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    Ucraina, i volenterosi a Parigi per definire le garanzie di sicurezza

    Bruxelles – Gli alleati di Kiev continuano a cercare la quadra sulle garanzie di sicurezza. Dopodomani a Parigi la coalizione dei volenterosi discuterà per l’ennesima volta di come sostenere l’Ucraina al termine delle ostilità, anche se le trattative sono in stallo da settimane. Ma rimane da sciogliere il nodo principale: il potenziale dispiegamento di soldati sul campo. Da Berlino sono arrivate parole nette all’indirizzo di Ursula von der Leyen, che gioca a fare il comandante in capo di una forza militare che non c’è.Il menù sul tavolo della trentina di partecipanti alla coalizione dei volenterosi, che si incontreranno giovedì (4 settembre) nella capitale transalpina, è lo stesso da mesi. La portata principale è costituita dalle ormai famigerate garanzie di sicurezza da offrire all’Ucraina una volta cessata la guerra, in corso da più di tre anni e mezzo. Nonostante se ne discuta da tempo, tuttavia, nessuno è ancora in grado di definirle chiaramente, indicando con precisione su quali elementi si baseranno e, soprattutto, chi fornirà cosa.Alla riunione parigina di dopodomani, co-presieduta da Emmanuel Macron e Keir Starmer, dovrebbero partecipare in presenza anche Volodymyr Zelensky, Ursula von der Leyen e il Segretario generale della Nato Mark Rutte. Il presidente ucraino chiederà nuovi aiuti e cercherà di spingere i suoi alleati ad aumentare la pressione su Vladimir Putin, che non sembra minimamente interessato a sedersi al tavolo negoziale nonostante la sceneggiata di ferragosto in Alaska con Donald Trump.Il presidente francese Emmanuel Macron (foto via Imagoeconomica)Il nodo più intricato è quello dell’invio di un contingente multinazionale sul suolo ucraino, che per essere credibile dovrebbe contare almeno 30mila soldati – al netto dell’inquadramento di una tale “forza di rassicurazione“, essenzialmente diversa dalle classiche operazione di peacekeeping (se non altro perché le truppe non monitorerebbero il fronte ma rimarrebbero nelle retrovie, pronte a sostenere l’esercito di Kiev in caso di nuova aggressione russa). Un’opportunità che parrebbe avere un qualche senso dal punto di vista strategico, ma che rimane difficile da digerire sul piano politico.Nessun capo di Stato o di governo occidentale prende alla leggera l’impegno a mandare i propri soldati all’estero, soprattutto al di fuori del cappello Nato. Al momento pare che gli unici disponibili a inviare i proverbiali “stivali sul terreno” siano proprio Macron e Starmer, anche se quest’ultimo in tempi recenti avrebbe raffreddato gli ardori dei mesi scorsi. Contrari, invece, Italia, Germania e soprattutto Stati Uniti. Washington ha accettato di offrire un non meglio specificato backstop ad ucraini ed europei, e le altre cancellerie hanno fatto ampiamente capire che senza il sostegno dello zio Sam non si va da nessuna parte.Le difficoltà su questo fronte sono emerse plasticamente ieri (primo settembre), quando il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha criticato aspramente la fuga in avanti di Ursula von der Leyen sulla questione. In una recente intervista al Financial Times, il capo dell’esecutivo comunitario ha sostenuto che i volenterosi avrebbero elaborato “piani piuttosto precisi” rispetto all’impegno nel dopoguerra, compreso un eventuale contingente terrestre.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (foto: Dati Bendo/Commissione europea)Un passo di troppo per Berlino, dove il governo è alle prese con una complessa riforma della Bundeswehr. Con commenti caustici, Pistorius ha sottolineato che “l’Ue non ha alcuna responsabilità né competenza in materia di dispiegamento di truppe, per nessuno e per nessun motivo”, offrendo un consiglio al vetriolo per la numero uno del Berlaymont: “Mi asterrei dal confermare o commentare in alcun modo tali considerazioni“, ha rincarato, ritenendo “assolutamente sbagliato” discutere pubblicamente dei piani militari prima che i belligeranti abbiano stipulato una tregua. Lo stesso cancelliere federale Friedrich Merz ha ribadito che allo stadio attuale “nessuno sta parlando di truppe di terra“.Una soluzione politicamente politicamente più accettabile per i volenterosi potrebbe essere la fornitura di supporto aereo e logistico, inclusi la condivisione d’intelligence e l’addestramento delle forze armate di Kiev, come ventilato la scorsa settimana dall’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas. Sicuramente, come ripete da tempo von der Leyen, la strategia su cui tutti concordano è quella di fare dell’Ucraina un “porcospino d’acciaio“, rafforzando il suo esercito al punto da renderla “indigesta” per qualunque aggressore.D’altro canto, le iniziative diplomatiche per giungere alla cessazione delle ostilità sembrano giunte ad un binario morto. L’ultimo incontro diretto tra le delegazioni negoziali dei belligeranti si è risolto nell’ennesimo buco nell’acqua e non si vede all’orizzonte alcuna svolta nelle trattative. Mosca continua a bombardare il suo vicino ed è arrivata a colpire anche la sede della delegazione Ue a Kiev.Nello specifico, le posizioni dei belligeranti sulle garanzie di sicurezza sono inconciliabili: per la Russia se ne dovrebbe parlare solo una volta raggiunta l’intesa su una tregua (ma la presenza di truppe Nato è inaccettabile per Mosca), mentre l’Ucraina le ritiene un prerequisito essenziale per sedersi al tavolo. Del resto, lo zar sta infrangendo uno dopo l’altro gli ultimatum lanciati da Trump, senza che la Casa Bianca abbia messo in campo alcuna delle “gravi conseguenze” minacciate negli scorsi mesi.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Nel frattempo, l’inquilino del Cremlino ha sostenuto di non essere mai stato contrario all’adesione dell’Ucraina all’Ue durante un colloquio a Pechino col primo ministro slovacco Robert Fico, uno dei cavalli di Troia di Putin all’interno del club a dodici stelle. Lo zar ha dichiarato di “apprezzare molto” l’autonomia di Bratislava nel seguire una “politica estera indipendente“, mentre il suo interlocutore ha precisato che “l’Ucraina deve soddisfare tutte le condizioni per entrare nell’Ue”, sottolineando che “i criteri politici non possano prevalere sui criteri di preparazione”.Si tratta del terzo faccia a faccia tra Fico e Putin nel giro di un anno, con buona pace della pretesa di Bruxelles di aver mantenuto un fronte unitario nei confronti di Mosca. L’atro sodale di Putin nell’Unione, il premier ungherese Viktor Orbán, sta continuando a bloccare tanto l’apertura dei negoziati di adesione quanto l’esborso degli aiuti per l’Ucraina, puntando sistematicamente i piedi anche sulle sanzioni comunitarie contro il Cremlino (al momento è in preparazione il 19esimo pacchetto, dopo aver disinnescato proprio il veto di Fico). Budapest e Bratislava hanno da tempo ingaggiato un braccio di ferro con Kiev sulle forniture di gas e petrolio russo, lamentando recentemente le interruzioni dovute agli attacchi ucraini all’oleodotto Druzhba.

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    Un attacco russo ha colpito la delegazione Ue a Kiev. Bruxelles promette nuove sanzioni

    Bruxelles – Nell’attacco missilistico condotto questa notte dalla Russia su Kiev è stata colpita anche la sede della delegazione Ue in Ucraina. Immediate le condanne dei vertici comunitari, secondo i quali il Cremlino non dimostra alcun reale interesse per la pace. Intanto le trattative internazionali procedono a rilento, mentre i Ventisette discutono di garanzie di sicurezza e nuove sanzioni contro Mosca.Durante la notte tra il 27 e il 28 agosto, l’ennesimo bombardamento russo sulla capitale ucraina ha coinvolto la sede della delegazione dell’Unione europea, danneggiandola gravemente secondo le informazioni fornite dai funzionari che vi lavoravano. Stando ai rapporti locali, il raid avrebbe ucciso una decina di persone e ne avrebbe ferite una trentina, danneggiando una serie di edifici inclusa anche la sede del British Council, l’istituto di promozione della lingua inglese all’estero.Secondo Katarina Mathernova, ambasciatrice Ue a Kiev, il palazzo della delegazione sarebbe stato “gravemente danneggiato dall’onda d’urto” provocata dal bombardamento di un edificio civile nelle vicinanze. “Questa è la vera risposta di Mosca agli sforzi di pace“, ha aggiunto. Al momento attuale non risultano vittime tra il personale della delegazione.L’attacco russo su Kiev del 28 agosto 2025 (foto: delegazione Ue in Ucraina)Non si è fatta attendere la condanna di Bruxelles e la solidarietà delle istituzioni comunitarie verso le vittime civili e lo staff della delegazione. “Sono sconvolto dall’ennesima notte di attacchi missilistici contro l’Ucraina”, ha scritto su X il presidente del Consiglio europeo, António Costa, sottolineando che “l’Ue non si lascerà intimidire” dalle bombe della Federazione. “L’aggressione della Russia non fa che rafforzare la nostra determinazione a sostenere l’Ucraina e il suo popolo”, ha aggiunto.Per la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, “la Russia deve cessare immediatamente i suoi attacchi indiscriminati contro le infrastrutture civili e partecipare ai negoziati“, accettando la mediazione offerta dal presidente statunitense Donald Trump. Durante un punto stampa in tarda mattinata, la timoniera del Berlaymont si è detta “oltraggiata dall’attacco” in cui, ha spiegato, “due missili hanno colpito entro una distanza di 50 metri dalla delegazione nell’arco di 20 secondi”. Alle sue spalle, uno schermo proiettava le immagini della struttura colpita dall’attacco.“La Russia non si fermerà di fronte a niente pur di terrorizzare l’Ucraina“, ha rincarato, “incluso prendere di mira l’Ue”. E ha promesso di continuare a “mantenere la massima pressione” su Mosca rafforzando il regime sanzionatorio di Bruxelles e portando avanti “il lavoro sugli asset russi immobilizzati per contribuire alla difesa e alla ricostruzione dell’Ucraina”. Per il momento – riferiscono i portavoce della Commissione – il focus è sugli extraprofitti generati dai beni russi congelati più che sui beni stessi, il cui valore si aggira intorno ai 210 miliardi di euro nella giurisdizione dell’Unione, tuttavia le discussioni sul tema continuano.I’m outraged by the missile and drone attack on Kyiv, killing men, women and children.And damaging our EU diplomatic mission.My thoughts go to our brave staff.Russia’s strikes on Kyiv will only strengthen Europe’s unity and Ukraine’s defiance ↓ https://t.co/VzuBWIPxzH— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) August 28, 2025Contestualmente, von der Leyen ha annunciato che domani inizierà un tour in “sette Stati membri che stanno rafforzando e proteggendo i nostri confini esterni con la Russia e la Bielorussia“: nell’ordine della visita, che durerà fino a lunedì, toccherà Lettonia, Finlandia, Estonia, Polonia, Bulgaria, Lituania e Romania (Sofia e Bucarest sono in prima linea sul fianco orientale della Nato anche se non condividono direttamente una frontiera con Mosca e Minsk). L’obiettivo è “esprimere la piena solidarietà dell’Ue e condividere i progressi che stiamo facendo nella creazione di una forte industria europea della difesa“, ha spiegato.Come confermato dalla portavoce della Commissione per gli affari esteri, Anitta Hipper, l’Alta rappresentante Kaja Kallas ha convocato per “oggi stesso” il chargé d’affaires della Federazione a Bruxelles per protestare l’accaduto. Il capo della diplomazia a dodici stelle ha redarguito Mosca: “Mentre il mondo cerca una via per la pace, la Russia risponde coi missili“, ha dichiarato, ingiungendo al Cremlino di “fermare le uccisioni e negoziare” la cessazione delle ostilità.Anche la commissaria all’Allargamento Marta Kos ha condannato “fermamente questi attacchi brutali“, definendoli “un chiaro segnale che la Russia rifiuta la pace e sceglie il terrore“. “La nostra piena solidarietà va al personale dell’Ue, alle loro famiglie e a tutti gli ucraini che subiscono questa aggressione“, ha concluso.Il ministro degli Esteri ucraino Andrij Sybiha ha invocato “non solo la condanna dell’Ue, ma anche quella mondiale” per quella che definisce una “violazione diretta della Convenzione di Vienna“, nella quale viene sancita la sicurezza dei corpi diplomatici e l’inviolabilità di ambasciate e missioni internazionali.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Sulla stessa linea, Volodymyr Zelensky ha dichiarato di aspettarsi “una risposta da parte di tutti coloro che nel mondo hanno invocato la pace, ma che ora più spesso rimangono in silenzio”, puntando il dito in particolare contro l’Ungheria di Viktor Orbán, il più filorusso tra gli Stati Ue che da tempo si mette di traverso sia sulle sanzioni a Mosca sia sugli aiuti a Kiev, per non parlare del veto contro l’adesione di quest’ultima al club europeo.Stasera, i titolari della Difesa dei Ventisette si riuniranno a Copenaghen per avviare una riunione informale che si protrarrà nella giornata di domani, mentre sabato sarà il turno dei responsabili degli Esteri. Sul tavolo soprattutto la questione delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina – su cui i membri della coalizione dei volenterosi stanno discutendo intensamente in queste settimane – e quella del 19esimo pacchetto di misure restrittive contro il Cremlino, che la Commissione vorrebbe presentare a inizio settembre.Dopo aver incontrato Trump in Alaska, lo scorso 15 agosto, il presidente russo Vladimir Putin ha puntato i piedi per rallentare i progressi diplomatici verso una soluzione negoziale della guerra in corso da oltre tre anni e mezzo, reiterando i dubbi già manifestati diverse volte sulla legittimità di Zelensky (il suo mandato è tecnicamente scaduto nel maggio 2024, ma non si possono convocare elezioni finché è in vigore la legge marziale) e bollando come irricevibile la presenza di truppe Nato in Ucraina, uno degli elementi centrali della cosiddetta “forza di rassicurazione” europea che gli alleati di Kiev stanno cercando di definire in una frenetica girandola di riunioni sulle due sponde dell’Atlantico.

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    Gli alleati di Kiev cercano la quadra sulle garanzie di sicurezza. Doccia fredda da Mosca sul bilaterale Putin-Zelensky

    Bruxelles – Sono giorni frenetici per i partner occidentali dell’Ucraina, che stanno cercando di far accelerare la macchina diplomatica per raggiungere una soluzione negoziata della guerra con la Russia, nonostante le richieste del Cremlino rimangano irricevibili per Kiev. Nell’attesa di un faccia a faccia tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin, gli alleati transatlantici stanno discutendo di quali garanzie di sicurezza fornire al Paese aggredito una volta cessate le ostilità.Dopo lo storico incontro alla Casa Bianca tra Donald Trump e una mezza dozzina di leader europei, incluso Volodymyr Zelensky, i responsabili politici e militari della Nato e della coalizione dei volenterosi si sono confrontati in una serie di riunioni per provare a definire la forma concreta che potrebbero prendere le famigerate garanzie di sicurezza promesse tante volte a Kiev in termini fumosi.Stando alle ricostruzioni circolate sulla stampa internazionale, nella giornata di ieri (21 agosto) i capi di Stato maggiore degli alleati transatlantici hanno presentato ai rispettivi consiglieri per la sicurezza nazionale diverse opzioni, di cui cominciano ad emergere alcuni dettagli parziali. L’unica cosa certa, a questo punto delle discussioni, è che i Paesi del Vecchio continente dovranno fare “la parte del leone“, come sottolineato ripetutamente dall’amministrazione a stelle e strisce.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)Per quanto Trump abbia espresso disponibilità a partecipare alle garanzie di sicurezza per l’Ucraina (un esito tutt’altro che scontato e dipinto dalle cancellerie del Vecchio continente come un grande successo), il tycoon ha messo in chiaro che Washington non manderà truppe, rimanendo ambiguo rispetto al tipo di supporto che gli Stati Uniti potranno fornire una volta cessate le ostilità sul campo.Ora, pare che gli europei stiano chiedendo allo zio Sam di continuare a condividere le preziose informazioni d’intelligence e, soprattutto, di garantire una qualche forma di copertura aerea. Che potrebbe declinarsi in vari modi: attraverso l’impiego diretto di piloti statunitensi, ad esempio, per facilitare eventuali operazioni di terra oppure per mettere in piedi una no-fly zone nei cieli ucraini, ma anche tramite la fornitura di ulteriori sistemi antiaerei a Kiev. Un’ulteriore ipotesi potrebbe comportare il comando Usa della missione terrestre europea.Nel solco delle discussioni che si protraggono da mesi, ad ogni modo, il nodo più delicato rimane l’invio di truppe in Ucraina. Secondo alcune stime, per proteggere un’eventuale tregua saranno necessarie svariate decine di migliaia di soldati (nell’ordine dei 30-40mila come minimo), che dovrebbero rimanere stazionati in Ucraina nel medio-lungo periodo ed essere pronti a intervenire tempestivamente in caso di necessità.Al momento attuale, tuttavia, solo la Francia sembra disposta a schierare un proprio contingente in Ucraina. Tra le altre potenze militari europee, l’Italia ha chiuso da tempo la porta a quest’opzione (a meno che non se ne parli all’interno di una cornice Onu), in Germania la discussione è accesissima (in ogni caso la Bundeswehr è tutt’altro che in buona salute), e persino il Regno Unito starebbe riconsiderando l’impiego di truppe, che pareva certo fino a poco tempo fa. La Polonia, tra i più fervidi alleati di Kiev, non intende sguarnire le sue frontiere orientali con la Bielorussia e l’exclave russa di Kaliningrad.Il presidente francese Emmanuel Macron (foto via Imagoeconomica)Di sicuro, tutti concordano nel considerare l’esercito ucraino la “prima linea” fondamentale per respingere una potenziale nuova aggressione. A questo obiettivo mirano in effetti gli aiuti militari e finanziari occidentali, e in tre anni e mezzo di guerra le forze armate di Kiev hanno aumentato sensibilmente la loro preparazione mentre l’industria bellica nazionale ha fatto progressi sostanziali, come dimostra il nuovo missile balistico Flamingo con gittata di 3mila chilometri.Ma è proprio sulla “forza di rassicurazione” internazionale che rischia di impantanarsi tutto, dal momento che il Cremlino si oppone nettamente alla presenza di truppe dell’Alleanza in Ucraina. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha dichiarato nei giorni scorsi che Mosca vuole essere consultata nella definizione delle garanzie di sicurezza per Kiev, e si è addirittura spinto a suggerire che tra i garanti della pace dovrebbero esserci i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, incluse la Cina e, appunto, la Russia.A proposito del Cremlino, in queste ore stanno circolando anche le precise richieste avanzate da Vladimir Putin durante il suo faccia a faccia con Trump ad Anchorage, in Alaska, lo scorso 15 agosto. Per porre fine alla propria aggressione, Mosca esige che Kiev ceda definitivamente la Crimea e l’intero Donbass alla Federazione (quest’ultimo, costituito dalle oblast’ di Donetsk e Luhansk, è occupato solo parzialmente dai russi), rinunci per sempre all’ingresso nella Nato, mantenga uno status di neutralità permanente e non ospiti sul proprio territorio truppe occidentali.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Difficilmente la leadership ucraina potrà accettare tutti i desiderata di Putin, che pure ha ridimensionato le sue ambizioni rispetto all’anno scorso. All’epoca voleva anche le oblast’ di Kherson e Zaporizhzhia (anch’esse parzialmente occupate e, come Donetsk e Luhansk, annesse unilateralmente con un referendum farsa nel settembre 2022). Ora, lo zar sarebbe disposto a “congelare” il fronte in queste due regioni lungo l’odierna linea di contatto e a ritirare le proprie truppe da alcune aree nei dintorni di Kharkiv, Sumy e Dnipropetrovsk.Se è prevedibile che Kiev non aderisca all’Alleanza nell’immediato futuro (stante l’opposizione di svariati membri, a partire dagli Usa), Zelensky ha detto chiaro e tondo che qualunque cessione territoriale andrà discussa al massimo livello tra lui e Putin. Da giorni si parla di un possibile bilaterale tra i leader dei Paesi belligeranti, cui dovrebbe dar seguito un trilaterale con Trump, per raggiungere un accordo di pace complessivo. Finora, i tre round di colloqui tra Russia e Ucraina non hanno portato ad alcun progresso in tal senso.Del resto, lo stesso Lavrov nelle scorse ore ha raffreddato gli entusiasmi, avvertendo che per arrivare ad un simile risultato servirà una meticolosa preparazione e reiterando i dubbi sulla legittimità del presidente ucraino, il cui mandato è scaduto nel maggio 2024 (la legge marziale in vigore nel Paese impedisce tuttavia di tenere nuove elezioni). Mosca, insomma, non ha alcuna fretta e può permettersi di prendere in giro ancora un po’ il presidente statunitense e la sua megalomania, a partire dal disattendere l’ennesimo ultimatum di due settimane fissato dal tycoon.

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    Starmer non riesce a convincere Trump a impegnare truppe in Ucraina

    Bruxelles – C’è un grande via vai in questi giorni alla corte di Donald Trump. Dopo Emmanuel Macron, ieri vi si è recato per rendere omaggio Keir Starmer, e oggi pomeriggio sarà il turno di Volodymyr Zelensky. Ma “re Donald” non sembra lasciarsi impressionare granché dalle richieste di quelli che dovrebbero essere i suoi alleati più stretti. Così, nemmeno il pellegrinaggio del premier britannico pare aver prodotto risultati concreti. Almeno sul dossier più scottante tra quelli che si affollano sulla scrivania dello Studio ovale: quello del conflitto in Ucraina.Come si conviene ad un vassallo che visita il suo feudatario, così l’inquilino di Downing Street ha varcato la soglia della Casa Bianca assicurandosi di non presentarsi a mani vuote. Tra le regalie offerte al padrone di casa, il primo ministro britannico ha portato anzitutto un invito personale di Sua Maestà re Carlo III a Trump per una seconda visita di Stato nel Regno Unito (dopo quella della regina Elisabetta II nel 2019), un avvenimento “senza precedenti”.A dimostrazione della buona fede di Londra e dell’impegno del suo governo sulla questione sicurezza, Starmer ha poi messo sul tavolo la recentissima decisione di portare il bilancio per la difesa dall’attuale 2,3 al 2,5 per cento del Pil, anticipando al 2027 il target inizialmente previsto per il 2030. Musica per le orecchie del presidente, che fin dal suo primo mandato non si stanca di ripetere che gli europei devono assumersi la responsabilità della sicurezza nel Vecchio continente.The bond between the UK and the US couldn’t be stronger.Thank you for your hospitality, @POTUS. pic.twitter.com/tcAtp2hzCY— Keir Starmer (@Keir_Starmer) February 27, 2025Del resto, quel monito sta venendo preso sempre più seriamente dalle cancellerie di qua dell’Atlantico, come dimostrano i frenetici summit che si susseguono in queste settimane – dopo la doppietta parigina, un terzo vertice è in calendario per dopodomani (2 marzo) a Londra – dedicati proprio al tema della difesa continentale. Qualcuno, come il cancelliere tedesco in pectore Friedrich Merz, immagina addirittura una potenziale alleanza militare europea che possa assumere vita propria rispetto alla Nato.Probabilmente una chimera, almeno nell’immediato futuro. Ma queste fughe in avanti (soprattutto se arrivano da un atlantista incallito come il leader della Cdu) rendono bene la cifra del panico che sta attanagliando l’Europa mentre la nuova amministrazione statunitense procede spedita verso il disgelo con il Cremlino, come dimostrato dai colloqui di Istanbul di ieri tra i diplomatici delle due superpotenze, apparentemente intenzionate a spartirsi (di nuovo) il mondo.Quindi la charme offensive. Il leader britannico si è profuso in lusinghe nei confronti del suo potente (quanto erratico) interlocutore. Seguendo l’esempio offerto lunedì da Macron, anche Starmer si è esibito in un numero di equilibrismo politico. Mostrandosi il più amichevole possibile ma correggendo il tycoon quando quest’ultimo ha ripetuto le osservazioni (false) per cui i Paesi europei avrebbero finanziato Kiev solo tramite prestiti e non, come gli Stati Uniti, con sovvenzioni a fondo perduto. La carota e, se non proprio il bastone, un fuscello gentile.Il presidente statunitense Donald Trump (destra) ospita a Washington il suo omologo francese Emmanuel Macron, il 24 febbraio 2025 (foto via Imagoeconomica)Trump ha “cambiato la conversazione sull’Ucraina”, ha dichiarato davanti alla stampa il primo ministro laburista. Il presidente Usa, dice Starmer, ha aperto “una finestra di enorme opportunità per raggiungere un accordo di pace storico” che ponga fine al conflitto. E ora “vogliamo lavorare con voi” per assicurarci che sia “duraturo”. Ma occorre vedere se tutti intendono la stessa cosa quando parlando di questo fantomatico accordo di pace.Una delle richieste principali del premier britannico – e vero motivo delle regalie – era l’impegno da parte di Washington di fornire una “copertura” (backstop) alle eventuali truppe di peacekeeping europee nell’ex repubblica sovietica. Come Zelensky, Macron e il resto dei leader del Vecchio continente, anche Starmer continua a ripetere che le garanzie di sicurezza di cui Kiev ha bisogno saranno credibili solo se coinvolgeranno anche l’esercito statunitense.Tuttavia, l’impegno delineato da Trump non è esattamente quello che ci si aspetta a Londra, Parigi e Bruxelles. “Avremo molte persone che lavorano” in Ucraina, ha spiegato il tycoon, come conseguenza dell’accordo sulle materie prime critiche che dovrebbe siglare proprio oggi pomeriggio insieme a Zelensky. “È una garanzia di sicurezza“, ha ragionato: “Non credo che qualcuno si prenderà gioco di noi se saremo lì con molti lavoratori”. In fin dei conti, il presidente statunitense si è detto convinto che il suo omologo russo Vladimir Putin “manterrà la sua parola” e rispetterà un cessate il fuoco, quando ne verrà stipulato uno.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: European Council)Ma se ciò non accadesse? Lo zio Sam difenderà i peacekeepers di Sua Maestà, se venissero attaccati? “I britannici sono soldati incredibili”, ha osservato Trump, “e possono prendersi cura di loro stessi“. “Se hanno bisogno di aiuto, io sarò sempre con gli inglesi”, ha poi precisato, ma ribadendo immediatamente che “non hanno bisogno di aiuto“. Non esattamente una rassicurazione per gli alleati europei, che si stanno interrogando sul destino della Nato e sulla deterrenza garantita dall’articolo 5 della Carta atlantica (dove si sancisce il principio della difesa collettiva): “Non credo che avremo motivo” di attivarlo, dice il presidente.Alla fine, dal suo bilaterale, Starmer porta a casa fumose promesse su un futuro accordo commerciale tra Usa e Regno Unito, per rinsaldare la special relationship tra Washington e Londra. Niente di più concreto. Anzi, semmai, l’ennesima conferma che i militari statunitensi non metteranno piede in Ucraina. Ma di questi tempi, in cui gli europei (o meglio i vertici Ue, che Trump ritiene “progettata per ingannare gli Usa“) devono umiliarsi come a Canossa per incontrare qualcuno dell’amministrazione a stelle e strisce, già aver ottenuto udienza alla Casa Bianca è un risultato.