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    Partenariato strategico UE-India, cosa prevede l’accordo sulla connettività firmato al vertice di Porto

    Bruxelles – Solo una settimana fa veniva annunciata la ripresa dei contatti per un partenariato strategico tra Bruxelles e Nuova Delhi, in pompa magna durante il vertice UE-India di Porto. Un nuovo capitolo nelle relazioni tra “le due democrazie più grandi al mondo” (parola del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel), inclusa un’intesa sulla connettività su cui si sta lavorando intensamente anche dietro alle quinte.
    Non si è parlato solo di commercio e della possibilità di spianare la strada ai negoziati sul libero scambio interrotti nel 2017, ma anche di come promuovere regole “trasparenti, praticabili, inclusive e sostenibili” nell’approccio alla tecnologia. Il vertice si è concluso con la firma di un documento specifico, il Partenariato strategico sulla connettività, con cui Unione Europea e India hanno concordato una convergenza sulla “connettività resiliente, sostenibile e globale”, ha sottolineato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Reso pubblico dal Consiglio dell’UE, è ora possibile analizzarne il contenuto, oltre le dichiarazioni della politica (qui il testo integrale).
    I principi
    Il partenariato sulla connettività UE-India si fonda sui “valori condivisi” di democrazia, libertà, Stato di diritto e rispetto dei diritti umani. A partire da questi presupposti, possono essere stabilite le regole comuni nell’approccio alla connettività, in particolare a livello di sostenibilità ambientale (tra gli altri, si fa riferimento all’accordo di Parigi e all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile) e sociale (con valutazioni d’impatto non solo economico sulle comunità interessate).
    Il vertice UE-India a Porto (8 maggio 2021)
    Attraverso il partenariato si vogliono sostenere reti digitali, di trasporto ed energetiche, ma anche sviluppare il flusso di persone, beni, servizi, dati e capitali equi e inclusivi. L’obiettivo finale è “contribuire agli sforzi di sviluppo globale” e per questo motivo si cercherà di incentivare investimenti anche con la Banca europea per gli investimenti (BEI) e le istituzioni degli Stati membri UE e dell’India.
    Ma a livello finanziario “entrambe le parti concordano sul fatto che la connettività richiede la partecipazione attiva del settore privato“. Ecco perché il documento cita esplicitamente la necessità di “garantire parità di condizioni per le aziende e assicurare l’accesso reciproco ai mercati“. In questo modo si andrà a sostenere un ecosistema globale competitivo e la doppia transizione verde e digitale, stimolando la ripresa economica post-COVID, posti di lavoro “di qualità” e “catene del valore resilienti”. A livello pratico, si andrà a incentivare la cooperazione tra imprese europee e indiane, oltre a quella delle camere di commercio, banche e fondi di promozione e sviluppo nazionale e di agenzie di finanziamento all’esportazione.
    Il contenuto
    Quando si parla di connettività non si può non considerare “l’aumento del traffico di dati” che impone una migliore collaborazione digitale tra Paesi, a partire dalle infrastrutture. “Per esempio, tramite cavi sottomarini e reti satellitari”, Bruxelles e Nuova Delhi hanno fissato degli obiettivi per intervenire con “reti resilienti, sicure e conformi agli standard comuni” in diversi campi.
    Primo tra tutti, lo spazio informatico, il cyberspazio. Nel testo viene esplicitato che sarà necessario “promuovere una rapida ed efficace implementazione del 5G” e tecnologie che lo superino, per supportare “lo sviluppo rurale, l’agricoltura di precisione e l’assistenza sanitaria”. A questo proposito si inserisce un accesso ai servizi cloud “aperto, sicuro, sostenibile e inter-operabile”. Posto l’accento sulla necessità di implementare l’ambiente imprenditoriale, tra gli obiettivi fissati c’è quello di “migliorare la digitalizzazione dei pagamenti trans-frontalieri, comprese le rimesse”, ma anche la convergenza tra i quadri normativi sulla protezione dei dati personali per “facilitare flussi trans-frontalieri sicuri e protetti”.
    (8 maggio 2021)
    Spazio anche per la connettività sul fronte energetico. Il partenariato punta a sostenere gli obiettivi di energia pulita e di lotta ai cambiamenti climatici, sviluppando sistemi elettrici “modernizzati, efficienti e intelligenti” per aumentare le interconnessioni regionali per la produzione di energia rinnovabile su larga scala. All’orizzonte c’è la cooperazione in aree all’avanguardia, come il solare galleggiante, l’eolico offshore, l’idrogeno e lo stoccaggio dell’energia.
    A livello di trasporti, esiste un “reciproco interesse” per la decarbonizzazione e digitalizzazione del sistema ferroviario (sull’esempio del Sistema Europeo di Gestione del Traffico Ferroviario) e per la riduzione delle emissioni attraverso uno scambio più efficiente dei dati nei settori dell’aviazione e marittimo. Ma all’interno di questa sezione del testo c’è anche il dialogo tra le due parti sulla mobilità intelligente e sostenibile.
    Per lo sviluppo della connettività c’è bisogno dell’essere umano e per questo motivo è stata trovata un’intesa sulla promozione della cooperazione nel campo della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica. In altre parole, significa sostenere con più forza la mobilità dei ricercatori attraverso i programmi europei e indiani, oltre al coinvolgimento di start-up e piccole e medie imprese nel processo di sviluppo di soluzioni innovative in ambito accademico. Sinergie che però vanno alimentare già dalla mobilità di studenti e docenti tra le università europee e gli Istituti di Istruzione Superiore indiani.
    È poi necessario uno sforzo congiunto per aiutare Paesi terzi nelle loro azioni di connettività sostenibile. Focus particolare su Africa, Asia centrale e l’Indo-Pacifico – per contrastare l’influenza cinese sempre crescente – con l’obiettivo dichiarato di sostenere queste regioni “nella digitalizzazione per lo sviluppo sostenibile e l’inclusione finanziaria digitale”.
    Investimenti pubblici privati
    (8 maggio 2021)
    L’ultima sezione del documento programmatico riguarda il rafforzamento dell’integrità dei sistemi finanziari e lo sviluppo degli investimenti privati nel partenariato UE-India. Partendo dalla Piattaforma internazionale sulla finanza sostenibile (IPSF), come base per lo scambio continuo di informazioni sulle migliori pratiche, viene indicata la possibilità di promuovere joint venture europee e indiane attraverso la National Infrastructure Pipeline indiana.
    Per gli investimenti verdi esistono già partnership tra la BEI e l’Agenzia indiana per lo sviluppo delle energie rinnovabili, su cui innestare investimenti azionari delle istituzioni finanziarie europee. Ma allo stesso tempo è possibile sfruttare fondi pubblici e flussi di capitale globali (compresi fondi sovrani e fondi pensione) per veicolare gli investimenti privati ​​verso progetti sostenibili. Anche per quanto riguarda l’infrastruttura di connettività, si potrà sviluppare una cooperazione nel sostegno governativo al finanziamento delle esportazioni.
    Ultimo punto – ma non certo per importanza – l’incoraggiamento della cooperazione del settore privato tra le due parti. Questo obiettivo si potrà realizzare attraverso reti di imprese dell’UE e dell’India, sfruttando Invest India ed Enterprise Europe come piattaforme di lancio di progetti congiunti tra start-up e piccole e medie imprese delle due potenze mondiali.

    Il vertice di Porto ha stabilito la necessità di definire regole “trasparenti, praticabili, inclusive e sostenibili” nell’approccio comune alla tecnologia tra Bruxelles e Nuova Delhi. Non solo valori condivisi, ma anche collaborazione nel cyberspazio, nell’energia e nei trasporti, oltre a stimoli per investimenti privati

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    Balcani occidentali, Borrell agli Stati: “Allargamento nella regione è l’unica prospettiva”

    Bruxelles – I Paesi membri UE stanno continuando a temporeggiare su dossier che andrebbero trattati come prioritari, e il tempo a disposizione sta finendo. È questo il rimprovero dell’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ai ministri degli Esteri europei, troppo disattenti su una parte d’Europa su cui l’Unione si gioca futuro e credibilità. “È la prima volta da due anni che il Consiglio Affari Esteri prende una posizione sui Balcani occidentali, è ora di guardare alla regione in ottica geo-strategica”. Uno sfogo che riassume le difficoltà a lavorare sul file nonostante il ripetere ai Paesi balcanici di essere a un passo dall’obiettivo.
    Al termine del Consiglio Affari Esteri di oggi (lunedì 10 maggio), l’alto rappresentante UE ha ribadito una volta di più come l’allargamento verso i Balcani occidentali sia “una delle nostre priorità strategiche” e lo dimostra il fatto che oggi questo punto sia stato discusso anche prima del rapporto con gli Stati Uniti nella lotta ai cambiamenti climatici, due temi – clima e relazioni transatlantiche – in alto nelle agende delle capitali. “C’è stata una lunga discussione”, ha spiegato Borrell in conferenza stampa, che tra le righe ha coinvolto la questione del presunto non paper della Slovenia sul completamento della dissoluzione dell’ex-Jugoslavia. Non è un caso se i ministri hanno ribadito con fermezza il “rispetto dei confini e della regione in generale“, mentre Borrell ha aggiunto che “non ci devono essere dubbi sull’integrità e la sovranità della Bosnia-Erzegovina”.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    Ma la questione è più complessa e coinvolge le difficoltà dell’Unione nel farsi percepire come presenza affidabile sia a livello di distribuzione dei vaccini anti-COVID, sia come garante di un futuro europeo per i Balcani. “Sul fronte della pandemia COVID-19, dobbiamo ricordare costantemente che stiamo donando i vaccini, non li stiamo vendendo“, è stato il secco commento di Borrell, “e soprattutto non mettiamo condizioni a chi li riceve”.
    Sul fronte della prospettiva europea, invece, “c’è bisogno di un impegno politico più forte con i nostri partner nella regione“. Per Borrell è necessario rinforzare la “narrativa positiva” sull’attuazione delle riforme che garantiscono l’accesso all’Unione, ma anche i Paesi membri devono fare di più. “Oggi abbiamo parlato a livello teorico, adesso bisogna prendere azioni concrete“, perché “non possono passare altri due anni prima di rivedere i Balcani occidentali nell’agenda del Consiglio”. C’è bisogno di aprire i quadri negoziali con Albania e Macedonia del Nord, portare avanti i negoziati con Serbia e Montenegro, liberalizzare i visti per i cittadini del Kosovo e stimolare il processo di riforme costituzionali in Bosnia ed Erzegovina: “Parleremo di tutto questo con i leader balcanici a Bruxelles la settimana prossima“, ha anticipato Borrell.
    Scendendo più nel dettaglio, l’alto rappresentante UE ha dichiarato che “la Bulgaria è stata incoraggiata a trovare una soluzione con la Macedonia del Nord, perché Skopje ha rispettato tutte le condizioni e tutti gli altri ministri sono d’accordo” (spegnendo per il momento le ipotesi di una separazione dei dossier Albania-Macedonia per permettere a Tirana di andare avanti più velocemente). Mentre il dialogo tra Serbia e Kosovo “riprenderà entro la fine di giugno” ed è stata scartata qualsiasi ipotesi di ripartenza dei negoziati su presupposti diversi da quelli del 2020, come ventilato dai nuovi leader kosovari: “Devono studiare il dossier con attenzione e possiamo dare loro tutte le informazioni di cui hanno bisogno”, ha puntualizzato l’alto rappresentante Borrell.
    La posizione dell’Italia
    Da quanto si apprende a Bruxelles, durante il Consiglio Affari Esteri il ministro italiano Luigi Di Maio ha avvertito che “dopo l’eccellente risposta data nella prima fase della pandemia”, l’Unione Europea “si sta giocando la credibilità nei Balcani occidentali”. Questo perché non si riesce a trovare una soluzione alle difficoltà nell’aiutare la regione attraverso l’invio di vaccini. “Si sta generando un sentimento di sfiducia nei confronti dell’Unione Europea“. Secondo Di Maio, non bastano i messaggi di sostegno e lo dimostra il fatto che “la nostra postura politica è troppo debole rispetto all’impegno finanziario elevato” nella penisola.
    Il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio
    Al centro dell’intervento del ministro degli Esteri italiano c’è “l’adozione di conclusioni sui Balcani occidentali” e soprattutto il “rilancio del processo di allargamento” dell’UE nella regione. “Appare ancor più urgente, alla luce del rinnovato attivismo di attori terzi che possono facilmente riempire il vuoto creato dalle nostre indecisioni“. Nonostante non si possano “né creare scorciatoie, né diluire le riforme”, allo stesso tempo va evitato un circolo vizioso per cui l’assenza di una prospettiva europea concreta “rallenti o arresti il progresso dello Stato di diritto”, ha aggiunto Di Maio.
    Da parte dell’Italia c’è l’impegno per rivitalizzare il processo di allargamento, attraverso un “documento recentemente predisposto, con messaggi-chiave”. Il primo punto è lo sblocco dello stallo sull’adozione dei quadri negoziali con Albania e Macedonia del Nord. Il secondo passo, l’avanzamento nei negoziati con la Serbia, “in occasione della Conferenza intergovernativa di fine giugno”. L’UE non potrà permettersi di ignorare “quella che resta la domanda più forte che proviene dalla regione”, ha concluso il ministro italiano, con una nota sinistra: “Senza risultati sul fronte dell’allargamento, sarà difficile stabilizzare definitivamente la regione”.

    L’alto rappresentate duro con i ministri degli Esteri: “Non possono passare altri due anni prima che il Consiglio prenda una posizione sulla regione”. Rispetto dei confini, non si separano i dossier Albania-Macedonia del Nord e ripresa del dialogo Serbia-Kosovo entro fine giugno

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    Elezioni in Albania, Edi Rama festeggia il terzo mandato. L’UE invita a un “dialogo costruttivo tra tutte le forze politiche”

    Bruxelles – La Commissione elettorale centrale albanese domenica sera aveva avvertito: “Ci vorranno 48 ore per lo scrutinio”. E 48 ore sono servite per decretare la vittoria del Partito Socialista del premier uscente, Edi Rama, alle elezioni per il rinnovo del Parlamento nazionale. Nella capitale Tirana sono in corso i festeggiamenti per la riconferma di Rama alla guida del Paese per il terzo mandato consecutivo: un “record storico”, come lo ha definito lo stesso vincitore.
    Terminato lo scrutinio delle schede elettorali, il partito del premier socialista ha conquistato il 48,66 per cento dei voti, aggiudicandosi 74 seggi su 140 al Parlamento. Rama potrebbe contare anche sui 3 seggi ottenuti a sorpresa (con il 2,24 per cento delle preferenze, +1,3 rispetto alle elezioni del 2017) dal Partito Socialdemocratico (PSD), che si è detto disponibile a collaborare con i socialisti. Non è bastato l’exploit del Partito Democratico (PD) di Lulzim Basha, al 39,42 per cento (+10,58) per mettere in discussione il risultato delle urne, complice anche la disfatta del Movimento Socialista per l’Integrazione (LSI) di Monika Kryemadhi (moglie del presidente della Repubblica, Ilir Meta), crollato al 6,81 per cento (-7,47). All’opposizione andrebbero complessivamente 63 seggi al Parlamento, 59 al PD e 4 all’LSI.

    “La nostra grande vittoria ci impone l’obbligo di tendere ai democratici una mano di sincera collaborazione“, ha dichiarato Rama davanti ai suoi sostenitori, dopo aver dedicato buona parte del suo discorso alla necessità di voltare pagina nelle relazioni tra forze politiche. Negli ultimi due anni (da febbraio 2019) non è esistita opposizione parlamentare in Albania, dopo la decisione di PD e LSI di abbandonare l’Aula in segno di protesta per le accuse di corruzione del partito al governo e i sospetti di compravendita di voti alle elezioni del 2017. Il premier ha invitato gli sconfitti a “lasciare alle spalle le tensioni politiche”, per favorire un dialogo sulle questioni di interesse nazionale.
    Il leader del Partito Democratico d’Albania, Lulzim Basha
    Ma a corto giro è arrivata la dura replica del leader dell’opposizione Basha, che ha definito il risultato del voto “un massacro elettorale”. Secondo il frontrunner del PD, “siamo entrati in questa battaglia non contro un avversario politico, ma contro un regime“, che avrebbe fatto “di tutto per compromettere una corsa elettorale leale”. Il Partito Democratico non solo si è rivolto alla Commissione elettorale centrale per un riconteggio dei voti in tutti i seggi, ma ha anche chiesto la copia del materiale relativo al processo di voto e di scrutinio. “I nostri sforzi per fare valere la democrazia in Albania non sono bastati“, ha rincarato la dose Basha, sottolineando che attraverso il “furto dei dati personali dei cittadini, le minacce agli elettori e decine di migliaia di schede non valide”, Rama si sarebbe assicurato “la differenza di voti fra le parti”.
    La posizione dell’UE
    In una nota congiunta dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e del commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) ha riconosciuto “l’esercizio del voto democratico” del popolo albanese e si è congratulato “con tutti coloro che hanno contribuito a renderlo possibile”.
    Da sinistra, il commissario europeo per l’Allargamento, Olivér Várhelyi, e il premier albanese, Edi Rama
    Tuttavia, emerge preoccupazione per “l’uso improprio di risorse e funzioni statali da parte del partito al governo e di altri personaggi pubblici”, come evidenziato dagli osservatori sul campo. Le presunte irregolarità “dovrebbero essere portate rapidamente all’attenzione della Commissione elettorale centrale” e i casi “debitamente indagati, compreso l’acquisto di voti”. Borrell e Várhelyi hanno però incoraggiato “tutte le forze politiche a garantire il funzionamento efficace e democratico delle istituzioni del Paese”, a partire dal “rispetto dei risultati delle elezioni“.
    La prospettiva auspicata da Bruxelles è quella di un ingresso dell’Albania “nella fase successiva” del processo di adesione all’UE, “con la prima Conferenza intergovernativa per avviare i negoziati il ​​prima possibile”. Per raggiungere questo obiettivo, al nuovo governo albanese si chiede di “perseguire con determinazione il programma di riforme del Paese, in particolare sullo Stato di diritto“, senza che gli sforzi siano frenati dal periodo di transizione fino all’inaugurazione del nuovo Parlamento.

    Il primo ministro uscente e leader del Partito Socialista conquista il 48,6 per cento dei voti e 74 seggi su 140 al Parlamento nazionale. L’alto rappresentante UE Borrell preoccupato per “l’uso improprio di risorse statali” nel processo elettorale, ma chiede il “rispetto del risultato”

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    Brexit, il Parlamento Europeo ratifica accordo commerciale UE-Regno Unito. Sassoli: “Sia la base di un nuovo rapporto”

    Bruxelles – I latini avrebbero detto alea iacta est. Il dado è tratto, da qui non si torna indietro. Con una maggioranza pari a 660 voti a favore, 4 contrari e 32 astenuti, il Parlamento Europeo ha ratificato l’accordo commerciale e di cooperazione con il Regno Unito (TCA). In parallelo è arrivato anche il via libera alla risoluzione politica sulla valutazione e le aspettative del Parlamento, con 578 voti a favore, 51 contrari e 68 astenuti.
    Questo voto “può costituire la base su cui costruire una nuova relazione tra Unione Europea e Regno Unito“, ha dichiarato il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli. Nonostante il divorzio – che nel dibattito in Aula di ieri è stato definito dall’ex-capo negoziatore UE, Michel Barnier, “un segnale di allarme per un fallimento dell’Unione” – le due parti condividono ancora “legami, valori, storia e vicinanza geografica profondi e di lunga data”, ha aggiunto Sassoli. Per questo motivo, “è nell’interesse di tutti far funzionare questo nuovo rapporto“.
    La ratifica del Parlamento Europeo era necessaria per far sì che l’accordo raggiunto lo scorso 24 dicembre tra la Commissione Europea e il governo britannico entrasse in vigore in modo permanente. La scadenza dell’applicazione provvisoria del TCA, inizialmente fissata al 28 febbraio, sarebbe scaduta fra due giorni (venerdì 30 aprile), dopo la proroga concessa da Londra.
    Il presidente Sassoli ha fatto notare che, dal momento in cui “il Parlamento europeo è stato fortemente coinvolto durante i negoziati“, il testo dell’accordo commerciale riflette le richieste avanzate all’ex-capo negoziatore Barnier attraverso “una forte protezione per gli elevati standard sociali e ambientali dell’UE e l’accesso senza tariffe e quote per le imprese europee”. Secondo Sassoli, “Brexit significa maggiori disagi per cittadini e imprese”, anche se “questo accordo fa molto per mitigare conseguenze peggiori“.

    The agreement voted today lays the foundation for a new EU-UK relationship.
    It will not be as frictionless as what came before, but it is in all our interests to make it work.
    The @Europarl_EN will monitor closely to ensure that commitments made are kept https://t.co/wFvVXAHJJ4
    — David Sassoli (@EP_President) April 27, 2021

    Le considerazioni degli eurodeputati
    Nella valutazione del Parlamento Europeo sul TCA, gli eurodeputati hanno sottolineato come Brexit sia un “errore storico”, dal momento in cui nessun Paese terzo può godere degli stessi benefici di un membro UE. In ogni caso, è stato accolto favorevolmente l’accordo commerciale a zero quote e zero tariffe e le garanzie sulle regole per la concorrenza leale, “modello per futuri accordi commerciali”.
    Via libera anche alle disposizioni riguardanti la pesca, i consumatori, il traffico aereo, l’energia e la protezione dei dati. Ma i rappresentati del popolo europeo hanno “deplorato” il fatto che Downing Street non abbia voluto un’estensione anche alla politica estera, di sicurezza e di sviluppo, oltre a non aver confermato la propria partecipazione al programma di scambio di studenti Erasmus+.
    Crea preoccupazione l’escalation di tensione in Irlanda del Nord, motivo per cui il Parlamento ha condannato le recenti azioni unilaterali del Regno Unito, in violazione dell’Accordo di recesso e del protocollo sull’Irlanda del Nord. Per preservare la pace sull’isola d’Irlanda, al governo britannico è stato chiesto “di agire in buona fede e di attuare pienamente i termini degli accordi che ha firmato” e di applicarli secondo il calendario stabilito con la Commissione Europea.
    Infine, gli eurodeputati hanno sottolineato la necessità di svolgere “un ruolo rilevante nel monitoraggio dell’applicazione dell’accordo“, anche attraverso un coinvolgimento in possibili future azioni unilaterali dell’UE nell’ambito del TCA. Mentre il presidente Sassoli ha avanzato la proposta di “creazione di un’Assemblea parlamentare di partenariato per i membri del Parlamento Europeo e del Regno Unito”.

    Il via libera con 660 voti a favore, 4 contrari e 32 astenuti. La risoluzione sulle valutazioni e le aspettative degli eurodeputati definisce l’uscita di Londra dall’Unione “un errore storico”, ma riconosce i punti di forza per “mitigare conseguenze peggiori”

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    Transizione digitale, si rafforza la collaborazione UE-India su intelligenza artificiale e sicurezza informatica

    Bruxelles – La collaborazione digitale prende sempre più spazio all’interno del partenariato tra Unione Europea e India, attraverso un confronto più serrato su intelligenza artificiale, investimenti nei settori tecnologici all’avanguardia e lo sviluppo del calcolo ad alte prestazioni. Sono queste le linee di sviluppo del dialogo tra Bruxelles e Nuova Delhi, in vista del vertice UE-India del prossimo 8 maggio, nel tentativo dell’Unione di stringere rapporti con i partner mondiali che condividono gli obiettivi di un futuro verde, digitale e più equo.
    Durante la riunione del gruppo di lavoro congiunto sulle TIC (tecnologie dell’informazione e telecomunicazioni), alla presenza di Roberto Viola, direttore generale di DG Connect (Reti di comunicazione, contenuti e tecnologie), e di Ajay Prakash Sawhney, segretario del ministero indiano dell’Elettronica e dell’informatica, è stato concordato un piano per la creazione della task force congiunta sull’intelligenza artificiale (IA) e la necessità di raggiungere una forte sinergia nell’ambito digitale. I piani di collaborazione hanno spaziato dalle piattaforme digitali alla governance e protezione dei dati, fino alla sicurezza informatica e delle reti.
    In particolare, il rafforzamento del partenariato potrà essere raggiunto attraverso un Forum sugli investimenti digitali, che riunirà i leader del settore per promuovere impegni reciproci nella produzione industriale e per sfruttare i rispettivi punti di forza nell’economia digitale. La base di partenza potrebbe essere rappresentata da eventi per start-up e imprese europee e indiane, che aprano la strada a una conferenza di alto livello sugli investimenti digitali entro la fine del 2021.

    In vista del vertice del prossimo 8 maggio, Bruxelles e Nuova Delhi pianificano la creazione di una task force congiunta sull’IA e un Forum sugli investimenti digitali, con un focus su calcolo ad alte prestazioni, piattaforme online e protezione dei dati

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    Brexit, Parlamento vota su accordo commerciale, e dona standing ovation a Barnier: “Ma è stato un divorzio, attenti al futuro dell’Unione”

    Bruxelles – Standing ovation e una mano sul cuore. È un Parlamento Europeo unito nel ringraziamento per il lavoro svolto negli ultimi quattro anni da Michel Barnier, quello che ha salutato l’ultimo intervento in Aula dell’ex-capo negoziatore UE per la Brexit. Il riconoscimento è quello delle grandi occasioni: “Siamo arrivati alla fine di una lunga strada percorsa assieme”, ha esordito Barnier, rivolgendosi agli eurodeputati riuniti in sessione plenaria per votare la ratifica di quello che rappresenta la sintesi del suo impegno, l’accordo commerciale e di cooperazione con il Regno Unito (TCA). I risultati del voto del Parlamento UE, sia sul testo del TCA sia sulla valutazione e le aspettative degli eurodeputati, saranno annunciati domani (mercoledì 28 aprile) in mattinata.
    L’ex-capo negoziatore UE per la Brexit, Michel Barnier
    C’è una nota di rammarico nelle parole dell’ex-capo negoziatore UE nel definire la natura dell’accordo: “È un divorzio, cioè un segnale di allarme per un fallimento dell’Unione Europea“, soprattutto “nei confronti di quella maggioranza di cittadini britannici che hanno votato per uscirne”. Tuttavia, nello sforzo per costruire un “nuovo rapporto” con Londra basato sui diritti sociali e la protezione del Mercato unico, Barnier ha riconosciuto l’importanza dell’unità delle istituzioni europee: “Il Parlamento non si è mai smentito, ci ha sempre dato fiducia e questa è stata la nostra grande forza nel corso dei negoziati”.
    Una fiducia ribadita anche durante l’ultimo appuntamento del Parlamento UE per dibattere sul testo firmato dalla Commissione Europea il 24 dicembre dello scorso anno. “Oggi è la giornata per guardare in avanti“, ha commentato il relatore per la commissione Affari esteri, Andreas Schieder, raccomandando ai colleghi di votare a favore dell’accordo commerciale, “perché è il migliore scenario in questa situazione, la base per evitare un impatto negativo sui lavoratori, l’economia e l’ambiente”. Se è vero che “l’Unione Europea avrebbe voluto relazioni più strette” con la controparte, ora il Parlamento ha l’occasione per “fissare condizioni per un’equa concorrenza nel commercio, il rispetto degli standard sociali e ambientali e la cooperazione in materia di ricerca”. Gli ha fatto eco Christophe Hansen, relatore per la commissione Commercio internazionale, che ha parlato di un “compito spiacevole” nel dover approvare questo testo. In qualsiasi caso, “un voto a favore significherà rimanere vigili sull’attuazione dell’accordo“, che rappresenta “la polizza assicurativa rispetto a quanto concordato negli ultimi quattro anni”. Con un avvertimento all’esecutivo UE: “L’approvazione temporanea dell’accordo sulla Brexit non costituisca un precedente per il futuro“.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen
    Presente in aula anche la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che nel suo intervento ha sottolineato come non ci siano “risposte semplici a questo divorzio”. Tuttavia, “il sostegno del Parlamento è la base per il successo dell’intesa con il Regno Unito” e per questo motivo “garantiremo che sia coinvolto e informato costantemente sull’attuazione del TCA“. Il testo che l’Aula voterà oggi “è senza precedenti” e “rappresenta l’unità e la solidarietà europea nella protezione degli interessi dei nostri cittadini”, ma è anche “incisivo nel meccanismo di risoluzione delle controversie, che non esiteremo a utilizzare per garantire il rispetto dell’accordo, se necessario”, ha promesso la presidente von der Leyen.
    Da parte del Consiglio dell’UE, la segretaria di Stato portoghese per gli Affari europei e presidente di turno, Ana Paula Zacarias, ha condiviso le preoccupazioni sull’affidabilità del governo britannico e sulla situazione nell’Irlanda del Nord, acuita dalle tensioni tra le parti sul commercio nel mare d’Irlanda. “Ma sosteniamo la Commissione Europea per spingere Londra a rispettare tutte le clausole dell’Accordo di recesso”, ha rassicurato Zacarias. “Se il Parlamento darà l’assenso all’accordo commerciale, il Consiglio è pronto ad approvarlo“, per raggiungere “una relazione equa e onesta con il Regno Unito”.
    La discussione in Parlamento
    Negli interventi degli eurodeputati è stata raggiunta quasi l’unanimità nel ringraziare Barnier per l’impegno e i risultati raggiunti con il testo vagliato dal Parlamento. A partire dal presidente David Sassoli, che ha voluto ricordare il lavoro dell’ex-capo negoziatore negli ultimi anni per ottenere “un buon accordo per i cittadini europei” e gettare le basi “per un nuovo rapporto con il Regno Unito”.
    “Questo è l’ultimo passo giuridico della saga Brexit”, ha sottolineato il presidente del gruppo del PPE, Manfred Weber (PPE). “Daremo il nostro sostegno, come chiesto dalle commissioni INTA e AFET, perché offre un quadro chiaro, sicuro e prevedibile per le relazioni future“. Uno strumento “per confermare che di noi ci si può fidare”, e per “dimostrare gli errori del governo Johnson verso i cittadini, dall’esclusione dal programma Erasmus, alle violenze nell’Irlanda del Nord”. Sulla stessa linea d’onda la presidente del gruppo S&D, Iratxe García Pérez, che ha rivendicato con una punta d’orgoglio la capacità di “superare il tentativo di divide et impera di Londra e portare il nostro rapporto a un altro stadio”, grazie alla dimostrazione di “cosa possiamo fare quando siamo tutti uniti e coesi”.
    La presidente del gruppo S&D, Iratxe García Pérez
    Appoggio all’invito dei relatori Schieder e Hansen è arrivato anche dal gruppo Renew Europe: “Respingere il TCA ci porterebbe al no deal che abbiamo rifuggito“, ha dichiarato il vicepresidente Malik Azmani. “Vogliamo però che al Parlamento sia riconosciuto un ruolo-chiave nella sua attuazione”. Per il co-presidente del gruppo Verdi/ALE, Philippe Lamberts, “nessun accordo può sostituire l’appartenenza all’Unione, ma almeno protegge i nostri interessi”. L’eurodeputato belga ha richiamato la Commissione UE a “utilizzare ogni meccanismo a sua disposizione per imporre gli impegni” e a non cedere sulla protezione dei dati, dal momento in cui “il Regno Unito è campione nella sorveglianza dei cittadini”.
    Martin Schirdewan, co-presidente del gruppo della Sinistra, si è rammaricato per “non essere riusciti a convincere i cittadini britannici a rimanere nell’Unione”. Per questo motivo, “è tempo di dire basta alla politica che mette i cittadini dietro gli interessi di mercato”, ha avvertito l’europarlamentare tedesco, anche se ha riconosciuto la centralità degli standard ambientali e sociali nel testo dell’accordo. Anche da parte della destra di ECR sono arrivate parole di supporto: “Poniamo le basi per il rispetto dei patti e invitiamo la Commissione e il governo britannico a lavorare per gestire al meglio i controlli doganali”, ha commentato Geert Bourgeois. Secondo l’eurodeputato di ECR, “dobbiamo trarre una lezione, cioè che la risposta alla Brexit è un’Europa migliore, in cui gli Stati possano mantenere la propria identità”.
    Il vicepresidente del gruppo ID, Nicolas Bay
    Durissima invece la posizione di Nicolas Bay, vicepresidente del gruppo ID: “È arrivato il momento del bilancio, che ci ha dimostrato come Bruxelles abbia lavorato per annullare nei fatti il risultato di un referendum popolare”. Inoltre, nel momento in cui ci si è seduti al tavolo dei negoziati, “abbiamo ceduto su tutti i punti e ora non potremo fare marcia indietro“. La voce fuori dal coro ha attaccato la Commissione UE – in particolare per aver “sacrificato i nostri interessi sulla pesca” – ma ha anche definito lo stesso Parlamento di essere diventato “una cassa di risonanza per decisioni altrui, quando la Brexit ha messo in dubbio le prospettive europee”.
    Le reazioni italiane
    Gli interventi degli eurodeputati italiani hanno ricalcato la linea dei rispettivi gruppi parlamentari, con focus su alcuni dettagli o implicazioni dell’accordo. Dal Partito Democratico, Paolo De Castro (S&D) ha sottolineato che “l’Unione ha saputo ripartire con slancio nuovo”, per un futuro “più sostenibile e che vada oltre gli interessi nazionali”. Nonostante il “rischio per la democrazia” rappresentato dalla firma all’ultimo minuto del TCA, “ne è valsa la pena, perché il testo presenta elementi innovativi per la futura collaborazione commerciale”. Per il forzista Massimiliano Salini (PPE), “l’origine di questa sfida è stata la cattiva interpretazione della prospettiva europea di un Paese che rivendica l’autonomia”. C’è rammarico per non aver dato spazio a “un’intesa su politica estera e difesa”, ma “fortunatamente abbiamo un accordo e non una rottura violenta”, ha ribadito Salini.
    Da parte del Movimento 5 Stelle, è stata posta l’attenzione sulla “chiarezza che viene portata a cittadini e imprese”, ha spiegato Tiziana Beghin. L’annuncio dell’approvazione del testo è stato però accompagnato da qualche riserva sui “grandi assenti” dell’accordo: “Il nodo delle qualifiche professionali, per garantire la mobilità dei professionisti europei”, ma anche “i servizi, la protezione dei dati personali e l’aggiornamento automatico della lista di indicazioni geografiche protette”. Raffaele Fitto, co-presidente del gruppo ECR, ha rivelato che “il voto calendarizzato in questa sessione plenaria non era scontato, ma era importante per mettere fine a ogni incertezza”. Per l’eurodeputato in quota Fratelli d’Italia, nell’attuazione dell’accordo “servirà il coinvolgimento del Parlamento Europeo, in qualità di co-legislatore“.
    Ancora più severo rispetto al vicepresidente Bay è stato l’eurodeputato di ID in quota Lega, Antonio Maria Rinaldi: “Quante bugie ho sentito sulla Brexit, da chi non ha compreso che il Regno Unito ha preso in mano il proprio destino”. Nel suo attacco, Rinaldi ha toccato il tema dei ritardi europei nella campagna di vaccinazione e dell’erogazione dei fondi del Recovery Fund: “Questa doveva essere l’occasione per rivedere tutto ciò che non va nell’Unione. Sarò io a chiedere scusa ai cittadini britannici”, ha concluso l’intervento l’europarlamentare italiano.

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    Commercio con la Cina, Okonjo-Iweala (WTO) a Dombrovskis: “Servono più tavoli di discussione”

    Bruxelles – Nei rapporti commerciali con la Cina, la lezione alla Commissione europea arriva direttamente dalla direttrice dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) Ngozi Okonjo-Iweala. Per convincere Pechino a commerciare alle stesse condizioni con cui lo fanno le economie di libero mercato serve un approccio costruito “in maniera adeguata”, che le dimostri soprattutto “di non essere presa di mira”. Altrimenti “quello che si ottiene dalla Cina sono solo le resistenze”.
    Un messaggio chiaro, quello giunto alle orecchie del vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis durante un evento dedicato alle politiche commerciali dell’Unione Europea, e rivolto mentre in un confronto si parlava di come affrontare il problema degli ingenti sussidi dal governo cinese alle imprese nazionali, colpevoli di distorcere la concorrenza internazionale e di limitare l’accesso ai mercati. “Comprendo come gli altri membri della WTO siano preoccupati di come questo possa creare una disparità di condizioni”, ha continuato Okonjo-Iweala. “Ma questioni del genere rimarcano quanto sia necessario aprire tavoli di discussione, solo così la Cina potrà rendersi conto dell’impatto negativo delle sue politiche commerciali”. La parola d’ordine è quindi “coinvolgere la Cina” e farlo senza usare l’Organizzazione Mondiale del Commercio “come arma con il secondo fine di risolvere problemi politici”, ha esplicitamente affermato l’economista nigeriana.
    Ma Dombrovskis ha lasciato intendere di non voler abbandonare un approccio difensivo. “Le relazioni con la Cina sono sbilanciate”, ha detto il commissario spiegando come questo abbia giustificato la stipulazione dell’ultimo accordo commerciale con Pechino firmato a fine 2020. L’UE vuole difendersi per eventuali violazioni degli accordi e soprattutto vuole considerare le trattative con il governo di Xi Jinping “nell’ambito del più ampio sistema di relazioni con la Cina”, ha detto riferendosi alle ultime schermaglie in tema di sanzioni registratesi tra Bruxelles e Pechino. Insieme al multilateralismo, però, l’Unione Europea non ha intenzione di rinunciare alla carta interna per proteggere i propri interessi (attualmente si sta mettendo mano al regolamento UE di applicazione delle norme commerciali).
    È ancora all’UE che Okonjo-Iweala si rivolge quando lamenta che “il nazionalismo dei vaccini non funziona”. La numero uno della WTO ha ringraziato la Cina, l’India e l’UE stessa per gli sforzi fatti nell’esportare una buona parte delle dosi prodotte sui loro territori, ma si è detta anche “profondamente dispiaciuta” del meccanismo istituito a livello europeo per controllare le esportazioni di vaccini al fine di salvaguardare i contratti firmati con le cause farmaceutiche. “Capiamo la scelta politica ma dobbiamo dire ai cittadini che è nel loro interesse condividere che i Paesi a basso reddito non aspettino per troppo tempo in fila per accedere ai vaccini”, ha continuato Okonjo-Iweala lanciando un appello a Gran Bretagna e Stati Uniti, che invece hanno destinato alla somministrazione interna quasi la totalità delle dosi prodotte sui loro territori. Secca la risposta di Dombrovskis: “L’Unione Europea sta rispettando i suoi impegni internazionali e attualmente è il primo esportatore di vaccini al mondo, ma dobbiamo assicurarci che i nostri contratti vengano rispettati”.
    C’è invece sintonia tra i due sul tema della sospensione dei brevetti sui vaccini scelta che permetterebbe a tutti di accedere con più facilità al know-how necessario per la produzione del siero anti COVID. “L’obbligo per le aziende farmaceutiche di cedere le loro licenze, reso possibile dalle deroghe all’accordo internazionale sulla proprietà intellettuale TRIPs, deve essere accompagnato da un aumento della capacità produttiva nelle aree dove si vuole intervenire”, ha affermato Okonjo-Iweala. L’obiettivo però è anche quello di assicurarsi che una mossa simile “non disincentivi la produzione dei vaccini che servono per il futuro”.
    Dombrovskis ha infine dedicato un’ultima osservazione all’accordo commerciale con la Gran Bretagna sulla Brexit. “È sicuramente una soluzione migliore rispetto a un ‘no deal’, ma non abbiamo ancora visto gli effetti a lungo termine”, ha commentato. “Lo scambio di beni e servizi non sarà più senza intoppi come lo era con la Gran Bretagna nell’unione doganale e imprese e consumatori dovranno imparare a orientarsi con le nuove procedure e con i nuovi costi”.

    L’Unione Europea cerca da tempo un accordo con Pechino per convincerla ad allinearsi alle normative occidentali in materia di aiuti di Stato. Tra i temi toccati nel confronto con la direttrice generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio anche la sospensione dei brevetti sui vaccini

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    Elezioni in Albania, socialisti verso la vittoria. Critiche dall’UE per “l’interferenza al voto” dal Kosovo

    Bruxelles – Se la tradizione delle urne in Italia dice che dopo il voto tutti hanno vinto e nessuno ha perso, nei Paesi dei Balcani occidentali vale invece un altro uso: non c’è elezione che non sia accompagnata da polemiche su interferenze esterne. Meglio ancora, che non coinvolga in qualche modo i due vicini più problematici della regione: Serbia e Kosovo. In questo modo si può leggere anche la tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento albanese che si è svolta ieri (domenica 25 aprile).
    Il premier dell’Albania, Edi Rama, e la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen (2020)
    Scrutinato più di un terzo delle schede elettorali, il Partito Socialista del primo ministro in carica, Edi Rama, si sta proiettando vincitore con il 49,3 per cento dei voti: risultato che gli consentirebbe di guidare il Paese per la terza legislatura consecutiva (dal 2013). Il diretto avversario, il Partito Democratico di Lulzim Basha, si fermerebbe al 38,8 per cento delle preferenze: una crescita di 10 punti percentuali rispetto alle elezioni di quattro anni fa, ma non ancora sufficiente per scalzare i socialisti dal governo. La Commissione elettorale centrale albanese ha però fatto sapere che per completare il processo di conteggio delle schede ci potrebbero volere “anche 48 ore” (a partire dalla chiusura dei seggi alle ore 19 di ieri) e ha invitato a “mantenere la calma” fino a quando i risultati non saranno ufficiali.
    La vigilia delle elezioni è stata caratterizzata da tensioni in tutto il Paese e da episodi di violenza nella città di Elbasan, alimentati da un clima politico particolarmente teso negli ultimi anni. Nel febbraio del 2019 l’opposizione albanese aveva deciso di abbandonare il Parlamento in segno di protesta per le accuse di corruzione del Partito Socialista al governo e i sospetti di compravendita di voti alle elezioni del 2017. Il risultato è stato un aumento delle divisioni interne su temi-chiave per lo sviluppo del Paese e le prospettive europee, come la riforma elettorale, l’emigrazione, la lotta alla corruzione e alle interferenze nei media e le politiche di occupazione.
    Parlando alla nazione dopo la chiusura delle urne, il presidente della Repubblica, Ilir Meta, ha annunciato che “è l’Albania ad aver vinto in questo processo storico”, richiamando “la straordinaria responsabilità” degli scrutatori per “concluderlo in modo dignitoso”. Il presidente della Repubblica ha poi rassicurato i concittadini che “il risultato non sarà distorto né influenzato da nessuno“. Un riferimento al tema che nella giornata di ieri ha sollevato polemiche non solo nella regione, ma anche a Bruxelles.
    “L’interferenza” kosovara
    A infuocare la domenica elettorale albanese è stata la partecipazione al voto del neo-premier del Kosovo, Albin Kurti. Il leader del partito della sinistra nazionalista Vetëvendosje (Autodeterminazione), vincitore delle elezioni del 14 febbraio scorso, si è potuto recare alle urne nel Paese “straniero” in virtù della sua appartenenza etnica albanese, che gli ha anche permesso di presentare tre candidati del suo partito Vetëvendosje in Albania.
    Il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti
    Accompagnato dal candidato nella regione di Tirana, Boiken Abazi, il premier kosovaro ha invitato “tutti i cittadini albanesi” a “rispettare la nostra patria, facendo la scelta migliore secondo i propri principi e valori“. Parlando alla stampa, Kurti ha definito l’appuntamento di ieri “un giorno di democrazia” non solo per i cittadini della Repubblica di Albania, ma anche per i quasi due milioni di “albanesi della diaspora”, i gruppi etnici che vivono soprattutto in Kosovo e Macedonia del Nord, ma anche negli altri Paesi della penisola o nel resto del mondo. Da più di un mese il leader nazionalista kosovaro li ha invitati a recarsi alle urne in Albania (dal momento in cui la legge elettorale non contempla il voto ai cittadini che risiedono all’estero), per “realizzare un cambiamento” contro i partiti tradizionali, socialisti del premier Rama in primis.
    Da Bruxelles, una critica feroce è arrivata dalla relatrice sul Kosovo per il Parlamento Europeo, Viola von Cramon-Taubadel (Verdi/ALE): “È una cosa inaccettabile“, ha tuonato. L’eurodeputata tedesca ha commentato su Twitter di non riuscire a capacitarsi della decisione: “Da una parte, tutti in Kosovo si lamentano dell’ingerenza della Serbia e del presidente Aleksandar Vučić, mentre dall’altra parte il premier kosovaro va a votare in un Paese vicino”.

    I cannot understand what this is all about. On one hand everyone in Kosovo complains about interference from Serbia or from President @avucic himself but on the other hand here does the PM of #Kosovo even vote in a neighbouring state. Not acceptable. At least not for me. https://t.co/J3ndibX1qq
    — Viola von Cramon (@ViolavonCramon) April 25, 2021

    Ed è stato proprio il presidente serbo Vučić a rincarare la dose, dopo essere arrivato ieri nella capitale belga per partecipare a una due-giorni di incontri con i vertici delle istituzioni europee (in programma ieri e oggi). “Nonostante per la nostra Costituzione Pristina faccia parte della Serbia, immaginate se fossi andato io a votare in una qualche località in Kosovo”, ha dichiarato alla stampa: “Sarebbe stato uno scandalo a livello mondiale”. Secondo il presidente serbo, “quello lanciato da Kurti è uno dei suoi tanti messaggi nazionalisti“, che spaziano “dall’unificazione del Kosovo con l’Albania alla richiesta di risarcimenti di guerra alla Serbia”.
    Coinvolti in un complesso dialogo mediato dall’Unione Europea – che recentemente ha coinvolto anche la distribuzione di vaccini anti-COVID – i leader di Serbia e Kosovo saranno entrambi ospiti a Bruxelles nel corso di questa settimana. Vučić completerà oggi il tour de force con Commissione (la presidente, Ursula von der Leyen, l’alto rappresentate UE, Josep Borrell, il commissario per l’Allargamento, Olivér Várhelyi, e il rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák), Consiglio (il presidente Charles Michel) e il Parlamento Europeo (il relatore sulla Serbia, Vladimír Bilčík). Per mercoledì (28 aprile) è previsto invece l’arrivo del premier Kurti, che discuterà con i rappresentanti dell’UE del nuovo approccio kosovaro al dialogo con la controparte. In attesa della ripresa dei colloqui di alto livello, fermi all’incontro del 7 settembre dello scorso anno: questa settimana avrebbe potuto rappresentare l’occasione della svolta, ma per la tensione in aumento negli ultimi mesi, rischia di essere invece l’ennesima occasione persa.

    Il partito del primo ministro Rama virtualmente primo, ma la commissione elettorale avverte che “potrebbero volerci 48 ore” per lo scrutinio. Scoppia la polemica sul coinvolgimento del premier kosovaro Kurti, che ha sfruttato la carta etnica (albanese) per recarsi alle urne