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    Usa e Cina verso una tregua commerciale (che c’era già). L’Ue rimane alla finestra

    Bruxelles – Stati Uniti e Cina avrebbero trovato la quadra per sospendere l’escalation tariffaria che stava portando le due più grandi economie del mondo alla guerra commerciale aperta. Questa, almeno, è la lettura di Donald Trump. In realtà, Washington e Pechino hanno solo fatto enorme fatica per tornare al punto in cui si trovavano un mese fa, mentre non appare vicina una soluzione strutturale e duratura. L’unica cosa certa, per ora, è che l’Europa continua a rimanere alla finestra, nell’attesa che il presidente statunitense cambi idea sui dazi.Fumata bianca da Londra“Il nostro accordo con la Cina è concluso“, ha scritto ieri (11 giugno) Donald Trump sul suo social Truth, specificando che manca ora solo “l’approvazione finale” da parte sua e del presidente cinese Xi Jinping. Parlando alla stampa, il tycoon newyorkese ha successivamente definito come “ottimo” l’accordo raggiunto: “Abbiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno e ne trarremo grandi vantaggi. Speriamo che anche loro ne traggano beneficio”, ha dichiarato.Non sono stati resi noti molti dettagli dell’intesa preliminare raggiunta tra le squadre negoziali, emerse ieri da una maratona di due giorni a Londra. Per ora si sa solo che Pechino si è impegnata a riprendere le esportazioni verso gli States di magneti e terre rare senza limitazioni, mentre Washington ha fatto retromarcia sulle minacce di sospendere i visti per gli studenti provenienti dalla Repubblica popolare.Sul versante dazi, l’amministrazione a stelle e strisce ha mantenuto una pressione tariffaria complessiva del 55 per cento (rispetto al 145 per cento in vigore precedentemente) sui prodotti cinesi, così composta: 10 per cento di dazi “reciproci” imposti durante il Liberation Day, un ulteriore 20 per cento comminato al Dragone (insieme a Canada e Messico) come punizione per gli sforzi giudicati insufficienti nel contrasto alla diffusione del fentanyl e, infine, il 25 per cento introdotto da Trump durante il suo primo mandato e mai rimosso dal suo successore Joe Biden. Viceversa, i dazi cinesi sulle merci statunitensi si abbasseranno dal 125 al 10 per cento.I lati oscuri dell’accordoSecondo molti osservatori, tuttavia, l’entusiasmo dell’inquilino della Casa Bianca sarebbe eccessivo. Da un lato, le discussioni nella capitale britannica non hanno portato a progressi reali nei negoziati tra Washington e Pechino per evitare uno scontro a tutto campo. Tale eventualità non sarà scongiurata definitivamente finché non verrà stipulato il famigerato “accordo commerciale globale” tra i due colossi economici (Trump vorrebbe siglarlo entro la fine dell’estate).In effetti, i due Paesi si ritrovano ora nella medesima posizione in cui si erano lasciati il mese scorso, quando a Ginevra avevano concordato un compromesso che, di fatto, è tale e quale quello di ieri. Nelle settimane che sono intercorse, le due parti si sono reciprocamente accusate di aver violato i termini pattuiti in quell’occasione, dando il via ad una rapida escalation tariffaria che rischiava di danneggiare pesantemente entrambe.La Repubblica popolare aveva mancato di rimuovere alcune restrizioni sull’export di terre rare e magneti, e gli Usa avevano reagito limitando la vendita di semiconduttori, software, prodotti chimici e minacciando di sospendere i visti per studenti e ricercatori cinesi.Il segretario al Tesoro statunitense, Scott Bessent (sinistra), e il vicepremier cinese He Lifeng a Londra, il 9 giugno 2025 (foto: Li Ying via Afp)Come sottolineato dal viceministro al Commercio di Pechino Li Chenggang, quello concordato nei colloqui di Londra non è niente più che un “accordo quadro” valido “in linea di principio”, che dovrà servire a tradurre in concreto “il consenso raggiunto dai due capi di Stato durante la telefonata del 5 giugno e il consenso raggiunto durante l’incontro di Ginevra“.A sentire il segretario al Commercio Usa, Howard Lutnick, la due giorni londinese – che alcune indiscrezioni giornalistiche hanno descritto come tesa, a riprova del clima di sfiducia tra le rispettive squadre negoziali – ha “messo ordine” rispetto alle priorità delle parti: “Siamo sulla strada giusta”, dice, ma è una strada che rimane in salita. Anche per il titolare del Tesoro, Scott Bessent, il processo per giungere ad un accordo complessivo sarà “molto più lungo“.D’altra parte, notano diversi analisti, Trump avrebbe fatto il passo più lungo della gamba anche da un punto di vista strategico e geopolitico. Sarebbe stato un azzardo alzare così tanto la voce con la Repubblica popolare sia perché, a conti fatti, la Cina ha più alternative rispetto agli Usa se gli scambi tra le due superpotenze dovessero ridursi ulteriormente (o addirittura interrompersi), sia perché la leadership comunista ha uno spazio di manovra sconosciuto a qualunque governo democratico.Il presidente cinese Xi Jinping (foto: Photo by Tingshu Wang via Afp)Battere i pugni sul tavolo e ricattare, innescando una spirale incontrollabile di rappresaglie commerciali, potrebbe non essere il modo più lungimirante per trattare con Pechino, soprattutto per chi – come Washington – tratta da una situazione di sostanziale dipendenza dalle materie prime critiche su cui la Cina detiene virtualmente un monopolio planetario.E senza le quali le industrie a stelle e strisce (quella pesante, quella automobilistica, quella tecnologica e soprattutto quella militare) andrebbero a schiantarsi, con buona pace dei deliri di onnipotenza in salsa Maga. Insomma, Trump potrebbe aver ingaggiato un braccio di ferro che, semplicemente, gli Stati Uniti non sono oggi in grado di vincere.L’Ue rimane al paloAd ogni modo, il presidente Usa ha suggerito oggi (12 giugno) che nelle prossime settimane sentirà i partner commerciali di Washington per negoziare nuovi dazi unilaterali, prima che scadano le sospensioni temporanee concesse ad alcuni Paesi e all’Ue. La data fatidica è il 9 luglio, ma la finestra potrebbe allungarsi anche oltre: è “altamente probabile” che “posticiperemo la data per continuare i negoziati in buona fede“, ha pronosticato Bessent.Per il momento, a Bruxelles, l’esecutivo comunitario non si sbottona. Quelle arrivate da Londra sono “buone notizie per il mondo intero”, sostiene la portavoce Paula Pinho, ma “dobbiamo aspettare per saperne di più, vedere se e come (l’intesa tra Usa e Cina, ndr) avrà effetti sull’Ue”. Le trattative tra la Commissione – rappresentata dal titolare del Commercio Maroš Šefčovič – e la Casa Bianca continuano a porte chiuse, mentre rimangono in vigore i dazi del 50 per cento su acciaio e alluminio made in Europe.Il commissario al Commercio, Maroš Šefčovič, e la presidente dell’esecutivo comunitario Ursula von der Leyen (foto: Christophe Licoppe/Commissione europea)Verosimilmente, a questo punto, la matassa potrà essere sbrogliata solo da un incontro al massimo livello tra Trump e Ursula von der Leyen. Tutti gli occhi sono puntati sul G7 che si terrà a Kananaskis, in Canada, dal 15 al 17 giugno, ma dal Berlaymont non trapela alcuna conferma su un bilaterale tra i due leader.Che qualche giorno dopo, il 24 e il 25, si incontreranno nuovamente all’Aia in occasione del summit della Nato, durante il quale i membri dell’Alleanza dovrebbero dare il disco verde ai nuovi obiettivi di spesa militare al 5 per cento del Pil. Dopo tutto, si tratta di una richiesta avanzata dallo stesso Trump: e chissà che, se gli europei accetteranno di mettere mano al portafoglio, anche il tycoon non possa ridursi a più miti consigli sulle tariffe che stanno strangolando l’economia del Vecchio continente.

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    I dazi di Trump sono illegali: una Corte federale Usa blocca l’arma commerciale di Washington

    Bruxelles – Una sentenza storica emessa dalla Corte del commercio internazionale degli Stati Uniti ha dichiarato illegittima l’imposizione dei dazi generalizzati annunciata da Donald Trump nel ‘Liberation Day’, lo scorso 2 aprile. Un colpo di scena clamoroso, che mette un freno alla linea aggressiva del presidente in materia di politica commerciale e che rimescola le carte nella complessa partita delle negoziazioni che i partner commerciali di Washington – Unione europea compresa – stanno portando avanti con la nuova amministrazione americana.La decisione, giunta ieri sera (28 maggio) da un collegio di tre giudici presso la sede della corte a New York, arriva a seguito di numerosi ricorsi presentati da imprese e stati americani, che accusano il tycoon di aver abusato dei propri poteri presidenziali. Al centro della contesa, l’uso dell’International emergency economic powers act (Ieepa), una legge nata per gestire minacce “inusuali e straordinarie” in tempi di emergenza nazionale, che secondo la corte non può essere utilizzata per introdurre dazi su scala globale. La corte ha dichiarato che gli ordini tariffari di Trump “superano qualsiasi autorità conferita al presidente in materia di regolamentazione dell’importazione tramite dazi”.Nella sentenza si sottolinea come i giudici non abbiano espresso alcun giudizio sull’opportunità o efficacia delle misure tariffarie in sé, ma piuttosto abbiano rilevato la loro incompatibilità con l’attuale quadro normativo. “L’uso dei dazi è inammissibile non perché è inefficace o poco saggio, ma perché la legge federale non lo consente”, si legge nella motivazione.Il presidente statunitense Donald Trump annuncia l’imposizione di dazi sulle importazioni dai partner globali, il 2 aprile 2025 (foto: Brendan Smialowski/Afp)La sentenza mette in discussione uno degli strumenti chiave del trumpismo economico: l’utilizzo di dazi punitivi per esercitare pressione su partner commerciali, rilocalizzare la produzione e ridurre il deficit commerciale statunitense, che ammonta a oltre 1.200 miliardi di dollari. Secondo la corte, il presidente non può aggirare il Congresso giustificando tali misure con la semplice esistenza di un disavanzo commerciale, che non costituisce di per sé un’emergenza nazionale. Il pronunciamento giudiziario invalida immediatamente tutti gli ordini tariffari emessi tramite l’Ieepa. Trump, dunque, sarà costretto a revocare i provvedimenti e, eventualmente, emettere nuovi ordini che riflettano l’ingiunzione permanente, entro dieci giorni. Va precisato che la decisione non si applica ai dazi settoriali del 25 per cento su auto, componenti, acciaio e alluminio, imposti da Trump all’Ue precedentemente e già in vigore.I mercati finanziari hanno accolto con entusiasmo la notizia. Il dollaro ha registrato un’impennata, guadagnando terreno su euro, yen e franco svizzero. In Europa, le principali borse hanno chiuso in rialzo: il Dax di Francoforte è salito dello 0,9 per cento, il Cac 40 di Parigi dell’ 1 per cento, il Ftse 100 di Londra ha guadagnato lo 0,1 per cento mentre il Ftse Mib di Milano si attesta a +0,3 per cento. I mercati asiatici hanno condiviso la scia positiva, mentre i futures a Wall Street indicano un’apertura in forte rialzo.Nonostante ciò, la Casa Bianca ha reagito duramente alla decisione. Kush Desai, portavoce dell’amministrazione, ha contestato con forza l’autorità dei giudici: “Non spetta a giudici non eletti decidere come affrontare un’emergenza nazionale”. Stephen Miller, vice-capo di gabinetto, ha parlato di “un colpo giudiziario fuori controllo”, mentre Donald Trump non ha ancora reagito ufficialmente alla questione. La decisione sarà impugnata in appello presso la Corte federale di Washington e, potenzialmente, davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti. Il verdetto mette in seria difficoltà la strategia di Trump, costruita su dazi estesi che miravano a rinegoziare gli equilibri commerciali globali. Senza il ricorso all’Ieepa, l’amministrazione dovrebbe ora seguire iter più lenti e complessi, basati su indagini commerciali formali e l’applicazione di altre leggi specifiche in materia doganale.US President Donald Trump speaks with European Commission President Ursula von der Leyen prior to their meeting at the World Economic Forum in Davos, on January 21, 2020. (Photo by JIM WATSON / AFP)La corte si è pronunciata su due cause principali. La prima è stata intentata da un gruppo di piccole imprese americane, che hanno lamentato danni economici ingenti, mentre la seconda è stata avviata da una dozzina di stati, guidati dall’Oregon. Il procuratore generale dello stato, Dan Rayfield, ha commentato: “Questa sentenza ribadisce che le nostre leggi contano e che le decisioni commerciali non possono dipendere dai capricci del presidente”. Gli avvocati dei ricorrenti hanno sostenuto che il deficit commerciale non costituisce un’emergenza ai sensi dell’Ieepa, ricordando che gli Stati Uniti registrano un disavanzo commerciale da 49 anni consecutivi. La tesi centrale era che l’utilizzo della legge d’emergenza per introdurre dazi fosse un abuso di potere, e la corte ha dato loro ragione.Il caso resta aperto a ulteriori sviluppi giudiziari ma intanto, con questa sentenza, i giudici mettono un argine alle derive unilaterali della politica commerciale statunitense, riaffermando la centralità del diritto, e del Congresso, nelle decisioni economiche di portata globale, e ricordando a Trump che spesso avere carte in mano non significa poterle giocare a proprio piacimento.The judicial coup is out of control. https://t.co/PRRZ1zU6lI— Stephen Miller (@StephenM) May 28, 2025

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    Von der Leyen chiama Trump, nuova giravolta sui dazi: sospesi fino al 9 luglio

    Bruxelles – Nuovo passo indietro di Donald Trump sui dazi alle merci Ue. Dopo la minaccia, arrivata come un fulmine a ciel sereno, di tariffe del 50 per cento su tutte le importazioni a partire dal primo giugno, ieri (25 maggio) il presidente americano ha ricevuto la telefonata di Ursula von der Leyen. La leader Ue l’avrebbe convinto – il condizionale ormai è d’obbligo – a congelare i dazi reciproci e mantenere aperto il dialogo fino al 9 luglio, riconfermando la proroga di 90 giorni decisa lo scorso 9 aprile.“Una buona telefonata”, l’ha definita von der Leyen. La prima, da quando il tycoon è tornato alla Casa Bianca. “L’Unione europea e gli Stati Uniti intrattengono il rapporto commerciale più stretto e importante al mondo. L’Europa è pronta a far avanzare i colloqui con rapidità e decisione. Per raggiungere un buon accordo avremmo bisogno di tempo fino al 9 luglio“, ha affermato la presidente della Commissione europea in un post su X. Dall’altro capo della cornetta, Trump ha “acconsentito alla proroga” chiesta da von der Leyen. “È stato un privilegio per me farlo. La presidente della Commissione ha affermato che i colloqui inizieranno rapidamente. Grazie per l’attenzione dedicata a questa questione!”, ha scritto sul suo social Truth. In realtà, i Paesi Ue continuano comunque a essere soggetti a tariffe reciproche del 10 per cento su tutto l’export negli Stati Uniti, e a dazi del 25 per cento sull’export di acciaio, alluminio e derivati, auto e componenti.Di buono c’è che per la prima volta Washington e Bruxelles hanno stabilito un confronto diretto al massimo livello sulla questione. “È grazie all’Italia se si è avuto questo rapporto diretto von der Leyen-Trump”, si è affrettato a dire questa mattina il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani. Nel tentativo di mantenere il ruolo di mediatore abilmente ritagliatosi – e minacciato dal ponte diretto tra i due leader -, Giorgia Meloni starebbe accelerando il lavoro diplomatico per orchestrare un vertice europeo prima del D-Day.Il presidente statunitense Donald Trump annuncia l’imposizione di dazi sulle importazioni dai partner globali, il 2 aprile 2025 (foto: Brendan Smialowski/Afp)Ruolo effettivo o presunto di Roma a parte, la telefonata e le dichiarazioni immediatamente successive di Trump e von der Leyen portano una ventata di ottimismo. Lo confermano le borse europee, che oggi si sono svegliate in deciso rialzo, con il Dax di Francoforte al +1,76 per cento, il Cac40 di Parigi al +1,36 per cento e il Ftse Mib di Milano al +1,53 per cento.Ora la palla torna nelle mani di Maroš Šefčovič, il commissario europeo per il commercio, che guida i complessi negoziati con le controparti americane. Finora, il socialista slovacco sta tornando da Washington ogni volta a mani vuote: venerdì scorso (23 maggio), l’ultimo round di negoziati ha portato all’annuncio furioso di Trump – che ha addirittura raddoppiato l’onere delle tariffe sull’import Ue rispetto a quanto previsto nel ‘Liberation Day‘ – accompagnato dal commento: “Le nostre discussioni con loro non stanno andando da nessuna parte!“.Lo stesso Šefčovič aveva dichiarato piccato, dopo i colloqui con il rappresentante commerciale americano Jamieson Greer e il segretario al Commercio Howard Lutnick, che il commercio tra Ue e Stati Uniti “deve essere guidato dal rispetto reciproco, non dalle minacce“. Aggiungendo che Bruxelles è “pronta a difendere i nostri interessi”. Il piano B svelato dalla Commissione europea, in caso le trattative naufragassero, prevede contromisure su una lunga lista di prodotti americani, dal valore di 95 miliardi di euro, e una procedura formale contro Washington all’Organizzazione Mondiale del Commercio. Ma anche Bruxelles ha un asso nella manica con cui minacciare Trump: lo strumento anti-coercizione, con cui potrebbe tassare pesantemente i profitti delle big tech americane nel vecchio continente. La Commissione europea ha fatto sapere che già oggi pomeriggio Šefčovič avrà un nuovo contatto telefonico con Lutnick.

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    Dazi, per Sefcovic (ancora) niente intesa Ue-Stati Uniti. Giovedì Meloni a Washington

    Bruxelles – Nessun accordo commerciale con gli Stati Uniti, non ancora almeno, e neppure un accordo su un regime di dazi zero per l’industria. Il commissario europeo per il Commercio, Maros Sefcovic, non riesce nell’impresa di eliminare definitivamente lo spettro di una guerra dei dazi con la controparte americana. La sua missione a Washington serve per ribadire la disponibilità a dodici stelle a negoziare e trovare un accordo condiviso, amichevole, tale da evitare l’imposizione delle tariffe sui rispettivi beni da esportare da una sponda all’altra dell’Atlantico. Per ora però niente da fare. L’amministrazione Trump non cede, ma l’Ue non demorde.Non è una missione semplice quella di Sefcovic, e lui stesso ne è ben consapevole. Trovare un’intesa al primo tentativo negoziale sarebbe stato un enorme successo, e dunque si mantengono calma e determinazione. “L’Ue rimane costruttiva e pronta a raggiungere un accordo equo, che preveda anche la reciprocità attraverso la nostra offerta tariffaria 0 a 0 sui beni industriali e il lavoro sulle barriere non tariffarie”, sottolinea Sefcovic, conscio del fatto che “raggiungere questo obiettivo richiederà un significativo sforzo congiunto da entrambe le parti”. Certo, adesso che gli Usa hanno respinto le offerte di pace dell’Ue, dovrà essere la Casa Bianca ad avanzare una controproposta.In D.C., met with Secretary @howardlutnick and Ambassador @jamiesongreer for negotiations, seizing the 90-day window for a mutual solution to unjustified tariffs. 1/2 pic.twitter.com/P0eMgZSudQ— Maroš Šefčovič (@MarosSefcovic) April 14, 2025A Bruxelles non si fanno drammi. Ci sono 90 giorni di tempo a partire da ieri (15 aprile) per tentare di trovare un’intesa. Bocche cucite quindi, e non sorprende. Il momento è tanto delicato quanto decisivo, e si preferisce lavorare con chi di dovere – gli Stati Uniti – senza mettere tutto sulla pubblica piazza. Il messaggio ribadito è che “ci si muove lungo due binari: negoziati e preparazione al peggio qualora i negoziati non dovessero produrre un accordo”, la specifica di Olof Gill, portavoce dell’esecutivo comunitario per le questioni commerciali. Non è cambiato nulla, in sostanza, rispetto all’approccio già trovato.Un contributo in questa delicata materia potrebbe arrivare da Giorgia Meloni, che in questi giorni ha sentito spesso Ursula von der Leyen, secondo quanto è stato fatto trapelare a Roma. La presidente del Consiglio domani (16 aprile) è attesa a Washington, dove incontrerà il presidente Usa. Inevitabile un confronto sui dazi, con la Commissione che guarda all’appuntamento istituzionale e precisa che il capo di governo italiano non ha ricevuto alcun mandato. “Ogni contributo è benvenuto, ma la competenza sul commercio è della Commissione europea, come previsto dai trattati“, taglia corto Gill.

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    Von der Leyen: Importante lo stop di Trump ai dazi, ma continuiamo a diversificare

    Bruxelles – Ursula von der Leyen è contenta della sospensione dei dazi decisa da Donald Trump, ma avverte che l’Unione europea continuerà nel suo lavoro di diversificazione dei partner commerciali. Insomma, la fiducia nel partner statunitense oramai è sfumata, anche se di certo si vuol continuare a negoziare con Washington.Il messaggio del presidente statunitense di ieri sera non è chiarissimo, la sospensione sembra riguardare i dazi “reciproci” imposti il 2 aprile e non l’insieme di quelli posti dagli Usa, come su alluminio e acciaio.Comunque la presidente della Commissione europea in una nota dice di accogliere “con favore l’annuncio del presidente Trump di sospendere le tariffe reciproche. È un passo importante verso la stabilizzazione dell’economia globale“. Secondo von der Leyen “condizioni chiare e prevedibili sono essenziali per il funzionamento del commercio e delle catene di approvvigionamento”.La leader europea ribadisce che “le tariffe sono tasse che danneggiano solo le imprese e i consumatori. Ecco perché ho sempre sostenuto un accordo tariffario zero per zero tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti”, verso i quali, sottolinea l’Ue continuerà “a impegnarsi in negoziati costruttivi, con l’obiettivo di realizzare scambi commerciali senza attriti e reciprocamente vantaggiosi”.Però il mondo non è più lo stesso, i rapporti sono stati stravolti, e dunque “allo stesso tempo, l’Europa continua a concentrarsi sulla diversificazione dei suoi partenariati commerciali, impegnandosi con paesi che rappresentano l’87 per cento del commercio globale e condividono il nostro impegno per uno scambio libero e aperto di beni, servizi e idee”, annuncia von der Leyen.Poi il messaggio all’interno dell’Unione, dove “stiamo intensificando il nostro lavoro per eliminare le barriere nel nostro mercato unico. Questa crisi ha chiarito una cosa: in tempi di incertezza, il mercato unico è la nostra ancora di stabilità e resilienza”.Ed in fine le parole per i cittadini: “io e il mio team continueremo a lavorare giorno e notte per proteggere i consumatori, i lavoratori e le imprese europei. Insieme, gli europei usciranno più forti da questa crisi”.

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    Dazi: Trump li “sospende” per 90 giorni mettendoli al 10 per cento. Ma per la Cina vanno al 125

    Bruxelles – Ennesima giravolta del presidente statunitense Donald Trump, che ha oggi deciso di “sospendere” per 90 giorni i dazi a tutti i Paesi, confermandoli però al 10 per cento in questo periodo, e di aumentare quelli verso i prodotti cinesi al 125 per cento.“In considerazione della mancanza di rispetto mostrata dalla Cina nei confronti dei mercati mondiali, con la presente aumento al 125 per cento le tariffe doganali imposte alla Cina dagli Stati Uniti d’America, con effetto immediato”, scrive Trump sul suo social Truth. “A un certo punto, si spera in un futuro prossimo – continua il presidente -, la Cina si renderà conto che i giorni in cui derubava gli Stati Uniti e altri Paesi non sono più sostenibili o accettabili”.Al contrario, continua Trump nel sul messaggio, “sulla base del fatto che più di 75 Paesi hanno chiamato i rappresentanti degli Stati Uniti, compresi i Dipartimenti del Commercio, del Tesoro e l’USTR, per negoziare una soluzione alle questioni in discussione relative al commercio, alle barriere commerciali, alle tariffe, alla manipolazione valutaria e alle tariffe non monetarie, e che questi Paesi non hanno, su mio forte suggerimento, preso alcuna ritorsione contro gli Stati Uniti, ho autorizzato una PAUSA (maiuscolo nell’originale, ndr) di 90 giorni e una tariffa reciproca notevolmente ridotta durante questo periodo, del 10 per cento, anch’essa con effetto immediato”.E conclude: “Grazie per l’attenzione prestata a questa questione!”.

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    Dazi mirati e prove di dialogo, l’Ue cerca la risposta a Trump. Alleanze con la Cina sullo sfondo

    Bruxelles – Rispondere, ma senza forzare la mano, e creare nuove alleanze, anche inedite, per mettere sotto pressione gli Stati Uniti e produrre un effetto boomerang tale da costringere il presidente Usa, Donald Trump, a fare retromarcia sui dazi imposti all’Europa e non solo. La strategia dell’Ue c’è e inizia a delinearsi. In un club a dodici stelle preoccupato al punto da dedicare alle relazioni trans-atlantiche la riunione dei ministri responsabili per il commercio, la linea è tracciata e serve solo l’accordo, esattamente quello che si cerca nella riunione in corso a Lussemburgo.E’ la Svezia a svelare le carte in tavola. “I contro-dazi Ue devono essere ben mirati e proporzionati“, evidenzia Benjamin Dous, ministro per il Commercio con l’estero di Stoccolma. E’ questa la precondizione di una risposta che deve mirare a costringere Washington e l’amministrazione Trump a tornare sulle decisioni prese e mettere la Casa Bianca in un angolo. “Quando nei prossimi giorni Ue, Canada e Cina imporranno contro-tariffe la pressione sugli Stati Uniti aumenterà“, continua Dous, che lascia intendere come uno degli effetti prodotti da Trump e le sue stesse scelte è spingere la Repubblica popolare cinese, che l’Europa considera ostile e nemica, tra le braccia dell’Europa. “Certo, restano questioni importanti da risolvere quali le condizioni di reciprocità, ma è fuori dubbio che la Cina resta un partner commerciale importante“, sottolinea e conferma la ministra per il Commercio con l’estero dei Paesi Bassi, Reinette Klever.L’obiettivo finale è e resta una soluzione amichevole e concordata. E’ la linea prevalente attorno al tavolo. “Non possiamo essere noi quelli che portano la guerra commerciale su un livello più elevato“, la linea espressa dal ministro della Lettonia che, a ben vedere, è la stessa della presidenza polacca di turno del Consiglio Ue. “Fin qui l’approccio è stato: ‘prima agiamo e poi discutiamo’, ci piacerebbe invertire il paradigma“, sottolinea Michał Baranowski, sottosegretario per lo Sviluppo economico della Polonia. E’ questo, con ogni probabilità, l’indicazione che i 27 daranno alla Commissione europea.Risposte mirate, per non far vedere che l’Ue resta a guardare, con eventuali contromisure più muscolari solo per un secondo momento. Una linea sposata anche dall’Italia. “Dobbiamo lavorare per evitare assolutamente una guerra commerciale, che sarebbe esiziale per gli Usa e per le nostre imprese”, sottolinea il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “Dobbiamo trattare, lo deve fare l’Ue unita”. In questo, continua il leader di Forza Italia, l’Italia “sosterrà tutte le iniziative del commissario [per il Commercio] Sefcovic, nel quale riponiamo estrema fiducia”, aggiunge per quella che è una frecciata agli alleati di maggioranza della Lega, viceversa intenzionati a un negoziato bilaterale e separato italo-statunitense.La questione dei dazi voluti da Trump, comunque vada a finire, mette in mostra un allontanamento generale dalle logiche tradizionali adottato sin qui da un modello che su entrambe le sponde dell’Atlantico appare superato. Trump non accetta che il modello tanto difeso e promosso dagli Stati uniti sia rivolto contro gli interessi a stelle e strisce: il ‘business as usual’ va bene finché la bilancia commerciale sorride all’America, altrimenti il resto del mondo deve pagare. Dall’altra parte c’è quantomeno una parte di Europa che considera il libero scambio in modo analogo, fruttuoso solo a fasi alterne.“Non vogliamo dazi, vogliamo più commercio. Il commercio è sempre positivo“, le considerazioni rese in pubblico dal ministro della Svezia. Esternazioni che stridono con il modo in cui è stato accolto l’accordo tra Ue e Mercosur, avvolto da critiche. Segno che il commercio non è più considerato questa grande conquista. Certo è che malumori in Europa non mancano, e quello tedesco è uno dei principali.Robert Habeck, ministro uscente dell’Economia della Germania, commenta le dichiarazioni di Elon Musk, che ora immagina un’area di libero scambio Ue-nord America a dazi zero: “E’ segno di debolezza e di paura. Forse dovrebbe recarsi da Trump e dirgli che prima di parlare di dazi deve risolvere questo pasticcio che ha creato”.

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    Lagarde: “I dazi di Trump avranno un impatto negativo in tutto il mondo”

    Bruxelles – Le tariffe annunciate dal presidente statunitense Donald Trump avranno un impatto negativo in tutto il mondo, con danni che dipenderanno dalla loro portata, dalla loro durata e dall’esito dei negoziati, ha dichiarato mercoledì Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea.“(L’impatto) Sarà negativo per l’economia in tutto il mondo e la densità e la durata dell’impatto varieranno a seconda della loro portata, dei prodotti colpiti, della durata e dell’esistenza o meno di negoziati”, ha affermato Lagarde in un’intervista alla radio irlandese Newstalk.“Non dimentichiamo che spesso l’aumento dei dazi, poiché si dimostrano dannosi, anche per chi li impone, porta a tavoli di negoziazione – ricorda la presidente della Bce – dove le persone si siedono effettivamente e discutono e alla fine rimuovono alcune di queste barriere”.