More stories

  • in

    L’Ue adotta il 19esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Kallas: “Allineati con gli Usa”

    Bruxelles – Poche ore prima dell’avvio del vertice Ue, in cui coi leader è presente Volodymyr Zelensky in persona, gli ambasciatori dei Ventisette hanno trovato la quadra per l’adozione del 19esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. L’approvazione formale è stata comunicata stamattina (23 ottobre) dalla presidenza danese del Consiglio e ha fatto seguito alla decisione della Slovacchia di rimuovere il proprio veto, come fanno sapere fonti diplomatiche italiane.Bratislava aveva bloccato le nuove misure restrittive sulla base di preoccupazioni legate principalmente al settore energetico, soprattutto dopo la recente approvazione delle norme sul phase-out dei combustibili fossili russi (adottate col voto contrario, appunto, di Slovacchia e Ungheria). Anche stavolta, come accaduto in passato, il primo ministro Robert Fico ha ottenuto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen le garanzie che cercava riguardo all’approvvigionamento energetico e al sistema di scambio delle quote di emissioni per edifici e trasporti (Ets2).Cosa contiene il pacchettoL’Alta rappresentante per la politica estera, Kaja Kallas, ha scritto su X che il nuovo pacchetto “colpisce tra le altre cose le banche russe, gli scambi di criptovalute e le entità in India e Cina“, aggiungendo che “l’Ue sta limitando i movimenti dei diplomatici russi per contrastare i tentativi di destabilizzazione”. Il capo della diplomazia a dodici stelle aveva annunciato a inizio settimana di attendersi l’approvazione delle sanzioni – confezionate dall’esecutivo comunitario un mese fa – in concomitanza col summit dei capi di Stato e di governo.Il primo ministro slovacco, Robert Fico (sinistra), e il presidente del Consiglio europeo, António Costa (foto: Consiglio europeo)Il nuovo round di sanzioni punta a colpire, come già i precedenti, gli interessi energetici, finanziari e commerciali della Federazione. Sul primo versante, la novità principale è un divieto graduale di importazione del gas naturale liquefatto (gnl) di Mosca, su due scaglioni: i contratti a breve termine andranno rescissi entro sei mesi, mentre c’è tempo fino al primo gennaio 2027 per quelli a lungo termine. Viene poi inasprito il divieto di fare affari con due compagnie petrolifere russe, mentre si aggiungono altre 117 navi all’elenco della flotta ombra del Cremlino, per un totale di 558 imbarcazioni. Infine, vengono ampliati i criteri per individuare i porti dei Paesi terzi utilizzati per il trasferimento di Uav e missili da o per la Federazione, o per eludere le sanzioni sul greggio di Mosca.Dal punto di vista finanziario, viene introdotto un divieto totale di transazione con cinque banche russe e viene esteso quello già esistente relativamente ai sistemi di pagamento elettronico russi e a quattro banche di Bielorussia e Kazakistan. Limitazioni analoghe vengono introdotte per altre otto entità di Paesi terzi (cinque banche, due commercianti di petrolio e una piattaforma per lo scambio di criptovalute, alcune delle quali basate in Cina e in India), mentre viene introdotto il divieto totale di servizi di cripto-asset nella giurisdizione dell’Ue per cittadini ed entità russi. Introdotto anche un nuovo divieto per gli operatori europei di stipulare contratti economici con nove zone economiche speciali russe, così come il divieto di fornire riassicurazioni a aerei e navi russi nei primi cinque anni successivi alla vendita ad un Paese terzo.Sul piano del commercio, i Ventisette hanno approvato una serie di misure con l’obiettivo di migliorare il contrasto all’elusione delle sanzioni già in vigore. Vengono così individuati 45 nuovi soggetti che favoriscono l’elusione (di cui 17 al di fuori dei confini della Federazione), mentre vengono estesi i divieti di esportazione di prodotti industriali (tra cui sali, gomma, materiali da costruzione e bene tecnologici avanzati) e ad altre categorie di articoli sensibili (ad esempio i beni cosiddetti Chp, per la produzione di elettricità e calore, e quelli a duplice uso militare e civile). Viene inoltre esteso di un ulteriore anno il margine accordato alle imprese europee per disinvestire dalla Russia con l’obiettivo di cessare le attività commerciali nel Paese.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Quanto ai servizi, il nuovo pacchetto prevede un divieto per gli operatori europei di fornire servizi connessi alle attività turistiche nella Federazione, l’estensione del divieto di fornire servizi di intelligenza artificiale, cloud-computing e simili, e l’obbligo di richiedere l’autorizzazione per tutti i servizi ancora consentiti (cioè non esplicitamente proibiti) e rivolti a persone o entità russe.Un’ultima novità è l’introduzione di un meccanismo per limitare la circolazione dei diplomatici russi, che prevede un sistema per cui gli Stati membri potranno notificare l’ingresso o il transito del personale diplomatico di Mosca sul proprio territorio alla Commissione, la quale potrà autorizzare le cancellerie ad adottare misure nazionali appropriate. Infine, il pacchetto comprende anche l’introduzione di nuovi elenchi relativi ai bambini ucraini rapiti dalle truppe di occupazione e di elenchi relativi al settore di ricerca e sviluppo militare della Russia.La sponda di WashingtonIl tempismo con cui è arrivato il disco verde da parte dei Ventisette per il nuovo round di misure restrittive è politicamente rilevante, dal momento che giusto ieri l’amministrazione statunitense ha comminato per la prima volta delle sanzioni ai danni delle due principali compagnie petrolifere russe, Rosneft e Lukoil. La mossa, annunciata dal segretario al Tesoro Scott Bessent, segnala un sostanziale cambio di passo da parte del presidente Donald Trump, dopo mesi in cui era parso adottare una posizione più morbida nei confronti del Cremlino (dal faccia a faccia con Vladimir Putin in Alaska alle ritrosie sulla fornitura dei missili Tomahawk a Kiev).Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Evidentemente, il tycoon è stato irritato dalle reticenze del suo omologo russo a porre fine alla guerra e ad incontrarsi personalmente a Budapest. Quel bilaterale, sbandierato come l’ennesima vittoria diplomatica del presidente Usa (nonché come successo personale del premier ungherese Viktor Orbán), è sfumato nelle scorse ore proprio a causa dell’indisponibilità dello zar ad accettare compromessi sulla fine del conflitto, a partire dal cessate il fuoco e dal congelamento della linea del fronte.Kallas ha colto la palla al balzo e ha rivendicato la ritrovata unità d’intenti sulle due sponde dell’Atlantico nei confronti del Cremlino. “Siamo molto felici dei segnali che riceviamo dall’America riguardo alle sanzioni sulla Russia”, ha dichiarato arrivando al vertice. “Penso sia un importante segnale di forza, che siamo allineati sulla questione“, ha aggiunto.Un altro tema sul tavolo dei leader Ue (di cui si discute da tempo) è quello del prestito per le riparazioni a Kiev, che andrebbe sostenuto coi proventi degli attivi russi congelati attualmente detenuti dall’istituto belga Euroclear. “Ci sono ancora alcune questioni che dobbiamo affrontare“, ammette Kallas, ma “il messaggio fondamentale è che la Russia è responsabile dei danni causati in Ucraina e deve pagare per quei danni”. L’Alta rappresentante riconosce i dubbi del governo belga, che non intende assumersi da solo la responsabilità giuridica di un’azione così forte: “Tutti sono d’accordo che nessun Paese dovrebbe sostenere i rischi o questo onere da solo“, ragiona, e garantisce che si sta lavorando ad un meccanismo per fornire garanzie al Belgio e assicurare la condivisione del rischio tra i Ventisette.

  • in

    Trump duro con Zelensky all’incontro alla Casa Bianca. L’Ue alla finestra

    Bruxelles – L’incontro di venerdì 17 ottobre tra il presidente statunitense Donald Trump e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky è stato “turbolento”. Questa la descrizione arrivata dal Financial Times, che in queste ore sta diffondendo una serie di indiscrezioni sulla riunione tra i due leader. A quanto emerge, Trump avrebbe più volte utilizzato argomentazioni “filo-russe” per convincere Zelensky a porre fine al conflitto. La giravolta diplomatica di Trump è arrivata dopo la telefonata avuta giovedì con il suo omologo russo, Vladimir Putin. Dal colloquio telefonico sarebbero emersi i primi spiragli per un incontro tra i due leader, questa volta sul suolo dell’Unione Europea, a Budapest.La decisione non è stata accolta con entusiasmo a Bruxelles, anche se questa mattina l’Alta rappresentante dell’Unione, Kaja Kallas, a margine del Consiglio dell’UE Affari Esteri in corso, si è dichiarata favorevole a ogni possibile avanzamento dei colloqui di pace. Kallas ha precisato: “Siamo positivi rispetto a qualsiasi progresso”. Il possibile arrivo di Putin a Budapest è stato definito con diplomatica cautela “non bello da vedere”, considerato che sul presidente russo pende un mandato di arresto della Corte penale internazionale. Kallas ha inoltre aggiunto che, in ogni caso, “verrà valutato l’esito dell’incontro”.EU prepares a new blow to the Kremlin: 19th sanctions package could be approved as early as ThursdayAccording to Kaja Kallas, the European Union may adopt its 19th package of sanctions against Russia as soon as this Thursday. Among the key topics under discussion is action… pic.twitter.com/tBjfIaoLMS— NEXTA (@nexta_tv) October 20, 2025Niente Tomahawk, in cambio una proposta irricevibileL’incontro tra Zelensky e Trump alla Casa Bianca può già essere ricondotto a un insuccesso, almeno dal punto di vista di Kyiv. L’intenzione ucraina era quella di ottenere i missili statunitensi a lungo raggio Tomahawk, un’arma strategica per colpire in profondità le difese russe. La trattativa, secondo le fonti interne consultate dal Financial Times, si sarebbe però trasformata in una “litigiosa discussione”, con Trump che “imprecava continuamente”.Il presidente americano ha spinto per il raggiungimento di un accordo di pace rapido, minacciando Zelensky di accettare un “deal” con Putin. “Se (Putin, ndr) lo vorrà, vi distruggerà”, ha sentenziato Trump nello Studio Ovale. Il punto su cui Trump ha insistito sarebbe stato la cessione completa degli oblast di Luhansk e Donetsk, oggi controllati solo per l’80 per cento da Mosca. In cambio di questa resa, Kyiv otterrebbe piccoli territori nelle regioni meridionali di Zaporizhzhia e Kherson.La proposta è, per gli ucraini, ampiamente insufficiente. “Cedere (il Donbass, ndr) alla Russia senza combattere è inaccettabile per la società ucraina, e Putin lo sa”, ha affermato Oleksandr Merezhko, presidente della Commissione per gli Affari Esteri del parlamento ucraino. L’iniziativa rappresenta, in ogni caso, uno dei primi piccoli spiragli russi all’interno delle trattative.La giravolta di TrumpIl clima teso è apparso in controtendenza rispetto alle recenti dichiarazioni del presidente americano. Nelle ultime settimane, il tycoon aveva insistito sulla qualità dell’esercito ucraino, “se vorranno, riconquisteranno tutti i territori occupati”, e aveva screditato Mosca per le sue difficoltà economiche, affermando che “è vicina al collasso”. Per interpretare le parole del presidente, però, è sempre più utile il dogma coniato dalla giornalista americana Salena Zito: “Bisogna prendere Trump seriamente, non letteralmente”. I cambi di maglia così repentini nascondono, a volte, un’obiettivo a lungo termine: l’accordo finale.La pressione di Bruxelles su MoscaIn Europa, intanto, le vie diplomatiche latitano e dunque l’Unione Europea si organizza per mettere pressione su Mosca. Nel Consiglio Affari Esteri di queste ore si discuterà dell’approvazione del diciannovesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia e di un rafforzamento del sostegno all’economia ucraina. Al meeting parteciperà anche il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha. Parallelamente, nel Consiglio dell’UE sull’Energia, è stata adottata dai Paesi membri la posizione sul regolamento per la cessazione delle forniture di gas russo all’Unione Europea. L’idea è quella di fermare qualsiasi tipo di approvvigionamento entro il 2027.

  • in

    Trump e Putin si incontreranno a Budapest. Per l’UE è il momento del realismo

    Bruxelles – Due ore di telefonate sul conflitto in Ucraina e poi l’annuncio: il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il suo omologo russo Vladimir Putin si incontreranno sul suolo dell’Unione Europea, a Budapest, con l’Ungheria di Viktor Orban che mostra le carte in tavola giocando apertamente contro le istituzioni comunitarie, ed in particolare la Commissione europea, costretta ora al realismo nonostante abbia sempre negato un dialogo diretto con Vladimir Putin.L’incontro annunciato, ma non specificato ancora in termini di date, intende servire per “portare fine a questa ingloriosa guerra tra Russia e Ucraina”, per dirla con le parole di Trump. A Bruxelles si fa spallucce, e si cerca di guardare l’aspetto positivo di una vicenda comunque mal digerita: “Ogni iniziativa volta a una pace giusta e duratura è benvenuta”, taglia corto Olof Gill, vicecapo del servizio dei portavoce.Il successo di Orbán, che media per conto proprioL’annuncio dell’incontro è stato usato a fini propagandistici dal primo ministro ungherse Viktor Orbán, felice di rivendicare il proprio ruolo di mediatore. “Questa è una vittoria della posizione ungherese”, ha sottolineato Orbán in un’intervista alla radio pubblica Kossuth. Inevitabile poi, per il capo di governo, lanciare una frecciata ai partner dell’Unione Europea: “L’insegnamento per l’Ue è che gli altri sono stati dalla parte perdente, e che bisogna trattare con i russi, come fa l’America”.La Commissione europea non ha una vera politica estera propria, e anche per questo si cerca di tirare dritto e ragionare in termini di realpolitik. La Commissione “vive nel mondo reale e vuole raggiungere una pace giusta e duratura in Ucraina”, ribadisce Gill. “Anche se gli incontri non avvengono sempre nel modo, nel formato e nell’ordine che vorremmo, siamo pronti ad accoglierli se sono utili per la pace”. Una constatazione arrivata soltanto di fronte al fatto compiuto: il probabile tappeto rosso per Putin all’interno dell’Unione Europea.Il presidente russo Vladimir Putin (sinistra) e quello statunitense Donald Trump si incontrano ad Anchorage, Alaska, il 15 agosto 2025 (foto via Imagoeconomica)La sanzione che non c’èL’unico vincolo legale per non rendere possibile questo scenario sono le sanzioni nei confronti dei funzionari russi, molte delle quali però sono arginabili dai singoli stati. Per ammissione della portavoce della Commissione Europea Anitta Hipper, “le sanzioni riguardano i loro beni e non vietano al ministro degli Esteri Sergej Lavrov e a Vladimir Putin i viaggi o la libertà di movimento nello spazio europeo”.Su Putin pende comunque un mandato di arresto internazionale spiccato dalla Corte Penale dell’Aia (CPI), ma neppure qui la Commissione europea può intervenire, poiché l’applicazione delle regole dipende dagli Stati membri. Stesso discorso per il divieto di sorvolo dei velivoli russi, lasciato anch’esso alla discrezione nazionale. L’Ungheria, di certo, non intende applicare nessuna di queste misure. Budapest ha dichiarato che non imporrà alcuna costrizione in caso di visita diplomatica di funzionari russi.Fuori dall’EuropaAl di fuori della diatriba europea, l’annuncio dell’incontro è giunto a ridosso della visita americana del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Nel bilaterale che terrà con Donald Trump, si discuterà della fornitura dei missili a lungo raggio Tomahawk e dei sistemi di difesa Patriot. Zelensky, alla notizia della riunione europea, ha provato a minimizzare: “Possiamo già vedere che Mosca si sta affrettando a riprendere il dialogo non appena ha sentito dei Tomahawk”.Potential Tomahawk targets in RussiaIf the U.S. sends Tomahawk cruise missiles to Ukraine, nearly 2,000 Russian military sites — including 76 airbases — could fall within range.Source: ISW pic.twitter.com/506oQsIuSB— Clash Report (@clashreport) October 16, 2025Una lettura così semplice non è però condivisa da tutti. Per alcuni analisti, il presidente Trump aveva suggerito per giorni di consentire la vendita dei missili a Kiev, ma dopo la telefonata ha lasciato intendere che ciò potrebbe non accadere in caso di progressi diplomatici. Vladimir Putin, invece, dopo il successo personale del vertice di agosto di Anchorage (Alaska), starebbe cercando di ammorbidire la posizione americana dopo mesi di netto contrasto.La vera pace sembra ancora lontana. Il vertice stesso non è ancora sicuro: nei prossimi giorni sarà inviato a Mosca il Segretario di Stato statunitense Marco Rubio, che incontrerà i più alti funzionari di Putin per preparare l’incontro. Solo allora si saprà se i progressi saranno sufficienti a organizzare un incontro di alto livello a Budapest. L’impressione, tuttavia, è che Vladimir Putin non perderà l’occasione di umiliare l’Europa con una passeggiata trionfale all’interno dell’Unione, complice l’alleato ungherese, consapevole che i nemici comunitari per ora restano fuori da ogni tavolo negoziale.

  • in

    I leader dei Paesi occidentali e arabi in vetrina a Sharm el-Sheikh per celebrare l’accordo a Gaza

    Bruxelles – Gli occhi del mondo puntati su Gaza. E poi in Egitto, a Sharm el-Sheikh. Passando per la Knesset, a Gerusalemme. Sono le tappe principali di una giornata storica, cominciata con il rilascio da parte di Hamas dei 20 ostaggi israeliani ancora in vita, proseguita con il discorso del presidente USA, Donald Trump, al Parlamento israeliano e che si chiuderà con il summit per la pace nella famosa località turistica sul mar Rosso. Al vertice, oltre ai leader di 27 Paesi arabi e occidentali che sgomitano per avere un ruolo nel futuro della Striscia, parteciperà il presidente dell’Autorità palestinese Mahmūd Abbās. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, non si recherà in Egitto.Questa mattina, in due tranche – a distanza di circa due ore l’una dall’altra – Hamas ha riconsegnato all’esercito israeliano i 20 ostaggi ancora detenuti, punto cruciale dell’accordo siglato la scorsa settimana. Nel pomeriggio, è prevista la restituzione delle salme dei 28 ostaggi deceduti. In cambio, Israele ha rilasciato nella giornata di oggi circa 250 prigionieri palestinesi e 1.700 detenuti di Gaza, incarcerati dopo il 7 ottobre. Nel frattempo, gli aiuti umanitari dovrebbero finalmente raggiungere la popolazione in quantità massiccia: già nella giornata di ieri, secondo il ministero della Sanità di Gaza sono entrati nella Striscia 173 camion carichi di aiuti.Donald Trump alla Knesset, il Parlamento di Israele, 13/10/25. (Photo by SAUL LOEB / POOL / AFP)Il protagonista assoluto non può che essere Trump, osannato da tutti i leader occidentali ed arabi come il fautore di una pace che sembrava irraggiungibile. Il tycoon ha pianificato una coreografia perfetta: atterrato in mattinata a Tel Aviv, ha incontrato le famiglie degli ostaggi liberati prima di ricevere l’ovazione del Parlamento di Israele. Alla Knesset, il presidente ha affermato che Israele “ha vinto tutto ciò che si poteva vincere con la forza delle armi” e che è ora il tempo di tradurre le “vittorie contro i terroristi” in pace e prosperità per tutta la regione.Al summit di Sharm el-Sheikh, dove verrà celebrato l’accordo sulla prima fase del piano in 20 punti per Gaza, Trump e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi hanno invitato 27 leader di Paesi arabi ed occidentali. Dal vecchio continente, sono atterrati in Egitto il primo ministro britannico Keir Starmer, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, la premier italiana Giorgia Meloni. Hanno confermato la propria presenza anche lo spagnolo Pedro Sanchez, il greco Kyriakos Mitsotakis, l’ungherese Viktor Orban e il cipriota Nikos Christodoulides. A Bruxelles, l’invito è stato recapitato al presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa.Prima di partire per il summit, Costa ha ribadito la volontà dell’Ue a contribuire ai processi di governance transitoria, ripresa e ricostruzione per garantire il successo del “giorno dopo”. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha scritto in un post su X che il ritorno degli ostaggi israeliani “significa che si può voltare pagina” e ha sottolineato che “l’Europa sostiene pienamente il piano di pace mediato da Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia”.Emmanuel Macron, Mahmud Abbas e Keir Starmer a Sharm el-Sheikh, 13/10/25  (Photo by Suzanne Plunkett / POOL / AFP)Per la Commissione europea, “voltare pagina” potrebbe significare rimettere nel cassetto le proposte di sospensione di alcuni benefici commerciali a Israele e di sanzioni politiche contro due ministri del governo di Netanyahu. “Se cambia il contesto, questo potrebbe eventualmente portare ad una modifica delle proposte“, ha ammesso la portavoce capo dell’esecutivo Ue, Paula Pinho. “Ma non siamo ancora arrivati a quel punto”, ha specificato, rimandando un primo confronto al Consiglio Ue Affari esteri della prossima settimana.L’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas, ha pagato il suo tributo a Trump, che “ha reso possibile questa svolta”. Kallas ha annunciato che il 15 ottobre riprenderà la missione civile EUBAM Rafah, che faciliterà il passaggio in entrata e in uscita al valico di frontiera di Rafah, tra Gaza e l’Egitto. L’Ue sta inoltre lavorando ad una possibile espansione del mandato della missione EUPOL COPPS, attraverso cui aiuta nella formazione del personale di polizia dell’Autorità Palestinese.Bruxelles è finora rimasta ai margini del piano ideato da Trump e dall’ex premier britannico Tony Blair. Eppure, i suoi leader lo hanno sostenuto dal primo momento, rivendicando immediatamente il diritto di avere voce in capitolo visti gli sforzi profusi a sostegno dell’Autorità palestinese – l’Ue ha messo a bilancio 1,6 miliardi per il periodo 2025-2027 – e per portare aiuti umanitari alla popolazione di Gaza. Anouar El Anouni, portavoce dell’esecutivo Ue per gli Affari esteri, ha ammesso oggi che forse nei 20 punti stilati da Washington “ci piacerebbe vedere un ruolo maggiore affidato all’Autorità palestinese e un calendario più chiaro verso l’orizzonte politico dello Stato palestinese”.Nella seconda fase del piano che verrà firmato e celebrato oggi nel summit di Sharm el-Sheikh, le perplessità non mancano. In primis la questione di chi formerà le International Stabilisation Forces, la presenza militare internazionale prevista in un primo tempo nella Striscia. In secondo luogo, il futuro di Hamas, che non sembra disposta ad accettare una completa smilitarizzazione. Infine, la spinosa questione della governance temporanea della Striscia, sul cui Consiglio direttivo guidato da Trump si stanno convogliando le mire di tutti i governi occidentali.Per non parlare di quello che manca, per esempio qualsiasi accenno alle responsabilità del governo israeliano, la cui guerra contro Hamas ha ucciso almeno 67 mila palestinesi e raso al suolo la quasi totalità della Striscia di Gaza, comprese le sue infrastrutture critiche. Se l’Unione europea sta escogitando da mesi un piano per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina con le risorse immobilizzate della Banca Centrale Russa, nessuno ha finora messo sul tavolo l’idea che Tel Aviv sostenga i costi mastodontici per restituire un futuro alla Striscia. “È sicuramente una domanda interessante sulla quale non ho alcun commento da fare in questa fase“, ha glissato la capo-portavoce della Commissione europea.

  • in

    L’Ue sgomita per non rimanere tagliata fuori dal piano di pace per Gaza

    Bruxelles – La grande esclusa dai negoziati, fin dall’inizio. Da un lato gli Stati Uniti, dall’altro Turchia, Qatar, Egitto. L’Unione europea ha assistito inerme per due anni all’atroce conflitto tra Israele e Hamas a Gaza, limitandosi a lanciare vani appelli al rispetto del diritto internazionale e cercando di facilitare l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia. Ora che prende piede il piano in 20 punti stilato da Donald Trump, Bruxelles sgomita per poter fare la sua parte.L’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, non ha dubbi: “Siamo i maggiori donatori alla Palestina in termini di aiuti umanitari, ma anche all’Autorità palestinese. Pertanto, ritengo che, dato il nostro contributo, dovremmo essere presenti al tavolo delle trattative per discutere”, ha affermato ieri (9 ottobre) a Parigi, dove il presidente Emmanuel Macron ha riunito i ministri degli Esteri di alcuni Paesi europei e arabi per discutere dell’implementazione del piano di Trump. Al tavolo, oltre alla Commissione europea rappresentata da Kallas, c’erano gli ‘E4’ (Francia, Germania, Regno Unito, Italia) e 5 della Lega Araba (Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, Giordania, Egitto). E poi Spagna, Canada, Turchia e Indonesia.Il vertice, pianificato dopo la presentazione del piano da parte di Trump e Netanyahu, ha assunto un nuovo senso d’urgenza dopo l’ok di Hamas e del gabinetto di sicurezza israeliano al cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi e il ritiro delle truppe israeliane a una linea concordata. “La prima fase dell’accordo di Gaza rappresenta un passo importante verso la pace. Ovviamente, dobbiamo pianificare il futuro e questo è il motivo per cui siamo qui. Qualsiasi piano, per funzionare, necessita anche del sostegno internazionale”, ha dichiarato il capo della diplomazia europea.Il primo messaggio, è di unità nel sostenere il piano trumpiano. Ma sulla sua implementazione, i dubbi rimangono. Così come i timori di rimanerne tagliati fuori. “L’UE ha un ruolo importante da svolgere in termini di attuazione”, è la linea ribadita oggi dalla Commissione europea.L’Eliseo insiste perché il futuro della Striscia non sia lasciato nelle sole mani di Donald Trump: “Abbiamo tutti un ruolo da svolgere nella Forza di stabilizzazione” che avrà il compito di garantire la pace e nella governance dell’autorità di transizione, ha rivendicato Macron. Secondo l’Eliseo, il processo va inquadrato nell’ambito delle Nazioni Unite. Francia e Regno Unito spingono perché sia l’Onu a garantire i tempi e le regole di ingaggio di una presenza militare internazionale a Gaza. Dopodiché, bisognerà dipanare i dubbi sul ‘Consiglio di Pace’  immaginato da Trump e da Tony Blair, che amministrerà temporaneamente la Striscia e includerebbe altri capi di stato “da annunciare”.Anche dal punto di vista militare, l’Unione europea “è pronta a fare la sua parte”, dispiegando nuovamente la missione EUBAM Rafah al valico di frontiera di Rafah e rinnovando il mandato della missione EUPOL COPPS, che ha l’obiettivo di formare e supportare le forze di polizia palestinesi, perché possa “aiutare anche la forza di stabilizzazione”.

  • in

    Israele e Hamas hanno raggiunto l’accordo per un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi a Gaza

    Bruxelles – Per la prima volta da gennaio 2025, la popolazione di Gaza si risveglia per festeggiare tra le macerie. Israele e Hamas hanno concordato la fase iniziale del piano proposto da Donald Trump. È proprio il presidente americano a darne l’annuncio, nella notte tra l’8 e il 9 ottobre: tutti gli ostaggi detenuti da Hamas saranno rilasciati “molto presto” e Israele ritirerà le truppe a una “linea concordata“.Hamas ha confermato di aver accettato i termini del piano negoziati negli ultimi tre giorni a Sharm el-Sheikh, sottolineando che l’accordo prevede il ritiro israeliano dalla Striscia e lo scambio di ostaggi e prigionieri. Il gabinetto di sicurezza di Tel Aviv si riunirà oggi per dare il proprio via libera: i suoi ministri più estremisti si oppongono, il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, ha scritto su X che “subito dopo il ritorno a casa degli ostaggi” lo Stato ebraico dovrebbe “continuare a impegnarsi con tutte le sue forza per la vera eradicazione di Hamas”. Ma sembra comunque improbabile che, con le famiglie degli ostaggi che festeggiano l’annuncio, il gabinetto respinga l’accordo.Cessate il fuoco, rilascio degli ostaggi israeliani e di prigionieri palestinesi, ritiro parziale dell’esercito israeliano da Gaza. Si tratta della prima fase del piano in 20 punti messo a punto da Trump e dall’ex primo ministro britannico Tony Blair. Sulle questione più spinose – il disarmo di Hamas, la governance della Striscia e le tempistiche per il passaggio di consegne con l’Autorità palestinese -, non è chiaro se siano stati fatti progressi.Intanto, i 20 ostaggi israeliani che si ritiene siano ancora vivi potrebbero essere riconsegnati già questo fine settimana, in cambio del rilascio di circa 1.700 prigionieri palestinesi. Trump ha indicato lunedì 13 ottobre come possibile giorno del ritorno in Israele degli ostaggi. Il premier Benjamin Netanyahu ha salutato l’accordo come “un grande giorno per Israele”. Hamas ha invitato Trump e gli Stati garanti dell’accordo – Egitto, Qatar e Turchia – ad assicurarsi che Israele attui pienamente il cessate il fuoco.Con i quattro Paesi che hanno mediato i negoziati, si è immediatamente congratulata l’Unione europea, esclusa dal tavolo delle trattative per la pace fin dall’inizio del conflitto. “Mi congratulo con gli Stati Uniti, il Qatar, l’Egitto e la Turchia per gli sforzi diplomatici compiuti al fine di raggiungere questo importante risultato”, ha dichiarato Ursula von der Leyen in una nota, a cui ha fatto eco il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa. Nemmeno una parola, ancora una volta, sul nuovo abbordaggio da parte di Israele alle imbarcazioni civili della Thousands Madleen to Gaza in acque internazionali.La leader Ue ha garantito che “l’UE continuerà a sostenere la consegna rapida e sicura degli aiuti umanitari a Gaza” e sottolineato che “quando sarà il momento, saremo pronti ad aiutare nella ripresa e nella ricostruzione“. Un altro punto del piano decisamente ambiguo, che prevede l’ingente intervento di investitori stranieri per ricostruire la Striscia sull’impronta delle “più fiorenti città moderne del Medio Oriente”. L’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas, ha ribadito che “l’UE farà tutto il possibile per sostenere l’attuazione” del piano di Trump. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha esortato entrambe le parti a “rispettare pienamente” i termini dell’accordo.“I am very proud to announce that Israel and Hamas have both signed off on the first Phase of our Peace Plan… BLESSED ARE THE PEACEMAKERS!” – President Donald J. Trump pic.twitter.com/lAUxi1UPYh— The White House (@WhiteHouse) October 8, 2025

  • in

    Ora Trump annuncia dazi al cento per cento sui farmaci, l’UE rassicura: “Per noi resta il 15”

    Bruxelles – Dazi del cento per cento su farmaci e medicinali importati a partire dall’1 ottobre. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, torna a minacciare nuove, ulteriori, tariffe che potrebbero abbattersi anche sull’Unione europea. A Bruxelles per il momento si ostenta sicurezza. A quanto si capisce in Commissione europea “gli Stati Uniti intendono garantire tempestivamente che l’aliquota tariffaria applicata ai prodotti originari dell’Unione Europea su prodotti farmaceutici, semiconduttori e legname, non superi il 15 per cento per cento“, sottolinea Olof Gill, portavoce responsabile per le questioni commerciali. C’è però un aspetto che non è chiaro, in questo, momento, e che a Bruxelles viene riconosciuto sommessamente, ossia se l’annuncio di Trump sia o meno legato alla conclusioni delle verifiche sul commercio in essere. La sezione 232 del trattato di espansione commerciale del 1962 conferisce al presidente degli Stati Uniti ampia discrezionalità in materia di dazi, qualora si ritenga che le importazioni da altri Paesi “minaccino di compromettere” la sicurezza nazionale. Nei confronti dell’UE era in corso una verifica ai sensi della sezione 232, e i servizi dell’esecutivo comunitario non sanno dire se queste verifiche siano terminate oppure no.In sostanza si desume, sulla base degli accordi raggiunti con gli Stati Uniti e ancor più sulla dichiarazione congiunta, che l’UE non sarà toccata dai dazi sui farmaci e i medicinali. Ma è una supposizione, appunto. Questo dato la dice lunga su come e quanto l’UE abbia negoziato con l’amministrazione USA e quanto possa essere affidabile e attendibile l’inquilino della Casa Bianca. A Bruxelles si cerca di tirare dritto, ragionando in termini di ordinaria amministrazione. Non avendo ricevuto comunicazioni esplicite “l‘UE e gli Stati Uniti continuano a impegnarsi per l’attuazione degli impegni della Dichiarazione Congiunta“, continua Olof Gill, assicurando che allo stesso tempo le due parti stanno “esplorando ulteriori ambiti per esenzioni tariffarie e una più ampia cooperazione” in materia di commercio.Gli annunci di Trump non producono preoccupazioni, tanto è vero che il si ragiona sui benefici di quanto concordato. Il massimale tariffario onnicomprensivo del 15 per cento per le esportazioni dell’UE, settore farmaceutico compreso, “rappresenta una polizza assicurativa che non si verificheranno dazi più elevati per gli operatori economici europei”. Sempre che non esca fuori che le verifiche USA abbiano dimostrato il contrario.

  • in

    Zelensky all’Onu: “Putin va fermato, la sicurezza si ottiene solo con le armi”

    Bruxelles – Dal podio delle Nazioni Unite, Volodymyr Zelensky ammonisce i leader globali sul pericolo posto da Vladimir Putin alla sicurezza internazionale. Rivolgendosi oggi pomeriggio (24 settembre) all’Assemblea generale dell’Onu in corso a New York, il presidente ucraino ha pronunciato un duro discorso contro il suo omologo russo e rinnovato ai suoi partner occidentali l’appello a sostenere Kiev.“Solo noi possiamo garantire la nostra sicurezza“, ha scandito all’inizio del suo attesissimo monologo, ribadendo il diritto del suo Paese a difendersi dall’aggressione lanciata dalla Federazione nel febbraio 2022. L’unica reale garanzia di sicurezza, dice, sono “gli amici con le armi“: Stati Uniti, in primis, ma anche gli alleati europei e della Nato riuniti nella coalizione dei volenterosi.Una doccia fredda di cinismo che mette a nudo una verità senza tempo, anche se normalmente omessa dalla retorica dei proclami pubblici: “Sono le armi a decidere chi sopravvive“, incalza Zelensky, e lo stesso diritto internazionale “non funziona senza armi” e senza “amici potenti veramente disposti a difenderlo”. Amici come Donald Trump, nella prospettiva del leader ucraino, che lo ha visto ieri sera in un bilaterale definito “positivo”. E pazienza se lo zio Sam, all’occorrenza, usa le sue armi anche per piegarlo, il diritto internazionale (ad esempio bombardando i siti nucleari iraniani).Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) e il suo omologo statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)A seguito dell’incontro di ieri, del resto, il presidente statunitense è parso cambiare idea per l’ennesima volta sul conflitto, forse in maniera ancora più clamorosa del solito. “Penso che l’Ucraina, col sostegno dell’Ue, sia in grado di combattere e riconquistare” tutti i propri territori entro i confini del 1991, ha scritto Trump su Truth, senza escludere che Kiev possa addirittura “andare oltre”, alludendo a nuovi sconfinamenti in Russia.Trump ha definito la Federazione una “tigre di carta” dal momento che “ha combattuto senza scopo per tre anni e mezzo una guerra che avrebbe dovuto richiedere meno di una settimana per essere vinta da una vera potenza militare”. “Putin e la Russia sono in grandi difficoltà economiche, e questo è il momento giusto per l’Ucraina per agire“, ha concluso, chiosando: “Continueremo a fornire armi alla Nato affinché la Nato possa disporne come vuole”. Cioè, appunto, inviarle a Kiev.Dal Palazzo di vetro, Zelensky si è poi scagliato direttamente contro l’aggressore: “Non c’è tregua perché la Russia si rifiuta” di sedersi al tavolo delle trattative, ha aggiunto. Al contrario, ammonisce, “Putin continuerà a portare avanti la guerra, ampliandola e intensificandola” ben oltre l’Ucraina. “I droni russi stanno già sorvolando l’Europa”, ricorda riferendosi alle invasioni degli spazi aerei di diversi membri orientali della Nato (Polonia, Romania e repubbliche baltiche) verificatesi negli scorsi giorni.Nel mirino di Mosca, assicura inoltre il presidente ucraino, c’è anche Chisinau. “La Moldova si sta difendendo ancora una volta dall’interferenza della Russia“, ha ribadito facendo eco ai molteplici campanelli d’allarme suonati dalla presidente della Repubblica, Maia Sandu, sulle massicce campagne di influenza orchestrate dal Cremlino per sabotare il voto del prossimo 28 settembre e riportare il piccolo Paese balcanico nella propria orbita.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Per Zelensky, la stabilità del Vecchio continente verrà salvaguardata solo facendo desistere lo zar dal perseguire le sue mire neo-imperialiste. “Fermare Putin ora è meno costoso che cercare di proteggere ogni porto e ogni nave dai terroristi con droni marini”, ragiona. Al momento, tuttavia, il presidente russo non sembra intenzionato a cessare le ostilità. La Commissione europea ha da poco confezionato il 19esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca, che dovranno ora essere approvate all’unanimità dai Ventisette, ma il club a dodici stelle continua a importare il petrolio e il gas russi.Infine, il presidente ucraino ha avvertito i leader globali sui rischi connessi allo sviluppo tecnologico al servizio della guerra, che si evolve più rapidamente della capacità degli Stati di difendersi. “Ora ci sono decine di migliaia di persone che sanno uccidere professionalmente usando i droni”, ha dichiarato, e sarebbe vicino il momento in cui i droni attaccheranno autonomamente “senza alcun coinvolgimento umano, tranne i pochi che controllano i sistemi di intelligenza artificiale”. “Stiamo vivendo la corsa agli armamenti più distruttiva della storia dell’umanità“, ha concluso, dopo aver appena chiesto più armi per difendersi dall’invasione.