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    Gaza, avvocati e giuristi di Jurdi chiamano Commissione e Consiglio Ue a “rispondere della loro inazione”

    Bruxelles – L’inazione può essere un reato. Per questo, oggi Commissione europea e Consiglio dell’Unione europea vengono chiamati a rispondere delle “proprie responsabilità” a Gaza. A farlo è JURDI – Giuristi per il Rispetto del Diritto Internazionale – associazione che, fondata nel 2024, riunisce avvocati, magistrati, professori, giuristi e altri esperti di diritto internazionale, con l’obiettivo di promuovere il rispetto e l’applicazione del diritto internazionale nel contesto del conflitto israelo-palestinese. Dopo aver inviato, lo scorso maggio, due lettere di diffida a Commissione e Consiglio Ue per “non aver adempiuto al proprio obbligo di prevenire il genocidio a Gaza”, oggi Jurdi ha annunciato di aver intentato un ricorso davanti la Corte di Giustizia dell’Ue contro le due istituzioni per “grave e prolungata inazione di fronte alle violazioni del diritto internazionale nei Territori Palestinesi Occupati”. Secondo il team di Jurdi, “nonostante le notifiche formali del 12 e 15 maggio 2025 e la valanga di prove che documentano un genocidio in corso a Gaza, non sono state avviate sospensioni degli accordi di cooperazione, misure restrittive o verifiche di emergenza“. E “non è stata intrapresa alcuna azione per interrompere il flusso di finanziamenti e i trasferimenti di tecnologia militare, in diretta violazione del diritto internazionale ed europeo“.Tutto ciò ha delle conseguenze, per Jurdi. “La Commissione europea, sebbene autorizzata ad agire da sola, è rimasta passiva”, scrive l’associazione. “Tale inazione impegna la responsabilità giuridica delle istituzioni europee in relazione agli articoli 2, 3, 21, 29 e 215 Trattato sul funzionamento dell’Ue; all’accordo di associazione Ue-Israele; e agli obblighi imperativi del diritto internazionale (jus cogens)”. In particolare, per Jurdi, sono stati violati quattro principi fondamentali del diritto internazionale pubblico, applicabili all’Unione: l’obbligo di prevenire il genocidio, a partire dalla soglia del rischio plausibile; il dovere di porre fine agli ostacoli all’autodeterminazione del popolo palestinese; il divieto di riconoscimento o di assistenza a una situazione illegittima, come un’occupazione prolungata; l’obbligo di garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario, in particolare di fronte a crimini di guerra e crimini contro l’umanità. A ciò si aggiunge “una chiara violazione del Trattato sul commercio delle armi (ATT)“, di cui tutti gli Stati membri dell’Ue sono firmatari, “e della Posizione Comune 2008/944/PESC che vieta i trasferimenti di armi in caso di evidente rischio di utilizzo per commettere gravi violazioni del diritto umanitario”, mentre “diversi Stati membri hanno continuato a fornire armi a Israele, senza alcuna risposta da parte delle istituzioni europee“, spiegano gli avvocati e giuristi.Sono queste le basi su cui oggi l’associazione chiede alla Corte di Giustizia di constatare formalmente questa inadempienza e di ordinare alle istituzioni dell’Ue di sospendere la cooperazione con Israele, di adottare sanzioni mirate e di adempiere al loro dovere di prevenzione. “Quando le istituzioni sanno, possono e non fanno nulla, si parla di complicità passiva“, ha affermato il presidente di Jurdi, Patrick Zahnd. “Ci auguriamo che la Corte rispetti la legge, nient’altro che la legge”, ha osservato.E proprio alla legge stanno facendo ricorso anche altre associazioni di avvocati e giuristi che chiedono ai propri Paesi di rispondere dell’inazione, o della complicità. E’ il caso dei Paesi Bassi, dove il Centro di ricerca sulle multinazionali SOMO e altre nove organizzazioni della società civile palestinese e olandese stanno facendo causa ai Paesi Bassi “per il ruolo svolto nel facilitare le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, tra cui l’occupazione illegale del territorio palestinese e il plausibile genocidio commesso contro il popolo palestinese a Gaza”: una delle richieste della causa, che è ora in fase di appello, è l’interruzione dell’esportazione verso Israele di cani addestrati per le torture. L’udienza d’appello del caso dovrebbe svolgersi questa estate. Ed è anche il caso del Belgio, dove il collettivo Droit pour Gaza ha diffidato lo Stato per la sua inazione a Gaza: Bruxelles ha “obblighi e responsabilità di fronte al genocidio attualmente in corso nella Striscia di Gaza” e, se non risponderà entro otto giorni, i querelanti intraprenderanno un’azione legale.Giustamente, anche Pilato verrebbe chiamato oggi a rispondere.

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    Diritti umani, l’Ue sanziona l’Iran per la repressione transnazionale dei dissidenti

    Bruxelles – L’Unione europea ha imposto nuove sanzioni contro l’Iran per le continue violazioni dei diritti umani. Le misure restrittive colpiscono otto individui e una rete criminale, responsabili della repressione transnazionale portata avanti dalla Repubblica islamica, tramite cui gli ayatollah silenziano oppositori e dissidenti all’estero.Le nuove sanzioni sono state decise oggi (15 luglio) dai ministri degli Esteri dei Ventisette riuniti a Bruxelles, durante una sessione del Consiglio i cui piatti principali sono stati la guerra d’Ucraina – alla luce dell’apparente riallineamento della Casa Bianca dalla parte di Kiev e contro Mosca – e la crisi mediorientale, con le diplomazie europee che hanno accolto positivamente l’accordo sull’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza stipulato la scorsa settimana dall’Alta rappresentante Kaja Kallas col governo israeliano.Con le misure restrittive odierne, Bruxelles cerca di colpire la capacità di Teheran di praticare la cosiddetta repressione transnazionale, vale a dire di mettere a tacere le voci critiche nei confronti del regime iraniano al di fuori dei confini di quest’ultimo. Si tratta di un fenomeno preoccupante e in crescita, di cui si sta occupando anche l’Eurocamera (Eunews ha intervistato la relatrice dell’Aula, Chloé Ridel, per comprendere meglio questo argomento).L’eurodeputata Chloé Ridel (Ps/S&D), relatrice dell’Aula sulla repressione transnazionale (foto: Philippe Stirnweiss/Parlamento europeo)Nello specifico, l’Ue ha comminato sanzioni contro otto individui e un’entità iraniani, macchiatisi di gravi abusi ai danni di oppositori politici, dissidenti e attivisti in giro per il mondo, in particolare esecuzioni e uccisioni extragiudiziali, sommarie e arbitrarie, nonché sparizioni forzate. Le misure comprendono il congelamento dei beni e il divieto di fornire ai bersagli del pacchetto assistenza economica e finanziaria diretta o indiretta, nonché l’impossibilità per i soggetti coinvolti di entrare nel territorio dell’Unione.A fare le spese del regime sanzionatorio a dodici stelle sono la rete Zindashti, un’organizzazione collegata al ministero dell’Intelligence e della sicurezza di Teheran (Mois) e considerata un gruppo criminale dall’Ue, e diversi suoi membri: il capo Naji Ibrahim Sharifi-Zindashti e i suoi collaboratori Abdulvahap Kocak, Ali Esfanjani, Ali Kocak, Ekrem Oztunc e Nihat Asan. Costoro sarebbero implicati, tra le altre cose, nell’assassinio del dissidente iraniano Mas’ud Molavi Vardanjani e del proprietario dell’emittente televisiva iraniana Gem TV, Saeed Karimian, uccisi in Turchia rispettivamente nel 2019 e 2017.Oltre a loro, sono finiti nel mirino dell’Ue anche Mohammed Ansari, uno dei leader della Forza Quds del Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche, e Reza Hamidiravari, ufficiale d’intelligence che, secondo Bruxelles, supervisiona le operazioni portate avanti dalla rete Zindashti per conto del Mois.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Consiglio europeo)Parlando ai giornalisti al termine della sessione odierna, Kallas ha ribadito per l’ennesima volta la linea dell’Ue rispetto alla recente escalation militare tra Israele e Iran, ribattezzata guerra dei 12 giorni: la Repubblica islamica “non deve possedere armi nucleari”, ha scandito, sottolineando che l’unica strada per raggiungere questo obiettivo è quella diplomatica.Il cessate il fuoco negoziato da Donald Trump “è fragile ma presenta un’opportunità per continuare il dialogo”, ha proseguito, aggiungendo che Teheran “dovrà accogliere di nuovo gli ispettori dell’Onu”. Un punto, quest’ultimo, su cui però la dirigenza iraniana non sembra voler cedere.

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    Vertice Ue, la Slovenia pronta alla linea dura su Israele: “Provvedimenti a 27 o saranno presi dai singoli Stati”

    Bruxelles – Di fronte a quello che sta accadendo a Gaza per mano di Israele e del suo governo “se l’Ue non prende provvedimenti tangibili entro i prossimi giorni gli Stati membri dovranno farlo singolarmente per mettere pressione“. Alla fine la Slovenia rompe gli indugi, con il primo ministro Robert Golob che arriva a Bruxelles per il vertice del Consiglio europeo deciso a quel cambio di passo già chiesto dal suo governo e non ancora avvenuto.Il summit dei capi di Stato e di governo, tra le altre cose, si trova a dover affrontare il nodo Israele nell’ambito del più ampio dibattito sul Medio Oriente. Sullo sfondo ci sono le violazioni dei diritti umani compiute dall’attuale amministrazione israeliana, con le condanne del caso che però dividono l’Ue. La frammentazione è tale da portare alla rottura. Il leader sloveno è pronto a chiedere ai colleghi che condividono la sua impostazione ad agire se dalla riunione non dovesse arrivare il via libera a provvedimenti.Il re di Giordania critica Israele e sprona l’Ue: “A Gaza una versione vergognosa dell’umanità”“Entro i prossimi giorni”, l’aut-aut imposto da Golob per sanzioni contro il governo israeliano, vuole dire che i leader devono dare il via libera di principio per permettere ai ministri degli Esteri di lavorarci. “Purtroppo alcuni Stati, anche importanti, antepongono i propri interessi ai diritti umani“, lamenta e critica il primo ministro sloveno. Un attacco a quei Paesi – Germania, Austria, Italia, Ungheria, Grecia, Romania e Lituania – che si oppongono all’idea di procedere contro lo Stato ebraico.Dall’altra parte, con la Slovenia si uniscono alla linea sanzionatoria Belgio, Irlanda, Francia, Svezia e Spagna. E’ proprio il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, a chiedere “immediatamente” di mandare un segnale chiaro al governo di Israele. “Non ha alcun senso aver imposto 18 pacchetti di sanzioni contro la Russia per la sua aggressione all’Ucraina e poi l’Europa, con un doppio standard, non e’ neppure in grado di sospendere un accordo di associazione quando viene violato in modo palese l’articolo 2 sul rispetto dei diritti umani da parte, in questo caso, di Israele”, tuona il leader spagnolo, giunto a Bruxelles con l’intenzione di chiedere di “sospendere l’accordo di associazione con Israele“.

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    Georgia, l’appello di società civile e opposizioni: “L’Europa intervenga contro la deriva autoritaria”

    Bruxelles – Non accenna ad arrestarsi la deriva autoritaria in Georgia, dove il partito di governo filorusso sta smantellando la democrazia a suon di leggi liberticide e repressione. Mentre la popolazione, una delle più europeiste tra quelle dei Paesi candidati all’ingresso in Ue, continua a scendere in piazza dallo scorso autunno, si moltiplicano gli appelli rivolti ai vertici comunitari dalla società civile e dalle forze politiche dell’opposizione. Chiedono a Bruxelles di intervenire prima che sia troppo tardi, per salvare la democrazia georgiana e, in prospettiva, la stessa credibilità del progetto europeo.Riporta la data di ieri (17 giugno) un appello firmato congiuntamente da oltre una ventina di associazioni nazionali, europee e globali che esortano l’Ue a darsi da fare per difendere la libertà di stampa nel Paese, finita nel mirino del governo autoritario di Irakli Kobakhidze, leader del partito populista e filorusso Sogno georgiano al potere dal lontano 2012.Senza stampa indipendente non c’è democrazia. Ed è appunto contro i media indipendenti che l’esecutivo di Tbilisi sta conducendo la sua crociata, denunciano i firmatari della lettera aperta, 24 organizzazioni e associazioni per la tutela della libertà di stampa e dei diritti umani tra cui spiccano il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj), la Federazione europea dei giornalisti (Efj), Reporter senza frontiere (Rsf) e il Progetto di investigazione sulla corruzione e il crimine organizzato (Occrp).Il primo ministro georgiano Irakli Kobakhidze (foto: Irakli Genedidze/Afp)“I media indipendenti subiscono pressioni senza precedenti e sono ormai sull’orlo del baratro“, si legge nel comunicato, in cui si sottolinea che “i giornalisti sono sempre più spesso oggetto di arresti, aggressioni fisiche, multe arbitrarie, censura e repressione finanziaria e istituzionale“. Tutto questo, continua la missiva, a seguito dell’approvazione di una serie di provvedimenti liberticidi – come la normativa sugli agenti stranieri e gli emendamenti alle leggi sulle sovvenzioni e sulle trasmissioni radiotelevisive – il cui combinato disposto fa sì che “i media indipendenti in Georgia potrebbero avere solo pochi mesi prima di essere costretti a chiudere” definitivamente.La censura da parte del partito al potere si traduce non solo in restrizioni al lavoro dei giornalisti, soggetti a pesanti multe per la loro copertura delle proteste antigovernative in corso ininterrottamente da più di 200 giorni (e intensificatesi dopo che Sogno georgiano ha annunciato lo stop dei negoziati di adesione all’Ue). Ma anche in aggressioni verbali e fisiche, campagne diffamatorie, azioni legali strumentali e, in almeno una dozzina di casi, in arresti arbitrari.Dei protestanti sulle barricate a Tbilisi, nella notte tra l’1 e il 2 dicembre 2024 (foto: Giorgi Arjevanidze/Afp)Tra tali incarcerazioni, a destare più scalpore è stata sicuramente quella di Mzia Amaglobeli, fondatrice e direttrice di due importanti pubblicazioni indipendenti georgiane. Poco dopo essere finita dietro le sbarre lo scorso gennaio, ha avviato uno sciopero della fame per protestare contro quello che ritiene un arresto politicamente motivato.In parallelo all’appello delle associazioni giornalistiche, una delegazione di rappresentanti delle forze politiche dell’opposizione si è recata negli scorsi giorni a Bruxelles per perorare la causa di una Georgia democratica direttamente con membri e funzionari delle istituzioni comunitarie.Ai vertici Ue chiedono di promuovere e sostenere la ripetizione delle elezioni dello scorso ottobre, che gli osservatori hanno denunciato come truccate, e di esercitare una pressione costante sul governo e sul presidente della Repubblica, Mikheil Kavelashvili, insediatosi a fine dicembre ma ritenuto illegittimo dagli oppositori di Sogno georgiano (inclusa l’ex capo dello Stato, Salomé Zourabichvili, che esattamente sei mesi fa a Strasburgo rivolgeva agli eurodeputati i medesimi appelli).L’ex presidente della Georgia Salomé Zourabichvili si rivolge ai suoi sostenitori mentre pronuncia il suo ultimo discorso nel cortile di palazzo Orbeliani a Tbilisi, il 29 dicembre 2024 (foto: Giorgi Arjevanidze/Afp)Anche tramite sanzioni, se serve: che però richiedono l’unanimità e sono già saltate in passato a causa del veto dell’Ungheria. Il rischio, avvisano, è che se l’Europa fallirà a mettere in campo il proprio “potere normativo”, la Georgia reciderà progressivamente i suoi legami con l’Occidente per riorientarsi strategicamente verso potenze revisioniste come Russia, Cina e Iran.Il piccolo ma strategico Stato del Caucaso meridionale pareva vicino all’ingresso nel club a dodici stelle finché, a partire dalla primavera dell’anno scorso, Sogno georgiano ha impresso una brusca svolta alla traiettoria (geo)politica di Tbilisi, portandola sempre più lontana da Bruxelles e sempre più vicina a Mosca. Da un lato l’adozione di leggi liberticide, fotocopie di analoghi provvedimenti in vigore nella Russia di Vladimir Putin.Dall’altro, la repressione sistematica e violenta del dissenso democratico, che passa attraverso il silenziamento delle opposizioni, delle voci mediatiche indipendenti e in generale dell’intera società civile, dalle ong ai singoli cittadini (colpiti rispettivamente dalla cosiddetta legge sugli agenti stranieri e dalle restrizioni che si applicano alle proteste).Nonostante l’evidente deterioramento della democrazia e dello Stato di diritto, tuttavia, l’Ue non ha saputo esercitare pressioni politiche sufficientemente forti sulla dirigenza georgiana all’infuori di misure cosmetiche come la sospensione dei visti diplomatici per i funzionari governativi. Vuoto totale anche nel contesto di iniziative che, come la fumosa strategia per il Mar Nero, dovrebbero teoricamente servire a Bruxelles per proiettare il proprio soft power in quel quadrante strategico sia tramite accordi economici sia attraverso il rilancio del processo di allargamento.Da un anno, per Tbilisi quel processo è de facto congelato e non pare prossimo a sbloccarsi. Gli sviluppi degli ultimi mesi, durante i quali la situazione non ha fatto che incancrenirsi ulteriormente, non lasciano intravedere alcuna luce in fondo al tunnel. Anzi, nel tunnel, il buio si infittisce ogni giorno di più.

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    Ucraina, l’Ue sostiene la creazione di un tribunale speciale per perseguire l’aggressione russa in Ucraina

    Bruxelles – Una nuova iniziativa giuridica prende forma in Europa, con il sostegno politico e istituzionale dell’Ue e di numerosi partner internazionali: un tribunale ad hoc per punire il reato di aggressione della Russia contro l’Ucraina. Il progetto, annunciato lo scorso venerdì (9 maggio) dalla Commissione europea, dal Consiglio d’Europa e dal primo ministro ucraino Denys Shmyhal, mira a colmare una lacuna giuridica lasciata aperta dal diritto internazionale, che attualmente impedisce alla Corte penale Internazionale di intervenire pienamente contro Mosca, in quanto la Russia non ne riconosce la giurisdizione.Il nuovo tribunale sarà istituito sotto la legislazione ucraina con il supporto di partner internazionali e avrà sede nei Paesi Bassi, già centro simbolico e operativo della giustizia penale internazionale. Il suo compito sarà esclusivo: giudicare il crimine di aggressione, ovvero l’atto con cui la Russia ha lanciato l’invasione su larga scala dell’Ucraina nel febbraio 2022. Secondo quanto comunicato dalla Commissione Europea, il tribunale opererà con l’appoggio congiunto della Commissione, del Servizio europeo per l’azione esterna, del Consiglio d’Europa e dell’Ufficio del Procuratore generale ucraino. Sarà finanziato da una coalizione di Stati, tra cui i Paesi Bassi, il Giappone e il Canada, con l’ambizione di avviare i lavori entro la fine del 2025.Il crimine di aggressione, a differenza di altri crimini internazionali come il genocidio o i crimini di guerra, è un reato che riguarda la leadership politica e militare: mira a identificare e processare coloro che hanno deciso e diretto l’invasione, mettendo al centro il ruolo personale di figure come il presidente, il primo ministro e il ministro degli esteri. In tal senso, il tribunale si configura come uno strumento mirato per attribuire responsabilità a chi ha il potere decisionale più alto, e non solo agli esecutori materiali dei crimini sul campo. Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha più volte ribadito l’importanza di assicurare giustizia per il crimine originario da cui sono scaturite tutte le altre atrocità, affermando che solo un processo credibile e imparziale può fungere da deterrente contro future aggressioni. Per questo motivo, il nuovo tribunale mira a rappresentare un esempio giuridico e politico per la comunità internazionale, riaffermando il principio secondo cui l’impunità non può essere la norma nei conflitti armati.Kaja Kallas visita il cimitero di Lychakiv a Lviv (Foto: Commissione europea)La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha definito l’iniziativa come una risposta necessaria a una violazione flagrante del diritto internazionale: “Quando la Russia ha scelto di far avanzare i suoi carri armati oltre i confini dell’Ucraina, infrangendo la Carta delle Nazioni Unite, ha commesso una delle violazioni più gravi: il crimine di aggressione. Ora, la giustizia sta arrivando”. Il progetto del tribunale si inserisce nel più ampio quadro di sostegno legale fornito dall’Unione Europea, che ha già contribuito alla creazione dell’International centre for the prosecution of the crime of aggression, con sede a L’Aia e sotto la supervisione di Eurojust. Questo centro sta attualmente costruendo i dossier giudiziari necessari a preparare i futuri procedimenti. Quanto alle prove necessarie, l’Alta rappresentante Ue per la politica estera Kaja Kallas non nutre alcun dubbio: “Ogni centimetro della guerra della Russia è stato documentato. Ciò non lascia alcuno spazio a dubbi sulla palese violazione da parte della Russia della Carta Onu. L’aggressione russa non resterà impunita”.Il cammino che porterà all’operatività del tribunale non sarà privo di ostacoli. Secondo le norme del diritto internazionale, i principali leader di uno Stato godono di immunità finché restano in carica, il che potrebbe posticipare l’avvio di eventuali processi effettivi. Tuttavia, il meccanismo previsto consentirà la conservazione delle prove e l’avvio dei procedimenti istruttori, con la possibilità di avviare il processo non appena le condizioni legali lo permetteranno. Il prossimo passo, ora, sarà l’adozione formale degli atti giuridici da parte del Consiglio d’Europa e la nomina dei giudici e procuratori tramite un comitato indipendente.

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    Il Parlamento Ue approva il prestito di 4 miliardi per l’Egitto, i Verdi: “La Commissione butta al vento democrazia e diritti umani”

    Dall’inviato a Strasburgo – Quando il gioco si fa duro i partner vanno tenuti stretti, anche quando non promuovono lo Stato di diritto. Questa sembra la ratio alla base dell’approvazione, da parte del Parlamento europeo riunito in seduta plenaria, delle due proposte di assistenza macro-finanziaria (Mfa) per la Giordania e l’Egitto, avanzate dalla Commissione Europea.Questo pomeriggio (1 aprile) gli eurodeputati si sono espressi sull’appoggio agli aiuti Ue. Con 571 voti a favore, 59 contrari e 46 astensioni, il quarto Mpa per il Regno hashemita di Giordania è stato approvato: il Paese riceverà 500 milioni di euro sotto forma di prestiti agevolati, per coprire i residuali bisogni finanziari, supportare riforme strutturali e mettere in sicurezza i propri sforzi di consolidamento finanziario. Già a gennaio la Commissione aveva annunciato un pacchetto finanziario addizionale per sostenere le sfide della Giordania, ed anche in questo caso i prestiti sono stati legati ad un’importante precondizione, ovvero il rispetto di meccanismi democratici effettivi, il raggiungimento di un sistema parlamentare multipartitico, il sostegno allo Stato di diritto, e la garanzia del rispetto dei diritti umani.Nessuna traccia di condizionalità per il prestito di 4 miliardi di euro approvato a larga maggioranza (452 voti a favore, 182 contrari, 40 astensioni) a favore dell’Egitto, che sarà erogata in tre tranche. Durante la votazione, un’alleanza tra i gruppi Conservatori e riformisti, Partito popolare europeo e Patrioti per l’Europa, ha portato alla bocciatura degli emendamenti dei Verdi volti a vincolare gli aiuti ai progressi compiuti dall’Egitto in materia di diritti umani e standard democratici. Le proteste da parte dei Verdi non si sono fatte attendere: “È evidente che la Commissione sta preparando il terreno per un losco accordo con l’Egitto sulla migrazione, anche in relazione alla drammatica situazione a Gaza”, ha criticato in un comunicato il francese Mounir Satouri, denunciando la soppressione del progetto iniziale e ricordando come “le autorità egiziane attaccano regolarmente i giornalisti, la società civile e i diritti dei cittadini”.L’Ue e le autorità egiziane avevano siglato un accordo di partenariato globale nel marzo 2024, che prevedeva un aiuto economico europeo di 5 miliardi di euro, compreso un prestito a breve termine di 1 miliardo di euro versato a il Cairo alla fine del 2024. Nonostante il memorandum comprendesse diversi obiettivi, come la cooperazione nel settore energetico, il dialogo politico e gli investimenti nel commercio, la componente di contrasto alla migrazione era ben evidenziata, specialmente se si considerano gli accordi analoghi stretti con Tunisia e Mauritania nello stesso periodo.“Aiutare i nostri partner significa favorire gli interessi europei in una zona instabile, questo voto sottolinea il supporto del Parlamento”, ha dichiarato Céline Imart (Ppe, Francia), relatrice del Parlamento europeo. “Il denaro destinato alla Giordania potrà essere erogato senza indugio, mentre andremo con un mandato forte al trilogo sull’Egitto per concludere rapidamente anche lì”, ha aggiunto. Le negoziazioni tra il Parlamento e il Consiglio per il pacchetto Mfa per l’Egitto sono attese “a breve”.

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    Iran, l’opposizione al regime degli Ayatollah sfila a Bruxelles: “L’Ue riconosca le Guardie della rivoluzione come terroristi”

    Bruxelles – Bene le sanzioni, così come le prese di posizione critiche nei confronti del regime degli ayatollah. Ma l’Unione europea deve fare di più. La richiesta arriva dall’opposizione iraniana, scesa in strada in occasione del vertice del Consiglio europeo per chiedere “la fine della politica di appeasement dell’Ue” e “inserire le Guardie della rivoluzione nella lista Ue delle organizzazioni terroristiche“. E’ Kamran Dalir, membro della commissione Affari esteri del Consiglio nazionale di resistenza in Iran (Ncri) a spiegare a Eunews il motivo della mobilitazione nel giorno in cui i leader dell’Ue si ritrovano a Bruxelles a discutere, tra le altre cose, anche di Medio Oriente.“E’ chiaro che non siamo a favore di Israele in questo momento, perché sta uccidendo civili innocenti” nei territori palestinesi, ma “l’Iran contribuisce ad accrescere le tensioni per distogliere l’attenzione dalla vera questione: la repressione interna“.Dalir vuole essere chiaro: “Non siamo qui a chiedere a nessuno di aiutarci a portare la democrazia nel Paese, quello spetta a noi” iraniani. Quello che si chiede dall’Europa è un cambio di rotta, maggiore determinazione a sostegno della popolazione iraniana.”Queste politiche dell’Ue non solo hanno permesso al regime di persistere con le sue azioni dannose, ma hanno anche permesso al terrorismo di raggiungere il cuore stesso dell’Europa”, critica Shahin Gobadi, altro membro della commissione Affari Esteri dell’Ncri. Perché, spiega, “le prove del coinvolgimento delle Guardie della rivoluzione nel terrorismo globale sono schiaccianti e di lunga data“.L’Unione europea in realtà ha avviato un ragionamento sulla possibilità di agire contro le Guardie della rivoluzione, ma la decisione è molto delicata. Si tratta di un organismo militare, integrato nelle forze armate, e dichiarare ‘terrorista’ un esercito nazionale ha ricadute giuridiche tutte da studiare.Ma l’opposizione iraniana chiede comunque di fare in fretta.Per ragioni di sicurezza il corteo non è stato fatto avvicinare alla sede del Consiglio europeo, e i manifestanti sono stati fatti sistemare sul retro dell’edificio che ospita la Commissione europea. Ma il centinaio di persone con in mano il tricolore iraniano risalente al periodo dello scià, hanno fatto comunque sentire la loro voce scandendo slogan a sostegno di democrazia e un diverso coinvolgimento dell’Ue.

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    Aborto, gli Stati Uniti ricordano all’UE che i valori non sono solidi come pietre

    Bruxelles – L’Europa reagisce, per niente compatta, al  diritto all’aborto negato da una sentenza della Corte suprema che riporta indietro l’America indietro di 50 anni.
    Una decisione arrivata mentre a Bruxelles i leader dell’Ue erano impegnati nei lavori del vertice del Consiglio europeo, ma che non sembra incontrato particolare resistenze. La Commissione resta silente. Solo l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue dice: “Le donne e le ragazze devono avere il diritto illimitato di decidere sul proprio corpo e sul proprio futuro”. Fine del commento di Josep Borrell, per quella che si materializza come una critica ‘light’. Silenzio della presidente von der Leyen, con il commissario Paolo Gentiloni che si limita a ritwittare un messaggio di Barack Obama in cui l’ex presidente democratico si rammarica per la scelta di “attaccare le libertà essenziali di milioni di americani”.

    Today, the Supreme Court not only reversed nearly 50 years of precedent, it relegated the most intensely personal decision someone can make to the whims of politicians and ideologues—attacking the essential freedoms of millions of Americans.
    — Barack Obama (@BarackObama) June 24, 2022

    Dove ferve il dibattito è in Parlamento europeo. Non a livello di massime cariche, viste le posizioni personali anti-abortiste dell’attuale presidente. Il presidente della commissione Diritti delle donne, il socialdemocratico Robert Biedroń , pubblica una nota ufficiale in cui si dichiara “sconvolto” e ricordare come l’Eurocamera “ha fermamente condannato il regresso dei diritti delle donne e della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi in ​​atto a livello globale, compresi gli Stati Uniti e in alcuni Stati membri dell’UE”. Per questo “continueremo a stare con le donne e le ragazze negli Stati Uniti”. Questo sì che è prendere le distanze. Dal Parlamento una lezione alla Commissione.
    Indignati i Verdi (“Un duro colpo per il diritto all’aborto“, il commento del gruppo), di “grave regressione dei diritti e la messa in pericolo di milioni di donne” parla il PPE attraverso Frances Fitzgerald, membro delle commissioni Affari economici e Diritti delle donne.
    I liberali non ci vanno giù teneri. “Trump ha nominato non solo tre giudici della Corte Suprema, ma anche circa 200 giudici federali negli Stati Uniti per  portare a termine l’agenda repubblicana reazionaria”, l’analisi di Sophie in ‘t Veld, che vede una ‘polonizzazione’ degli Stati Uniti. L’indignazione di un’Europa che fa sempre più fatica a vedere riconosciuti i diritti e i valori ancora validi nel territorio dell’UE, fa i conti con un partner chiave che sceglie altre strade, un partner con cui malgrado tutto l’Ue deve continuare a fare i conti.
    Emmanuel Macron e Kyriakos Mitsotakis condannano. A differenza di altri, impegnati come loro nei lavori del Consiglio europeo prima e del G7 poi, i leader di Francia e Grecia, un liberale e un cristiano-democratico, si sfilano. “L’aborto è un diritto fondamentale per tutte le donne”, sostiene l’inquilino dell’Eliseo. “Deve essere protetto. Desidero esprimere la mia solidarietà alle donne le cui libertà sono state minate dalla Corte Suprema degli Stati Uniti”. Mentre il leader ellenico si dice “turbato” per ciò che considera “un importante passo indietro nella lotta per i diritti delle donne”.
    Intanto però l’UE si ritrova con un partner considerato democratico per antonomasia che ora rischia di esserlo un po’ meno, se l’amministrazione Biden, come ha promesso di fare, non riuscirà a recuperare. Un nuovo problema, per l’Europa dei valori. 

    Reazioni tra il tiepido e il distaccato in Commissione, indignazione del Parlamento, leader del Consiglio in ordine sparso. La sentenza che elimina il diritto di interrompere la gravidanza ora mette alla prova la credibilità dell’Ue sui principi