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    Elezioni in Albania, Edi Rama festeggia il terzo mandato. L’UE invita a un “dialogo costruttivo tra tutte le forze politiche”

    Bruxelles – La Commissione elettorale centrale albanese domenica sera aveva avvertito: “Ci vorranno 48 ore per lo scrutinio”. E 48 ore sono servite per decretare la vittoria del Partito Socialista del premier uscente, Edi Rama, alle elezioni per il rinnovo del Parlamento nazionale. Nella capitale Tirana sono in corso i festeggiamenti per la riconferma di Rama alla guida del Paese per il terzo mandato consecutivo: un “record storico”, come lo ha definito lo stesso vincitore.
    Terminato lo scrutinio delle schede elettorali, il partito del premier socialista ha conquistato il 48,66 per cento dei voti, aggiudicandosi 74 seggi su 140 al Parlamento. Rama potrebbe contare anche sui 3 seggi ottenuti a sorpresa (con il 2,24 per cento delle preferenze, +1,3 rispetto alle elezioni del 2017) dal Partito Socialdemocratico (PSD), che si è detto disponibile a collaborare con i socialisti. Non è bastato l’exploit del Partito Democratico (PD) di Lulzim Basha, al 39,42 per cento (+10,58) per mettere in discussione il risultato delle urne, complice anche la disfatta del Movimento Socialista per l’Integrazione (LSI) di Monika Kryemadhi (moglie del presidente della Repubblica, Ilir Meta), crollato al 6,81 per cento (-7,47). All’opposizione andrebbero complessivamente 63 seggi al Parlamento, 59 al PD e 4 all’LSI.

    “La nostra grande vittoria ci impone l’obbligo di tendere ai democratici una mano di sincera collaborazione“, ha dichiarato Rama davanti ai suoi sostenitori, dopo aver dedicato buona parte del suo discorso alla necessità di voltare pagina nelle relazioni tra forze politiche. Negli ultimi due anni (da febbraio 2019) non è esistita opposizione parlamentare in Albania, dopo la decisione di PD e LSI di abbandonare l’Aula in segno di protesta per le accuse di corruzione del partito al governo e i sospetti di compravendita di voti alle elezioni del 2017. Il premier ha invitato gli sconfitti a “lasciare alle spalle le tensioni politiche”, per favorire un dialogo sulle questioni di interesse nazionale.
    Il leader del Partito Democratico d’Albania, Lulzim Basha
    Ma a corto giro è arrivata la dura replica del leader dell’opposizione Basha, che ha definito il risultato del voto “un massacro elettorale”. Secondo il frontrunner del PD, “siamo entrati in questa battaglia non contro un avversario politico, ma contro un regime“, che avrebbe fatto “di tutto per compromettere una corsa elettorale leale”. Il Partito Democratico non solo si è rivolto alla Commissione elettorale centrale per un riconteggio dei voti in tutti i seggi, ma ha anche chiesto la copia del materiale relativo al processo di voto e di scrutinio. “I nostri sforzi per fare valere la democrazia in Albania non sono bastati“, ha rincarato la dose Basha, sottolineando che attraverso il “furto dei dati personali dei cittadini, le minacce agli elettori e decine di migliaia di schede non valide”, Rama si sarebbe assicurato “la differenza di voti fra le parti”.
    La posizione dell’UE
    In una nota congiunta dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e del commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) ha riconosciuto “l’esercizio del voto democratico” del popolo albanese e si è congratulato “con tutti coloro che hanno contribuito a renderlo possibile”.
    Da sinistra, il commissario europeo per l’Allargamento, Olivér Várhelyi, e il premier albanese, Edi Rama
    Tuttavia, emerge preoccupazione per “l’uso improprio di risorse e funzioni statali da parte del partito al governo e di altri personaggi pubblici”, come evidenziato dagli osservatori sul campo. Le presunte irregolarità “dovrebbero essere portate rapidamente all’attenzione della Commissione elettorale centrale” e i casi “debitamente indagati, compreso l’acquisto di voti”. Borrell e Várhelyi hanno però incoraggiato “tutte le forze politiche a garantire il funzionamento efficace e democratico delle istituzioni del Paese”, a partire dal “rispetto dei risultati delle elezioni“.
    La prospettiva auspicata da Bruxelles è quella di un ingresso dell’Albania “nella fase successiva” del processo di adesione all’UE, “con la prima Conferenza intergovernativa per avviare i negoziati il ​​prima possibile”. Per raggiungere questo obiettivo, al nuovo governo albanese si chiede di “perseguire con determinazione il programma di riforme del Paese, in particolare sullo Stato di diritto“, senza che gli sforzi siano frenati dal periodo di transizione fino all’inaugurazione del nuovo Parlamento.

    Il primo ministro uscente e leader del Partito Socialista conquista il 48,6 per cento dei voti e 74 seggi su 140 al Parlamento nazionale. L’alto rappresentante UE Borrell preoccupato per “l’uso improprio di risorse statali” nel processo elettorale, ma chiede il “rispetto del risultato”

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    Elezioni in Albania, socialisti verso la vittoria. Critiche dall’UE per “l’interferenza al voto” dal Kosovo

    Bruxelles – Se la tradizione delle urne in Italia dice che dopo il voto tutti hanno vinto e nessuno ha perso, nei Paesi dei Balcani occidentali vale invece un altro uso: non c’è elezione che non sia accompagnata da polemiche su interferenze esterne. Meglio ancora, che non coinvolga in qualche modo i due vicini più problematici della regione: Serbia e Kosovo. In questo modo si può leggere anche la tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento albanese che si è svolta ieri (domenica 25 aprile).
    Il premier dell’Albania, Edi Rama, e la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen (2020)
    Scrutinato più di un terzo delle schede elettorali, il Partito Socialista del primo ministro in carica, Edi Rama, si sta proiettando vincitore con il 49,3 per cento dei voti: risultato che gli consentirebbe di guidare il Paese per la terza legislatura consecutiva (dal 2013). Il diretto avversario, il Partito Democratico di Lulzim Basha, si fermerebbe al 38,8 per cento delle preferenze: una crescita di 10 punti percentuali rispetto alle elezioni di quattro anni fa, ma non ancora sufficiente per scalzare i socialisti dal governo. La Commissione elettorale centrale albanese ha però fatto sapere che per completare il processo di conteggio delle schede ci potrebbero volere “anche 48 ore” (a partire dalla chiusura dei seggi alle ore 19 di ieri) e ha invitato a “mantenere la calma” fino a quando i risultati non saranno ufficiali.
    La vigilia delle elezioni è stata caratterizzata da tensioni in tutto il Paese e da episodi di violenza nella città di Elbasan, alimentati da un clima politico particolarmente teso negli ultimi anni. Nel febbraio del 2019 l’opposizione albanese aveva deciso di abbandonare il Parlamento in segno di protesta per le accuse di corruzione del Partito Socialista al governo e i sospetti di compravendita di voti alle elezioni del 2017. Il risultato è stato un aumento delle divisioni interne su temi-chiave per lo sviluppo del Paese e le prospettive europee, come la riforma elettorale, l’emigrazione, la lotta alla corruzione e alle interferenze nei media e le politiche di occupazione.
    Parlando alla nazione dopo la chiusura delle urne, il presidente della Repubblica, Ilir Meta, ha annunciato che “è l’Albania ad aver vinto in questo processo storico”, richiamando “la straordinaria responsabilità” degli scrutatori per “concluderlo in modo dignitoso”. Il presidente della Repubblica ha poi rassicurato i concittadini che “il risultato non sarà distorto né influenzato da nessuno“. Un riferimento al tema che nella giornata di ieri ha sollevato polemiche non solo nella regione, ma anche a Bruxelles.
    “L’interferenza” kosovara
    A infuocare la domenica elettorale albanese è stata la partecipazione al voto del neo-premier del Kosovo, Albin Kurti. Il leader del partito della sinistra nazionalista Vetëvendosje (Autodeterminazione), vincitore delle elezioni del 14 febbraio scorso, si è potuto recare alle urne nel Paese “straniero” in virtù della sua appartenenza etnica albanese, che gli ha anche permesso di presentare tre candidati del suo partito Vetëvendosje in Albania.
    Il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti
    Accompagnato dal candidato nella regione di Tirana, Boiken Abazi, il premier kosovaro ha invitato “tutti i cittadini albanesi” a “rispettare la nostra patria, facendo la scelta migliore secondo i propri principi e valori“. Parlando alla stampa, Kurti ha definito l’appuntamento di ieri “un giorno di democrazia” non solo per i cittadini della Repubblica di Albania, ma anche per i quasi due milioni di “albanesi della diaspora”, i gruppi etnici che vivono soprattutto in Kosovo e Macedonia del Nord, ma anche negli altri Paesi della penisola o nel resto del mondo. Da più di un mese il leader nazionalista kosovaro li ha invitati a recarsi alle urne in Albania (dal momento in cui la legge elettorale non contempla il voto ai cittadini che risiedono all’estero), per “realizzare un cambiamento” contro i partiti tradizionali, socialisti del premier Rama in primis.
    Da Bruxelles, una critica feroce è arrivata dalla relatrice sul Kosovo per il Parlamento Europeo, Viola von Cramon-Taubadel (Verdi/ALE): “È una cosa inaccettabile“, ha tuonato. L’eurodeputata tedesca ha commentato su Twitter di non riuscire a capacitarsi della decisione: “Da una parte, tutti in Kosovo si lamentano dell’ingerenza della Serbia e del presidente Aleksandar Vučić, mentre dall’altra parte il premier kosovaro va a votare in un Paese vicino”.

    I cannot understand what this is all about. On one hand everyone in Kosovo complains about interference from Serbia or from President @avucic himself but on the other hand here does the PM of #Kosovo even vote in a neighbouring state. Not acceptable. At least not for me. https://t.co/J3ndibX1qq
    — Viola von Cramon (@ViolavonCramon) April 25, 2021

    Ed è stato proprio il presidente serbo Vučić a rincarare la dose, dopo essere arrivato ieri nella capitale belga per partecipare a una due-giorni di incontri con i vertici delle istituzioni europee (in programma ieri e oggi). “Nonostante per la nostra Costituzione Pristina faccia parte della Serbia, immaginate se fossi andato io a votare in una qualche località in Kosovo”, ha dichiarato alla stampa: “Sarebbe stato uno scandalo a livello mondiale”. Secondo il presidente serbo, “quello lanciato da Kurti è uno dei suoi tanti messaggi nazionalisti“, che spaziano “dall’unificazione del Kosovo con l’Albania alla richiesta di risarcimenti di guerra alla Serbia”.
    Coinvolti in un complesso dialogo mediato dall’Unione Europea – che recentemente ha coinvolto anche la distribuzione di vaccini anti-COVID – i leader di Serbia e Kosovo saranno entrambi ospiti a Bruxelles nel corso di questa settimana. Vučić completerà oggi il tour de force con Commissione (la presidente, Ursula von der Leyen, l’alto rappresentate UE, Josep Borrell, il commissario per l’Allargamento, Olivér Várhelyi, e il rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák), Consiglio (il presidente Charles Michel) e il Parlamento Europeo (il relatore sulla Serbia, Vladimír Bilčík). Per mercoledì (28 aprile) è previsto invece l’arrivo del premier Kurti, che discuterà con i rappresentanti dell’UE del nuovo approccio kosovaro al dialogo con la controparte. In attesa della ripresa dei colloqui di alto livello, fermi all’incontro del 7 settembre dello scorso anno: questa settimana avrebbe potuto rappresentare l’occasione della svolta, ma per la tensione in aumento negli ultimi mesi, rischia di essere invece l’ennesima occasione persa.

    Il partito del primo ministro Rama virtualmente primo, ma la commissione elettorale avverte che “potrebbero volerci 48 ore” per lo scrutinio. Scoppia la polemica sul coinvolgimento del premier kosovaro Kurti, che ha sfruttato la carta etnica (albanese) per recarsi alle urne