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    Ue-Asean, il sud-est asiatico contro le annessioni russe in Ucraina

    Bruxelles – Da astenuti a contrari ciò che hanno prodotto le manovre militari della Russia in Ucraina, vale a dire le annessioni delle provincie sud-orientali. Gli Stati membri dell’Associazione delle Nazioni del sud-est asiatico (Asean) prendono le distanze da Mosca in modo molto più chiaro da quanto fatto in occasione delle votazioni in sede Onu. Il blocco dei 10 Paesi si è diviso, con quattro voti a favore delle spese di riparazione per l’Ucraina (Brunei, Filippine, Myanmar e Singapore) e gli altri sei astenuti (Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Thailandia e Vietnam). Il primo summit Ue-Asean di alto livello vede tutti i partecipanti riaffermare, come per tutte le nazioni, la necessità di rispettare la sovranità, l’indipendenza politica e l’integrità territoriale dell’Ucraina“.

    Un passaggio, quello sulla Russia, che non viene menzionata direttamente, tra le parti più delicate su cui le due parti hanno dovuto lavorare al fine di poter chiudere la dichiarazione congiunta. Qui si ricorda come “la maggior parte” dei governi della comunità internazionale abbia “condannato fermamente” l’aggressione dell’Ucraina, così come si ricorda, allo stesso tempo, che “ci sono stati altri punti di vista e diverse valutazioni della situazione e delle sanzioni”. Una formulazione, quest’ultima, volta a tutelare le posizioni già espresse dai membri dell’Asean, che comunque come blocco, nel pretendere la difesa dell’integrità territoriale dell’Ucraina, sconfessano i territori annessi fin qui da Mosca e, implicitamente, le operazioni che hanno prodotto tutto ciò.
    I due blocchi siglano quindi l’alleanza per rispondere a quella che viene vista con particolare preoccupazione tra gli effetti collaterali del conflitto russo-ucraino. “Continueremo a sostenere gli sforzi per combattere l’attuale crisi alimentare globale e coopereremo strettamente su questo tema”, promettono i leader nella dichiarazione finale, contenente anche la chiamata a raccolta della comunità internazionale tutta. Di fronte alle ripercussioni del conflitto russo-ucraino, “esortiamo tutti i paesi a mantenere aperti i mercati alimentari e agricoli per garantire il flusso globale di beni e input agricoli essenziali, compresi i fertilizzanti”.

    La dichiarazione congiunta finale difende l’integrità territoriale del Paese. In precedenza sei Paesi Asean si erano astenuti nei confronti di Mosca

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    Ucraina-Cina, colloquio tra i ministri Kuleba e Wang: “Non siamo indifferenti”

    Bruxelles – “La Cina non ha un approccio indifferente rispetto alla questione ucraina”. La posizione di Pechino sulla guerra è stata ribadita il 4 aprile nella telefonata tra il ministro degli Esteri cinese Wang Yi e l’omologo ucraino Dmytro Kuleba, la seconda dallo scoppio della guerra. La parola “pace” ricorre per ben sette volte nel comunicato stampa riportato dal ministero degli Esteri cinese, insieme all’invito, continuo, a procedere con i negoziati, “per quanto grandi le difficoltà e numerose le divergenze”.
    “Il mantenimento della pace e l’essere contrari ai conflitti sono parte della tradizione culturale della storia cinese”, ha sottolineato Wang, “e appartengono da sempre alla nostra politica estera”. Nessuna parola di condanna però verso la Russia, come già durante il vertice di venerdì scorso tra Unione Europea e Cina. “La guerra finirà a un certo punto”, ha incalzato il ministro degli Esteri, quasi in un monito, aggiungendo che sarà “cruciale” imparare da questo momento di crisi “per difendere la sicurezza duratura dell’Europa”. “La Cina ritiene che si debba, in conformità con il principio di sicurezza indivisibile e attraverso un dialogo equo, stabilire realmente un meccanismo di sicurezza europea equilibrato, valido e sostenibile”, continua il comunicato. Lo stesso principio era stato invocato anche dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov già lo scorso febbraio.
    Il termine “principio di sicurezza indivisibile” compare per la prima volta nell’Atto finale di Helsinki (1975), lo storico documento che ha messo nero su bianco una serie di principi fondamentali riconosciuti dal blocco della Nato e da quello sovietico. È da qui che in ambito di quella che diventerà l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) nasce la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE, dal 1994 OSCE). Un’idea che torna nella Carta di Parigi per una Nuova Europa (OSCE, 1990), secondo cui “la sicurezza è indivisibile e la sicurezza di ogni Stato partecipante è inseparabilmente connessa a quella di tutti gli altri”. Mentre nel Documento di Istanbul (1999), viene ulteriormente articolata in “uno spazio di sicurezza comune e indivisibile, promuovendo un’area OSCE priva di linee divisorie e zone con diversi livelli di sicurezza”. Nello stesso Documento di Istanbul, si stabilisce che “gli Stati non rafforzeranno la propria sicurezza a scapito della sicurezza di altri Stati”: cosa che, secondo l’interpretazione unilaterale di Mosca, un ulteriore allargamento a est della Nato comporterebbe per la Russia.
    Kuleba in un Tweet nel quale non mostra particolare soddisfazione per il colloquio, ha spiegato che nella telefonata è stato ribadito che la fine della guerra “soddisfa i comuni interessi di pace, della sicurezza alimentare e del commercio internazionale.”

    Had a call with State Councilor and Foreign Minister Wang Yi. Grateful to my Chinese counterpart for solidarity with civilian victims. We both share the conviction that ending the war against Ukraine serves common interests of peace, global food security, and international trade.
    — Dmytro Kuleba (@DmytroKuleba) April 4, 2022

    Wang Yi ha espresso solidarietà verso i civili ucraini e ringraziato il governo di Kiev e tutti coloro che hanno contribuito finora all’evacuazione dei cittadini dal Paese, chiedendo anche che si continui a garantire la sicurezza dei cinesi ancora presenti sul territorio.

    Pechino però continua a non sbilanciarsi sull’attacco russo

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    Draghi al telefono con Putin chiede il cessate il fuoco per sostenere i negoziati

    Roma – Mario Draghi e Vladimir Putin, un’ora al telefono,  “un colloquio per fare il punto “sull’andamento del negoziato tra la Russia e Ucraina” e gli ultimi sviluppi dopo il tavolo di trattative di Istanbul. In una nota diffusa da Palazzo Chigi spiegano che il presidente del Consiglio “ha sottolineato l’importanza di stabilire quanto prima un cessate il fuoco, per proteggere la popolazione civile e sostenere lo sforzo negoziale”.
    Dopo il gelo dei giorni scorsi e le accuse all’Italia, è stato riaperto il contatto tra Roma e Mosca con Draghi che “ha ribadito la disponibilità del governo italiano a contribuire al processo di pace, in presenza di chiari segni di de-escalation da parte della Russia”.
    Durante il colloquio è stato affrontato anche il tema del pagamento delle forniture di gas in rubli, richiesto da Putin. Il presidente russo, secondo come riferito anche dall’agenzia Tass, ha spiegato le ragioni di tale richiesta e “sono stati forniti chiarimenti” sulla decisione di passare alle transazioni con la valuta russa per le forniture di gas naturale a diversi paesi, tra cui l’Italia.
    I due leader, secondo la nota del governo, “hanno concordato sull’opportunità di mantenersi in contatto”.

    Nessuna concessione da Mosca. Al centro della telefonata l’andamento dei negoziati il giorno dopo l’incontro delle due delegazioni in Turchia. Il presidente russo insiste sul pagamento delle forniture di gas in rubli

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    Il dialogo tra Usa e Cina per spingere Mosca a trattare. Pechino resta neutrale ma vuole stabilità

    Roma – Quella di Jake Sullivan, consigliere americano per la Sicurezza nazionale, è una missione che conta più di quanto si potrebbe forse pensare. A Roma da ieri, l’alto funzionario ha incontrato il responsabile della politica estera del Partito comunista cinese Yang Jiechi e oggi il consigliere diplomatico del Presidente Draghi Luigi Mattiolo. In stallo la diplomazia tra i due attori principali del conflitto, il dialogo tra Usa e Cina ha il delicato compito di mettere sui binari giusti un negoziato, una sorta di tavolo “preparatorio” con l’obiettivo di convincere Pechino ad abbandonare la sua posizione neutrale. In subordine, spingere Putin a smussare le rigidità che in questo momento sono insormontabili e ostacolano ogni minimo negoziato compreso quello sulla garanzia dei corridoi umanitari.
    Washington ha avvertito la Cina che un eventuale supporto militare alla Russia “avrebbe serie conseguenze” anche se le indiscrezioni pubblicate dalla stampa americana non hanno trovato conferma. Ma a parte le schermaglie e le uniche notizie fatte filtrare, il confronto tra le due potenze mondiali potrebbe essere il passo necessario per agevolare una concreta trattativa sulla guerra. In sostanza per fermare le bombe, il passaggio obbligato sembra essere Pechino e la Cina è probabilmente l’unico interlocutore che può spendere la sua forza di ingerenza sulla Russia.
    E potrebbe agire in questa direzione non per fare un favore ai nemici di Putin e schierarsi apertamente con l’Occidente ma perché non ha interesse a mantenere l’instabilità provocata dalla guerra che compromette i suoi affari.
    Dopo questo primo round, la posizione cinese per ora però non cambia, teme le conseguenze delle sanzioni che critica, anche per gli effetti indiretti sulla sua economia. La leva per mettere pressione a Putin si gioca su questo fronte (e forse anche su quello interno di Taiwan e Hong Kong), in un orizzonte di riposizionamento che gli Stati Uniti possono decidere di offrire. Strada lunga, che per ora non consente facili ottimismi ma è con queste lenti che va visto il confronto di questi giorni.
    In questi venti giorni di guerra il governo italiano è stato criticato per la sua assenza dalle manovre diplomatiche in giro per l’Europa, un giudizio respinto dal presidente del Consiglio Draghi. Roma resta però un crocevia importante, “non dobbiamo cercare un ruolo ma dobbiamo cercare la pace e ora è Putin che non la vuole”, ha sintetizzato il premier a Versailles, come a sottolineare gli esiti poco fruttuosi delle mediazioni messe in campo finora dai diversi leader europei.  Nel breve colloquio di Draghi con Jack Sullivan a Palazzo Chigi è stata condivisa “la ferma condanna per l’aggressione ingiustificata da parte della Russia e la necessità di continuare a perseguire una risposta decisa e unitaria nei confronti di Mosca”. I due  si sono inoltre detti d’accordo sull’importanza di intensificare ulteriormente i contatti tra Italia e Stati Uniti a tutti livelli, alla luce degli eccellenti rapporti bilaterali e del legame transatlantico.
    L’Italia intanto si fa invece vedere e rafforza le iniziative sul fronte degli aiuti e dell’accoglienza ai profughi, impegno che il ministro degli Affari esteri Luigi Di Maio ha confermato con le visite di ieri e oggi in Romania e Moldavia.

    Il summit di Roma tra Sullivan e Jang Yiechi non ha sbloccato le posizioni anche se il confronto tra le due potenze mondiali sembra essere l’unica strada per favorire un negoziato tra Russia e Ucraina. La Cina resta neutrale ma teme le sanzioni. Italia protagonista sul fronte dell’accoglienza