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    Il terzo vertice della Comunità Politica Europea all’ombra delle tensioni Armenia-Azerbaigian. E di due assenze pesanti

    Bruxelles – Quello che doveva essere un forum di confronto e dialogo tra i leader dei Paesi Ue ed extra-Ue per evitare escalation di tensione non desiderate tra i suoi membri, si sta arenando già dopo un anno dalla sua inaugurazione. Il terzo vertice della Comunità Politica Europea è andato in scena a Granada (Spagna) con le solite enfatiche promesse di grandezza, ma a risaltare davvero sono state le assenze e le discussioni su uno dei temi che la diplomazia europea non sta riuscendo in nessun modo a risolvere: il conflitto congelato tra Armenia e Azerbaigian. Le assenze sono state quelle del presidente azero, Ilham Aliyev, e del suo alleato più stretto, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che con la loro diserzione hanno inviato un messaggio chiaro agli altri 45 partecipanti del vertice di Granada: la Comunità Politica Europea non è un luogo gradito dove discutere di controversie tra gli Stati partecipanti, a maggior ragione dopo interventi armati.Da sinistra: il cancelliere della Germania, Olaf Scholz, il primo ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il presidente della Francia, Emmanuel Macron, al vertice della Comunità Politica Europea a Granada il 5 ottobre 2023 (credits: Ludovic Marin / Afp)“Non potremo discutere di una tragedia come la fuga di oltre centomila persone e di un attacco militare che condanniamo, perché né l’Azerbaigian né la Turchia sono qui”, è stata l’accusa lanciata dall’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, facendo ingresso al vertice di Granada: “Spero che a Bruxelles ci possano essere riunioni di mediazione tra Armenia e Azerbaigian, soprattutto per evitare che il conflitto peggiori”. Solo nelle ultime due settimane oltre 100 mila profughi hanno lasciato l’enclave armena in Azerbaigian per il timore di una pulizia etnica dopo la conquista della regione separatista da parte dell’esercito azero. “Siamo scioccati dalla decisione dell’Azerbaigian di utilizzare la forza militare” in Nagorno-Karabakh, ha rincarato la dose il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, a margine della riunione di Granada, facendo sapere di aver avuto una conversazione telefonica con il presidente Aliyev martedì (3 ottobre) in cui gli ha comunicato che Bruxelles aiuterà l’Armenia “ad affrontare le conseguenze di questa operazione militare”. Visibilmente indispettito per l’assenza del leader azero a Granada dopo il lavoro negli ultimi giorni “per preparare un incontro” con il premier armeno, Nikol Pashinyan, con “idee su stabilità e serenità nell’affrontare le conseguenze umanitarie”, Michel ha rifiutato di commentare pubblicamente la decisione: “Ho avuto occasione di dirgli direttamente quali sono i miei sentimenti a riguardo”.Proprio il presidente del Consiglio Europeo ha sottolineato l’importanza – anche se per il momento fallimentare – della diplomazia europea nel Caucaso meridionale. “Prima degli sforzi di mediazione l’Ue non era molto presente nella regione, ma poi abbiamo fatto progressi con risultati tangibili, come sulla liberazione dei prigionieri, sulla definizione dei confini e sulla connettività”. L’Unione è una “mediatrice naturale, perché non abbiamo un’agenda nascosta, è chiarissima: prosperità, sicurezza, pace” e per questo motivo Bruxelles spinge con forza per “ulteriori sforzi diplomatici”. A partire da quello a Granada con il premier armeno, l’unico delle parti coinvolte nel conflitto congelato a essere presente al vertice della Comunità Politica Europea, che si è intrattenuto in un quartetto al termine della sessione plenaria con Michel, il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, e il presidente francese, Emmanuel Macron. All’appello mancava solo il presidente azero Aliyev, che non ha voluto replicare il quintetto di Praga dello scorso anno.Il supporto Ue all’ArmeniaIn questo momento per l’Unione è prioritario supportare l’Armenia di fronte a un afflusso di profughi di dimensioni enormi rispetto alla popolazione (oltre 100 mila persone in fuga dal Nagorno-Karabakh su un totale di due milioni di cittadini armeni). Ecco perché anche la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha voluto un bilaterale con il premier Pashinyan per illustrargli le ulteriori misure di sostegno di emergenza e a lungo termine con cui “l’Ue sosterrà fortemente l’Armenia” parallelamente al “dialogo con l’Azerbaigian”. L’assistenza umanitaria che ha toccato i 5,2 milioni di euro “sarà raddoppiata” a 10,4 milioni e sarà il commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, a valutare domani (6 ottobre) in Armenia la situazione, per discutere di “un ulteriore sostegno mirato” attraverso il Meccanismo di protezione civile Ue. A questo si aggiungono 15 milioni di euro come finanziamenti nell’ambito dei programmi annuali per l’Armenia, “che potranno essere utilizzati come sostegno al bilancio dello Stato per far fronte alle esigenze socio-economiche e all’acquisto di cibo e carburante”.Il programma EU4Peace sarà integrato con altri 800 mila euro per sostenere l’assistenza d’emergenza, ma anche le misure di rafforzamento dei media “noti per la loro informazione equilibrata”. Come assistenza tecnica la Commissione Ue discuterà con le autorità armene sulla mobilitazione di fondi dai programmi Taiex e Twinning, “per affrontare questioni come la sicurezza aerea e la sicurezza nucleare”. E infine a Bruxelles si sta lavorando sia sul Piano economico e di investimento da 2,6 miliardi di euro di investimenti per le infrastrutture (che al momento ha visto l’erogazione di 413 milioni), sia sulla partecipazione di Yerevan a progetti regionali come il cavo elettrico del Mar Nero con Azerbaigian, Georgia, Ungheria e Romania.Il conflitto in Nagorno-KarabakhTra Armenia e Azerbaigian è dal 1992 che va avanti una guerra congelata, con scoppi di violenze armate ricorrenti incentrate nella regione separatista del Nagorno-Karabakh. Il più grave degli ultimi anni è stato quello dell’ottobre del 2020: in sei settimane di conflitto erano morti quasi 7 mila civili, prima del cessate il fuoco che ha imposto all’Armenia la cessione di ampie porzioni di territorio nel Nagorno-Karabakh. Dopo un anno e mezzo la situazione è tornata a scaldarsi a causa di alcune sparatorie alla frontiera a fine maggio 2022, proseguite parallelamente ai colloqui di alto livello stimolati dal presidente del Consiglio Ue, fino alla ripresa delle ostilità tra Armenia e Azerbaigian a settembre, con reciproche accuse di bombardamenti alle infrastrutture militari e sconfinamenti di truppe di terra.La mancanza di un monitoraggio diretto della situazione sul campo da parte della Russia – che fino allo scoppio della guerra in Ucraina era il principale mediatore internazionale – ha portato alla decisione di implementare una missione Ue, con 40 esperti dispiegati lungo il lato armeno del confine fino al 19 dicembre dello scorso anno. Una settimana prima della fine della missione l’Azerbaigian ha però bloccato in modo informale – attraverso la presenza di pseudo-attivisti ambientalisti armati – il corridoio di Lachin, mettendo in atto forti limitazioni del transito di beni essenziali come cibo e farmaci, gas e acqua potabile. Il 23 gennaio è arrivata la decisione del Consiglio dell’Ue di istituire la missione civile dell’Unione Europea in Armenia (Euma) nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune, ma la tensione è tornata a crescere il 23 aprile dopo la decisione di Baku di formalizzare la chiusura del collegamento strategico attraverso un posto di blocco. Da Bruxelles è arrivata la condanna dell’alto rappresentate Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, prima della ripresa delle discussioni a maggio e un nuovo round di negoziati di alto livello il 15 luglio tra Michel, il primo ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, e il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev.L’alternarsi di sforzi diplomatici e tensioni sul campo ha messo in pericolo anche gli osservatori Ue presenti dallo scorso 20 febbraio in Armenia per contribuire alla stabilità nelle zone di confine. Il 15 agosto una pattuglia della missione Euma è rimasta coinvolta in una sparatoria dai contorni non meglio definiti (entrambe le parti, armena e azera, si sono accusate a vicenda), senza nessun ferito. Solo un mese più tardi è sembrato che la situazione potesse pian piano stabilizzarsi, con il passaggio del primo convoglio con aiuti internazionali il 12 settembre attraverso la rotta Ağdam-Askeran e poi lo sblocco del corridoio di Lachin il 18 settembre dopo quasi nove mesi di crisi umanitaria. Neanche 24 ore dopo sono però iniziati i bombardamenti azeri contro l’enclave separatista che, per la sproporzione di forze in campo, ha determinato il cessate il fuoco e la resa fulminea dei militari di Stepanakert
    Il presidente azero, Ilham Aliyev, e il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, hanno disertato la riunione di Granada in cui è stata centrale la questione dell’intervento armato in Nagorno-Karabakh. L’Ue annuncia il raddoppio del budget per l’assistenza umanitaria a Yerevan

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    Dall’Europa a 45 il “messaggio di unità” contro Putin. Dalla Moldavia Zelensky preme per l’adesione alla NATO

    Bruxelles – Sicurezza, energia, connettività. Sono tre le chiavi della cooperazione rafforzata che unisce l’Europa alle prese con il tentativo di mandare un messaggio di unità contro la guerra di aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina. E’ nella cornice del castello di Mimi a Bulboaca, in Moldavia, che si è tenuto oggi il secondo vertice della Comunità politica europea, il forum informale dell’Europa ‘allargata’ lanciato su idea francese nel maggio 2022 dopo l’aggressione russa in Ucraina. Una risposta politica alla guerra di Putin e un tentativo di rafforzare, se pure informalmente, la cooperazione del Continente.
    Il primo incontro si è tenuto a Praga, in Repubblica ceca, in ottobre, prima del Vertice europeo informale ospitato dalla presidenza ceca del Consiglio. Oggi la riunione ha messo allo stesso tavolo i capi di Stato e governo di 45 Paesi (su 47 in tutto invitati, San Marino e Turchia alla fine non hanno partecipato), tra cui tutti Ventisette gli Stati membri dell’Ue e l’Ucraina. Per conto dell’Unione europea presenti i vertici di Commissione, Parlamento e Consiglio europeo, rispettivamente Ursula von der Leyen, Roberta Metsola e Charles Michel.
    Come previsto, il vertice non ha portato ad alcuna dichiarazione scritta e a nessuna decisione concreta. Ma è stato soprattutto un vertice simbolico e un modo per mandare un chiaro messaggio politico di unità a Putin. Lo indica la scelta stessa di tenere la riunione in Moldavia. “Dobbiamo considerarlo dal punto di vista geopolitico. Se vi sedete a Mosca e vedete 47 Paesi nelle immediate vicinanze che si riuniscono insieme, questo è, a mio avviso, un messaggio importante, anche se si tratta di una cooperazione soft, anche se si tratta di scambi, è un segnale importante”, aveva spiegato una fonte diplomatica alla vigilia del vertice. E questo è quanto è stato ribadito da tutti i capi di stato e governo che hanno sfilato nella passerella, dal presidente Michel alla ‘padrona di casa’ Maia Sandu.
    “Siamo 45 Paesi rappresentati qui in Moldavia, un messaggio simbolico forte della comune volontà di coordinarci e cooperare nel campo dell’energia, della sicurezza, delle infrastrutture. Cerchiamo di costruire una convergenza politica per difendere alcuni dei nostri interessi in comune”, ha spiegato Michel, al suo arrivo a Chișinău. “A venti chilometri dal confine con la Russia abbiamo riaffermato di dover essere uniti a sostegno dell’Ucraina”, ha detto Sandu nella conferenza stampa che ha chiuso la riunione, al fianco del premier ceco Petr Fiala e del premier spagnolo Pedro Sanchez. Passato, presente e futuro della Comunità politica. Si è scelto infatti di fare ospitare gli incontri della Comunità a turno da uno dei partecipanti: a ottobre è stato il turno della Repubblica ceca, e dopo la Moldavia sarà la volta della Spagna che ospiterà gli oltre quaranta capi di stato e governo a Granada, come confermato da Sanchez.
    Sandu ha ammesso senza indugio di essere consapevole che senza la resistenza di Kiev, la guerra sarebbe ora alle porte del suo Paese. Ed è anche per questo che è significativa la scelta del luogo in cui ospitarla, un messaggio di sostegno tanto all’Ucraina quanto alla Moldavia, per ribadirgli la promessa che il loro futuro è dentro l’Unione europea. L’adesione all’Unione europea – cui Ucraina e Moldova sono Paesi candidati – non è l’unica adesione su cui ha insistito il presidente ucraino Zelensky. “L’Ucraina è pronta per entrare nella Nato” e alla riunione dei capi di stato e di governo che si terrà l’11 e 12 luglio a Vilnius “è necessario ci sia un chiaro invito per l’Ucraina ad aderire all’Alleanza proprio come sono necessarie garanzie di sicurezza sul cammino verso l’adesione in futuro. Ed è necessaria una chiara decisione positiva sull’adesione dell’Ucraina alla Ue”, ha detto. Poi però ha aggiunto: “Siamo pronti per quando la Nato sarà pronta”. I leader dell’Ue si sono mostrati cauti sull’adesione, compresa la premier Giorgia Meloni. “Tutto ciò non ha effetti sugli aiuti militari, che continueranno, recita il mantra condiviso, fino a quando necessario, ma ha effetti politici evidenti sia sul percorso che potrebbe portare alla fine della guerra (sulla Russia) sia sugli assetti politici continentali futuri. Rutte ha specificato che da una parte c’è pieno sostegno all’Ucraina, anche militare, nella lotta contro i russi, e dall’altra l’azione per tracciare il percorso verso il futuro”. E che si tratta anche capire bene “che cosa significherà per l’Ucraina un giorno unirsi alla Nato”, ha detto la premier, tornata in Italia prima della fine dei lavori.
    Un incontro informale senza decisioni. Ma non passa inosservato che grande assente, insolitamente, è stata la voce sulla passerella rossa di Ursula von der Leyen, che non ha preso parola in entrata né in uscita. E che a un solo tweet ha affidato la sintesi della giornata. “Unità e forza. Questo è ciò che dimostrano i leader europei riuniti oggi in Moldavia. Insieme difendiamo i nostri valori. E ci battiamo per l’Ucraina”.

    La seconda riunione della Comunità politica europea, il forum informale lanciato dopo l’aggressione della Russia in Ucraina. Una risposta politica alla guerra di Putin e un tentativo di rafforzare, se pure informalmente, la cooperazione del Continente

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    Dalla Turchia all’Ucraina, passando dai Balcani Occidentali. Gli inviti Ue per il summit della Comunità politica europea

    Bruxelles – I preparativi per la nascita della Comunità politica europea non si sono fermati per tutta l’estate e ora è tempo di raccoglierne i frutti. Basterà attendere solo un altro mese per capire come si configurerà e a quali ambizioni potrà ambire il progetto politico – a suo modo storico – la cui paternità è condivisa tra il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e quello della Francia, Emmanuel Macron. In concomitanza con il primo giorno del prossimo vertice informale dei leader Ue in Repubblica Ceca, si terrà il 6 ottobre a Praga la prima riunione della Comunità politica europea, la piattaforma di coordinamento tra i Paesi di tutto il continente sulle questioni di importanza strategica comune.
    A meno di un mese dalla convocazione della riunione nella sede della presidenza di turno ceca del Consiglio dell’Ue, è ora tempo degli inviti. Come fanno sapere funzionari europei, da Bruxelles e da Praga “dovrebbero essere spedite” le partecipazioni a tutti i 27 Paesi membri dell’Unione, i sei dei Balcani Occidentali, Norvegia, Svizzera, Islanda, Lichstenstein, Regno Unito, Ucraina, Moldova, Georgia, Turchia, Armenia e Azerbaigian (eventuali sorprese o rifiuti dell’ultimo minuto saranno comunicati “presto”). Nel corso di un incontro informale con il Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper II) il capo di gabinetto del presidente Michel ha riferito ai Ventisette che tra le questioni principali sul tavolo “ci saranno la guerra della Russia contro l’Ucraina, la crisi energetica e la situazione economica“, rendono noto le stesse fonti.
    La coreografia dell’incontro di Praga prevederà una sessione plenaria di apertura, tavole rotonde “su stabilità della sicurezza, energia, mobilità, economia”, incontri bilaterali e una cena plenaria di chiusura. Il tutto riservato esclusivamente ai leader dei Paesi invitati. È interessante notare che da Bruxelles arrivano precisazioni sul fatto che la Comunità politica europea (che ha già un acronimo, Cpe) “non si sostituisce all’allargamento” dell’Unione o alle sue politiche, in risposta ad alcune perplessità emerse nel momento della presentazione ufficiosa del format ai Paesi balcanici, che attendono da anni – se non da decenni – di diventare membri Ue: “Il Cpe sarà un processo inclusivo e garantirà la partecipazione dei leader dell’Unione e dei Paesi terzi”.
    Gli ultimi sviluppi a proposito della Comunità politica europea si fondano sulle conclusioni del vertice dei leader Ue di fine giugno, quando i Ventisette avevano messo nero su bianco la volontà di percorrere una strada che ridisegni la politica di integrazione sul continente, superando l’attuale visione binaria dentro/fuori l’Unione. La proposta era stata avanzata con tutta una serie di dettagli dal leader francese Macron (allora presidente di turno del Consiglio dell’Ue), all’evento conclusivo della Conferenza sul Futuro dell’Europa del 9 maggio. A dimostrazione che il progetto stava prendendo piede a Bruxelles, pochi giorni più tardi il numero uno del Consiglio Michel aveva parlato del bisogno di una nuova cooperazione sul continente attraverso una “comunità geopolitica europea“. In quell’occasione era stata presentata anche la possibilità di riformare il processo di adesione all’Ue – un tema a cui guardano con attenzione i Balcani Occidentali – per renderlo “più rapido, graduale e reversibile”. Ma su questo fronte ancora tutto tace.

    Si terrà il 6 ottobre a Praga la prima riunione del format voluto dal presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, e francese, Emmanuel Macron, per chiudere i ranghi dei leader del continente su questioni strategiche comuni: “Ma non sostituisce la politica di allargamento dell’Unione”

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    I leader UE al lavoro sulla proposta della comunità politica europea. La palla nelle mani del presidente Charles Michel

    Bruxelles – Si mette in moto la macchina dell’Unione Europea sulle idee che circolano ormai da più di un mese nelle sedi delle istituzioni comunitarie. Nelle conclusioni del vertice dei leader UE ha trovato spazio anche la proposta della comunità politica europea, un tentativo di ridisegnare la politica di integrazione sul continente che superi l’attuale visione binaria dentro/fuori l’Unione.
    Il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, con la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e della Francia, Emmanuel Macron (di spalle)
    Durante la prima giornata di Consiglio Europeo (giovedì 23 giugno) i Ventisette hanno tenuto una “discussione strategica” su come far evolvere il rapporto con i partner in Europa, partendo da quanto avanzato dal presidente francese, Emmanuel Macron, all’evento conclusivo della Conferenza sul Futuro dell’Europa del 9 maggio scorso (in qualità di presidente di turno del Consiglio dell’UE). Si tratterebbe di “un’organizzazione che permetterà a nazioni europee democratiche che condividono gli stessi valori di trovare nuovo spazio di cooperazione politica, economica, energetica, di sicurezza, di trasporti, investimenti e infrastrutture, e di circolazione di persone”, aveva spiegato l’inquilino dell’Eliseo. E nel documento approvato questa notte dai Ventisette questa idea inizia a prendere corpo: l’obiettivo della comunità politica europea sarebbe quello di “offrire una piattaforma di coordinamento politico per i Paesi europei in tutto il continente“, in particolare con quelli con cui l’UE ha già “strette relazioni”.
    È evidente che sono profonde le implicazioni per il processo di allargamento che, come si è visto al vertice UE-Balcani Occidentali di ieri mattina a Bruxelles, sta rischiando di arrivare al capolinea per l’incapacità dell’Unione di rispettare le promesse fatte negli anni. Il presidente Macron aveva promesso che la creazione della comunità politica europea “aiuterà l’avvicinamento e lo faciliterà per chi vorrà proseguirlo, senza rendere obbligatoria l’adesione all’Unione” e proprio su queste basi sono arrivate le risposte positive di tutta la regione balcanica. Anche nel corso di una conferenza stampa particolarmente polemica, i tre leader dell’iniziativa Open Balkan – il premier albanese, Edi Rama, il presidente serbo, Aleksandar Vučić, e il premier macedone, Dimitar Kovačevski – si sono dimostrati tutti aperturisti su una proposta che “potrebbe essere l’unico modo per noi di essere ascoltati dai nostri colleghi dell’Unione”.
    Il quadro entro cui si dovrebbe iscrivere questa iniziativa “non sostituirà le politiche e gli strumenti dell’UE esistenti, in particolare l’allargamento“, specificano le conclusioni, “e rispetterà pienamente l’autonomia decisionale dell’Unione Europea”. Come fanno sapere fonti europee, la comunità politica europea si baserebbe su incontri regolari a livello di leader per creare uno spazio per le discussioni politiche e per contribuire alla “comprensione reciproca e a una cultura strategica comune”. A questo punto la palla passa nelle mani del presidente del Consiglio UE, Charles Michel, che sarà responsabile di portare avanti il progetto insieme alle presidenze di turno del Consiglio dell’UE, quella francese uscente e quella ceca in carica dal primo luglio. È proprio il presidente Michel il secondo maggiore sostenitore della proposta francese, che vorrebbe legare anche a una riforma del processo di adesione all’UE, che diventi “più rapido, graduale e reversibile”.

    Approdata in Consiglio l’idea del leader francese, Emmanuel Macron, di creare una piattaforma per promuovere il dialogo e la cooperazione “su questioni di interesse comune” con i Paesi europei “con i quali abbiamo strette relazioni”, attraverso incontri regolari tra leader