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    Kabul e gli errori dell’occidente: ora non abbandonare gli afgani. L’Europa al bivio di una difesa comune

    Roma – Non abbandonare Kabul, non lasciare che l’Afghanistan precipiti verso la catastrofe umanitaria che ancora si può evitare. L’Europa, la Nato, la difesa UE e gli errori compiuti dall’occidente in questi 20 anni. Riflessioni di protagonisti, esperti, giornalisti e politici che la Rappresentanza della Commissione europea in Italia ha fatto incontrare per comprendere meglio il contesto in cui è avvenuto il ritiro dal Paese ora in mano ai Talebani.
    “Quel giorno di agosto l’UE non c’era” ha ricordato Marco Minniti, ex ministro ed esperto di questioni internazionali, “senza un sistema di protezione autonoma e di difesa, l’Europa non esiste”. Una considerazione che dall’aeroporto di Kabul può essere facilmente trasposta nel Mediterraneo nell’affrontare l’acutissima crisi libica. “Tripoli assediata si è rivolta alla Turchia” afferma Minniti che avverte sui pericoli dell’immobilismo in questo frangente. Difficile dar torto ma la difesa europea ha molti ostacoli davanti a sé, lo spiega bene Antonio Parenti, capo della Rappresentanza italiana ricordando i limiti dell’unanimismo, I’incapacità dei Paesi membri di essere uniti pure davanti alle emergenze. Davanti a certe scelte la cooperazione rafforzata è una strada seppure difficile, l’unica da percorrere, perché “ogni giorno che lasciamo passare perdiamo terreno nella lotta contro le autocrazie”. Nel dibattito entrano a pieno titolo Russia e Cina, gli attori che l’Europa sta soffrendo maggiormente nel gioco dei pesi a livello internazionale.
    Non basta la Nato anche se l’ambasciatore a Stefano Pontecorvo ne difende il ruolo, le prerogative e la buona organizzazione nella catena di comando. L’evacuazione da Kabul da parte italiana ha funzionato molto bene “abbiamo salvato tutti i collaboratori, quelli che rischiavano la vendetta talebana e lasciamo indietro una società migliore di quella che avevamo trovato”.
    Tutto vero ma non basta a giustificare gli errori, il fallimento della “Nation building”, ricorda il giornalista Amedeo Ricucci che non ha timori nel definire in “20 anni di occupazione” la presenza occidentale in Afghanistan. Racconta dell’esercito fantasma, “che abbiamo visto liquefarsi da un giorno all’altro. Lo sapevano tutti che i talebani non erano sconfitti e che tutto sarebbe collassato.  Un ritiro precipitoso, nonostante tutto fosse già scritto da oltre un anno: l’annuncio di Obama e poi la decisione definitiva di Trump, e ancora una partita lasciata tutta nelle mani dei militari uno dei drammatici errori.
    Una piena responsabilità che non consente di avere titubanza nell’affrontare l’emergenza umanitaria. Una catastrofe ancora evitabile, “trasformando gli impegni finanziari in azioni concrete utilizzando la rete di ONG ancora diffusa”, sostiene l’ambasciatore Pontecorvo. Per il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè “abbiamo il dovere di attivare i corridoi umanitari” ma insieme a questa via diplomatica “nessun riconoscimento a un regime che non ha nulla di democratico”.  A incalzare la politica e i piani alti di Bruxelles è ancora Minniti che allarga il campo al ruolo che l’UE dovrebbe conquistarsi nello scacchiere mondiale: “Se aspetta l’unanimità tra poco questa partita non sarà più giocabile”.

    Esperti e protaginisti a confronto sul futuro di uno Stato ripiombato nel fondamentalismo. Minniti: “Lo scacco all’occidente” ma ora l’UE sulla difesa comune non può più restare ferma. La cooperazione rafforzata come unica strada percorribile per superare le divergenze degli Stati membri

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    Telefonata Biden Macron: nessuna scusa, ma volontà di ricucire

    Bruxelles – Joe Biden e Emmanuel Macron tornano a parlarsi. Dopo la crisi diplomatica dovuta all’annuncio dell’accordo a tre tra USA, UK e Australia sulla difesa chiamato AUKUS, che ha tagliato fuori un’importante fornitura di sottomarini francesi a Camberra, i due presidenti hanno avuto una conversazione al telefono per ricucire lo strappo. Nel comunicato congiunto viene specificato che a richiedere l’incontro è stato Joe Biden, che ha ritenuto necessario “discutere le implicazioni di quanto annunciato il 15 settembre”. I due leader si incontreranno a fine ottobre a Bruxelles. Anche i rispettivi ministri degli Esteri, Jean-Yves Le-Drian e Antony Blinken, hanno avuto modo di confrontarsi al margine della riunione del consiglio di Sicurezza dell’ONU.
    Biden ha confermato “l’importanza strategica del coinvolgimento della Francia e dell’Europa nell’Indo Pacifico, nel quadro operativo della Strategia recentemente pubblicata dall’Unione europea”, riconoscendo anche l’importanza di “una difesa europea più forte e capace”, a patto che sia complementare e non alternativa alla NATO.
    Le ultime righe del comunicato parlano direttamente al cuore della Francia. Gli Stati Uniti si impegnano a supportare le operazioni anti-terrorismo degli Stati europei nel Sahel, dove le truppe di Parigi sono presenti con l’operazione Barkhane (ora in via di ridimensionamento) dal 2014.
    Cosa emerge dalla telefonata tra Biden e Macron
    Dopo la telefonata, Emmanuel Macron ha acconsentito al ritorno dell’ambasciatore francese a Washington. Le sorti della rappresentanza transalpina in Australia non vengono nominate. Scott Morrison, Primo Ministro del Paese oceanico, ha dichiarato di aver più volte tentato di contattare l’Eliseo, senza ricevere risposta. Sebbene non lo possa dare a vedere, i malumori di Parigi resteranno e con l’Australia si può permettere di portare avanti per un altro po’ il gelo diplomatico.
    Durante il briefing per i giornalisti alla Casa Bianca, la segretaria per la Stampa Jen Psaki ha affermato che “il tono della conversazione è stato amichevole”, ma ha eluso la domanda di un giornalista che chiedeva se da parte del presidente americano ci fossero state delle scuse formali. Quanto emerge dalla telefonata tra Biden e Macron è che le concessioni fatte alla Francia bastano a far rientrare la crisi e che i due sono d’accordo su una maggiore collaborazione, ma gli Stati Uniti non sono affatto pentiti dell’accordo con Londra e Canberra.
    Le concessioni a Francia e Unione europea
    La Francia accetta i pegni di pace, che riguardano i principali dossier sul tavolo dell’Eliseo. Supporto alla missione nel Sub-sahara, che in questo momento stenta a proseguire nonostante l’uccisione del capo di Al Quaeda in Mali da una parte. Dall’altra c’è il placet di Biden allo sviluppo di una difesa europea che dovrebbe necessariamente vedere la Francia come capofila.
    A mettere di buon umore l’Eliseo c’è anche la telefonata del 22 settembre tra Emmanuel Macron e Narendra Modi. Il premier indiano ha parlato di approfondire la collaborazione tra India e Francia per “un Indo Pacifico aperto e inclusivo” – nell’ambito delle iniziative europee nell’area.

    Spoke with my friend President @EmmanuelMacron on the situation in Afghanistan. We also discussed closer collaboration between India and France in the Indo-Pacific. We place great value on our Strategic Partnership with France, including in the UNSC.
    — Narendra Modi (@narendramodi) September 21, 2021

    Secondo la stampa francese, la telefonata potrebbe essere il primo passo per sostituire l’Australia con l’India come potenziale acquirente di una nuova commessa di sottomarini francesi –  per Le Figaro questa volta potrebbe trattarsi di sottomarini nucleari. Un accordo che si andrebbe a sommare a quello già in vigore tra Dehli e Parigi, che prevede l’acquisto di sei sottomarini diesel classe Scorpene, per un totale di 5 miliardi di dollari.

    La telefonata tra Joe Biden ed Emmanuel Macron riporta l’ambasciatore francese negli USA dopo alcune concessioni a Francia ed Europa sul dossier della difesa comune e dell’impegno americano nel Sahel

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    AUKUS, o la disputa dei sottomarini: gli USA vogliono Francia ed Unione europea fuori dall’Indo Pacifico

    Bruxelles -“Un colpo nella schiena”, colmo di “doppiezza, disprezzo e bugie”. Jean Yves Le-Drian non ha utilizzato mezzi termini per riferirsi alla nascita di AUKUS, nuovo sodalizio strategico tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti. Poco dopo, l’annuncio che Parigi avrebbe ritirato i suoi ambasciatori da Washington e da Canberra. Per il ministro si tratterebbe addirittura di una potenziale “crepa” nel fronte dell’alleanza atlantica. L’ultima battuta di quel rapporto travagliato che l’ex presidente francese François Mitterand aveva definito una “guerra permanente e non conosciuta”.
    AUKUS: l’Unione europea fuori dall’Indo Pacifico
    L’accordo AUKUS prevede di fornire alle forze armate di Canberra una flotta di sottomarini a propulsione nucleare, insieme a nuovi missili balistici e allo stanziamento (pare) di unità navali americane nei porti del paese. L’ira francese nasce dal fatto che il governo di Parigi era già in trattative (quasi ultimate) per vendere alla marina australiana una gigantesca commessa di dodici sottomarini Diesel, per un costo stimato di 90 miliardi di dollari australiani.
    Una beffa a cui si aggiunge un danno economico non irrilevante, considerate le recenti delusioni per il mancato acquisto di fregate francesi da parte di Marocco, Indonesia e Egitto – tutte gare dove la francese Naval Group si è vista preferire la versione italiana prodotta da Fincantieri. Lo stesso gruppo navale italiano, tuttavia, potrebbe essere stato tra le vittime (inconsapevoli) di AUKUS. Nel giugno scorso Fincantieri e Novantia (gruppo spagnolo) furono sorpassate dall’inglese BAE Systems nella gara da 23 miliardi di euro per la costruzione di nove fregate multiruolo proprio per la marina australiana.
    Al netto dell’aspetto finanziario, emerge una certa volontà dell’amministrazione americana di affidare il dossier ad alleati più affidabili degli Europei. Come ha ribadito pochi giorni fa l’Alto rappresentante Josep Borrell durante la presentazione della Strategia UE per l’Indo Pacifico “gli Americani sembrano di non fidarsi di noi quando devono portare avanti i loro interessi, in questo caso verso la Cina”. E’ facile immaginare che il documento, soluzione compromissoria che non prende una chiara posizione anticinese, possa essere stato giudicato troppo morbido nei dicasteri americani. Nè Borrell nè altri rappresentanti degli Stati membri UE erano stati informati delle trattative per la nascita di AUKUS.
    La strategia USA
    La sfiducia tra le due sponde dell’Atlantico non nasce oggi. Tredici Stati membri dell’Unione hanno ufficialmente aderito al progetto della Nuova via della seta cinese (BRI). Soprattutto l’accordo sugli investimenti tra Unione europea e Cina (CAI), firmato durante il travagliato passaggio di consegne tra la presidenza di Donald Trump e quella di Joe Biden, è stato visto negli States come un colpo basso mentre gli occhi del paese erano rivolti sulla crisi interna. Sia la BRI che il CAI sono di fatto congelati ed è probabile che lo rimangano per sempre, ma rimane da parte americana la percezione che sugli Europei si può contare poco.
    La strategia americana è chiara. Washington conosce bene le reticenze degli alleati a inimicarsi il proprio partner commerciale più importante e per questo intende gestire il contenimento cinese per altri tramiti. Nello specifico, una serie di alleanze a geometria variabile che coinvolgano quei paesi che hanno già fatto una chiara scelta di campo: AUKUS, il QUAD, Five Eyes, cooperazioni bilaterali con Corea del Sud e Taiwan, probabilmente nei prossimi anni nasceranno nuove sigle. Occasionalmente si potrà fare affidamento sulla presenza delle marine europee nella regione, ma si tratta di un contorno.
    AUKUS non cancella l’alleanza atlantica
    La Francia è l’unico dei 27 ad essere paese residente nella regione indopacifica grazie ai suoi territori d’oltremare. Già dotata di una strategia per l’Indo Pacifico dal 2018 e promotrice del documento redatto in sede UE, Parigi si sente tradita dall’accordo anglosassone. AUKUS però non esclude ulteriori commesse da parte francese per l’Australia – possibili alla luce dei lunghissimi tempi di consegna dei nuovi sottomarini nucleari. Joe Biden ha ribadito che la cooperazione con l’Eliseo è irrinunciabile. Intanto però l’amministrazione ha deciso di punire un alleato che parla fin troppo spesso di “autonomia strategica” e del superamento della NATO – addirittura in stato di “morte cerebrale” secondo una dichiarazione di Emmanuel Macron del 2019.
    La dipendenza dei 27 (Francia compresa) dalla protezione dell’alleanza americana farà in modo che lo strappo non diventi frattura. Le occasioni per riparare nel breve periodo non mancheranno e c’è da aspettarsi qualche concessione da Washington, ad esempio lasciare che la Francia venda tecnologie militari alla Corea del Sud. Il governo francese ha annunciato che “nei prossimi giorni” Emmanuel Macron parlerà al telefono con Joe Biden sulla questione, nell’attesa del G20 che si terrà tra poco più di un mese a Roma.
    Sul fronte europeo, Josep Borrell – contrariato quanto il presidente francese di non essere stato informato di AUKUS – è a New York per la 76a sessione dell’assemblea generale delle Nazioni unite. Borrell, che resterà negli USA fino al 24 settembre, parteciperà ad una riunione a margine dei lavori dell’assemblea per discutere i recenti sviluppi. Far rientrare la crisi nel più breve tempo possibile è di prioritaria importanza per l’UE, che con un veto francese faticherebbe a portare avanti i negoziati per l’accordo commerciale con l’Australia che si attendeva per la fine dell’anno.
    E’ consuetudine che in occasione dei lavori dell’Assemblea delle Nazioni Unite i ministri degli Esteri tengano riunioni tra loro. Date le circostanze è fuori ogni dubbio che “il tema verrà sollevato”, riconosce il servizio dei portavoce della Commissione europea. La questione riguarda i rapporti con gli Stati Uniti e sarà trattato a livello di Stati membri dell’UE, a dimostrazione delle difficoltà dell’Unione a trovare una posizione comune in politica estera. Quanto alle relazioni con l’Australia, a Bruxelles ricordano che in occasione dell’ultimo round negoziale per un accordo di libero scambio (1-11 giugno) le due parti hanno convenuto di darsi appuntamento per ottobre. Al momento non cambia nulla, anche se si sta esaminando se e quanto il comportamento della controparte australiana porà avere ripercussioni.

    La nuova alleanza tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito esclude i partner europei dall’area. Washington sembra non fidarsi dell’Unione, ma non si può parlare di strappo

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    Macron: NATO è “in stato di morte celebrale” e rilancia l’idea di una comune Difesa Europea

    torna in libertà. Un grande presidente che ha combattuto contro la povertà e per il riscatto del popolo brasiliano. Finalmente libero! Von der Leyen defies Macron over Balkans EU accession C’est, en définitive, une question de souveraineté. Il s’agit de protéger la souveraineté de l’i… Ultimately it’s about sovereignty. It’s about protecting the sovereignty of […]