terrore”. Una critica ad Hamas, che l’Ue riconosce come organizzazione terroristica, e dunque, sì, parole a sostegno dello Stato ebraico. “Dobbiamo fare pressione su Hamas, e in tal senso il mondo arabo può giocare un ruolo” importante, continua Kallas, attenta a usare toni comunque concilianti nei confronti del partner israeliano, a cui comunque non risparmia critiche e condanne.Il re di Giordania critica Israele e sprona l’Ue: “A Gaza una versione vergognosa dell’umanità”“Fermare gli aiuti mina decenni di impegni per il diritto umanitario”, scandisce. E’ questa una censura al governo di Netanyahu per il blocco di ciò che serve per la popolazione civile. “C’è un inaccettabile numero di morti”, continua l’Alta rappresentante. Che critica ancora: “Israele ha dichiarato che vuole il completo controllo della Striscia di Gaza, e questo è violazione del diritto internazionale, e va chiamato con il suo nome“. Vanifica anche gli sforzi diplomatici della stessa Ue per una pace duratura in Medio Oriente. “La soluzione a due Stati è l’unica possibile“.C’è poi la questione del fanatismo ebraico, che a detta di Kallas non viene affrontato da chi di dovere, vale a dire il capo di governo israeliano e il collegio dei ministri. “La violenza dei coloni sta aumentando, e questo è inaccettabile”, affonda ancora, e ricorda che “la distruzione delle case sta portando a sfollati” palestinesi. “Israele deve contrastare i suoi stessi estremisti“.Gli affondi di Kallas contro l’attuale leadership israeliana non impediscono all’Alta rappresentante di uscire dall’emiciclo senza critiche. Al contrario, si abbattono su di lei con forza. Inizia Manon Aubry, la co-presidente de laSinistra, che apre il dibattito in quanto rappresentante del gruppo che ha richiesto la discussione. “Genocidio. Genocidio. Lo ripeto perché in questi mesi non avete mai usato questo termine”, l’esordio della francese, che quindi accusa: “Basta con questa complicità, perché lei è complice di tutto questo, con il suo silenzio“. In realtà, precisa immediatamente dopo la stessa Aubry, “l’Ue e i leader europei sono direttamente complici di genocidio”, e responsabili di ipocrisia: “Contro la Russia sono stati adottati 17 pacchetti di sanzioni, contro Israele, che sta compiendo genocidio, neanche un pacchetto. Questo è il doppio standard dell’Ue”.L’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas [Strasburgo, 18 giugno 2025]Per i socialisti è l’occasione per tornare a chiedere interventi seri. “Netanyahu deve smetterla con questa carneficina. Dobbiamo imporre sanzioni a tutti i membri del governo”, sostiene Evin Incir. Richieste di sanzioni arrivano, con altri toni, dal collega di partito Nacho Amor Sanchez: “Si possono chiudere gli occhi davanti a tutto quello che sta accadendo? Il doppio standard è il cancro di questa Unione”.Anche i liberali europei non risparmiano critiche, che sono per Kallas e la linea morbida dell’esecutivo comunitario di cui l’Alta rappresentante fa parte. “Ogni giorno che passa l’Ue diventa complice di un genocidio“, lamenta Hilde Vautmans (Re). “Si, Israele può usare la forza per liberare gli ostaggi, ma Netanyahu sta punendo tutti i palestinesi, la fame è usata come strategia. Questa non è difesa. E’ tempo per sanzioni mirate sul governo, su chi impedisce agli aiuti di entrare, sospende l’accordo con Israele”. Si unisce Tieneke Strik (Verdi) a ricordare a Kallas che “Netanyahu commette crimini di guerra, e attacca l’Iran”, ed evidenziando che “questa non è difesa, è prevaricazione del diritto internazionale”. Chiede “azioni concrete”, che vuol dire sanzioni, contro Israele. Persino il Ppe chiede un cambio di passo: “Non possiamo essere l’Europa dei valori solo a parole”, incalza Sean Kelly, anch’egli convinto che “ignorare quanto accade a gaza sarebbe tradire tutto ciò per cui l’Ue è stata creata”.Kallas ascolta tutti gli interventi, e attende il momento della replica. Innanzitutto ricorda all’intera Aula che “non rappresento me stessa, ma 27 Stati membri“. Lo ricorda a quanti invocano misure restrittive. “Sulle sanzioni decidono gli Stati all’unanimità”, ricorda, e nel farlo spiega che prima di promettere qualcosa occorre avere la certezza che esistano le condizioni per potersi esporre. “Perché dovrei spingere per qualcosa che poi non avverrà?”, chiede, a proposito di un’unità che non c’è. “Fate pressione sui vostri governi”, l’invito agli europarlamentari. Quindi prova a difendere sé stessa: “Non sono mai stata in silenzio. Ho lavorato per alleviare le sofferenze di quanti vivono in Palestina”.

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    Il re di Giordania critica Israele e sprona l’Ue: “A Gaza una versione vergognosa dell’umanità”

    dall’inviato a Strasburgo – “Una versione vergognosa della nostra umanità si sta dispiegando davanti ai nostri occhi in tempo reale, e i nostri valori globali si stanno sgretolando a un ritmo sconvolgente, con conseguenze devastanti. In nessun luogo ciò è più chiaro che a Gaza“. Il re di Giordania, Abdallah II, affonda il colpo contro il governo israeliano di Benjamin Netanyahu. Si rivolge all’Aula del Parlamento europeo per parlare di un alleato ormai considerato come ‘ex’, non più sostenibile perché insostenibile in come sta conducendo sempre più la propria lotta contro Hamas.“Ciò che sta accadendo oggi a Gaza viola il diritto internazionale, gli standard morali e i nostri valori comuni“, accusa il sovrano dello Stato arabo. “E stiamo assistendo a una trasgressione dopo l’altra in Cisgiordania, con una situazione che peggiora di giorno in giorno”. In questo Abdallah II invita il Parlamento europeo e l’Ue che rappresenta a prendere una posizione chiara. “Se la nostra comunità globale non agisce con decisione, diventiamo complici della riscrittura del significato dell’essere umani”, afferma riferendosi ai tentennamenti europei. “Se i bulldozer israeliani continuano a demolire illegalmente case, uliveti e infrastrutture palestinesi, allo stesso modo abbatteranno i guardrail che definiscono la condotta morale”.Il re di Giordania prova a scuotere il Parlamento europeo, animato da parlamentari provenienti da Stati diversi, alcuni dei quali ancora non riconoscono ancora la Palestina come Stato. E’ a loro che si rivolge, quando scandisce che “i  palestinesi, come tutti i popoli, meritano il diritto alla libertà, alla sovranità e, sì, anche allo Stato“.Il re di Giordania, Abdallah II, in Parlamento europeo [Strasburgo, 17 giugno 2025]Abdallah II non entra nel merito delle operazioni militari contro la Repubblica islamica, limitandosi a ricordare le implicazioni in termini di instabilità e incertezza che può avere un allargamento del conflitto nella regione. Insiste sulla situazione a Gaza, per inchiodare il governo israeliano alle proprie responsabilità: “Ripensate al 2023: i primi attacchi e raid israeliani contro un ospedale di Gaza scatenarono shock e indignazione a livello globale. Da allora, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha documentato quasi 700 attacchi contro le strutture sanitarie di Gaza“. Quindi la stoccata per il Parlamento europeo: “Com’è possibile che ciò che solo 20 mesi fa era considerato un’atrocità sia ora così comune da passare inosservato?” Il re di Giordania chiede un cambio di passo da parte dell’Europa. Lascia all’Unione la riflessione e l’onere delle scelte. “Quest’anno sarà probabilmente un momento di decisioni cruciali per il mondo intero”, scandisce. In tal senso “la leadership europea sarà fondamentale per scegliere la strada giusta”.L’intervento deciso del sovrano arabo finisce con l’animare il dibattito in Aula. Da una parte socialisti, verdi e sinistra radicale, decisi a chiedere linea dura contro il governo di Tel Aviv, A loro si contrappongono i popolari, i conservatori e i sovranisti, al fianco dello Stato ebraico. Mentre i liberali esitano. “Chiediamo alla Commissione Ue di verificare se è stato violato l’articolo 2 del trattato di associazione Ue-Israele, perché ci sono elementi che suggerirebbero di no”, scandisce la presidente di Re, Valerie Hayer: “Se effettivamente non fosse stato rispettato allora ci sarà da sospenderlo e anche considerare embargo”.La guerra di Israele contro l’Iran mette in ombra la catastrofe di GazaL’articolo citato specifica che le relazioni tra le Parti, e il valore dell’accordo, si basano sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici. Qualcosa che per i socialisti è stato violato. “Vogliamo sanzioni contro il governo israeliano“, tuona la presidente dei socialisti (S&D), Iratxe Garcia Perez. , convinta che con quanto sta avvenendo a Gaza “si sta violando l’articolo 2 dell’accordo di associazione e dovremmo sospenderlo, imponendo un embargo sulle armi”. Inoltre, gli attacchi in Iran “sono contro il diritto internazionale e pone problemi si stabilità mondiale”.Stessa linea, e ancor più decisa, quella espressa da Manon Aubry (laSinistra): “Il nostro gruppo non vedrà mai il sostegno all’Iran, ma l’Ue giochi il suo ruolo per condannare le violazioni del diritto“. Perché, spiega, “Israele ha attaccato illegalmente l’Iran, in violazione del diritto internazionale”. Una violazione che, denuncia l’europarlamentare francese, “avviene ancora una colta col sostegno dei vertici europei”. Una critica, quest’ultima, diretta alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, incapace di prendere posizione. “L’obiettivo di Netanyahu è la diversione”, continua Aubry. “Il programma nucleare iraniano è un pretesto per far dimenticare che è sotto mandato d’arresto internazionale, che si sta consumando un genocidio a Gaza e creare le condizioni perché non si riconosca più uno stato palestinese”.“Siamo a favore di sanzioni contro il governo israeliano e i suoi membri”, scandisce Bas Eickhut, co-presidente del Verdi. “Siamo supercritici sul ruolo di Israele, e siamo uniti su questo”, e per questo “chiediamo di fermare l’accordo di associazione, perché i diritti umani non sono più rispettati”. Inoltre “vogliamo cessate il fuoco e accesso di aiuti umanitari”.Da sinistra: Iratxe Garcia Perez (presidente dei socialisti), Bas Eickhut (co-presidente dei Verdi), Manon Aubry (co-presidente laSinistra)Decisamente altri i toni usati dal Ppe, con il presidente dei popolari, Manfred Weber, che da una parte ribadisce vicinanza allo Stato ebraico sostenendo che “non vogliamo altra escalation fermo restando il diritto di Israele a difendersi”, e spostando l’attenzione su Teheran: “L’Iran non deve ottenere accesso ad armi nucleari”, dice in conferenza stampa. Solo in seconda battuta arriva la critica per la situazione in corso nei territori palestinesi: “Serve piano accesso degli aiuti umanitari a Gaza, la fame non può essere un’arma“.Nessuna condanna al governo di Netanyahu da parte di Nicola Procaccini, co-presidente dei conservatori europei (Ecr). “Abbiamo visto il ruolo giocato dai droni” nei conflitti in corso, scandisce, puntando il dito contro le attività della Repubblica islamica.

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    L’Ue finanzia il colosso delle armi di Israele, ma assicura: “Nessun fondo per la guerra a Gaza”

    Bruxelles – Con i riflettori accesi sulla carneficina in corso a Gaza, dove i bombardamenti israeliani hanno ucciso più di 55 mila civili palestinesi, sul banco degli imputati finisce anche la Commissione europea: oltre al supporto incondizionato che Bruxelles ha garantito a Israele all’indomani del 7 ottobre – e che solo ora sembra voler seriamente rimettere in discussione -, emergono inquietanti e controversi legami tra alcuni fondi europei e l’industria della difesa di Tel Aviv.Poche settimane fa un’inchiesta condotta dai quotidiani belgi L’Echo e De Tijd ha svelato l’impiego di circa un miliardo di euro del fondo Ue per la ricerca e l’innovazione (Horizon) da parte di aziende del settore bellico israeliane. A cui si è aggiunta ieri (11 giugno) la pubblicazione da parte di Investigate Europe di dettagli sulla partecipazione del colosso delle armi Israel Aerospace Industries (Iai) a 15 progetti finanziati con il Fondo Ue per la difesa. La stessa azienda avrebbe piede in 8 progetti del fondo Horizon.In entrambi i casi, la Commissione europea si è auto-assolta assicurando di avere “solide misure di salvaguardia” per fare in modo che nessun centesimo proveniente da Bruxelles contribuisca a commettere violazioni dei diritti fondamentali. Ma sono tanti i dubbi – condivisi anche dalla Corte dei Conti dell’Ue – sull’efficacia dei meccanismi di monitoraggio sull’utilizzo dei fondi europei.L’indagine di Investigate Europe e Reporters United ne sono una conferma. In sostanza, l’Ue avrebbe ammesso la greca Intracom Defense, di proprietà quasi integralmente della più grande compagnia pubblica di armamenti israeliana, la Israeli Aerospace Industries, a 15 progetti finanziati dal Fondo europeo per la Difesa. Il FED, istituito nel 2017 dalla Commissione presieduta da Jean Claude Juncker, dovrebbe essere riservato alle sole compagnie europee. Ma ammette la possibilità dell’estensione a Paesi terzi, vincolata ad alcune garanzie che devono essere fornite dalle società stesse.il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e l’ex ministro della Difesa. Yoav Gallant, entrambi oggetto di un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale  (Photo by Abir SULTAN / POOL / AFP)Una sorta di autocertificazione, che poi viene vagliata da Bruxelles, e che ha permesso a Intracom Defense di usufruire di ben 15 progetti, di cui sette avviati dopo la risposta israeliana al 7 ottobre e dopo che la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto per crimini di guerra e contro l’umanità al premier Benjamin Netanyahu e all’allora ministro dell Difesa Yoav Gallant. In particolare, il progetto più controverso, che ha l’obiettivo di sviluppare un drone armato e per cui Intracom – ovvero la Israeli Aerospace Industries – ha ricevuto 14 milioni di euro, è stato avviato nel dicembre 2024.Atene aveva comunicato a Bruxelles l’associazione di un’impresa proveniente da un Paese terzo al progetto e fornito le garanzie necessarie per il via libera della Commissione, ha ricostruito oggi il portavoce dell’esecutivo Ue Thomas Regnier. “Per quanto riguarda le restrizioni al trasferimento di informazioni sensibili o dei risultati del progetto, disponiamo nuovamente di chiare garanzie per assicurare che nessun progetto nell’ambito dell’EDF violi il diritto dell’Unione europea, il diritto internazionale e i diritti fondamentali”, ha assicurato. Secondo quanto rivelato da Investigate Europe, la valutazione da parte di Bruxelles era stata effettuata nel giugno 2023, prima dello scoppio della guerra tra Israele e Hamas.“Naturalmente il monitoraggio e la valutazione continuano, come è sempre stato fatto”, ha aggiunto Regnier, bollando però come “altamente speculativa” qualsiasi ipotesi di revisione di tali finanziamenti.