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    Ucraina, Trump e Zelensky allineati sulle condizioni per la tregua

    Bruxelles – Continua a correre la diplomazia internazionale per cercare di mettere fine alla guerra d’Ucraina. Negli scorsi giorni, Donald Trump ha sentito al telefono gli omologhi Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Il presidente Usa sta cercando di portare entrambi al tavolo delle trattative e sta preparando un incontro tra i vari team negoziali in Arabia Saudita per definire gli aspetti tecnici del cessate il fuoco. Ma per il momento solo Kiev sembra essere in linea con Washington, mentre non ci sono grandi segnali di apertura da parte di Mosca.Dopo la lunga telefonata con Vladimir Putin di mercoledì (la seconda in due mesi), Donald Trump ha risollevato la cornetta ieri (19 marzo) per aggiornare Volodymyr Zelensky sullo stato dell’arte dei negoziati e per rinnovare il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina. L’ultimo confronto tra i due, avvenuto a fine febbraio nello Studio ovale, non era finito per niente bene.Quella di ieri, invece, è stata una “chiamata molto buona” secondo il tycoon, che ha segnalato di aver raggiunto un’unità d’intenti col suo interlocutore su alcuni punti fermi. Anzitutto sulla continuazione delle forniture: Washington si è impegnata a inviare a Kiev nuove batterie antiaeree e a non interrompere (di nuovo) la condivisione dell’intelligence, di fatto contravvenendo a quella che il Cremlino aveva posto come “condizione fondamentale” per accettare una tregua.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Zelensky (che ha descritto la conversazione come “forse la più produttiva che abbiamo mai avuto“) si è poi detto disposto ad implementare la proposta attualmente sul tavolo – il cessate il fuoco parziale concordato da Trump e Putin l’altroieri, che sostanzialmente annacqua la tregua totale discussa la settimana scorsa a Gedda da ucraini e statunitensi – nonostante nelle ultime ore ci siano stati diversi scambi di attacchi aerei tra la Federazione e l’ex repubblica sovietica.Dopo aver sentito l’omologo, il leader ucraino si sente talmente ottimista da sostenere che “sotto la guida americana” la pace può essere raggiunta “entro quest’anno”. Nel frattempo, nel pomeriggio di ieri è avvenuto lo scambio di prigionieri annunciato precedentemente: 175 soldati russi contro altrettanti ucraini, più 22 militari di Kiev gravemente feriti.Un’altra condizione che Putin era sembrato porre ieri implicava il riconoscimento da parte ucraina delle regioni occupate come formalmente parte del territorio della Federazione. Una richiesta irricevibile per Zelensky, che sostiene di aver ricevuto l’appoggio di Washington su questo tema delicato.Dalla telefonata è emersa anche la volontà di riunire in Arabia Saudita dei gruppi di esperti dei tre Paesi per degli incontri tecnici sull’implementazione del cessate il fuoco, ma non è chiaro se i colloqui avverranno a tre oppure se la squadra a stelle e strisce dialogherà separatamente con quelle di Kiev e Mosca. Il nodo del contendere sarebbe la definizione delle strutture che dovranno essere risparmiate dagli attacchi: gli statunitensi e gli ucraini vorrebbero estendere l’accordo sia alle infrastrutture energetiche sia a quelle civili (porti, arterie ferroviarie eccetera), mentre i russi mirerebbero a limitare il campo di applicazione solo a quelle energetiche.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Inoltre, i presidenti ucraino e statunitense hanno concordato una sorta di evoluzione del famigerato accordo sulle materie prime critiche, saltato dopo il diverbio in mondovisione alla Casa Bianca. Trump ha suggerito che gli Usa potrebbero assumersi la responsabilità di gestire le centrali nucleari ucraine, a partire da quella di Zaporizhzhia, la più grande del Paese e d’Europa, che però è attualmente sotto occupazione russa. “La proprietà americana di quegli impianti potrebbe essere la migliore protezione per quelle infrastrutture“, ha aggiunto, e fornirebbe una solida garanzia di sicurezza contro nuove aggressioni da parte di Mosca.Le sorti del conflitto in Ucraina rimangono del resto prioritarie nell’agenda politica europea. Proprio con una discussione sul tema, cui Zelensky è collegato da remoto, si è aperto il summit che riunisce a Bruxelles i leader dei Ventisette, a sole due settimane dal vertice straordinario del 6 marzo. Contemporaneamente, a Londra si sono dati appuntamento i capi di Stato maggiore dei 30 Paesi che compongono la coalizione dei volenterosi, l’iniziativa guidata da Francia e Regno Unito per inviare una forza di peacekeeping nell’ex repubblica sovietica non appena verrà effettivamente raggiunta una tregua.

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    Putin non sembra interessato ad una tregua in Ucraina

    Bruxelles – In pochi si aspettavano che Vladimir Putin accettasse di interrompere le ostilità in Ucraina rapidamente. Nonostante i colloqui in corso con gli Stati Uniti, non si registra grande disponibilità da parte russa a pervenire in tempi brevi ad una vera tregua, né a rispettare quella (parziale) che sembrava essere stata concordata ieri sera con Donald Trump. Lo dimostrano gli attacchi ordinati a stretto giro da Mosca contro l’ex repubblica sovietica, così come le condizioni avanzate dall’inquilino del Cremlino per accettare uno stop ai combattimenti, inaccettabili per Kiev.Seguendo un canovaccio cui ha ormai abituato il mondo, Vladimir Putin calcia per l’ennesima volta la palla in tribuna senza ammetterlo pubblicamente. L’aveva fatto prima di incontrare l’inviato della Casa Bianca per il Medio Oriente, Steve Witkoff (che nonostante il suo titolo sta conducendo anche le trattative sulla guerra in Ucraina), quando aveva preso tempo ponendo una serie di onerose condizioni sulla forma che un cessate il fuoco dovrebbe avere per essere accettabile da Mosca.L’ha fatto anche ieri sera, quando ha sentito al telefono Donald Trump per la seconda volta in due mesi. Ufficialmente, come si legge nel comunicato diffuso dal Cremlino dopo il colloquio, il leader russo avrebbe concordato con l’omologo statunitense una tregua di 30 giorni nei bombardamenti contro le infrastrutture energetiche e civili che andrebbe rispettata da entrambi i Paesi belligeranti.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Jim Watson/Afp)Putin si dice pronto a “collaborare con i suoi partner americani per un esame approfondito delle possibili soluzioni, che dovrebbero essere globali, sostenibili e a lungo termine”. Tali partner, naturalmente, dovranno anche tener conto della “necessità incondizionata di eliminare le cause profonde della crisi e dei legittimi interessi di sicurezza della Russia“.Ma la nota russa menziona, tra le altre cose, una condizione ritenuta “fondamentale” dalla Federazione “per prevenire l’escalation del conflitto e lavorare per la sua risoluzione” diplomatica: “La completa cessazione dell’assistenza militare straniera e la fornitura di informazioni di intelligence” a Kiev. Un punto che, stando alle dichiarazioni fornite dallo stesso Trump, non sarebbe invece stato affrontato durante la chiamata.Soprattutto, si tratta di una condizione irricevibile tanto per l’Ucraina quanto per i suoi alleati europei, che proprio in questi giorni stanno rinnovando (almeno alcuni) l’impegno a sostenere l’ex repubblica sovietica con nuovi invii di fondi, armi e munizioni. Putin avrebbe inoltre fatto presente “la necessità di fermare la mobilitazione forzata in Ucraina e il riarmo delle forze armate ucraine”. Una richiesta fatta mentre le truppe russe stanno avanzando in vari punti del fronte, dal Donbass all’oblast’ di Kursk, e che sembra pensata apposta per essere rifiutata da Kiev.Ad ulteriore testimonianza della scarsa credibilità degli impegni assunti da Mosca, poco dopo la fine della telefonata tra i due presidenti sono ripresi gli attacchi con droni sull’Ucraina, nonostante (stando al comunicato del Cremlino) Putin avesse dato ordine di interrompere immediatamente i bombardamenti contro le infrastrutture. La stampa russa ha parallelamente accusato Kiev di aver attaccato con droni diversi obiettivi sul territorio della Federazione.Il presidente finlandese Alexander Stubb (destra) accoglie a Helsinki l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky, il 19 marzo 2025 (foto: Heikki Saukkomaa/Afp)Volodymyr Zelensky, in visita a Helsinki, ha denunciato l’attacco notturno compiuto da 150 droni russi come la dimostrazione che Putin non vuole realmente una tregua: le sue parole sono “molto diverse dalla realtà“, ha dichiarato in una conferenza stampa accanto al presidente finlandese Alexander Stubb.E ha annunciato che sentirà Trump in giornata, per parlare dell’incontro previsto per domenica a Gedda (proprio dove le delegazioni di Kiev e Washington avevano elaborato la proposta per un cessate il fuoco completo, cestinata da Mosca) tra i team negoziali di Russia e Stati Uniti, in cui si dovrebbe discutere dei passi successivi della tregua a partire dall’estensione del cessate il fuoco alle operazioni nel Mar Nero.Al momento in cui scriviamo non si è ancora avuta notizia dello scambio di prigionieri annunciato ieri, che dovrebbe riguardare 175 soldati russi e altrettanti ucraini, più 23 militari di Kiev gravemente feriti in cura nelle cliniche della Federazione.

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    Israele rompe la tregua, è di nuovo strage di civili a Gaza. L’Onu: “Inconcepibile”

    Bruxelles – Con le prime luci dell’alba, è ricominciato l’incubo per la popolazione civile di Gaza. Dopo gli attriti sempre più forti tra Israele e Hamas per negoziare la seconda fase del cessate il fuoco, Tel Aviv ha rotto gli indugi e – con il lasciapassare della Casa Bianca – ha lanciato un pesantissimo attacco aereo su diverse località dell’enclave palestinese. Le vittime sarebbero già più di 400. Mentre l’Onu chiede di “ripristinare immediatamente” la tregua, Netanyahu promette raid sempre più intensi.L’operazione è stata ribattezzata dalle Forze di difesa israeliane (Idf) “Forza e spada”. Sono stati segnalati bombardamenti in diverse località della Striscia, da nord a sud, nei centri di Gaza City, Khan Younis e Rafah. Secondo il ministero della Salute di Gaza molte delle vittime sarebbero – come dall’inizio del conflitto – donne e bambini. In un comunicato, il premier israeliano ha dichiarato di aver ordinato gli attacchi a causa della mancanza di progressi nei colloqui in corso per estendere il cessate il fuoco. Ha accusato Hamas di “rifiutarsi ripetutamente di rilasciare i nostri ostaggi” e di respingere le proposte dell’inviato Usa in Medio Oriente, Steve Witkoff.A rileggere i termini e le modalità con cui si arrivò al cessate il fuoco lo scorso 18 gennaio, lo stallo nei negoziati in vista della seconda fase della tregua era preventivabile. Il sì strappato in extremis da Joe Biden a Netanyahu, prima dell’insediamento di Trump, prevedeva appunto ulteriori colloqui dopo la prima fase di sei settimane e la possibilità che Israele riprendesse le operazioni militari se l’avesse ritenuto necessario. Così, la nuova amministrazione americana e Tel Aviv hanno forzato la mano, presentando un piano per estendere la prima fase della tregua fino alla fine del Ramadan e della Pasqua, chiedendo in sostanza di proseguire il rilascio degli ostaggi israeliani senza però procedere al ritiro del proprio esercito da Gaza (come previsto dalla fase 2).Il tavolo delle trattative era già saltato lo scorso 2 marzo, con i negoziatori di Hamas che avevano declinato il piano di Witkoff e Netanyahu che in tutta risposta aveva annunciato un nuovo blocco degli aiuti umanitari a Gaza. Washington ha confermato di essere stata informata in anticipo dell’attacco di Israele a Gaza e di aver dato il suo benestare alla ripresa delle ostilità: “Hamas avrebbe potuto rilasciare gli ostaggi per prolungare il cessate il fuoco, ma ha invece scelto il rifiuto e la guerra”, ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca Brian Hughes.Il quartiere intorno all’ospedale Al-Shifa, a Gaza City, raso al suolo dai bombardamenti israeliani lo scorso 3 aprile  (Photo by AFP)In realtà, la tregua era già stata più volte violata in questi due mesi, ma i bombardamenti a tappeto di oggi sono stati di portata molto più ampia rispetto alla serie regolare di attacchi con droni che l’esercito israeliano ha dichiarato di aver condotto contro singoli individui o piccoli gruppi di sospetti militantinell’ultimo periodo. Secondo quanto riportato da Reuters, le Idf avrebbero dichiarato che gli attacchi continueranno per tutto il tempo necessario e che potrebbero estendersi oltre gli attacchi aerei. “Non smetteremo di combattere finché gli ostaggi non saranno restituiti a casa e tutti i nostri obiettivi di guerra non saranno raggiunti”, ha confermato il ministro della Difesa, Israel Katz.In risposta, un alto funzionario di Hamas ha dichiarato che la decisione di Netanyahu di riprendere gli attacchi su larga scala nella Striscia equivale a una “condanna a morte” per gli ostaggi del 7 ottobre ancora nelle mani del gruppo terroristico palestinese. In cattività a Gaza ci sarebbero ancora circa una sessantina di cittadini israeliani. Il Families Forum, associazione che riunisce i familiari degli ostaggi, ha rilasciato una dichiarazione in cui sostiene che “l’affermazione secondo cui la guerra è stata ripresa per il rilascio degli ostaggi è una completa menzogna” e chiede di “tornare al cessate il fuoco”. L’ufficio politico di Hamas ha accusato di aver fatto saltare i negoziati e ripreso la guerra per salvare la sua coalizione di governo di estrema destra.“È inconcepibile”, ha dichiarato Muhannad Hadi, coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati. In una nota, Hadi ha chiesto di “ripristinare immediatamente il cessate il fuoco”, ricordando che “la popolazione di Gaza ha sopportato sofferenze inimmaginabili”. Di fronte all’ennesima strage, in un conflitto che ha già causato la morte di quasi 49 mila palestinesi di Gaza, l’Autorità Nazionale Palestinese ha chiesto “un intervento internazionale urgente“. Durante il briefing quotidiano con la stampa, il portavoce della Commissione europea, Anouar El Anouni, ha affermato che “l’Ue deplora vivamente la ripresa delle ostilità e il decesso di civili, tra cui bambini, durante i raid aerei israeliani” e ribadito l’appello “ad Hamas affinché rilasci tutti gli ostaggi” e ad Israele “perché dia prova di moderazione” e “ristabilisca l’accesso umanitario senza condizioni”.

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    Putin prende tempo sul cessate il fuoco in Ucraina

    Bruxelles – Vladimir Putin prende tempo. Durante una conferenza stampa al Cremlino, ha sostenuto di essere “favorevole” in linea di principio alla cessazione delle ostilità in Ucraina, ma ha anche avvertito che ci sono ancora una serie di “questioni serie” da risolvere prima di poter dare il disco verde alla tregua. E ha poi calciato la palla in tribuna, rimandando ulteriori spiegazioni a dopo i colloqui che avrà nelle prossime ore: anzitutto con Steve Witkoff, atterrato ieri a Mosca, e poi (probabilmente) al telefono con Donald Trump.Tutto il mondo lo stava aspettando, col fiato sospeso. Ma come d’abitudine, il presidente russo non si è sbilanciato. Parlando nel pomeriggio di oggi (13 marzo) ai giornalisti accanto all’omologo bielorusso Aleksander Lukashenko, ha fornito qualche commento sulla proposta per un cessate il fuoco immediato di 30 giorni, messa nero su bianco dalle delegazioni di Kiev e Washington incontratesi l’altroieri a Gedda, in Arabia Saudita.“L’idea è buona e certamente la sosteniamo“, ha dichiarato, aggiungendo che la Russia è d’accordo con il “porre fine al conflitto in maniera pacifica”. Ma “ci sono questioni che devono essere discusse e negoziate coi nostri colleghi e partner americani, forse tramite una telefonata col presidente Trump“. Un colpo al cerchio e uno alla botte.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Putin si è detto “tecnicamente favorevole” non tanto all’accordo nella sua formulazione attuale – su cui il Cremlino già ieri aveva fatto trapelare un certo scetticismo – quanto alla necessità di giungere ad una fine delle ostilità per via diplomatica. Ma ha ribadito che ci sono diverse “sfumature” e “questioni serie” da esaminare, tra cui la situazione nell’oblast’ di Kursk, invaso dagli ucraini lo scorso agosto. In altre parole, la bozza di tregua non prende in sufficiente considerazione gli interessi cruciali della Federazione, che dovranno essere “studiate con estrema attenzione” durante i prossimi round negoziali.Nella prospettiva di Mosca, qualunque tregua accettabile dovrà “portare ad una pace duratura e rimuovere le cause alla radice di questa crisi“: una posizione che segnalerebbe, secondo alcuni analisti, come Putin non abbia affatto intenzione di abbandonare le sue richieste massimaliste legate alla complessiva architettura della sicurezza nel Vecchio continente (riguardo soprattutto al ruolo della Nato, contro cui si è scagliato per l’ennesima volta oggi attraverso una dichiarazione congiunta con Lukashenko).Prima che parlasse il presidente, un funzionario russo aveva comunicato che l’accordo negoziato dagli emissari di Kiev e Washington era sostanzialmente irricevibile poiché sarebbe solo servito a fornire “respiro” all’esercito ucraino, attualmente in ritirata dall’area di Kursk dove Putin si è recato in visita proprio ieri e sotto grande pressione lungo l’intera linea del fronte, che si estende per circa 2mila chilometri.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Putin sta parlando questa sera con Steve Witkoff, l’inviato speciale della Casa Bianca per il Medio Oriente (che nonostante questo titolo sta gestendo le trattative sulla guerra in Ucraina), e potrebbe sentire al telefono il suo omologo statunitense Donald Trump nelle prossime ore, anche se non è stato ancora fissato ufficialmente un colloquio.Da Washington, pare intanto che il tycoon inizi a spazientirsi: “Dobbiamo concludere in fretta” l’accordo, ha dichiarato da Washington, poco dopo aver sostenuto che i negoziati “stanno andando bene”. Trump, che ha accolto oggi nello Studio ovale il capo della Nato Mark Rutte, ha aggiunto che troverebbe “molto deludente” se Putin rifiutasse il cessate il fuoco, mentre ieri aveva fatto alcune allusioni ad eventuali ritorsioni finanziarie con cui gli Stati Uniti potrebbero colpire la Russia se questa si sfilasse dalle trattative.

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    Dazi, l’Ue non cede: “Preparati a qualunque cosa possa accadere”

    Bruxelles – Nessun ripensamento, nessun cedimento. Sulla questione dazi l’Ue tira dritto, e non ha paura di ingaggiare una guerra commerciale aperta. Perché, spiega il portavoce della Commissione europea responsabile per le questioni di commercio, Olof Gill, le minacce del presidente statunitense Donald Trump di imporre sanzioni ulteriori all’Europa in caso di mancata sospensione dei controdazi a dodici stelle non spaventa: “Siamo preparati per qualunque cosa possa accadere, e lo siamo da oltre un anno“.L’Unione europea offre la possibilità di una soluzione condivisa, a patto che i passi indietro si facciano. “Esortiamo gli Stati Uniti a revocare immediatamente i dazi decretati e avviare negoziati per evitare nuove tariffe in futuro“, l’invito di Gill a nome della Commissione europea per l’amministrazione Trump. La linea del team von der Leyen non cambia: si ritiene che la guerra dei dazi “sia una soluzione in cui perdono tutti”, viceversa “noi vogliamo focalizzare l’attenzione sulle formule mutualmente vantaggiose”, vale a dire soluzioni negoziate.Da Bruxelles arrivano anche le critiche per Trump e la sua narrativa considerata prossima alle fake news. “L’Ue non è parte del problema” quando si parla di acciaio, continua il portavoce. “Sostenere che l’Ue è parte del problema è fuorviante“, in quanto “il problema è la sovra-capacità globale, e l’Unione europea può lavorare con gli Stati Uniti per trovare una soluzione”. In questo dibattito tramutatosi in confronto muscolare l’Ue, conclude Gill, “siamo impegnati con il settore siderurgico” europeo.Ad ogni modo, l’Ue non intende retrocedere: “Siamo preparate alle potenziali conseguenze delle decisioni deplorevoli adottate dagli Stati Uniti”. La Commissione è dunque pronta allo scontro commerciale con l’amministrazione Trump.

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    Trump è ottimista sulla tregua in Ucraina. Ma tutti aspettano Putin (che non sembra convinto)

    Bruxelles – All’indomani dei colloqui in Arabia Saudita tra Kiev e Washington, il mondo rimane col fiato sospeso in attesa di una risposta della Russia. Per ora Vladimir Putin non si è sbilanciato, anche se Donald Trump si dice ottimista. Una delegazione statunitense dovrebbe raggiungere Mosca nelle prossime ore per presentare al capo del Cremlino la proposta di tregua elaborata a Gedda. Ma in realtà, alla Federazione non conviene interrompere i combattimenti.L’accordo tra le delegazioni ucraina e statunitense su una tregua di 30 giorni, raggiunto nella tarda serata di ieri (11 marzo) a Gedda, sulla sponda saudita del Mar Rosso, ha rappresentato una svolta importante nella complessa partita politica per giungere alla fine del conflitto che infuria da oltre tre anni nell’ex repubblica sovietica. Si potrebbe dire che il vero cessate il fuoco è stato quello tra Kiev e Washington dopo settimane in cui la tensione era salita alle stelle. E infatti: l’accordo sulle materie prime critiche ucraine dovrebbe venire stipulato “il prima possibile” e stamattina sono ripresi i trasferimenti degli armamenti statunitensi attraverso la Polonia.Le delegazioni di Usa (sinistra) e Ucraina (destra) si incontrano a Gedda per esplorare le condizioni per un cessate il fuoco alla presenza dei mediatori sauditi (centro), l’11 marzo 2025 (foto: Saul Loeb/Afp)Stavolta, l’ennesima fuga in avanti di Donald Trump ha messo Vladimir Putin, e non più Volodymyr Zelensky, di fronte al fatto compiuto. Secondo diversi osservatori, il presidente statunitense si è preso una buone dose di rischio chiamando il bluff dell’omologo russo, che sarebbe ora rimasto allo scoperto. “La palla è nel campo della Russia“, ha ripetuto in più occasioni tra ieri e oggi Marco Rubio, il capo della diplomazia a stelle e strisce.“Se ci diranno di no, questo ci dirà molto su quali sono i loro obiettivi e la loro mentalità“, ha dichiarato Rubio nel pomeriggio, aggiungendo che un qualche tipo di deterrente per mettere al riparo l’Ucraina da future aggressioni “dovrà essere parte della conversazione” e che in tale conversazione ci sarà “probabilmente” un ruolo anche per le cancellerie europee.Parlando ai cronisti dalla Casa Bianca poco più tardi, il tycoon newyorkese si è mostrato ottimista, sostenendo di aver ricevuto “segnali positivi” dalla controparte russa. “Speriamo di poter ottenere un cessate il fuoco”, ha dichiarato, annunciando che una delegazione statunitense sta viaggiando verso Mosca proprio in queste ore. Anche se non è stato menzionato direttamente, è verosimile che della squadra di contatto faccia parte anche Steve Witkoff, l’inviato speciale di Trump per il Medio Oriente già artefice del cessate il fuoco tra Israele e Hamas e probabile architetto anche di quello tra Russia e Ucraina.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Ma per il momento dalla Federazione quasi nessuno si sbottona. Fonti vicine al Cremlino fanno trapelare che il presidente russo trova “difficile da accettare” il cessate il fuoco nella sua forma attuale. Secondo il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, la Russia sta “studiando attentamente” la proposta elaborata a Gedda e non ci saranno commenti ufficiali prima che i funzionari statunitensi abbiano informato i loro omologhi russi. Sempre stamattina, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha reiterato l’opposizione di Mosca alla presenza di truppe Nato in Ucraina.La verità è che alla Russia non conviene interrompere i combattimenti in questa fase. Sul campo sta raccogliendo i frutti di una rapida avanzata nell’oblast’ di Kursk, dove gli ucraini erano penetrati lo scorso agosto. Al contrario, le forze armate di Kiev avrebbero tutto da guadagnare da una pausa delle ostilità, dopo mesi in cui non riescono a riprendere l’iniziativa.Dal canto suo, Zelensky ha detto di sperare in “passi forti” da parte dei suoi alleati occidentali contro la Russia, nel caso in cui Mosca rifiuti la proposta di cessate il fuoco. Il leader ucraino ha elogiato i “risultati molto positivi” ottenuti durante i colloqui con gli Stati Uniti e ha ribadito che Kiev “ha sempre voluto che la guerra finisse”, promettendo il suo sostegno al piano messo sul tavolo a Gedda. Ora Washington, dice, dovrà coordinarsi con gli europei per “obbligare la Russia a porre fine” al conflitto.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: Roman Pilipey/Afp)Ha anche aggiunto che, durante i 30 giorni di tregua, andrà affrontata la questione delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina. Riguardo ad eventuali cessioni territoriali, ha ribadito che “non riconosceremo alcun territorio occupato dai russi“, sostenendo che si tratta della “linea rossa più importante” per Kiev. La speranza di Zelensky è evidentemente ancora quella di poter riottenere i territori de facto occupati dal nemico per via diplomatica, obiettivo per il quale non può consentire al loro riconoscimento de jure come parte della Federazione.

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    Ucraina e Stati Uniti concordano le condizioni per un cessate il fuoco

    Bruxelles – AGGIORNAMENTO : Ucraina e Stati Uniti ci riprovano e ci riescono. Le delegazioni di Kiev e Washington, incontratesi a Gedda, in Arabia Saudita, hanno raggiunto un accordo preliminare sulle condizioni per raggiungere un cessate il fuoco con la Russia. L’Ucraina ha accettato la proposta statunitense per una tregua immediata della durata di 30 giorni, mentre la Casa Bianca ha annunciato la revoca dello stop agli aiuti militari verso il Paese aggredito. Attesa a breve anche la stipula dell’accordo sulle materie prime critiche ucraine. Secondo il segretario di Stato Usa Marco Rubio, “ora la palla è nel campo” di Mosca.Secondo quanto si legge in una dichiarazione congiunta delle delegazioni statunitense e ucraina, Kiev e Washington hanno “compiuto passi importanti verso il ripristino di una pace duratura” nell’ex repubblica sovietica. “L’Ucraina si è dichiarata pronta ad accettare la proposta statunitense di un cessate il fuoco immediato e provvisorio di 30 giorni, che può essere prorogato di comune accordo tra le parti e che è soggetto all’accettazione e alla contemporanea attuazione da parte della Federazione Russa”, si legge ancora nella nota.“Gli Stati Uniti comunicheranno alla Russia che la reciprocità russa è la chiave per raggiungere la pace“, prosegue il comunicato, mentre il capo della diplomazia a stelle e strisce Marco Rubio ha dichiarato: “Spero che (i russi, ndr) dicano di sì. Se lo faranno, credo che avremo fatto grandi progressi. Se invece diranno di no, allora sapremo purtroppo qual è l’ostacolo alla pace”. A seguito dell’accordo raggiunto a Gedda, la Casa Bianca ha annunciato che “rimuoverà immediatamente la pausa sulla condivisione dell’intelligence e riprenderà l’assistenza alla sicurezza dell’Ucraina“.All’indomani del più grosso attacco di droni (oltre una novantina) mai compiuto in tre anni dall’esercito di Kiev che ha fatto almeno tre morti nella capitale della Federazione, i team negoziali di Ucraina e Stati Uniti si sono incontrati oggi (11 marzo) a Gedda per provare a sbloccare la complessa partita sul cessate il fuoco e mettere in pausa il conflitto che da tre anni sta tenendo il mondo col fiato sospeso. Stando al capo dell’ufficio presidenziale ucraino Andriy Yermak, il clima dei colloqui è “molto costruttivo”.Si tratta del primo contatto diretto tra i due Paesi, teoricamente alleati, dopo le forti tensioni diplomatiche delle scorse settimane culminate nell’imboscata tesa da Donald Trump e dal suo vice J.D. Vance a Volodymyr Zelensky lo scorso 28 febbraio nello Studio ovale. Nelle speranze del leader ucraino, i colloqui odierni (a cui non prenderà parte direttamente, nonostante ieri abbia incontrato il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman) servono a ravvivare le relazioni con Washington e a ottenere “risultati pratici”.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) incontra il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman a Gedda, il 10 marzo 2025 (foto via Imagoeconomica)Il presidente statunitense, secondo cui sarebbe “più facile” negoziare con l’omologo russo Vladimir Putin piuttosto che con Zelensky (quest’ultimo non sarebbe “pronto” alla pace, aveva detto nei giorni scorsi il tycoon), ha recentemente sospeso gli aiuti militari a Kiev – inclusa la condivisione delle informazioni d’intelligence – nel tentativo di mettere pressione sugli ucraini per costringerli a sedersi al tavolo delle trattative.Al tavolo di Gedda, il presidente del Paese aggredito arriva con una proposta per una tregua di un mese nei combattimenti aerei e marittimi. L’obiettivo di Zelensky è duplice: saggiare la buona fede della Russia di muoversi verso un negoziato di pace e dimostrare al contempo la propria disponibilità all’inquilino della Casa Bianca, col quale gli alleati europei lo avevano esortato a ricucire i rapporti. “La posizione dell’Ucraina in questi colloqui sarà pienamente costruttiva“, ha scritto su X alla vigilia dell’incontro.Dal canto suo, il segretario di Stato Marco Rubio – che guida la delegazione a stelle e strisce, di cui fanno parte anche il consigliere alla Sicurezza nazionale Michael Waltz e l’inviato speciale per il Medio Oriente Steve Witkoff – ha dichiarato che “dobbiamo capire la posizione ucraina e avere un’idea generale di quali concessioni sarebbero disposti a fare, perché non si otterrà un cessate il fuoco e la fine di questa guerra se entrambe le parti non faranno concessioni“.La Casa Bianca considera inevitabile la cessione di alcuni dei territori ucraini occupati all’invasore, ma non è ancora chiaro quali. “I russi non possono conquistare tutta l’Ucraina e ovviamente sarà molto difficile per l’Ucraina, in un periodo di tempo ragionevole, costringere i russi a tornare indietro fino a dove erano nel 2014”, ha osservato il capo della diplomazia statunitense. Attualmente, Mosca controlla all’incirca un quinto del territorio ucraino (inclusa la penisola della Crimea, annessa unilateralmente 11 anni fa).Il segretario di Stato di Washington, Marco Rubio, al suo arrivo a Gedda il 10 marzo 2025 (foto via Imagoeconomica)La speranza, condivisa tanto da Kiev quanto da Washington, è quella di concludere una volta per tutte la stipula del patto sulle materie prime critiche che era saltato dopo il catastrofico colloquio a tre nello Studio ovale. L’amministrazione Usa lo considera un risarcimento per gli aiuti inviati all’ex repubblica sovietica in tre anni di guerra, mentre per Zelensky si tratta dell’ultimo spiraglio per tenere lo zio Sam dalla sua parte. Trump aveva in precedenza descritto l’accordo come “la miglior garanzia di sicurezza” per Kiev, nonostante non preveda nessun distaccamento di truppe statunitensi sul suolo ucraino.Quello odierno è il secondo incontro diplomatico di alto livello che si tiene in Arabia Saudita per arrivare ad una fine negoziata della guerra in Ucraina. Il precedente era stato convocato a Riad lo scorso 18 febbraio, ed era stato il primo faccia a faccia tra funzionari statunitensi e russi dal 2022, che nella capitale saudita avevano concordato il ripristino delle relazioni diplomatiche congelate durate la presidenza di Joe Biden.

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    Trump sta abbandonando Kiev per abbracciare Mosca

    Bruxelles – “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”. Come nel celebre adagio di Agatha Christie, non c’è più spazio per nutrire ancora dubbi circa la scelta di campo, in apparenza definitiva e certo inequivocabile, compiuta dall’amministrazione statunitense sulla guerra in Ucraina.In effetti, di indizi in questo caso ce ne sono in abbondanza, e puntano tutti ad una conclusione che sarebbe stata inimmaginabile solo un paio di mesi fa: gli Stati Uniti hanno voltato le spalle a Kiev per abbracciare Mosca. Nelle ultime ore si sono moltiplicati i colpi che Donald Trump sta assestando al Paese aggredito, in un’escalation che dura ormai da settimane e che avvantaggia solo Vladimir Putin.L’ultima tessera del puzzle è l’incontro di alcuni membri del cerchio magico del tycoon newyorkese con alcune figure chiave dell’opposizione domestica a Volodymyr Zelensky, inclusa l’ex presidente Yulia Tymoshenko e alcuni luogotenenti di Petro Poroshenko, capo dello Stato fino al 2019. I colloqui si sarebbero incentrati sulla possibilità di celebrare delle presidenziali in Ucraina (si sarebbero dovute tenere nel maggio 2024), manovrando alle spalle dello stesso Zelensky.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky al Consiglio europeo di Bruxelles, il 19 dicembre 2024 (foto: European Union)Quello delle elezioni a Kiev è di fatto un tema controverso solo in Occidente, data la sostanziale contrarietà degli ucraini a recarsi alle urne sotto le bombe (qualcosa che viene peraltro vietata dalla Costituzione, essendo attualmente in vigore la legge marziale), ma rappresenta un fuoco su cui Trump non ha mai smesso di soffiare, spingendosi fino a definire il leader ucraino un “dittatore” privo di legittimità democratica e suggerendo che Zelensky se ne dovrebbe andare se non accetta di stipulare l’accordo sui minerali con Washington. Ingerenze estere in piena regola.C’è poi l’annunciata intenzione di revocare lo status di protezione speciale per circa 240mila profughi ucraini, che rischiano così di venire espulsi e rispediti nel Paese in guerra. In realtà, questa decisione sarebbe stata presa prima dell’imboscata tesa da Trump e dal suo vice JD Vance a Zelensky la settimana scorsa, e non riguarderebbe solo i rifugiati provenienti dal Paese est-europeo ma anche quelli di altre nazionalità (soprattutto dall’America centro-meridionale e dall’Afganistan) per un totale di quasi 2 milioni di persone non più gradite negli Stati Uniti.Negli scorsi giorni, Trump ha assestato numerosi altri colpi all’ex repubblica sovietica, sulla carta un’alleata ma nei fatti una vittima del bullismo istituzionalizzato del tycoon, intento a recuperare quello che percepisce come “maltolto” (cioè il sostegno finanziario alla resistenza ucraina), del quale peraltro sovrastima abbondantemente l’entità. Tra gli aiuti militari a Kiev di cui ha annunciato la sospensione c’è anche la condivisione dell’intelligence, che negli ultimi tre anni si è rivelata cruciale per l’esercito ucraino. In linea con l’approccio muscolare e transazionale di Trump, lo stop alla condivisione delle informazioni sembrerebbe uno strumento di pressione impiegato da Washington per costringere Kiev a sedersi al tavolo delle trattative. In altre parole, un ricatto.Il presidente statunitense Donald Trump (destra) accoglie nello Studio ovale il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Quella dell’intelligence è del resto una partita delicatissima, poiché rappresenta un asset fondamentale (almeno al pari delle capacità operative) nel settore strategico. E le agenzie d’intelligence a stelle e strisce sono universalmente riconosciute come le più efficienti al mondo: erano state loro a lanciare l’allarme, tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, di un’imminente operazione russa in Ucraina, venendo peraltro tacciate di isterismo dalle cancellerie di mezzo mondo.L’azzardo di Trump non ha fatto altro che aggravare i problemi di fiducia reciproca tra i membri Nato, soprattutto nel quadro in cui Stati come l’Ungheria e la Slovacchia (guidati da governi filorussi) vengono percepiti come inaffidabili da gran parte degli alleati occidentali. Ma le crepe si iniziano a vedere anche tra i Paesi che sono sempre stati dallo stesso lato della barricata. Da un lato, in aperta polemica con Washington, Parigi ha rivendicato orgogliosamente che sta continuando a condividere le informazioni con Kiev. Dall’altro, dalla Casa Bianca starebbero spingendo per estromettere il vicino canadese dal gruppo dei Five Eyes, un’alleanza di intelligence globale che comprende anche il Regno Unito, l’Australia e la Nuova Zelanda.Zelensky tenta di fare buon viso a cattivo gioco, perché non può prescindere dal sostegno di Washington. Dopo aver inviato al suo omologo statunitense una lettera in cui si è reso disponibile a rinegoziare l’accordo sulle materie prime chimiche, deragliato venerdì scorso proprio a seguito della riunione disastrosa alla Casa Bianca, il presidente ucraino ha dichiarato oggi di fronte ai leader dei Ventisette, riuniti a Bruxelles per un vertice straordinario, che le delegazioni dei due Paesi sono in contatto e stanno lavorando per organizzare un nuovo incontro la prossima settimana.Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky (al centro) con il presidente del Consiglio europeo e la presidente della Commissione europea [Bruxelles, 6 marzo 2025]Ma è ormai evidente che a Trump, della sorte dell’Ucraina, importa poco. La pace di cui continua a riempirsi la bocca non è la “pace giusta e duratura” che continuano a invocare le cancellerie europee (qualunque cosa questa formula possa significare concretamente), ma una pace che va più che altro a favore della Russia. Di pari passo con il “grande tradimento” di Kiev, dunque, si sta compiendo un riavvicinamento a Mosca che nessun osservatore si sarebbe aspettato con una simile velocità.Colloqui telefonici diretti con Putin, incontri diplomatici di alto livello con i vertici del Cremlino, negoziati sottotraccia in corso per porre fine alle ostilità nell’ex repubblica sovietica, o almeno metterle in pausa. Il tutto contornato da attacchi frontali al leader ucraino e agli alleati europei (con la pretesa di dare a tutti lezioni di democrazia da parte di chi ha istigato l’assalto al Campidoglio) e dall’amplificazione della propaganda putiniana, per finire a votare insieme al Cremlino all’Onu.Abbandonando l’Ucraina al suo destino e allineandosi così convintamente alla Russia, Washington mette in difficoltà l’intera Europa. E il tycoon sta tirando così tanto la corda che neppure i suoi tradizionali sostenitori nel Vecchio continente – i nazional-populisti della destra radicale – riescono più a stargli dietro. Critiche più e meno dirette al repentino voltafaccia dell’amministrazione statunitense sono arrivate, tra gli altri, dalla francese Marine Le Pen, dall’olandese Geert Wilders e dal britannico Nigel Farage, che peraltro sono stati tutti accusati in passato di essere troppo vicini alla Russia. L’ennesimo risultato impensabile solo fino a poche settimane fa.