More stories

  • in

    Ue e Francia spingono la Cina a cooperare per “affrontare le sfide globali ed evitare incomprensioni”

    Bruxelles – Geopolitica e relazioni commerciali. Unione Europea e Cina cercano di riprendere le fila di un rapporto spinoso affrontando le due questioni più complesse ancora in cima agenda, nonostante tre incontri in un anno tra la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il leader cinese, Xi Jinping. A dimostrarlo è stato l’atteso vertice trilaterale ospitato a Parigi oggi (6 maggio) dal presidente francese, Emmanuel Macron, in cui è emersa da una parte la necessità di avere “buone relazioni reciproche”, ma dall’altra anche l’urgenza per Bruxelles di “affrontare le distorsioni” provocate da Pechino “con gli strumenti di difesa di cui disponiamo, se necessario”.Da sinistra: il presidente della Francia, Emmanuel Macron, il presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, a Parigi il 6 maggio 2024 (credits: Ludovic Marin / Afp)A mettere tutto questo sul tavolo è stata la presidente della Commissione Ue, che nel suo intervento introduttivo al trilaterale di Parigi ha ricordato quanto “il nostro impegno è fondamentale per garantire il rispetto reciproco, evitare malintesi e trovare soluzioni comuni alle sfide globali“. Proprio per queste ragioni rimane l’interesse a “dimostrare che il nostro impegno è efficace”. In particolare, secondo quanto emerge dalle parole di von der Leyen, “la Cina è importante per l’Unione Europea per affrontare le principali sfide globali“, come per esempio “la lotta congiunta contro il cambiamento climatico e la determinazione a proteggere la biodiversità e ad attuare la governance degli oceani”. Un messaggio identico a quello veicolato nell’incontro nello stesso formato a Pechino nella primavera 2023, ma che rappresenta pur sempre la base di partenza per non esacerbare un rapporto molto delicato con la controparte cinese.Anche dall’ospite francese è emerso uno spirito di cooperazione necessario per affrontare le frizioni comunque innegabili tra le due parti: “La situazione internazionale ha bisogno più che mai di questo dialogo euro-cinese“, ha rivendicato Macron lo sforzo di “tentare di superare le preoccupazioni” attuali e scongiurare una “logica di disaggregazione che sarebbe nefasta sul piano economico”. Da parte sua il presidente Xi Jinping ha parlato di un “rafforzamento del consenso e del coordinamento strategico” tra Unione Europea e Cina, che “come due grandi potenze mondiali devono rimanere partner, perseguire il dialogo e la cooperazione, approfondire la comunicazione e la fiducia reciproca”. Perché le due questioni più cruciali sul tavolo – a cui ancora non è stata trovata una soluzione definitiva – sono non solo enormi nella loro portata, ma anche potenzialmente travolgenti per gli equilibri globali.Dall’Ucraina all’Asia orientaleIl vertice trilaterale tra la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, e il presidente della Francia, Emmanuel Macron, a Pechino il 6 aprile 2023Il primo tema spinoso per i rapporti Ue-Cina è senza dubbio il “funzionamento dell’ordine internazionale basato sulle regole, in un contesto molto turbolento in Europa, in Medio Oriente e in Asia orientale“. Rimangono solo tra le righe le tensioni nello Stretto di Taiwan, mentre trova ampio spazio nelle parole di von der Leyen l’invasione russa dell’Ucraina: “Siamo determinati a fermare la guerra di aggressione e a stabilire una pace giusta e duratura”. Facendo leva su un “interesse comune nella pace e nella sicurezza” e ricordando il “ruolo importante del presidente Xi Jinping nella de-escalation della minaccia nucleare irresponsabile” del Cremlino, l’esortazione a Pechino è sempre quella di “usare tutta la sua influenza sulla Russia” per mettere fine al conflitto. In questo contesto è cruciale soprattutto lo stop totale della fornitura di beni cinesi a duplice uso che finiscono sul terreno di battaglia: “Serve più sforzo, considerata l’enorme minaccia che questa guerra rappresenta sia per l’Ucraina sia per l’Ue, questo tema ha un impatto” sulle relazioni tra l’Unione e Pechino, è l’avvertimento di von der Leyen.Il secondo scenario di instabilità dell’ordine internazionale è quello del Medio Oriente, “che è di enorme preoccupazione per entrambe le parti” e per il quale “non deve essere risparmiato nessuno sforzo per la de-escalation della tensione e per evitare un conflitto più vasto nella regione“. Mentre Israele ha ordinato l’evacuazione di Rafah nella Striscia di Gaza in vista di un’imminente attacco di terra, la numero uno dell’esecutivo Ue ha ribadito la richiesta di un “cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi”, mentre tra Bruxelles e Pechino “lavoriamo per fornire tutto il supporto umanitario possibile e per la soluzione a due Stati”. Quella che anche per Xi Jinping “è l’unica via” per la fine del conflitto in Palestina. Da non sottovalutare è anche la “minaccia diretta dell’Iran”, su cui anche in questo caso “la Cina può giocare un ruolo importante nel limitare la proliferazione irresponsabile dei missili e droni”, ha esortato von der Leyen.Le relazioni economiche Ue-CinaOltre agli scenari di instabilità geopolitica e il differente approccio dei due partner, nessuno nasconde che il tema di maggiore fragilità del rapporto tra Unione Europea e Cina è quello della concorrenza economica e commerciale. “Il nostro volume di scambi quotidiani è di circa 2,3 miliardi di euro al giorno, ma questa relazione è messa a dura prova“, ha ricordato von der Leyen a Xi Jinping, citando “la sovraccapacità indotta dallo Stato, la disparità di accesso al mercato e l’eccessiva dipendenza”. Basti ricordare che negli ultimi dieci anni si è assistito a un graduale squilibrio della bilancia commerciale, con il deficit dell’Unione che si è più che triplicato e ha quasi raggiunto i 400 miliardi di euro nel 2022: “Lo sbilanciamento rimane significativo ed è una questione di grande preoccupazione ma, come abbiamo dimostrato, difenderemo le nostre economie se necessario”.Inevitabile il riferimento ai prodotti che ricevono sussidi statali in Cina – “come i veicoli elettrici o l’acciaio” – e che “stanno sommergendo il mercato europeo”. A Bruxelles sono state avviate una serie di indagini sui sussidi di Pechino, a partire proprio dalle auto elettriche, per cui la Commissione Ue potrebbe imporre dazi provvisori nel caso in cui siano riscontrate sovvenzioni illegali lungo le catene del valore. “La Cina continua a sostenere massicciamente il settore manifatturiero e questo, combinato con la domanda interna che non aumenta, fa sì che il mondo non possa assorbire la produzione cinese”, è l’attacco di von der Leyen, che ha reso nota la richiesta al governo cinese di “affrontare questa sovraccapacità”, mentre nel frattempo “ci coordineremo con i Paesi del G7 e con le economie emergenti che devono affrontare le distorsioni” provocate dalla politica economica e commerciale di Pechino. Ma il leader cinese ha tagliato corto, sostenendo che “il problema della sovraccapacità non esiste” in Cina.Tuttavia questo tema riguarda da vicino l’Unione e il suo Mercato interno, dal momento in cui “l’accesso ai mercati deve essere reciproco“, e l’approccio al momento è quello di “discutere come arrivare a progressi effettivi”, mentre “facciamo uso dei nostri strumenti di difesa, se necessario”. A dimostrarlo è la decisione dello scorso 24 aprile di lanciare la prima indagine attraverso lo Strumento per gli appalti internazionali nel mercato dei dispositivi medici: “Non possiamo accettare pratiche che distorcono il mercato e che possono portare alla deindustrializzazione qui in Europa“. E infine la questione delle catene di approvvigionamento, in particolare “l’eccessiva dipendenza” sul piano delle materie prime critiche. È proprio su questo fronte che la numero uno della Commissione rivendica il successo del nuovo approccio delineato all’inizio del 2023: “Abbiamo negoziato diversi accordi con molti Paesi terzi da cui otteniamo materie prime critiche, questo è il de-risking nella pratica“, ha ricordato von der Leyen, salutando il vertice trilaterale con un messaggio per il futuro: “Il nostro mercato rimane aperto alla concorrenza equa e agli investimenti, non è un bene per l’Europa se danneggia la nostra sicurezza e ci rende vulnerabili”.

  • in

    Macron si prepara ad accogliere Xi Jinping (e von der Leyen). Nuovo round di colloqui dopo Pechino

    Bruxelles – Tra Parigi, Berlino e Bruxelles sono iniziati i preparativi per un evento tanto atteso quanto imprevedibile per il risultato finale. Lunedì (6 maggio) il presidente francese, Emmanuel Macron, ospiterà insieme alla numero uno della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a Parigi il presidente della Cina, Xi Jinping, in una riedizione del trilaterale andato in scena a Pechino nell’aprile dello scorso anno. Ancora una volta il leader cinese proverà a far leva sulle divergenze tra i 27 Paesi membri sull’approccio verso Pechino – in particolare Francia e Germania – per spingere i propri interessi nazionali, partendo dai due temi più rilevanti sul tavolo dell’Eliseo: la guerra russa in Ucraina e le indagini Ue sui sussidi statali per i veicoli elettrici.Da sinistra: il presidente francese, Emmanuel Macron, e il cancelliere tedesco, Olaf ScholzNon è un caso se ieri sera (2 maggio) proprio il presidente francese Macron si è incontrato in modo informale a Parigi con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, per cercare un confronto onesto sui rispettivi approcci nei confronti di Pechino, prima dell’inizio del tour europeo di Xi Jinping (che lo porterà anche in Serbia e in Ungheria la prossima settimana). Lo scorso 16 aprile la visita del cancelliere tedesco in Cina aveva sollevato alcune perplessità, non tanto per la visita in sé quanto per la decisione di non affrontare con la controparte cinese i due temi più spinosi per i Ventisette. In primis le indagini di Bruxelles su una serie di beni ampiamente sovvenzionati dallo Stato cinese che rischiano di turbare il Mercato unico dell’Unione: uno su tutti le auto elettriche, per cui la Commissione Ue potrebbe imporre dazi provvisori nel caso in cui siano riscontrate sovvenzioni illegali lungo le catene del valore dei veicoli elettrici a batteria in Cina.Il vertice trilaterale tra la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, e il presidente della Francia, Emmanuel Macron, a Pechino (6 aprile 2023)È passato un anno dal trilaterale Macron-von der Leyen-Xi Jinping a Pechino, ma la strategia di de-risking dell’Unione Europea dalla Cina sembra essere appena alle battute iniziali. “Dobbiamo affrontare le soluzioni attraverso il dialogo e la diplomazia” e puntare su “una strategia di de-risking, cioè focalizzarci sui rischi specifici, ma anche apprezzare il fatto che la grande maggioranza dei beni e servizi è priva di rischi”, aveva sottolineato prima e durante il vertice di Pechino la numero uno della Commissione Ue, partendo dall’analisi sui rapporti Ue-Cina divenuta paradigmatica per l’approccio che si vorrebbe seguire a Bruxelles: “Alcune dipendenze commerciali sollevano dei rischi significativi e sappiamo che per alcuni la conseguenza è sganciarsi dalla Cina, ma io dubito che questa sia una soluzione desiderabile o percorribile“. Senza dubbio la questione dei potenziali sussidi anti-concorrenziali – anche nel settore delle turbine eoliche e dei dispositivi medici – non può non essere considerata come il fattore che può creare più frizioni con la controparte cinese, ma allo stesso tempo anche come la cartina tornasole della solidità dell’Unione nell’affrontare una bilancia commerciale che pende nettamente verso Pechino.La seconda linea rossa delle discussioni di lunedì a Parigi sarà senza dubbio la questione della guerra russa in Ucraina e di come l’Ue voglia uno stop totale della fornitura di attrezzature cinesi a duplice uso che stanno sostenendo la controffensiva del Cremlino. Un anno fa erano sul tavolo due proposte di pace – il piano in 10 punti del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e la proposta cinese accolta con grande scetticismo in Europa – e soprattutto le richieste dei due leader europei a Xi Jinping di definire il posizionamento della Cina in qualità di membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: “In quanto tale ha una grande responsabilità e ci aspettiamo che giochi un ruolo importante per promuovere una pace giusta che rispetti la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina“, aveva messo in chiaro senza troppi giri di parole von der Leyen. Quando è passato un anno e molto poco poco a livello diplomatico oltre la telefonata tra i leader ucraino e cinese a fine aprile 2023, il sostegno dei Ventisette a Kiev passerà anche dalla capacità di convincere Pechino ad allentare il sostegno indiretto a Mosca con beni a duplice uso, ovvero quelli venduti per scopi civili ma convertibili dal Cremlino per uso bellico al fronte.

  • in

    Il ‘Triangolo di Weimar’ tra Scholz, Tusk e Macron riparte dal sostegno “unanime” a Kiev. Anche sulle armi

    Bruxelles – Riparte da Berlino, ma soprattutto dal sostegno “unanime” a Kiev, il Triangolo di Weimar tra Germania, Francia e Polonia. “Oggi abbiamo concordato una serie di priorità, tra cui l’immediato approvvigionamento di un numero ancora maggiore di armi per l’Ucraina sull’intero mercato mondiale”, ha annunciato il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, al termine del vertice di oggi (15 marzo) con il presidente francese, Emmanuel Macron, e il primo ministro polacco, Donald Tusk, facendo riferimento al lancio di “una coalizione degli alleati dell’Ucraina per le armi a lungo raggio“.

    Dopo le frizioni delle ultime settimane in particolare tra Scholz e Macron sul tipo di supporto da fornire a Kiev e sulla possibilità di un intervento dei soldati Nato in Ucraina per fronteggiare l’esercito russo, l’alleanza regionale tra Francia, Germania e Polonia si è rinsaldata sotto la bandiera del “non lasciare mai che la Russia vinca” la guerra in Ucraina, ha messo in chiaro Macron in conferenza stampa. Questo tuttavia non implicherà un confronto diretto tra Mosca e i Paesi dell’Unione Europea, almeno nelle intenzioni dei tre leader: “È altrettanto chiaro che non siamo in guerra con la Russia“, ha precisato Scholz, a cui ha fatto eco lo stesso presidente francese, puntualizzando che “non prenderemo mai l’iniziativa di un’escalation“.Anche se, in ogni caso, “vogliamo fare tutto il necessario, a partire da ora, per garantire che la situazione in Ucraina, nelle prossime settimane e mesi, migliori e non si deteriori“, ha sottolineato il premier polacco. Ecco perché “Putin deve sapere che il sostegno dei membri del Traingolo di Weimar a Kiev non verrà meno”, ha insistito ancora Scholz, annunciando che i Paesi europei – quella “coalizione di alleati” di Kiev – acquisteranno un maggior numero di armi per l’Ucraina sul mercato mondiale e aiuteranno Kiev ad aumentare la propria produzione. “Sarà ampliata la produzione di equipaggiamenti militari, anche attraverso la cooperazione con i partner in Ucraina”, ha spiegato Scholz a proposito delle “priorità” discusse oggi a Berlino.

    Da sinistra: il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, il primo ministro polacco, Donald Tusk, e il presidente francese, Emmanuel Macron, a Berlino (15 marzo 2024)In questo contesto giocherà un ruolo decisivo l’aumento dell’impegno nell’ambito dell’Unione Europea, “per il quale abbiamo preso decisioni molto importanti a Bruxelles questa settimana”. Un riferimento al Fondo europeo per la pace che “riceverà 5 miliardi di euro per fornire ulteriore assistenza militare a Kiev quest’anno”, ma anche al rafforzamento della missione Ue di addestramento dei soldati ucraini e all’utilizzo dei profitti “significativi” dei beni russi congelati “per sostenere finanziariamente l’acquisto di carri armati per l’Ucraina”. Infine, per fronteggiare “l’espansionismo imperialista” del Cremlino, sarà costituita una “nuova coalizione di capacità per l’artiglieria missilistica a lungo raggio nell’ambito del formato Ramstein” (il Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina guidato dagli Stati Uniti), i cui dettagli operativi saranno resi noti prossimamente.

  • in

    Macron non sta trovando appoggio all’ipotesi di inviare soldati Nato in Ucraina contro l’esercito russo

    Bruxelles – È la prima volta che il tema dell’invio di soldati Nato sul territorio ucraino diventa un terreno di confronto tra i leader occidentali, ma la possibilità ipotizzata dal presidente francese, Emmanuel Macron, non sta trovando al momento alcuno spiraglio di manovra. Al contrario, a poche ore dalle parole dell’inquilino dell’Eliseo in conferenza stampa al termine della Conferenza di Parigi sul sostegno all’Ucraina, i maggiori alleati Ue e Nato della Francia prendono nettamente le distanze da uno scenario che implicherebbe un confronto diretto tra l’Alleanza Atlantica e la Russia.

    Il presidente della Francia, Emmanuel Macron“La posizione dell’Unione Europea è chiara dall’inizio della guerra, dobbiamo sostenere l’Ucraina per vincere questa guerra di difesa, la maniera e la forma del sostegno specifico militare è una decisione autonoma di competenza sovrana degli Stati membri“, ha ricordato il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano, in un punto con la stampa oggi (27 febbraio) a Bruxelles, sottolineando però con forza che “non c’è alcuna decisione a livello Ue sull’invio di truppe per rafforzare l’esercito ucraino“, anche perché “non c’è un esercito europeo, stiamo discutendo di diverse visioni degli Stati membri”. Stano ha fatto un passo indietro rispetto alla richiesta di commentare le dichiarazioni di ieri sera (26 febbraio) del presidente Macron – “non è nostro compito” – ma ha comunque sostenuto a nome della Commissione Europea l’appello per un “maggiore sostegno con missili a lungo raggio e munizioni, dobbiamo mobilitare di più e più velocemente, perché è ciò di cui hanno bisogno gli ucraini per la difesa”.L’ipotesi di inviare truppe Nato in Ucraina “non è da escludere”, ha ventilato Macron al termine del vertice di ieri in cui si è discusso (senza nessun leader dell’Unione Europea) della futura assistenza all’Ucraina con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, il ministro degli Esteri britannico, David Cameron, il presidente polacco, Andrzej Duda, il primo ministro olandese, Mark Rutte, e altri funzionari europei, statunitensi e canadesi. Il presidente francese ha inserito l’eventualità nel quadro della necessità della sconfitta dell’esercito di Mosca “per la sicurezza e la stabilità in Europa“, anche se ha subito messo in chiaro che “non c’è consenso” su questa ipotesi “in modo ufficiale, scontato e approvato”. Lasciando aperta la porta a un cambio di strategia in futuro se cambieranno gli equilibri, l’inquilino dell’Eliseo non ha risparmiato una critica velata alla Germania di Scholz – “Molti di quelli che dicono ‘Mai, mai’ oggi, sono gli stessi che dicevano ‘Mai carri armati, mai aerei, mai missili a lungo raggio’ due anni fa” – e ha invocato “l’umiltà di constatare che spesso siamo arrivati in ritardo di sei o dodici mesi“. L’obiettivo è comunque chiaro (e condiviso da tutti i leader occidentali) sul fatto che “la Russia non può vincere questa guerra”, ha concluso Macron.Le reazioni alle parole di Macron

    Da sinistra: il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il segretario generale della Nato, Jens StoltenbergDopo le parole di Macro solo il primo ministro francese, Gabriel Attal, si è schierato al fianco del suo presidente – “Non si può escludere niente in una guerra in corso nel cuore dell’Europa” – mentre dalle altre capitali sono arrivate prese di distanza dalla possibilità di un dispiegamento di soldati occidentali in Ucraina per fronteggiare quelli russi. Tra i primissimi a chiudere la porta è stato lo stesso segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg: “Gli alleati stanno fornendo un sostegno senza precedenti all’Ucraina, lo facciamo dal 2014 e lo abbiamo intensificato dopo l’invasione su larga scala, ma non ci sono piani per truppe da combattimento della Nato sul terreno in Ucraina“. Nessuna reazione ufficiale dalla Casa Bianca, ma un funzionario statunitense ha confermato a Reuters che l’opzione non è in discussione a Washington. Per l’Italia è stato invece il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a ribadire che “non siamo in guerra con la Russia e l’invio di truppe in Ucraina darebbe invece questa idea“, invocando “molta prudenza” per non dare adito a fraintendimenti e scatenare un conflitto su più larga scala.

    Netta la risposta del cancelliere tedesco Scholz, che non solo ha sottolineato che la possibilità “non è sul tavolo”, ma ha anche precisato che “c’è consenso” sul fatto che questo principio rimarrà anche “in futuro”. Gli ha fatto eco da Londra il primo ministro britannico, Rishi Sunak, che ha ricordato come “oltre al piccolo gruppo di personale” nel Regno Unito per addestrare i soldati ucraini, “non abbiamo alcun piano per un dispiegamento su larga scala“. Da Madrid il governo spagnolo ha fatto sapere attraverso i propri portavoce che “non è d’accordo” con lo scenario tratteggiato da Macron e che piuttosto “dobbiamo concentrarci sull’accelerare l’invio di armi, l’unità è stata finora l’arma più efficace dell’Unione Europea contro Putin“. La Svezia – che è in procinto di diventare il 32esimo membro Nato fra pochi giorni – allo stesso modo ha evidenziato per voce del suo premier, Ulf Kristersson, che “non c’è richiesta” di Kiev su questo fronte e perciò la “questione non è attuale”. Né la Polonia né la Repubblica Ceca – come hanno confermato i rispettivi primi ministri, Donald Tusk e Petr Fiala – hanno piani per l’invio di soldati in Ucraina, mentre il presidente della Bulgaria, Rumen Radev, ha avvertito che un intervento di questo tipo da parte di un qualsiasi Paese Nato – anche sulla base di un accordo bilaterale – “significa provocare un conflitto globale“.

  • in

    A Bruxelles filtra ottimismo per la telefonata tra Xi Jinping e Zelensky dopo il viaggio di von der Leyen e Macron in Cina

    Bruxelles – Con pazienza, dopo qualche settimana dal viaggio dei presidenti della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e della Francia, Emmanuel Macron, l’Unione Europea inizia a cogliere i frutti del proprio impegno diplomatico. Il presidente cinese, Xi Jinping, ha telefonato ieri (26 aprile) al leader ucraino, Volodymyr Zelensky, aprendo ufficialmente i canali di comunicazione tra Pechino e Kiev. Potrebbe sembrare semplicemente un caso, ma i fatti sono fatti: in oltre un anno di guerra russa l’assenza di un contatto diplomatico tra Cina e Ucraina è sempre stata il grande elefante nella stanza, mentre dopo sole tre settimane dalle pressioni Ue a Pechino si è concretizzata la tanto attesa conversazione di alto livello tra i due leader.
    Da sinistra: il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il presidente della Cina, Xi Jinping (credits: Afp)
    “È un primo passo importante, atteso da tempo, della Cina nell’esercizio delle sue responsabilità di membro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”, è quanto rendono noto i portavoce della Commissione Europea, commentando la notizia della telefonata tra Xi Jinping e Zelensky, in linea con le richieste di von der Leyen e Macron. Questo passo in avanti da parte del presidente cinese viene considerato come un segnale incoraggiante per mettere pressioni sul Cremlino, dopo i timori suscitati dalla visita all’autocrate russo, Vladimir Putin, a Mosca il mese scorso: “Deve usare la sua influenza per indurre la Russia a porre fine alla guerra di aggressione, a ripristinare l’integrità territoriale dell’Ucraina e a rispettare la sua sovranità, come base per una pace giusta”.
    Funzionari Ue parlano esplicitamente di momento “positivo”, perché ora “i canali di comunicazione sono aperti”. Per Bruxelles il dovere morale di Pechino nel fare pressione su Mosca per mettere fine all’invasione russa deriva sempre dal fatto che la Cina è uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e “condivide la responsabilità globale di difendere e sostenere la Carta delle Nazioni Unite e i principi del diritto internazionale”. Ecco perché si guarda con ottimismo all’annuncio di Xi Jinping di voler inviare a Kiev un rappresentante speciale per gli affari eurasiatici, che avrà il compito di analizzare come il testo in 12 punti sui principi politici di Pechino possa convergere con il piano di pace di Zelensky per la pace. A questo proposito le fonti ribadiscono che l’Unione continua a sostenere l’iniziativa del presidente ucraino “per una pace giusta basata sul rispetto dell’indipendenza, della sovranità e dell’integrità territoriale” del Paese invaso dal 24 febbraio dello scorso anno: “Spetta all’Ucraina decidere i parametri futuri di ogni potenziale negoziato“.
    C’è poi la questione nucleare, su cui Pechino è particolarmente sensibile: “Non ci sono vincitori in una guerra nucleare“, ha ribadito Xi Jinping nella telefonata di ieri. Un messaggio chiaramente indirizzato a Putin (e all’Occidente), dal momento in cui l’Ucraina non dispone di armamenti di questo tipo dal 1994. Anche nelle istituzioni comunitarie si guarda a questo aspetto della guerra con grande attenzione e le parole del leader cinese non sono passate inosservate: “L’appello ha avuto luogo nel giorno dell’anniversario del disastro di Chernobyl [l’incidente del 26 aprile 1986 alla centrale nucleare ucraina, allora parte dell’Unione Sovietica, ndr], che sottolinea l’importanza della sicurezza nucleare”, fanno notare i funzionari europei. Una questione che è tornata di stretta attualità non solo per le minacce dell’uso dell’arma nucleare da parte di Mosca, ma soprattutto per le continue “attività militari attorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia”.
    Prima e dopo il confronto von der Leyen-Macron-Xi Jinping
    A Bruxelles il dossier Cina è caldissimo, anche ma non solo per la questione della guerra russa in Ucraina. Per le istituzioni comunitarie è diventato cruciale trovare una via per mantenere aperto il dialogo con Pechino, senza però rendersi dipendenti da un partner/competitor con cui esistono evidenti divergenze sul piano del rispetto della democrazia, dei diritti umani e delle relazioni internazionali. Ecco perché lo scorso 30 marzo la presidente della Commissione Ue von der Leyen ha tenuto un discorso programmatico sulle direttrici strategiche per il riorientamento dei rapporti Ue-Cina, considerato soprattutto lo squilibrio commerciale. Una strategia che si baserà sul de-risking nelle aree in cui non è possibile trovare un’intesa di cooperazione – ma che in ogni caso non implica uno sganciamento di Bruxelles da Pechino – e che è stata ribadita il 6 aprile a Pechino su diversi temi: relazioni economiche, guerra russa in Ucraina e tensioni sullo Stretto di Taiwan.
    Proprio il rischio di un’escalation della tensione tra Cina e Taiwan – che rischierebbe di diventare un nuovo scenario di guerra globale dopo quello nell’Europa orientale – è diventato centrale nel dibattito interno all’Unione Europea, dopo le parole del presidente francese Macron di ritorno dal viaggio a Pechino. “La cosa peggiore sarebbe pensare che noi europei dovremmo essere dei seguaci su questo tema e adattarci al ritmo americano e a una reazione eccessiva della Cina“. Il contesto era quello della necessità di raggiungere una vera autonomia strategica europea (non un’equidistanza tra Washington e Pechino), ma anche nel dibattito al Parlamento Ue della settimana scorsa è emerso più uno scontro tra i gruppi politici sulle parole di Macron che un effettivo ragionamento sulla gestione dei rapporti con la Cina sia sul tema della guerra in Ucraina sia nel caso di uno scivolamento delle tensioni diplomatiche tra Pechino e Taipei verso uno scontro armato.
    A tentare di mettere una pezza sono stati la presidente von der Leyen e l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, che hanno ribadito la necessità di unità contro la “politica di divisione e conquista” cinese e la “ferma opposizione” a qualsiasi cambiamento unilaterale dello status quo nello Stretto di Taiwan, “in particolare attraverso l’uso della forza”. Lo stesso alto rappresentante Ue ha esortato le marine europee a “pattugliare lo Stretto, per dimostrare l’impegno dell’Europa a favore della libertà di navigazione in quest’area assolutamente cruciale per il commercio globale”. Ad agitare nuovamente i rapporti tra Pechino e Bruxelles è stato però l’ambasciatore cinese in Francia, Lu Shaye, che ha messo in discussione la sovranità dei Paesi dell’ex-Unione Sovietica, inclusi quelli oggi parte dell’Ue (Estonia, Lettonia e Lituania). Ecco perché a Bruxelles si stanno iniziando a preparare le discussioni tra i 27 capi di Stato e di governo al Consiglio di giugno, quando si dovrà “rivalutare e ricalibrare la nostra strategia verso Pechino“, ha anticipato il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel.

    Fonti Ue precisano che si tratta di “un primo passo importante, atteso da tempo” e che è stato al centro delle discussioni dei due leader europei con il presidente cinese a Pechino: “Deve usare la sua influenza per indurre la Russia a porre fine alla sua guerra di aggressione in Ucraina”

  • in

    Von der Leyen e Borrell cercano di serrare le fila Ue tra Cina e Taiwan. Ma all’Eurocamera scoppia la polemica su Macron

    Bruxelles – Divide et impera. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, sono certi che la Cina stia giocando una partita diplomatica sottile, sfruttando le crepe nell’unità degli Stati membri e delle famiglie politiche europee per quanto riguarda i rapporti dell’Unione con Pechino, la posizione su Taiwan e la strategia per arrivare all’ormai inflazionato concetto della ‘autonomia strategica’. Una tattica che si starebbe sviluppando sull’onda lunga delle polemiche scatenate dalle parole del presidente francese, Emmanuel Macron, di ritorno dal viaggio a Pechino proprio con la numero uno della Commissione Ue lo scorso 6 aprile.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, alla sessione plenaria del Parlamento Europeo (18 aprile 2023)
    “Negli ultimi giorni e settimane abbiamo già visto queste tattiche in azione“, è stato l’avvertimento lasciato tra le righe dalla presidente von der Leyen nel corso del suo intervento di oggi (18 aprile) alla sessione plenaria del Parlamento Ue a Strasburgo nel dibattito sulla strategia per le relazioni Ue-Cina. Il riferimento è alla necessità di “una forte politica europea sulla Cina, che si basa su un coordinamento tra gli Stati membri e le istituzioni dell’Ue” – come affermato nel discorso programmatico del 30 marzo – e alla “volontà di evitare le tattiche di divisione e conquista che sappiamo di dover affrontare“. Divide et impera, appunto. “È ora che anche l’Europa passi all’azione, è il momento di dimostrare la nostra volontà collettiva e mostrare l’unità che ci rende forti”, ha provato a esortare l’emiciclo dell’Eurocamera la leader dell’esecutivo comunitario.
    La posizione di von der Leyen sulle sfide portate dalla Cina è netta, nel tentativo di compattare i gruppi politici e mettersi alla testa di un’Unione che non parli con diverse voci contrastanti. “Il punto di partenza è la necessità di avere un quadro condiviso e chiaro dei rischi e delle opportunità“, ha messo in chiaro agli eurodeputati la presidente della Commissione: “Questo significa riconoscere e dire chiaramente che le azioni del Partito Comunista Cinese sono ormai al passo con l’indurimento della postura strategica complessiva negli ultimi anni”. Non solo le “dimostrazioni di forza militare” nel Mar Cinese Meridionale e Orientale, o al confine con l’India, ma anche la questione di Taiwan. “La politica dell’Ue di ‘una sola Cina’ [il principio secondo cui esiste un solo Stato-nazione nel mondo sotto il nome di Cina, ndr] è di lunga data”, ha ricordato von der Leyen, ma questo non cambia il fatto che “abbiamo sempre chiesto pace e stabilità nello Stretto di Taiwan e ci opponiamo fermamente a qualsiasi cambiamento unilaterale dello status quo, in particolare attraverso l’uso della forza“.
    L’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, alla sessione plenaria del Parlamento Europeo (18 aprile 2023)
    Sulla stessa linea d’onda l’alto rappresentante Borrell, riferendosi proprio alla questione delle tensioni tra Cina e Taiwan. “Stiamo parlando dello Stretto più strategico al mondo, dobbiamo essere presenti per difendere la libertà di commercio”, ha sottolineato con forza intervenendo di fronte agli eurodeputati. Non si tratta solo di “una questione morale nell’essere contrari all’uso della forza”, ma anche di una fredda valutazione sul fronte economico: “Sarebbe gravissimo per la produzione dei semiconduttori a Taiwan“. E poi c’è il tema del ruolo dell’Unione Europea come “potenza geopolitica”, che per Borrell implica il fatto di “essere presenti in tutte le regioni del mondo, per difendere i nostri interessi”. Ecco perché è necessario fare un “appello alla calma” tra Pechino e Taipei, ha concluso Borrell: “Bisogna tornare a uno status quo nel perimetro strategico dell’Ue e non gettare benzina sul fuoco, sono sicuro che tutti i Paesi Ue saranno d’accordo“.
    [embedded content]
    La bagarre al Parlamento Ue sulle parole di Macron su Cina e Taiwan
    Ma quel senso di unità auspicato da von der Leyen e Borrell non si è manifestato nemmeno a pochi minuti dalla fine dei due interventi, quando i presidenti dei gruppi politici al Parlamento Ue si sono succeduti di fronte all’emiciclo per esprimere il proprio punto di vista sulle relazioni tra Bruxelles e Pechino. A scatenare le polemiche tra gli eurodeputati sono state le accuse contro Macron da parte del presidente del Partito Popolare Europeo (Ppe), Manfred Weber (dopo aver tentato invano di far passare un titolo per la discussione sulle relazioni Ue-Cina incentrato proprio sui “danni” provocati dal presidente francese). “È ingenuo dire che Taiwan non è una nostra questione“, è stato l’attacco di Weber, facendo esplicito riferimento alle affermazioni “sciocche” dell’inquilino dell’Eliseo a proposito della possibilità per l’Ue di non essere coinvolta in un conflitto tra Pechino e Taipei. “Per l’economia europea Taiwan è essenziale, e chi la attacca vuole distruggere l’essenza democratica” su cui si basa l’Unione: “Chi non è chiaro da questo punto di vista tradisce gli interessi e i valori europei” e Macron “ha intaccato l’unità dell’Ue”.
    Durissima la risposta del presidente del gruppo di Renew Europe, Stephan Séjourné: “Weber non si è accorto che il titolo della discussione è diverso, ma in ogni caso non ricorda che con i governi di partiti affiliati al Ppe sono aumentate le dipendenze strategiche dalla Cina“. Anche la leader del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D), Iratxe García Pérez, si è scagliata contro il collega popolare: “In questo nuovo ruolo di leader dell’opposizione, per Weber è indifferente criticare tutti i leader europei, da Macron a Scholz, ma mai quelli dell’estrema destra, attenzione che magari un giorno criticherà anche von der Leyen”. Il presidente del gruppo dei Verdi/Ale, Philippe Lamberts, ha invece preso di mira “l’ingenuità mercantilistica che abbia avuto nei confronti della Cina, come se un commercio senza limiti avrebbe potuto portare la democrazia a Pechino”, mentre l’omologo del gruppo di Identità e Democrazia (ID), Marco Zanni, ha definito Macron “il più grande sovranista e nazionalista d’Europa, che è andato in Cina e ha portato a casa ricchi contratti e accordi per le aziende francesi”.
    A tentare di smorzare le polemiche su Macron e riprendere le fila di un’unità difficile sulla questione cinese è stato l’alto rappresentante Borrell, in chiusura del dibattito durato tre ore. “Ho letto con molta attenzione il discorso dove ha sviluppato il concetto di autonomia strategica, ci ho trovato molte idee europeiste che condivido“, ha puntualizzato di fronte agli eurodeputati, esortandoli a “evitare ulteriori cacofonie” e “lavorare insieme sulla politica di sicurezza, perché il Parlamento Europeo svolge un ruolo importante”. La strategia dell’Unione “non si contraddice con la Nato e non cerca alternative agli Stati Uniti”, ha ribadito con forza Borrell: “Si tratta di rendere la comunità transatlantica più forte, se lo saremo anche noi, perché Stati Uniti e Nato non possono risolvere tutte le nostre crisi“.

    Nei rispettivi interventi alla plenaria del Parlamento Ue è stata ribadita la necessità di unità tra i Ventisette nell’affrontare la tattica di Pechino di “divisione e conquista”. Le accuse del presidente del Ppe, Manfred Weber, al leader francese riaccendono però la bagarre tra eurodeputati

  • in

    Le tensioni Cina-Taiwan preoccupano Ue e Germania. E il Ppe vuole un dibattito al Parlamento Ue sulle parole di Macron

    Bruxelles – Il passo falso del presidente francese, Emmanuel Macron, nella sua lunga disamina dei rapporti tra Ue, Cina e Stati Uniti è arrivato su una questione spinosa, che difficilmente l’inquilino dell’Eliseo poteva sperare passasse inosservata: quella che ha al centro Taiwan e la crescente aggressività cinese nello Stretto che separa la piccola isola dalla superpotenza geopolitica. E se lo stesso Macron auspica che l’Europa non segua “il ritmo scelto da altri”, la reazione sul continente è invece di irrigidimento di fronte al rischio di disinteresse verso una nuova violazione dell’integrità territoriale di uno Stato sovrano. Anche a quasi 10 mila chilometri di distanza da Bruxelles.
    Taipei, Taiwan (credits: Jameson Wu / Afp)
    “La cosa peggiore sarebbe pensare che noi europei dovremmo essere dei seguaci su questo tema e adattarci al ritmo americano e a una reazione eccessiva della Cina”, è stato il commento di Macron sulla questione relativa a Taiwan, di ritorno dal viaggio di Stato in Cina della scorsa settimana insieme alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Parole piuttosto divisive, che arrivano in corrispondenza del doppio annuncio di Pechino dell’interdizione per domenica (16 aprile) alla navigazione e dell’istituzione di una no-fly zone per circa 30 minuti – a causa della “caduta di detriti di razzi” – in un’area a nord di Taiwan che costituisce un punto di snodo importante per le tratte verso Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud.
    “Gli europei vogliono un’Unione Europea forte e autonoma e gli Stati Uniti l’hanno sempre sostenuta. L’Ue sostiene una Taiwan libera e sovrana come un’Ucraina libera e sovrana? Assolutamente sì“, è il commento dell’ex-premier belga ed eurodeputato di Renew Europe, Guy Verhofstadt. Più duro il presidente del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber, che ha definito quanto affermato dal leader francese “una falsa partenza per un dibattito urgente sulle relazioni dell’Europa con la Cina”, proprio per aver “diviso l’Occidente e rafforzato i nostri concorrenti autocratici”. Per questo motivo il Ppe ha chiesto un dibattito in sessione plenaria del Parlamento Ue “per valutare i danni e trovare un modo più costruttivo di procedere”. La sponda arriva anche dal gruppo Identità e Democrazia: “Ben venga la richiesta di un dibattito in Aula sulle sciagurate parole di Macron su Cina e Taiwan”, ha attaccato la leghista Anna Bonfrisco. Un dibattito sulla Cina comunque è già previsto dall’agenda della plenaria per martedì mattina (18 aprile) e la presidente del gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D) al Parlamento Ue, Iratxe García Pérez, ha ricordato che “è più importante che mai affrontare le politiche interne e internazionali della Cina con una strategia europea coerente, efficace e olistica”. Questione di Taiwan inclusa.

    Il viaggio in Cina con l’occhio a Taiwan
    Chi è già impegnata invece a tentare di mettere una pezza e ribadire la posizione europea sui rapporti tra Cina e Taiwan è la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, in visita oggi (13 aprile) a Pechino. Un viaggio a cui si sarebbe dovuto aggregare anche l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ma lo stop è arrivato all’ultimo dopo il test Covid-19 positivo dello stesso Borrell. “Partner, concorrente, rivale sistemico: questa è la bussola della politica europea sulla Cina“, ha messo in chiaro la ministra tedesca in una nota. “La direzione in cui si sposterà il quadrante in futuro dipende anche dalla strada scelta dalla Cina”, con particolare attenzione rispetto “all’equilibrio tra controllo politico e apertura economica”.
    A proposito del nodo Taiwan, Baerbock si farà portavoce della “comune convinzione europea che un cambiamento unilaterale dello status quo nello Stretto di Taiwan, e soprattutto un’escalation militare, sarebbe inaccettabile“. Parole nette e diverse – anche se non in contraddizione – rispetto a quelle del presidente francese Macron. Il tema sarà affrontato nell’ambito dell’esame dei “rischi delle dipendenze unilaterali” per una loro riduzione, “nel senso del de-risking” già esposto da von der Leyen prima del viaggio a Pechino: “Ciò è particolarmente vero alla luce del terrificante scenario di un’escalation militare nello Stretto di Taiwan, attraverso il quale transita ogni giorno il 50 per cento del commercio mondiale“. Non a caso la ministra tedesca nella sua dichiarazione fa esplicito riferimento alla Corea del Sud come “stretto alleato che sta saldamente al nostro fianco”, nonostante la distanza geografica. Ecco perché con Pechino dovrà essere affrontata la più grande questione del “comune interesse per la stabilità regionale nell’Indo-Pacifico, che di recente è stata seriamente minacciata dai test missilistici della Corea del Nord in violazione del diritto internazionale”.

    La ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, a Pechino per ribadire la necessità di preservare lo status quo nello Stretto che separa l’isola da Pechino. La maggioranza dei gruppi politici al Parlamento Ue contraria a rivedere i rapporti con Taipei

  • in

    L’autonomia strategica Ue della discordia. Macron divide l’Europa sui rapporti con Cina e Stati Uniti

    Bruxelles – Si accende in Europa il tema della sovranità dell’Ue, sulle strategie, sui partner e sulle direttrici da seguire. Il tutto sullo sfondo delle accese polemiche sulle parole proprio su questo tema del presidente francese, Emmanuel Macron, di ritorno dal viaggio di Stato in Cina. Un’Europa come “terzo polo” tra Washington e Pechino non piace a tutti, soprattutto quando si parla di un ripensamento dei rapporti anche con il principale partner dell’Ue, gli Stati Uniti. Eppure la visione dell’inquilino dell’Eliseo sembra essere non tanto una provocazione o un tentativo di rendere equidistante il continente dalle due superpotenze, quanto un ri-orientamento strategico dell’Unione per non far dipendere le proprie scelte di politica estera, energetica ed economica del futuro da vincoli da un solo attore geopolitico.
    l vertice trilaterale tra la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, e il presidente della Francia, Emmanuel Macron, a Pechino (6 aprile 2023)
    Il tutto nasce dalle parole del presidente francese riportate da Politico, da cui emerge un’idea di svincolarsi dalla dipendenza anche rispetto agli Stati Uniti, in particolare su questioni spinose come lo scontro tra blocchi e i rapporti tra Cina e Taiwan. Secondo il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, la posizione del leader francese non sarebbe un unicum tra i Ventisette, anche se “al tavolo del Consiglio possono esserci sfumature e sensibilità”. Tra i 27 capi di Stato e di governo “alcuni non direbbero le cose nello stesso modo in cui le ha dette Macron”, ma in ogni caso “credo che non pochi la pensino davvero come Macron“, ha confessato Michel alla trasmissione Faute à l’Europe. Lo stesso numero uno del Consiglio Ue si è detto d’accordo sul fatto che “c’è un grande attaccamento alla nostra alleanza con gli Stati Uniti, ma questo non presuppone che noi seguiamo ciecamente la posizione degli Stati Uniti su tutte le questioni“.
    Tra i favorevoli sicuramente non c’è il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki: “Invece di costruire un’autonomia strategica dagli Stati Uniti, propongo un partenariato strategico”, ha commentato seccamente le parole del leader francese, in partenza per Washington. Riprendendo le parole del premier ungherese, Viktor Orbán, il suo direttore politico, Balázs Orbán, ha sostenuto la linea opposta: “Attualmente l’Ue sta adottando acriticamente la posizione degli Stati Uniti, presentando gli interessi americani come interessi europei, è proprio per questo che oggi l’Europa è uno dei perdenti della guerra in Ucraina”. Di ritorno dal viaggio a Pechino con Macron, ha tenuto una linea più discreta la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che non si è esposta direttamente sui retroscena dell’incontro con il presidente cinese, Xi Jinping. “Il protocollo riservato ai due leader è stato differente, perché Macron era in visita di Stato mentre von der Leyen in una visita di lavoro di alto livello”, ha puntualizzato il portavoce-capo dell’esecutivo comunitario, Eric Mamer: “L’obiettivo era partecipare all’incontro trilaterale e in quell’occasione dare un messaggio comune alla Cina”. Anche l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si sarebbe dovuto recare a Pechino da domani a sabato, ma il viaggio è stato annullato all’ultimo dopo il test Covid-19 positivo dello stesso Borrell.
    La sovranità economica secondo Macron
    Per Macron l’obiettivo rimane comunque costruire una sovranità economica europea e, per raggiungerlo, “l’Europa ha smesso di essere ingenua, ora può difendere i suoi interessi, i suoi valori e la sua indipendenza”, ha esordito in un tweet programmatico. “Stiamo lavorando per creare condizioni di parità per le nostre imprese, affinché i Paesi terzi rispettino standard ambiziosi e valori universali”, in un progetto di “un’Europa che difende i propri interessi e valori, che mantiene il controllo del proprio destino, che crea posti di lavoro e che porta a termine con successo la transizione climatica”.
    Il presidente della Francia, Emmanuel Macron
    In primis, “la forza dell’Europa è il suo Mercato unico“, ha puntualizzato il presidente francese, facendo riferimento all’impegno per “far emergere attori forti che incarnino la nostra sovranità, innovando, riformando, rafforzando i nostri sistemi di istruzione e formazione, mobilitando i capitali in modo più efficace”. Parallelamente “far progredire la politica industriale europea significa proteggere meglio le nostre imprese“, attraverso una “strategia di lotta alle distorsioni della concorrenza, di riduzione delle dipendenze strategiche e di protezione della proprietà intellettuale”. Tra le direttrici principali ci sono il Net-Zero Industry Act, “ci permetterà di accelerare lo sviluppo delle nostre industrie che contribuiscono alla transizione climatica, semplificando le nostre regole e procedure”, e l’European Chips Act: “Essendo un settore così essenziale per le nostre industrie, le nostre economie e le nostre società, l’Europa doveva investire nei semiconduttori del futuro”.
    Sul fronte dei rapporti con i partner “faremo in modo che, per accedere al Mercato europeo, i produttori dei Paesi terzi siano soggetti alle stesse regole di produzione di quelli dell’Unione” – come misura per tutelare i consumatori sugli standard dei prodotti e le aziende dalla concorrenza sleale – e “in ogni negoziato commerciale dovremo integrare criteri di sostenibilità come il rispetto dell’Accordo di Parigi e la conservazione della biodiversità, l’equità, l’equilibrio, la compatibilità con i nostri interessi strategici”, ha aggiunto lo stesso Macron.

    La souveraineté économique de notre Europe.
    C’est notre objectif.
    Pour l’atteindre, l’Europe a cessé d’être naïve. Elle peut désormais défendre ses intérêts, ses valeurs et son indépendance.…
    — Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) April 12, 2023

    Le parole di Macron sull’Europa “terzo polo”
    “Per troppo tempo l’Europa non ha costruito questa autonomia strategica, oggi la battaglia ideologica è stata vinta, ma non vogliamo entrare in una logica di blocco contro blocco“, ha messo in chiaro Macron di fronte alla stampa a bordo dell’aereo presidenziale che l’ha riportato a Parigi dopo la visita di Stato a Pechino. In particolare nell’intervista pubblicata da Les Echos, emerge chiaramente il pensiero dell’inquilino dell’Eliseo a proposito dell’attuazione dell’autonomia strategica: “La trappola per l’Europa sarebbe che, nel momento in cui ottiene un chiarimento della sua posizione, si trovi coinvolta in uno sconvolgimento del mondo e in crisi che non sono nostre”.
    Il presidente della Francia, Emmanuel Macron (credits: Ludovic Marin / Afp)
    A proposito dell’invasione russa in Ucraina, Macron ha insistito sul fatto che “lo scopo del dialogo con la Cina è consolidare approcci comuni”, a partire dal “sostegno ai principi della Carta delle Nazioni Unite” e il “chiaro richiamo” sull’arma nucleare e sul rispetto del diritto umanitario, fino all’impegno per “una pace negoziata e duratura”. E nonostante l’Ucraina non rappresenti una priorità per la diplomazia cinese “questo dialogo ci permette di temperare i commenti che abbiamo sentito su una forma di compiacimento nei confronti della Russia“, ha insistito Macron. Allargando il quadro, tuttavia, Pechino è interessata che l’Europa si ritagli un ruolo di terzo attore non legato agli Stati Uniti. E questo tema riguarda anche la questione di Taiwan: “La cosa peggiore sarebbe pensare che noi europei dovremmo essere dei seguaci su questo tema e adattarci al ritmo americano e a una reazione eccessiva della Cina, ma perché dovremmo seguire il ritmo scelto da altri?”
    È qui che si innesta la questione dell’autonomia strategica. “Noi europei dobbiamo svegliarci, la nostra priorità non è adattarci all’agenda degli altri in tutte le regioni del mondo”, ha sottolineato con forza ai giornalisti il presidente francese, ricordando che “se ci sarà un’accelerazione del duopolio, non avremo il tempo né i mezzi per finanziare la nostra autonomia strategica e diventeremo dei vassalli“. Al contrario, se si riuscirà a mantenere un equilibrio – non equidistanza, come precisano dall’Eliseo – tra Washington e Pechino, “potremo essere il terzo polo, con qualche anno per costruirlo”. Una strategia che ha appena iniziato a muovere i primi passi – “ci siamo dotati di strumenti di difesa e di politica industriale, ci sono stati molti progressi con il Chips Act, il Net Zero Industry Act e il Critical Raw Material Act” – ma che ancora ha bisogno di tempo: “La guerra in Ucraina sta accelerando la domanda di attrezzature di difesa, ma l’industria europea della difesa non soddisfa tutte le esigenze e rimane molto frammentata“.
    Se gli squilibri nei rapporti con Pechino sono ben evidenti e hanno bisogno di essere risolti, anche la relazione con gli Stati Uniti ha bisogno di un ripensamento secondo Macron, perché l’Europa non si vincoli acriticamente alle scelte di campo di Washington e possa dialogare da pari a pari con il suo partner più stretto. “Autonomia strategica significa avere opinioni convergenti con gli Stati Uniti ma, che si tratti dell’Ucraina, del rapporto con la Cina o delle sanzioni, abbiamo una strategia europea“, con l’obiettivo di “non dipendere dall’altro, mantenendo una forte integrazione delle nostre catene del valore laddove possibile e non dipendendo dall’extraterritorialità del dollaro”. Non un rovesciamento dei rapporti, né una posizione neutra nella contrapposizione tra Washington e Pechino, ma la definizione di capisaldi e linee rosse europee: “Le battaglie da combattere oggi consistono da un lato nell’accelerare la nostra autonomia strategica e dall’altro nel garantire il finanziamento delle nostre economie”. Evitando il paradosso di “seguire la politica statunitense per una sorta di riflesso di panico, nel momento in cui stiamo mettendo in atto gli elementi di una vera autonomia strategica”.