Serbia, l’Europarlamento ammonisce (di nuovo) la Serbia: “Fermi la repressione e sia seria sull’adesione all’Ue”
Bruxelles – Dopo quasi un anno di proteste ininterrotte, l’Eurocamera tiene accesi i riflettori sulla tesissima situazione in Serbia. Con una maggioranza ampia ma non schiacciante (457 voti favorevoli, 103 contrari e 72 astensioni), l’Aula di Strasburgo riunita in plenaria ha approvato oggi (22 ottobre) una risoluzione sulla “polarizzazione e l’aumento della repressione” nel Paese balcanico, a poco meno di 12 mesi dal crollo della pensilina nella città di Novi Sad.Quell’evento, che ha provocato la morte di 16 persone, è stato il catalizzatore per una mobilitazione popolare trasversale dalle dimensioni mai viste (almeno dal collasso della Jugoslavia negli anni Novanta). Ai cittadini – guidati soprattutto dai movimenti studenteschi – che chiedono con forza la fine della corruzione, un futuro europeo per il loro Paese e la fine del regime autoritario del presidente filorusso Aleksandar Vučić, gli apparati di sicurezza hanno risposto col pugno di ferro, mettendo in campo una repressione massiccia del dissenso democratico.Una situazione che, se pare indisporre solo fino a un certo punto i vertici comunitari (come si evince dall’equilibrismo di Ursula von der Leyen, che ha recentemente incontrato il capo di Stato serbo, ma anche da quelli del presidente del Consiglio europeo, António Costa, e dell’Alta rappresentante Kaja Kallas), continua invece a preoccupare gli eurodeputati. Se Belgrado vuole mostrarsi seria rispetto all’adesione all’Ue, si legge tra le righe della risoluzione congiunta, deve fermare la macchina della violenza, rispettare lo Stato di diritto e i diritti umani e smetterla di strizzare l’occhio a Mosca.Now is the time for strategic choices.Also for Serbia.It needs implementing EU reforms it has repeatedly promised to deliver.It needs responding to what citizens ask loud and clearly.Now is the time to deliver & lead Serbia to the EU.The EU’s offer will not be matched. pic.twitter.com/NrdHD0YQga— Marta Kos (@MartaKosEU) October 22, 2025Parlando durante il dibattito di ieri all’emiciclo, la commissaria all’Allargamento Marta Kos ha condannato le violenze contro studenti, manifestanti e giornalisti e ha ammonito Belgrado: “Ci aspettiamo che la Serbia rispetti i valori fondamentali dell’Ue” se vuole davvero entrare nel club a dodici stelle, osserva, inclusi “il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’eguaglianza, dello Stato di diritto e dei diritti umani” tra cui spiccano “la libertà di assemblea pacifica, la libertà dei media e la libertà accademica”. L’Unione, ha aggiunto, si aspetta che vengano condotte le dovute indagini sui fatti di Novi Sad, per i quali è partita un’inchiesta che non ha ancora portato a nulla.Kos ha accolto positivamente i recenti progressi sulle riforme pre-adesione concordate con Bruxelles (ad esempio sul registro dei voti unificato e sulla commissione dei media elettronici), ma ha sottolineato che adesso vanno compiuti “passi concreti per far ripartire il dialogo con tutta la società“. Lo stesso Vučić ha millantato di voler aprire un confronto coi manifestanti, salvo poi lasciare la situazione immutata. “Portare una Serbia democratica nell’Ue è nell’interesse dei serbi e anche nel nostro”, dice, ma affinché ciò avvenga servono impegni concreti “sui princìpi democratici e sulle riforme”.Soprattutto, incalza, il Paese balcanico deve finirla col suo equilibrismo sullo scacchiere internazionale – il presidente Vučić è tradizionalmente vicino alla Russia di Vladimir Putin ma di recente sembra aver ammorbidito i toni anche nei confronti dell’Ucraina – e “scegliere con trasparenza” da che parte vuole stare. “Le relazioni strette con Pechino e Mosca accompagnate da dichiarazioni critiche sull’Ue, incluso con una narrazione russa, non è quello che ci si attende da un Paese candidato”, nota Kos, che condanna anche la disinformazione dilagante e le intimidazioni subite da alcuni eurodeputati. Infine, conclude, “va rafforzato l’allineamento con la politica estera e di sicurezza comune“.L’eurodeputata Pd Alessandra Moretti (foto: Michel Christen/Parlamento europeo)Sulla stessa linea anche gli interventi degli esponenti italiani dei Socialisti (S&D) e dei Conservatori (Ecr). Dai banchi di questi ultimi, il meloniano Alessandro Ciriani avverte su un “equilibrio che si sta incrinando” in Serbia, come indicato dai sondaggi che rilevano come solo il 33 per cento dei cittadini del Paese balcanico sostiene apertamente l’adesione: “A trarne vantaggio – dice – sono attori con interessi a noi concorrenti come Russia e Cina, con ricadute negative per la stabilità regionale”. “L’Ue deve mantenere un approccio equilibrato e costruttivo, rilanciando l’offerta europea di sviluppo e dialogo inclusivo“, continua, ed “evitare che la delusione si trasformi in distacco e il distacco in allontanamento geopolitico“.Dal Pd, Alessandra Moretti condanna la risposta delle autorità serbe contro i manifestanti: “Non è degna di un Paese candidato”, rimarca, “né tantomeno di uno Stato di diritto”. “La pericolosa polarizzazione creatasi nel Paese rischia di normalizzare la violenza e di indebolire istituzioni democratiche“, aggiunge, invocando un cambio di passo. “L’impegno serbo verso il percorso europeo non può essere fatto solo di parole ma servono progressi concreti sullo Stato di diritto, la lotta alla corruzione, l’indipendenza dei media e della magistratura, un sistema elettorale libero e l’allineamento alla politica estera europea”, conclude.Anche il deputato liberale franco-italiano Sandro Gozi sottolinea che il cammino verso l’Ue “comporta benefici ma anche impegni per la democrazia, lo Stato di diritto e la libertà”, a cominciare da quella degli studenti “di manifestare ed esprimere critiche nei confronti del presidente Vučić”, al quale rivolge un “appello alla responsabilità democratica” per fare un passo indietro e ascoltare realmente le richieste dei suoi concittadini, anziché farli manganellare.Proteste per le strade di Belgrado (foto: Marko Djoković/Afp)Una voce fuori dal coro arriva dalla Sinistra, quella di Danilo Della Valle (M5s). Riprendendo un leitmotiv caro alla narrazione pro-Cremlino, il pentastellato si è scagliato contro la tentazione di “utilizzare lo stesso metodo disastroso adottato all’Euromaidan, che ha contribuito a portare la guerra alle porte dell’Europa“. Il riferimento è al presunto zampino di Ue, Usa e Nato nelle proteste di piazza (che gli ucraini chiamano “rivoluzione della Dignità“) che nell’autunno tra il 2013 e il 2014 hanno portato al rovesciamento del presidente filorusso Viktor Yanukovych e messo in moto una catena di tragici eventi sfociati nell’annessione della Crimea, nel conflitto in Donbass e, nel 2022, nell’invasione russa su larga scala.Secondo Della Valle, che pure riconosce la vivacità della società serba “capace di attivarsi e chiedere un cambiamento reale”, durante le manifestazioni “non ci sono bandiere dell’Ue” e “il popolo serbo non ha dimenticato i bombardamenti Nato del 1999 e l’atteggiamento coloniale di molti Paesi europei, inclusa l’Italia, che ha reso i Balcani una polveriera”. “Stiamo molto attenti a non gettare benzina sul fuoco“, avverte, perché la regione sarebbe “una pentola a pressione pronta a scoppiare”. LEGGI TUTTO
