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    Non si placa lo scontro tra Ungheria e Ucraina sul petrolio russo

    Bruxelles – Mentre l’Europa cerca di tradurre in risultati concreti il super-summit alla Casa Bianca, l’Ungheria procede nella sua rotta di collisione con l’Ucraina. Non solo ostruendo il cammino di Kiev verso l’adesione al club a dodici stelle (sul quale lo stesso Donald Trump ha chiesto spiegazioni a Viktor Orbán), ma anche minacciando il Paese aggredito di sospendere le forniture di elettricità, come ritorsione per il bombardamento dell’oleodotto Druzhba – da cui Budapest importa il petrolio russo – ad opera degli ucraini.Non sembra destinata a finire tanto presto la pantomima tra Ungheria e Ucraina sulle forniture energetiche. L’ultimo scambio al vetriolo l’ha cominciato il ministro magiaro degli Esteri, Péter Szijjártó, scagliatosi contro il governo di Kiev per aver colpito, nelle operazioni militari contro la Russia, un paio di stazioni di pompaggio lungo l’oleodotto Druzhba, il serpente di metallo lungo 4mila chilometri che irrora l’Europa centro-orientale col petrolio di Mosca passando per Bielorussia e Ucraina.L’oleodotto Druzhba e la rete di distribuzione del petrolio (foto: Wikimedia Commons)Dal cosiddetto “oleodotto dell’amicizia” si è recentemente staccata la Cechia, ma ora Ungheria e Serbia vogliono prolungarlo per farlo arrivare nel Paese balcanico, contro i piani di Bruxelles sul phase-out dei combustibili fossili russi. Anche la Slovacchia (che ha a lungo strumentalizzato la questione della propria sicurezza energetica puntando i piedi sulle sanzioni contro il Cremlino) ha visto interrompersi l’afflusso di petrolio come conseguenza degli attacchi ucraini.“L’Ucraina ha nuovamente attaccato l’oleodotto che porta in Ungheria, interrompendo le forniture. Questo ultimo attacco alla nostra sicurezza energetica è scandaloso e inaccettabile!”, ha lamentato in un post su X il capo della diplomazia di Budapest, accusando Kiev e Bruxelles di voler “trascinare l’Ungheria in guerra“.“Questa non è la nostra guerra“, ha ribadito Szijjártó, condendo il tutto con una minaccia tutt’altro che velata: “Un promemoria per i decisori ucraini: l’elettricità proveniente dall’Ungheria svolge un ruolo fondamentale nell’alimentare il vostro Paese…”, ha aggiunto. Stando ai dati del governo ungherese, nel 2024 Kiev ha importato da Budapest circa 2,14 terawattora di elettricità, pari a circa il 40 per cento del fabbisogno totale ucraino.Peter, it is Russia, not Ukraine, who began this war and refuses to end it. Hungary has been told for years that Moscow is an unreliable partner. Despite this, Hungary has made every effort to maintain its reliance on Russia. Even after the full-scale war began. You can now send… https://t.co/yvMq8slTG0— Andrii Sybiha (@andrii_sybiha) August 18, 2025Accuse rispedite al mittente dall’omologo ucraino Andrij Sybiha: “Da anni si ripete all’Ungheria che Mosca è un partner inaffidabile”, ha risposto il titolare degli Esteri, eppure “l’Ungheria ha fatto di tutto per mantenere la sua dipendenza dalla Russia“. “Ora puoi inviare le tue lamentele – e le tue minacce – ai tuoi amici a Mosca“, ha concluso.Del resto, l’Ungheria è in cima alle cronache politiche di questi giorni anche per altri due episodi, entrambi legati a Donald Trump e al processo di pace che il tycoon sta cercando di avviare per concludere la guerra d’Ucraina. Durante l’incontro fiume svoltosi lunedì (18 agosto) alla Casa Bianca, il presidente statunitense ha alzato la cornetta per sentire Viktor Orbán, tra i suoi più fedeli sostenitori nel Vecchio continente, non prima di aver chiamato Vladimir Putin.Nello scambio con l’autoritario premier ungherese, su presunta pressione dei leader Ue presenti Trump avrebbe chiesto conto del sistematico ostruzionismo praticato da Orbán sul dossier dell’ingresso di Kiev nell’Unione. Il primo ministro magiaro giustifica la propria opposizione sulla base della sicurezza continentale, rovesciando la narrazione prevalente a Bruxelles. Se per il resto dei Ventisette integrare Kiev in Ue significa aumentare la sicurezza di tutti, per lui “l’adesione dell’Ucraina all’Ue non fornisce alcuna garanzia di sicurezza“: né per gli ucraini né per gli europei che, sostiene, si porterebbero la guerra in casa.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)In quella stessa telefonata, Orbán avrebbe proposto a Trump di ospitare a Budapest un vertice trilaterale con Putin e Volodymyr Zelensky, fortemente caldeggiato dal presidente Usa. Tuttavia, il simbolismo per l’Ucraina sarebbe infausto. Proprio lì, nel 1994, Kiev e Mosca siglarono il memorandum con cui l’ex repubblica sovietica consegnò alla Russia le proprie testate nucleari in cambio della promessa che la Federazione avrebbe rispettato la sua integrità territoriale. Vent’anni dopo – senza che Londra e Washington fornissero le garanzie di sicurezza previste dal trattato – il Cremlino annesse la Crimea e sostenne l’insurrezione dei separatisti filorussi in Donbass.Ovunque si terrà, comunque, l’incontro Trump-Putin-Zelensky dovrebbe dare seguito ad un faccia a faccia tra i leader dei due Paesi belligeranti, al quale stanno lavorando le diplomazie di mezzo mondo. Uno dei luoghi papabili per il bilaterale potrebbe essere Ginevra, in Svizzera, come suggerito da Francia e Italia. Il governo elvetico ha già annunciato che fornirebbe allo zar l’immunità dal mandato di cattura spiccato nel marzo 2023 dalla Corte penale internazionale, se decidesse di recarsi nello Stato alpino per i colloqui di pace.

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    Dal petrolio russo che l’Ue compra ancora rischi per l’accordo sui dazi con gli Usa

    Bruxelles – Commercio Unione europea-Stati Uniti, nella questione dazi ora rischia di pesare il petrolio russo. L’accordo politico annunciato dalle parti a fine luglio ancora non è entrato a regime e già tutto potrebbe essere rimesso in discussione, visto che il presidente Usa, Donald Trump, è deciso a ‘punire’ quanti acquistano energia da Mosca e dai suoi fornitori, Gazprom e Lukoil. Una decisione in tal senso è già stata presa nei confronti dell’India e adesso la ‘scure anti-Putin’ di Washington potrebbe abbattersi sull’Europa a dodici stelle e i suoi Stati membri.La linea della Casa Bianca è stata già espressa, ma è il minaccioso messaggio del senatore repubblicano Lindsey Graham a gettare ombre sull’immediato futuro. “La decisione del presidente Trump di attaccare i paesi che sostengono la macchina da guerra di Putin acquistando petrolio russo a basso costo è una svolta”, premette. Quindi l’avvertimento per l’Ue: “Ai miei amici europei che hanno aiutato l’Ucraina, dico che lo apprezzo molto. Tuttavia, né a me né ad altri sfugge che state acquistando petrolio dall’India, che l’India originariamente acquistava dalla Russia. Stiamo osservando. Tutto questo deve finire subito”.President Trump’s decision to go after countries that prop up Putin’s war machine by buying cheap Russian oil is a gamechanger. These countries are about to pay a long overdue and heavy price.To my European friends who have been helping Ukraine, it is much appreciated.…— Lindsey Graham (@LindseyGrahamSC) August 6, 2025Ue sotto osservazione, dunque. Un messaggio che si inserisce nel delicato quanto sempre più complicato accordo sui dazi rimesso subito in discussione. Trump ha già avvertito che l’Ue deve mantenere l’impegno di fare acquisti di energia dagli Usa per 750 miliardi di dollari, o le tariffe del 15 per cento verranno aumentate al 35 per cento. Il richiamo sul petrolio russo si inserisce inevitabilmente nel contesto e nelle condizioni dell’intesa raggiunta con la Commissione europea.E’ un dato di fatto che gli Stati membri dell’Ue continuino ad acquistare ancora gas e petrolio russi. In maniera minima e residuale, certo, ma comunque si garantiscono ancora introiti al Cremlino. Secondo la tabella di marcia europea il conto sarà estinto a zero non prima della fine del 2027. Un elemento noto, ma che ora l’amministrazione americana potrebbe utilizzare a proprio vantaggio per non applicare un accordo sui dazi che fatica a decollare e che produce nervosismo a Bruxelles.I dazi per le auto ancora non sono scesi dal 27,5 per cento al 15 per cento, e ancora non è chiaro se i semiconduttori saranno parte dell’accordo. “Abbiamo un accordo politico e lavoriamo per stabilizzarlo”, si limita a commentare Olof Gill, portavoce dell’esecutivo comunitario per il Commercio. Per quanto riguarda il momento in cui entreranno in vigore i termini dell’accordo e cosa riguarderanno “non possiamo dare una risposta”, ammette. “Le domanda vanno rivolte agli Stati Uniti, adesso tutto dipende da loro”. L’accordo annunciato è sempre più un grande punto interrogativo.

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    Trump promette nuovi aiuti umanitari per Gaza. E torna a minacciare Putin con un nuovo ultimatum

    Bruxelles – Dopo Ursula von der Leyen, è stato il turno del premier britannico Keir Starmer di incontrare Donald Trump durante la visita di quest’ultimo in Scozia. Una conversazione a tutto campo, dall’accordo sui dazi doganali appena stretto con l’Ue alla carneficina che Israele sta compiendo a Gaza, passando per un nuovo ultimatum a Vladimir Putin.Non ha certo lasciato a bocca asciutta i giornalisti accalcati al golf club di Turnberry, in Scozia, Donald Trump, neanche per il secondo giorno di fila. Dopo aver annunciato ieri (27 luglio) insieme a Ursula von der Leyen l’avvenuto accordo commerciale con l’Unione europea (lui l’ha definito “il più grande accordo mai fatto”, al netto dei dubbi di diverse cancellerie tra i Ventisette), oggi il presidente statunitense ha avuto un faccia a faccia col primo ministro di Sua Maestà, sir Keir Starmer.Trump ha riservato alcune lusinghe anche per l’inquilino di Downing Street, complimentandosi per il “fantastico lavoro” compiuto da quest’ultimo nell’ottenere una tariffa base ancora più bassa di quella offerta a Bruxelles (il 10 contro il 15 per cento). “Hanno voluto un accordo commerciale per anni, molti anni”, ha ricordato il tycoon riferendosi alle difficoltà dei vari gabinetti succedutisi a Londra dal 2016 nel trovare una quadra con Washington nell’era post-Brexit, nonostante la special relationship tra i due Paesi.Il primo ministro britannico Keir Starmer (foto: Lauren Hurley via Imagoeconomica)Ma soprattutto, l’inquilino della Casa Bianca ha usato parole piuttosto nette in merito a due delle questioni internazionali che più preoccupano il Regno Unito e l’Europa tutta. Anzitutto, sull’immane massacro perpetrato da Israele nella Striscia di Gaza negli ultimi 21 mesi, giustificato da Benjamin Netanyahu come una necessaria risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 ma ingiustificabile sotto il profilo del diritto internazionale (al punto da essere valso al leader dello Stato ebraico un mandato di cattura spiccato dalla Corte penale internazionale).Proprio mentre prendeva il via alla sede dell’Onu di New York la conferenza internazionale sulla Palestina co-presieduta da Francia e Arabia Saudita, tra i colli scozzesi Trump e Starmer sembravano concordare sulla necessità di fare immediatamente rispettare un cessate il fuoco e di far entrare con urgenza gli aiuti umanitari nella martoriata enclave costiera. “Dobbiamo aumentare gli aiuti umanitari“, ha notato il padrone di casa, per farsi rispondere dal suo ospite che Washington è “pronta ad aiutare” per risolvere la “terribile situazione” in cui versa Gaza, collaborando col Regno Unito (che sta già effettuando lanci aerei di generi alimentari sulla Striscia).Bambini palestinesi aspettano la distribuzione degli aiuti umanitari (foto: Bashar Taleb/Afp)“Dobbiamo nutrire i bambini“, ha continuato il tycoon, promettendo che gli Usa si impegneranno “ancora di più” e forniranno “cibo buono e sostanzioso” alla popolazione civile, deliberatamente affamata dal governo israeliano, garantendo l’istituzione di “centri di distribuzione di cibo“. La speranza è che tali operazioni non si risolvano in decine di palestinesi assassinati quotidianamente come avviene ora con la Gaza humanitarian foundation, l’ente israelo-statunitense che gestisce gli aiuti umanitari (quelli che Tel Aviv fa entrare col contagocce, scaricando sull’Onu la colpa per la loro penuria).Le immagini circolate negli scorsi giorni mostrano “gente che muore davvero di fame, non si può fingere una cosa del genere“, ammette Trump, apparentemente contraddicendo le bugie di Netanyahu per cui “non c’è fame a Gaza“. Ma senza mai riconoscere le responsabilità genocidiarie dello Stato ebraico, che rimane pur sempre l’alleato di ferro dello zio Sam nel cruciale scacchiere mediorientale. “Israele può fare molto” per far arrivare ai gazawi il cibo di cui hanno bisogno, dice il presidente, ma bisogna fare in modo “che le persone possano entrare” nella Striscia.Trump è parso insofferente anche sul tema del cessate il fuoco, sostenendo di aver fatto notare al premier israeliano che “ora forse dovrai agire in modo diverso” per “porre fine a tutto questo” e osservando che una tregua “è possibile”, se non altro per far tornare a casa la ventina di ostaggi ancora nelle mani di Hamas (detenzione bollata come “molto ingiusta” dal miliardario repubblicano).Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Quanto alla guerra d’Ucraina, il presidente statunitense si è mostrato ancora più rigido nei confronti dell’omologo russo Vladimir Putin, nei confronti del quale si è detto “molto deluso“. Tanto da ritrattare il precedente ultimatum di 50 giorni, rivolto un paio di settimane fa all’inquilino del Cremlino affinché accetti di sedersi al tavolo delle trattative: “Fisserò un nuovo termine di circa 10 o 12 giorni a partire da oggi“, ha ammonito, riservandosi di annunciarlo pubblicamente nelle prossime ore.“Non c’è motivo di aspettare“, spiega il tycoon, dal momento che “non vediamo alcun progresso” nei negoziati per porre fine alle ostilità che durano ormai da quasi tre anni e mezzo, come certificato dall’ennesimo buco nell’acqua dei colloqui di Istanbul tra le delegazioni di Kiev e Mosca. Se le armi non tacciono e non si raggiunge un accordo, minaccia, Washington comminerà “sanzioni e forse dazi secondari” contro la Federazione.

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    “Cambiamo insieme il Wto”. L’invito dell’Ue al Giappone (in senso anti-Trump)

    Bruxelles – “Possiamo cambiare le regole dell’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto), così da rispondere alle sfide di oggi e di domani”. E’ la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a offrire il senso politico, che poi è geo-strategico, del summit Ue-Giappone ospitato dal partner asiatico. La dichiarazione finale serve a ribadire la volontà di una maggiore cooperazione bilaterale, ma il documento è anche un manifesto dichiaratamente anti-Trump.Contro le iniziative anti-commerciali dell’attuale amministrazione degli Stati Uniti, recita il documento, “riaffermiamo l’importanza della cooperazione Ue-Giappone per sostenere il sistema commerciale multilaterale libero e basato su regole con l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc, o Wto) al suo centro“. Ed è qui che arriva la specifica di von der Leyen, che fa leva sul ruolo politico del Giappone in veste di membro dell’Accordo globale e progressivo per il partenariato transpacifico (CPTPP), l’area di libero scambio che comprende Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Peru, Singapore e Vietnam.La Bce: “Con la Cina nel Wto meno democrazia nel mondo in nome del commercio, ma l’Ue ha le sue colpe”“Insieme, l’Ue e i paesi aderenti al CPTPP possono guidare una riforma significativa dell’Organizzazione mondiale del commercio, in modo che le regole del commercio globale riflettano le sfide odierne e i rischi futuri”, insiste von der Leyen. E’ questa la chiamata alle armi per un nuovo ordine globale che sia chiaro, certo, e prevedibile, ora più  che mai.La riforma del Wto è un obiettivo strategico per l’Unione europea, fissato nell’agenda politica a dodici stelle ormai da anni, e con cui, da più tempo ancora, ragiona sempre con Tokyo. Ora è il momento di rilanciare il processo, come conferma anche il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa: “Siamo uniti nel difendere un ordine economico prevedibile e basato su regole“. E’ questo un passaggio chiave, che è un messaggio contro l’approccio dell’America di Trump, a cui l’Ue risponde con una presa di distanze. E non finisce qui, perché, spiega ancora Costa, “in un mondo di crescente incertezza, stiamo anche intensificando gli sforzi congiunti per rafforzare la sicurezza e la resilienza economica”. Da sinistra: il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, il primo ministro del Giappone, Shigeru Ishiba, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen [Tokyo, 23 luglio 2025]Ue e Giappone sono decisi ad approfondire le relazioni bilaterali già esistenti, che riguardano commercio, materie prime, e soprattutto difesa. E’ previsto per il prossimo anno il primo dialogo sulla difesa Ue-Giappone, oltre al lancio di una piattaforma industriale del settore. La base di aziende del comparto di entrambe le parti sarà dunque rilanciata, perché, questo il sentore comune, una maggiore sicurezza nippo-europea contribuisce ad una maggiore stabilità della regione dell’indo-pacifico cara al Giappone come all’Europa.“Relazioni forti e stabili trar Unione europea e Giappone sono essenziali per mantenere e rafforzare un ordine internazionale libero e aperto basato sulle regole e sullo stato di diritto”, sottolinea il primo ministro giapponese, Shigeru Ishiba. Una visione che vale soprattutto per gli aspetti economico-commerciali. “Siamo d’accordo a lavorare insieme per mantenere e rafforzare il sistema basato sulle regole”, che passa attraverso “il multilateralismo con il Wto al centro” di questo ordine. La sfida a Trump è dunque lanciata, mentre viene rilanciata l’agenda di riforma dell’organizzazione mondiale per il commercio.

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    I vertici Ue a Tokyo, Trump annuncia un accordo sui dazi con il Giappone. È la corsa ad un nuovo ordine mondiale del commercio

    Bruxelles – Meno dazi e più commercio: l’Unione europea vuole trovare in Asia alternative commerciali agli Stati Uniti, che però nel continente arrivano prima degli europei. L’Ue ha capito che occorre darsi da fare, ma gli Usa sembrano aver giocato d’anticipo. Nel momento in cui i presidenti di Commissione e Consiglio europeo, Ursula von der Leyen e Antonio Costa, mettono piede in Giappone, proprio con Tokyo la Casa Bianca annuncia l’intesa per nuove relazioni commerciali. In estrema sintesi: per i beni giapponesi dazi ‘solo’ del 15 per cento, ma opportunità di investimento giapponese negli Usa per 550 miliardi di dollari.Le mosse dell’amministrazione Trump intendono creare una concorrenza tutta nuova che va nella direzione di un senso anti-europeo, in un momento in cui l’Ue tenta la penetrazione commerciale mondiale per stessa ammissione di von der Leyen. “Stiamo ovviamente lavorando per ristabilire il nostro partenariato commerciale con gli Stati Uniti su basi più solide, ma sappiamo anche che l’87 per cento del commercio globale avviene con altri Paesi, molti dei quali alla ricerca di stabilità e opportunità”, afferma la presidente dell’esecutivo comunitario nel discorso pronunciato in occasione del conferimento della laurea honoris causa dell’università di Keio. In questa corsa l’annuncio di Trump brucia sui tempi l’Ue, con le ripercussioni del caso.Se il Giappone cede all’intesa con Trump gli europei potrebbero correre il rischio di aver già perso un potenziale alleato nella nuova idea di commercio del futuro. “Sia l’Europa che il Giappone vedono un mondo tutto intorno a sé in cui gli istinti protezionistici crescono, le debolezze vengono trasformate in armi e ogni dipendenza viene sfruttata”, ragiona a voce alta von der Leyen, convinta che “è quindi normale che due partner con idee simili si uniscano per rafforzarsi a vicenda”. Però il governo giapponese potrebbe averla smentita, con la complicità dell’azione di governo di Trump.In America latina l’Ue è arrivata tardi e male, e ora sconta la forte presenza della CinaLa Commissione europea e la sua presidente hanno certamente goduto di un vantaggio di qualche mese. Prima dell’insediamento di Trump sono state raggiunte intese commerciali con i Paesi dell’area Mercosur (Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay, Uruguay) e con il Messico, chiusi entrambi proprio in previsione di un ritorno dell’attuale presidente degli Stati Uniti alla guida del Paese. Due colpi messi a segno in quella che gli Usa storicamente e tradizionalmente considerano una propria zona di interesse, se non di influenza. Ora che Trump è saldamente al suo posto l’Ue ha perso il vantaggio iniziale, e il colpo affondato sotto il naso degli europei proprio con i vertici Ue presenti sul posto ne è la riprova.C’è molto da perdere, e von der Leyen ne è ben consapevole: “Sono convinta che il periodo in cui ci troviamo ora, e il modo in cui lo gestiamo, definirà il resto di questo secolo“, la considerazione offerta al pubblico dell’università di Keio. L’America di Trump continua a marciare e conquistare terreno, gettando le basi per questo nuovo ordine, che però non è quello che hanno in mente gli europei. Von der Leyen non si arrende, e prova a far ragionare i partner: “Non possiamo accettare di cadere nella fallacia che le cose torneranno come prima, se solo una guerra in una regione finisse, o un accordo tariffario venisse raggiunto o un’elezione andasse diversamente la prossima volta”. Peccato che Trump annunci un accordo Usa-Giappone, mentre l’Ue deve attendere.

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    Zelensky annuncia nuovi colloqui a Istanbul tra Ucraina e Russia

    Bruxelles – Per la terza volta nell’arco di tre mesi, le squadre negoziali di Ucraina e Russia si incontreranno domani a Istanbul per tentare di rompere l’impasse diplomatica. In agenda nuovi scambi di prigionieri, la restituzione dei minori ucraini rapiti e un incontro al massimo livello tra i presidenti dei due Paesi belligeranti. Ma su quest’ultimo punto, così come sull’intesa per un cessate il fuoco, le aspettative sono piuttosto basse.L’annuncio è arrivato nella tarda serata di ieri (21 luglio) da parte di Volodymyr Zelensky. In un post su X, il presidente ucraino ha riportato il suggerimento di Rustem Umerov, ex ministro della Difesa e ora a capo del Consiglio nazionale di sicurezza, di “tenere una nuova riunione dei rappresentanti in Turchia” per ridare linfa alla pista negoziale tra Kiev e Mosca.“L’agenda da parte nostra è chiara: il ritorno dei prigionieri di guerra, il ritorno dei bambini rapiti dalla Russia e la preparazione di un incontro tra i leader“, ha specificato Zelensky, rivelando che l’incontro tra le delegazioni è stato fissato per domani (23 luglio) a Istanbul, nella stessa sede dei due precedenti round di colloqui svoltisi rispettivamente a metà maggio e a inizio giugno. Anche stavolta, a guidare il team ucraino sarà proprio Umerov.I held a meeting on the outcomes Ukraine needs from the negotiation efforts.Secretary of the National Security and Defense Council of Ukraine, Rustem Umerov, reported on the implementation of the agreements reached at the second meeting with the Russian side in Istanbul, as… pic.twitter.com/0JQ1fGyaPC— Volodymyr Zelenskyy / Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) July 22, 2025Da parte russa non è ancora giunta conferma ufficiale sulla data dei colloqui, anzi sono trapelate informazioni discordanti sui media nazionali. L’agenzia Tass ha diffuso la medesima versione ucraina, parlando di un solo giorno di negoziati previsto per domani, mentre la Ria ha riportato di colloqui previsti per giovedì e venerdì (24 e 25 luglio).Ad ogni modo, per quanto la notizia che gli emissari dei due Paesi belligeranti si siederanno nuovamente al tavolo delle trattative sia indiscutibilmente positiva di per sé, sono in realtà piuttosto basse le aspettative per una svolta decisiva sulla fine della guerra, a quasi tre anni e mezzo dal suo inizio nel febbraio 2022.I due precedenti incontri a Istanbul si sono risolti in altrettanti buchi nell’acqua, almeno per quanto riguarda la ricerca di un’intesa su un’eventuale tregua, dal momento che le posizioni rimangono inconciliabili sia nel merito sia nel metodo. Lo ha ribadito anche oggi, per l’ennesima volta, il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, sostenendo di non aspettarsi “progressi miracolosi” viste le rivendicazioni “diametralmente opposte” delle due cancellerie.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Nel merito, i rispettivi desiderata sono vicendevolmente irricevibili: tra le altre cose, Kiev vuole un cessate il fuoco immediato e totale, delle garanzie di sicurezza e la libertà di poter entrare nella Nato e nell’Ue, laddove Mosca esige la smilitarizzazione e neutralizzazione dell’avversario, il ritiro delle truppe ucraine dalle quattro oblast’ parzialmente occupate (per annetterle al proprio territorio, insieme alla Crimea) e la cessazione degli aiuti militari occidentali.Quanto al metodo, è la stessa opportunità di sospendere al più presto i combattimenti come prerequisito per avviare i negoziati, come richiesto dal Paese aggredito, a non essere condivisa dalla Russia, la quale non ritiene di dover far tacere le armi finché non sia stato raggiunto un accordo di pace complessivo e duraturo che risolva quelle che la Federazione descrive come le “cause alla radice” della crisi.Un obiettivo, quello di un accordo globale, che continua però a rimanere una chimera. Per centrarlo servirebbe, come punto di partenza, un faccia a faccia tra Zelensky e Putin. Sul punto, da tempo il primo tira la giacca al secondo. Ma l’inquilino del Cremlino non vuole saperne, ritenendo illegittimo l’omologo perché, insiste, il suo mandato è scaduto nel maggio 2024 (peccato che, a causa dell’invasione russa, in Ucraina sia in vigore la legge marziale, che impedisce di indire nuove elezioni).Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Del resto, nei confronti del presidente russo sembra aver esaurito la pazienza persino Donald Trump. Dopo aver seguito per mesi un approccio decisamente morbido con Mosca, il capo della Casa Bianca ha recentemente minacciato di colpirla con “pesanti sanzioni” se non verranno fatti progressi significativi nei negoziati verso la pace entro la fine di agosto.Nel frattempo, il fronte degli alleati europei di Kiev mantiene la linea dura. Vinta l’opposizione della Slovacchia, l’Ue ha adottato la scorsa settimana il suo 18esimo pacchetto di sanzioni, con cui mira a colpire soprattutto i settori energetico e bancario russi. E nel nuovo progetto di bilancio comunitario post-2027, Ursula von der Leyen ha proposto la creazione di un fondo speciale da 100 miliardi di euro destinato al sostegno dell’Ucraina.Quanto ai colloqui di Istanbul in calendario per domani, il titolare degli Esteri francese Jean-Noël Barrot li considera potenzialmente “lodevoli”, ma solo “se porteranno ad un incontro a livello di capi di Stato, in vista della conclusione di un cessate il fuoco“. “Sono passati ormai cinque mesi da quando l’Ucraina ha accettato un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni che consenta l’apertura dei negoziati, perché non negoziamo sotto le bombe, e aspettiamo da cinque mesi che Vladimir Putin accetti lo stesso principio“, incalza il capo della diplomazia d’Oltralpe dall’Ucraina, dove si trova in missione.

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    Nucleare iraniano, Teheran annuncia nuovi colloqui con gli europei a Istanbul

    Bruxelles – La diplomazia ci riprova. Per la prima volta dalla fine della guerra lampo di Israele contro l’Iran (col supporto determinante degli Stati Uniti), la leadership della Repubblica islamica annuncia colloqui con le controparti europee il prossimo venerdì per discutere del proprio programma nucleare. Già domani, Teheran ospiterà le delegazioni di Cina e Russia per “coordinare” la sua posizione con gli alleati.La conferma ufficiale è arrivata oggi (21 luglio) dal ministero degli Esteri iraniano, guidato da Abbas Araghchi. A seguito dei contatti avvenuti la scorsa settimana tra Araghchi e gli omologhi di Francia, Germania e Regno Unito più l’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas, è stato fissato per il prossimo venerdì (25 luglio) un incontro a Istanbul, in Turchia, per riprendere i negoziati sul programma nucleare degli ayatollah. Stando alle indicazioni del portavoce di Araghchi, Esmail Baghaei, i colloqui avverranno al livello dei viceministri degli Esteri.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Consiglio europeo)Si tratta del primo faccia a faccia tra le squadre negoziali iraniana ed europee dallo scorso 20 giugno, quando i rispettivi ministri si erano incontrati a Ginevra nel tentativo di salvare la pista diplomatica, mentre sulla Repubblica islamica piovevano già da una settimana le bombe israeliane durante la cosiddetta guerra dei 12 giorni scatenata dal primo ministro di Tel Aviv, Benjamin Netanyahu.Nella capitale elvetica si era cercato di mantenere in vita il Joint comprehensive plan of action (Jcpoa), l’accordo sul nucleare di Teheran del 2015 di cui fanno parte Francia, Germania e Regno Unito – il formato E3 – più Ue, Cina e Russia. Ma solo un paio di giorni dopo gli Stati Uniti avevano condotto un massiccio bombardamento dei siti atomici iraniani, facendo saltare il banco delle trattative.Gli Usa, che parteciparono allo storico accordo sotto la seconda presidenza di Barack Obama, si sono poi ritirati durante il primo mandato di Donald Trump nel 2018 reintroducendo alcune delle sanzioni sospese per effetto del trattato. Da allora, la Repubblica islamica ha ripreso ad arricchire l’uranio, raggiungendo – almeno secondo le accuse di Tel Aviv e Washington – il livello critico del 60 per cento, dal quale si sarebbe potuta avvicinare rapidamente alla soglia del 90 per cento, cioè quella necessaria a confezionare ordigni atomici.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Dopo la conclusione delle ostilità, mediata dall’inquilino della Casa Bianca in persona, l’Iran ha estromesso dal proprio territorio gli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), l’organo delle Nazioni Unite per il monitoraggio delle attività nucleari. L’Ue, così come l’intero campo occidentale, continua a mantenere la linea per cui l’Iran non deve possedere armi atomiche.Ora, coi colloqui di Istanbul sembra aprirsi un nuovo, timido spiraglio per la ripresa di un’iniziativa diplomatica, anche se per il momento nessuno sembra aspettarsi svolte decisive. L’incontro dovrebbe servire a Teheran per scongiurare l’attivazione del cosiddetto meccanismo snapback, tramite cui gli europei hanno minacciato di far ripartire le sanzioni pre-2015 contro la Repubblica islamica se non si compieranno sostanziali passi in avanti nei negoziati entro la fine di agosto.Nel frattempo, domani arriveranno nella capitale iraniana le delegazioni di Pechino e Mosca, gli alleati più stretti degli ayatollah. “Ci stiamo coordinando costantemente con questi Paesi su come prevenire lo snapback o su come mitigarne le conseguenze”, ha dichiarato Baghaei.In a letter addressed to UNSG @Antonioguterres, the President of the Security Council, EU High Rep Kaja and members of the UN Security Council, I have outlined why the E3 lacks any legal, political, and moral standing to invoke the mechanisms of the JCPOA and UN Resolution 2231…— Seyed Abbas Araghchi (@araghchi) July 20, 2025In una lettera al Segretario generale dell’Onu, António Guterres, Araghchi ha dichiarato che i membri dell’E3 “non hanno alcuna legittimità giuridica, politica o morale per invocare” nuove misure restrittive poiché, ha spiegato, avrebbero “rinnegato i propri impegni” previsti dal Jcpoa, fornendo peraltro “sostegno politico e materiale alla recente aggressione militare illegale e non provocata del regime israeliano e degli Stati Uniti”.Nelle scorse settimane, il ministro degli Esteri iraniano si è detto comunque disposto a intavolare nuove trattative con gli Usa, a patto che vengano fornite a Teheran delle “garanzie” che non si arriverà ad una nuova guerra in caso di ripresa dei negoziati. Ma ha anche sottolineato che per ora non sono in programma contatti tra le rispettive diplomazie. Prima dell’avvio dell’aggressione israeliana, Teheran e Washington avevano avuto cinque round di colloqui, giudicati infruttuosi da Trump.

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    Summit Ue-Cina, l’Europa prova a giocare la carta asiatica contro gli Usa di Trump

    Bruxelles – Alla ricerca di cooperazione con la Cina, ma pronti a fare a meno di Pechino se le relazioni non saranno possibili. L’Unione europea intravede nella Repubblica popolare la risposta all’America di Trump, in un vertice bilaterale che arriva in una congiuntura tanto delicata quanto potenzialmente strategica. I presidenti di Commissione e Consiglio europeo, Ursula von der Leyen e Antonio Costa, si recheranno in Asia la prossima settimana (24 e 25 luglio) per cercare di ridefinire relazioni con la Cina nel doppio tentativo di scrivere un nuovo capitolo di scambi commerciali e dotarsi di una leva di pressione per rispondere ai dazi Usa.La missione non è di quelle semplici, e a Bruxelles lo sanno bene. La Cina è un interlocutore scomodo, spigoloso, al cospetto del quale l’Ue si presenta oltretutto in una posizione poco confortevole e ancor meno invidiabile: il Paese è definito chiaramente una minaccia per l’Unione europea, i suoi interessi e la sua sicurezza, ed è stato inserito nella lista dei ‘cattivi’, ma si va a chiedere una sponda per uscire dall’angolo in cui la Casa Bianca ha spinto gli europei.Il freddo riavvicinamento tra Ue e Cina. Von der Leyen: “Rapporto complesso che dobbiamo far funzionare”Ci sono tensioni commerciali tra Bruxelles e Pechino: i dazi europei sull’auto elettrica cinese, la sovra-produzione cinese di acciaio con cui inonda i mercati globali di prodotti a basso costo e che si intreccia con le restrizioni imposte dagli Stati Uniti sullo stesso prodotto. E poi c’è la questione delle reciprocità, regole del gioco che sono ancora troppo diverse. La Cina non permette l’ingresso all’interno del proprio mercato, e distorce quello globale con sussidi pubblici. Ciò nonostante si vuole cogliere l’occasione del 25esimo summit Ue-Cina per provare quanto meno a gettare le basi per un nuovo corso, e dare anche messaggi a Trump.Von der Leyen e Costa andranno a Pechino da Xi Jinping (presidente) e Li Qiang (primo ministro) “con uno spirito positivo e costruttivo”, ammettono a Bruxelles. Del resto non avrebbe senso tenere un summit se le aspettative fossero minime e anche meno di minime. “Non siamo pronti a compromessi su valori, ma siamo pronti a commerciare se ce ne sono le condizioni“, ammettono gli addetti ai lavori a Bruxelles. “Ribadiremo che siamo un partner affidabile”, sottolineano funzionari Ue. L’obiettivo è segnare distanze e differenze con gli Stati Uniti. Certo, reciprocità e nessuna distorsione del mercato restano gli obiettivi da raggiungere, in assenza dei quali l’Ue è pronta a cercare altri mercati. “Diversificazione, e non riduzione dei rischi, è l’approccio da tenere con la Cina” in questo momento.Von der Leyen ora guarda a est: India e Cina come alternativa all’America di TrumpLo dimostra il summit con il Giappone che anticipa quello con la Cina. Von der Leyen e Costa voleranno prima a Tokyo (23 luglio) per discutere di tre argomenti principali di cooperazione: sicurezza e difesa, commercio e sicurezza economica, difesa del multilateralismo e dell’ordine internazionale fondato su regole. Gli ultimi due punti sono sempre in funzione di una risposta alle politiche degli Stati Uniti. Una logica che stride con la visita che seguirà a Pechino. Il summit Ue-Giappone sarà l’occasione per “fare pressione” sulla Repubblica popolare, ammettono a Bruxelles, su temi come ordine mondiale e regionale e divieto di sostegno alla Russia. Cose che non faranno piacere alla leadership cinese, mai favorevole a ingerenze nelle decisioni interne e alla manovre su un quadrante di mondo dove gli interessi del Dragone non sono pochi.Non c’è solo Taiwan nelle mire della Cina, che considera l’isola come parte del Paese. Nel mar cinese meridionale le isole Spratly sono oggetto di contese sino-filippine. De facto nella zona economica esclusiva di Manila,  per le contestazioni di Pechino. L’Ue ha rilanciato il partenariato con le Filippine, senza riconoscere le rivendicazioni territoriali cinesi, e di fatto riconoscendo le ragioni dell’altro. Un altro elemento che può essere usato contro l’Ue.