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    L’UE cerca di ritagliarsi un ruolo credibile nel rispondere alle minacce della Russia “in Ucraina e nel mondo”

    Bruxelles – La crisi in Ucraina va oltre l’Ucraina. “Stiamo discutendo intensamente dell’architettura della sicurezza europea, perché la Russia rappresenta una minaccia ormai su diversi fronti“, ha spiegato così l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, la posizione dei ministri UE della Difesa durante il vertice informale in corso a Brest (Francia).
    La ministra francese delle Forze armate e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Florence Parly (13 gennaio 2022)
    C’è il fronte dello spazio e della sicurezza informatica, della stabilità del continente e della presenza di mercenari russi in Mali e nella Repubblica Centroafricana (dell’entità militare privata Wagner, sanzionata dall’UE a dicembre). “Sono tutte facce diverse dello stesso problema, che dimostrano cosa succede se non siamo in grado di coordinare azioni concrete e decise a livello europeo“, ha aggiunto con forza la ministra francese delle Forze armate e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Florence Parly.
    Quello che certo è che in questo momento la situazione al confine orientale dell’Ucraina è al centro delle preoccupazioni dell’Unione. L’alto rappresentante Borrell ha riferito alla stampa di aver aggiornato i ministri sulla sua visita della settimana scorsa, “la prima fatta sulla linea di contatto nel Donbass da quando è scoppiato il conflitto nel 2014”, durante la quale ha ribadito al governo di Kiev il “completo e inequivocabile supporto dell’UE alla sovranità e all’integrità territoriale del Paese”. Nonostante sia iniziato ieri (mercoledì 12 gennaio) un “incoraggiante dialogo” tra NATO e Russia, la posizione di Bruxelles rimane sempre la stessa dall’ultimo Consiglio UE di metà dicembre: “Siamo pronti a prenderci ogni responsabilità di risposte severe, se Mosca si azzarda a far seguito alle minacce potenziali con azioni concrete”, ha tagliato corto la ministra Parly.
    L’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell (13 gennaio 2022)
    L’UE cerca di ritagliarsi un ruolo credibile a partire da questo scenario, sia con “una proposta sul tavolo dei ministri per rafforzare la capacità logistica e la formazione dei quadri dell’esercito ucraino”, sia rimanendo in “costante contatto con gli Stati Uniti“, ha messo in chiaro Borrell: “Non siamo stati lasciati da parte, anche il segretario di Stato, Anthony Blinken, mi ha confermato che con la Russia non sarà trovato nessun accordo sulla sicurezza del continente senza la presenza europea ai negoziati”.
    Ma la crisi in Ucraina ha permesso ai ministri UE di allargare la discussione ad altri scenari in cui dovrà essere rafforzata la presenza dell’Unione contro le minacce portate dalla Russia. Come per esempio nello spazio, dove i “comportamenti irresponsabili in uno scenario di competizione quasi deregolamentato” impone una discussione sulla Strategia per la sicurezza e la difesa dello spazio. “Grazie all’impegno della presidenza francese oggi abbiamo avuto il primo confronto, ma dovrà essere ultimata entro l’anno prossimo“, ha fissato l’obiettivo l’alto rappresentante Borrell.
    Un ultimo punto sul tavolo dei ministri UE della Difesa è l’adozione della Bussola strategica per la sicurezza e la difesa, con la data per l’approvazione fissata da tempo a marzo di quest’anno: “È stata una discussione proficua su una proposta ambiziosa e concreta“, ha sottolineato la titolare della Difesa francese. “Dobbiamo solo aggiustare insieme i dettagli sugli orientamenti pratici per affrontare tutte le minacce che abbiamo di fronte a noi”, ha concluso.

    Al vertice informale dei ministri UE della Difesa a Brest è stato discusso il ruolo dell’Unione nel dialogo internazionale con Mosca per la de-escalation sul confine ucraino. Ma anche come rafforzare la sicurezza europea con “azioni coordinate”

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    Il sostegno UE alle riforme sullo Stato di diritto nei Balcani Occidentali è stato “largamente insufficiente”

    Bruxelles – La rotta è giusta, ma quanto fatto finora non è abbastanza. Si può riassumere così la valutazione della Corte dei Conti Europea sul sostegno UE alle riforme per lo Stato di diritto nei Balcani Occidentali. Secondo la relazione speciale pubblicato oggi (lunedì 10 gennaio) gli interventi dell’Unione Europea hanno avuto un impatto “largamente insufficiente” su questo aspetto fondamentale del cammino dei sei Paesi balcanici (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia) verso l’adesione all’UE.
    La verifica della Corte dei Conti Europea era iniziata nel gennaio dello scorso anno, con l’obiettivo di analizzare se il supporto europeo fosse stato progettato in modo appropriato, se fosse stato utilizzato “coerentemente per affrontare le questioni-chiave” e se avesse portato a miglioramenti “concreti e sostenibili”.
    Nonostante sia stato riconosciuto lo sforzo di Bruxelles nell’accelerare le riforme fondamentali per il rafforzamento dello Stato di diritto nei Balcani (separazione dei poteri, procedure legislative trasparenti e democratiche, certezza giuridica, controllo giurisdizionale efficace, indipendenza e imparzialità dei giudici, uguaglianza davanti alla legge), hanno pesato in questo contesto “l’insufficiente volontà politica e lo scarso impegno” delle istituzioni nazionali nell’affrontare “problemi persistenti” come la concentrazione del potere, le ingerenze politiche e la corruzione.
    Il contributo dell’UE ai Paesi balcanici è prima di tutto finanziario, rappresentando il principale donatore a livello globale per lo sviluppo economico della regione. Oltre al Piano economico e di investimenti da 29 miliardi di euro presentato dalla Commissione UE nell’ottobre del 2020, l’assistenza finanziaria dell’UE viene garantita grazie allo strumento di assistenza pre-adesione (IPA). Nel periodo 2014-2020 sono stati stanziati circa 12,8 miliardi di euro attraverso IPA II – di cui 700 milioni per sostenere lo Stato di diritto e i diritti fondamentali nei Balcani Occidentali – mentre a partire dallo scorso anno (fino al 2027) è attivo IPA III con una dotazione di 14,2 miliardi. Tuttavia, tra sovvenzioni, sostegno al bilancio, assistenza tecnica e scambio di informazioni, questo sostegno non è stato considerato sufficiente dalla Corte dei Conti UE e soprattutto “il suo impatto non è stato rigorosamente monitorato“.
    Dotazione finanziaria bilaterale IPA II per lo Stato di diritto e i diritti fondamentali (2014-2020)
    La cartina tornasole è l’aggravamento delle forme di autoritarismo nei sei Paesi balcanici negli ultimi dieci anni, proprio in corrispondenza dell’erogazione dei fondi attraverso gli strumenti IPA e nonostante i “progressi formali compiuti verso l’adesione all’UE” (i negoziati sono stati aperti solo con Serbia e Montenegro, mentre Macedonia del Nord e Albania sono bloccate dal veto della Bulgaria in seno al Consiglio dell’UE). Citando il rapporto 2021 dell’ONG Freedom House, la Corte dei Conti Europea ha sottolineato che “i governi dei Balcani Occidentali sono riusciti a combinare un impegno formale per la democrazia e l’integrazione europea con pratiche autoritarie informali” e che, fatta eccezione per la Macedonia del Nord, sul rispetto dello Stato di diritto “tutti questi Paesi presentano una tendenza stabile o addirittura in regresso”.
    Preoccupano le forme di corruzione che impediscono ai sistemi giudiziari di indagare, perseguire e sanzionare in modo efficace, che creano monopoli in settori strategici e che mettono a repentaglio la libertà di espressione: non a caso quest’ultimo è l’ambito in cui sono stati registrati meno progressi in tutti e sei i Paesi balcanici. Oltre alla mancanza di volontà politica interna, un altro fattore del giudizio della Corte con sede in Lussemburgo è legato al fatto che “l’UE si è avvalsa troppo di rado della possibilità di sospendere l’assistenza nel caso in cui un beneficiario non osservi i princìpi fondamentali della democrazia, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani”. La Corte dei Conti Europea ha avvertito che “se l’azione dell’Unione sembra aver contribuito alle riforme, è perché le comunicazioni a riguardo tendono a concentrarsi sui dati quantitativi relativi alle realizzazioni e non abbastanza su quello che le riforme hanno effettivamente conseguito“.
    “I modesti progressi compiuti negli ultimi 20 anni mettono a rischio la sostenibilità complessiva del sostegno fornito dall’UE nell’ambito del processo di adesione”, ha commentato Juhan Parts, membro della Corte dei Conti Europea e responsabile della relazione speciale. “Le riforme costanti perdono di credibilità se non conducono a risultati tangibili“, ha aggiunto. Per questo motivo è stato raccomandato alla Commissione UE e al Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) di rafforzare il meccanismo per promuovere le riforme fondamentali, di intensificare il sostegno alle organizzazioni della società civile e ai media indipendenti nei singoli Paesi dei Balcani Occidentali e, nell’ambito dello strumento IPA III, di rafforzare sia il ricorso alla condizionalità sullo Stato di diritto sia la rendicontazione e il monitoraggio dei progetti finanziati da Bruxelles.

    Lo evidenzia una relazione della Corte dei Conti UE, che sottolinea sia la mancanza di volontà politica dei governi nazionali, sia il fatto che l’UE non abbia quasi mai sospeso l’assistenza finanziaria in caso di palesi violazioni

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    L’UE pronta a “misure senza precedenti” contro la Russia se violerà la sovranità dell’Ucraina. Si lavora su nuove sanzioni

    Strasburgo – Nel giorno del sesto vertice UE-Partenariato orientale a Bruxelles (con Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldavia e Ucraina), dall’emiciclo del Parlamento Europeo è arrivato un duro avvertimento alla Russia e al suo atteggiamento aggressivo nei confronti della regione: “Siamo pronti a un aumento delle sanzioni già esistenti e a misure senza precedenti, se non cambierà atteggiamento”. La minaccia questa volta è arrivata direttamente dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, che ha promesso “una serie di sanzioni economiche che mirano al settore finanziario, energetico e militare“, nel caso in cui si concretizzi l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, alla sessione plenaria del Parlamento UE (15 dicembre 2021)
    Durante il suo intervento alla sessione plenaria dell’Eurocamera, la presidente von der Leyen ha ribadito la richiesta al presidente russo, Vladimir Putin, di “rispettare gli impegni internazionali” e di “relazioni distese con i Paesi vicini e con l’Unione”, come già aveva fatto l’alto rappresentante UE per gli Affari Esteri, Josep Borrell, lunedì (13 dicembre) annunciando le sanzioni all’entità militare privata russa Wagner. In caso contrario, “la Russia dovrà affrontare costi massicci se aggredirà l’Ucraina, abbiamo lavorato in questo senso anche con i nostri partner degli Stati Uniti”, ha aggiunto von der Leyen, ricordando che “l’Unione Europea è impegnata nel rispetto della sovranità e dell’integrità del Paese“.
    Oltre all’accumulo di soldati lungo il confine orientale dell’Ucraina, la Russia “sta cercando di destabilizzare Kiev anche dall’interno”, ha avvertito la presidente della Commissione UE. Ma non solo: “Vediamo un tentativo sfacciato di intimidire la Moldavia, esercitando pressioni sui prezzi del gas“, oltre a “giocare un ruolo non secondario nel tentativo del regime bielorusso di destabilizzare l’Unione attraverso la strumentalizzazione dei flussi migratori per motivi politici”. A questo proposito la leader dell’esecutivo UE ha rivendicato che “questo tentativo è fallito, perché abbiamo messo in moto la macchina dell’assistenza umanitaria e introdotto sanzioni efficaci” contro il regime di Alexander Lukashenko.
    Prendendo parola durante il dibattito tra gli eurodeputati, il presidente del gruppo del PPE, Manfred Weber, ha parlato senza mezzi termini di “guerra a est“. Tuttavia, “questo non è un mezzo legittimo per la risoluzione delle crisi, come sta facendo Putin dalla Siria alla Crimea, fino ai Balcani Occidentali”. L’eurodeputato tedesco ha ricordato l’importanza del vertice Biden-Putin della settimana scorsa, anche se “non va bene che si negozi il futuro dell’Europa, senza che alcun europeo sia presente al tavolo dei negoziati”. Ecco perché “siamo chiamati ad agire e presentare il conto alla Russia“, se continuerà a seguire la strada dell’aggressione all’Ucraina”.
    Il capo-delegazione del Partito Democratico, Brando Benifei (S&D)
    Secondo la presidente del gruppo degli S&D, Iratxe García Pérez, “Putin gioca a scacchi per recuperare le pedine perse dopo la fine dell’Unione Sovietica”, ricordando la discussione di apertura di questa sessione plenaria a Strasburgo. “Non possiamo permettere intimidazioni ai Paesi vicini, perché non è in gioco solo la sovranità dell’Ucraina, ma anche l’intero progetto di integrazione europea“, ha aggiunto l’eurodeputata spagnola. Il collega di gruppo politico e capo-delegazione del Partito Democratico, Brando Benifei, si è invece concentrato sulla “situazione intollerabile” sul fronte Bielorussia-Polonia, condannando sia Lukashenko e il supporto russo, sia “la politica di muri e deroghe al diritto di asilo” mostrata dall’Unione Europea.
    Dalle fila di Renew Europe Valérie Hayer ha ricordato “l’urgenza di autonomia strategica“, visto che “la dissuasione non ha funzionato da quando la Crimea è stata invasa impunemente”. Il presidente del gruppo di ID, Marco Zanni (Lega), ha sottolineato con forza che “l’alleanza transatlantica è il perno della nostra risposta ai regimi antidemocratici”, mentre Raffaele Fitto (Fratelli d’Italia), co-presidente del gruppo di ECR, ha chiesto una “risposta forte e chiara contro chi cerca di destabilizzarci sul fronte orientale, con una più stretta cooperazione con la NATO”.

    L’avvertimento della presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen: “Difendiamo l’integrità territoriale di Kiev, possiamo aumentare le sanzioni contro settore finanziario, energetico e militare russo

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    Condannato a 18 anni il marito della leader dell’opposizione bielorussa Tsikhanouskaya. L’UE: “È un processo farsa”

    Strasburgo – Non si è fatta attendere la risposta dell’Unione Europea alla condanna a 18 anni di prigione per Siarhei Tsikhanouski, marito della leader dell’opposizione bielorussa e presidente ad interim riconosciuta dall’Unione, Sviatlana Tsikhanouskaya. “Queste sentenze sono esempi delle accuse infondate contro i cittadini della Bielorussia che hanno esercitato il loro diritto di espressione e chiesto elezioni libere ed eque”, ha puntato il dito contro il regime di Alexander Lukashenko l’alto rappresentante UE per gli Affari Esteri, Josep Borrell. “Queste sentenze fanno parte della continua repressione brutale e sistematica di tutte le voci indipendenti nel Paese”, ha puntualizzato Borrell.
    Tsikhanouski, blogger e attivista pro-democrazia, era stato imprigionato il 29 maggio dello scorso anno, con l’obiettivo di impedirgli di partecipare alla campagna elettorale per le presidenziali contro l’attuale dittatore Lukashenko. Oggi (martedì 14 dicembre) nella città di Homiel è stato condannato insieme ad altri cinque prigionieri politici “con dubbie accuse di preparazione di disordini di massa e incitamento all’odio in un processo a porte chiuse”, si legge in una nota del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE).
    “L’UE ribadisce la sua richiesta di rilascio immediato e incondizionato di tutti i 920 prigionieri politici in Bielorussia”, ha aggiunto l’alto rappresentante Borrell. Oltre ai cinque pacchetti di sanzioni già in atto nei confronti del regime di Lukashenko, “l’UE considera ulteriori misure restrittive“. Da Strasburgo il presidente del Parlamento UE, David Sassoli, ha condannato “questo processo farsa e le sentenze politicamente motivate” in Bielorussia. “Ci schiereremo sempre contro la repressione di Lukashenko e sosterremo coloro che lottano per un Paese libero e democratico. Siamo con voi”, ha promesso Sassoli.

    The @Europarl_EN condemns this sham trial and the politically motivated sentences.
    We will always speak out against Lukashenko’s repression and support those fighting for a free and democratic Belarus.
    We stand with you. https://t.co/pOtgpRDCX5
    — David Sassoli (@EP_President) December 14, 2021

    Diciotto anni di prigione per Siarhei Tsikhanouski, accusato di “preparazione di disordini di massa e incitamento all’odio”. L’alto rappresentante UE Borrell ha anticipato che Bruxelles considererà “ulteriori sanzioni al regime Lukashenko”

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    L’UE approva quinto pacchetto di sanzioni contro Bielorussia in concerto con Stati Uniti: colpita anche la compagnia aerea Belavia

    Bruxelles – È arrivato il via libera del Consiglio dell’UE al quinto pacchetto di sanzioni contro la Bielorussia e da oggi (giovedì 2 dicembre) altre 17 persone e 11 entità vicine al regime di Alexander Lukashenko saranno colpite dalle misure restrittive dell’Unione Europea. La decisione è stata presa in concerto con i partner degli Stati Uniti, come annunciato dalla portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki.
    Membri della Corte Suprema della Bielorussia, canali di propaganda del regime, funzionari politici, compagnie aeree, tour operator e hotel sono stati inseriti nel nuovo pacchetto di sanzioni, che ha messo al centro la strumentalizzazione delle persone migranti alla frontiera con l’UE. L’intesa politica a Bruxelles era stata raggiunta lo scorso 15 novembre e dopo due settimane e mezzo di lavori sono stati individuati i soggetti da sottoporre al regime restrittivo. Tra questi anche la compagnia aerea di bandiera Belavia, finita nella lista nera dell’UE per essersi resa complice della tratta di esseri umani dai Paesi di origine delle persone migranti verso Minsk (poi trasportate dalle autorità bielorusse ai confini con Polonia e Lituania).
    La decisione di oggi porta a 183 gli individui e 26 le entità colpite dalle sanzione UE, tutti ritenuti responsabili della repressione della società civile, dell’opposizione democratica, dei media indipendenti e dei giornalisti e del contributo all’organizzazione di attraversamenti illegali delle frontiere UE. Le persone fisiche sono soggette a congelamento dei beni e divieto di viaggio, mentre a cittadini e imprese dell’Unione è vietato mettere fondi a loro disposizione.
    “Questa cinica strategia di sfruttamento delle persone vulnerabili è un tentativo ripugnante di sviare l’attenzione dal continuo disprezzo del regime per il diritto internazionale, le libertà fondamentali e i diritti umani in Bielorussia“, ha dichiarato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. “L’UE è unita nell’affrontare questa sfida e sta usando tutti gli strumenti a sua disposizione”, ha aggiunto Borrell, sottolineando che “questo quinto round di sanzioni è un altro esempio della nostra determinazione ad agire quando i diritti umani vengono violati”.
    Da Washington, la portavoce della Casa Bianca ha ribadito che le sanzioni statunitensi sono “anche in risposta allo spietato sfruttamento da parte del regime di Lukashenko dei migranti vulnerabili” da Paesi terzi. L’obiettivo sarebbe quello di “orchestrare il loro traffico lungo i confini con gli Stati europei”, ha aggiunto Psaki.

    Nel nuovo aggiornamento delle misure restrittive approvato dal Consiglio dell’UE contro il regime di Lukashenko compare anche la compagnia di bandiera per “strumentalizzazione delle persone migranti”

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    Il Global Gateway da 300 miliardi di euro è la risposta UE alla Belt and Road Initiative della Cina e alle sfide globali

    Bruxelles – Si chiama Global Gateway e mobiliterà fino a 300 miliardi di euro in investimenti tra il 2021 e il 2027: è questa la risposta dell’UE alla Belt and Road Initiative della Cina (quella che in Italia è conosciuta anche con il nome di Nuova via della seta), la nuova strategia europea per “promuovere collegamenti intelligenti, puliti e sicuri nei settori del digitale, dell’energia e dei trasporti e rafforzare i sistemi di salute, istruzione e ricerca in tutto il mondo“.
    La presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, insieme con la commissaria per i Partenariati internazionali, Jutta Urpilainen, e il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi
    Presentato oggi (mercoledì primo dicembre) dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, insieme con la commissaria per i Partenariati internazionali, Jutta Urpilainen, e il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, il Global Gateway sarà lo strumento che dovrebbe permettere all’Unione di affrontare le sfide globali più urgenti, dal cambiamento climatico, al miglioramento della sicurezza sanitaria, fino al rafforzamento della competitività e delle catene di approvvigionamento globale, come quella dei semiconduttori. “La strategia Global Gateway è un modello di come l’Europa può costruire connessioni più resistenti con il mondo“, ha presentato così il progetto la presidente von der Leyen.
    Che questa iniziativa sia una risposta allo potere crescente della Cina in contenenti come l’Africa e il Sud America (ma anche in Medio Oriente e nell’Europa orientale e balcanica) lo si deduce dal fatto che l’esecutivo UE abbia voluto specificare che “il Global Gateway veicolerà un aumento degli investimenti per promuovere valori democratici, buona governance, trasparenza e partenariati equi“. Con questo spirito Bruxelles metterà in contatto le istituzioni finanziarie e di sviluppo degli Stati membri, la Banca europea per gli investimenti (BEI) e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), mobilitando le delegazioni UE in tutto il mondo per identificare e coordinare i progetti in loco.
    La commissaria per i Partenariati internazionali, Jutta Urpilainen
    Contrapponendosi alla cosiddetta trappola del debito cinese, attraverso il Global Gateway l’UE vuole rafforzare la solidità delle condizioni finanziarie dei Paesi partner e migliorare la sostenibilità del debito, attraverso sovvenzioni, prestiti favorevoli e garanzie di bilancio. Al centro c’è anche la promozione di alti standard ambientali, sociali e di gestione strategica, che saranno monitorati dall’assistenza tecnica di Bruxelles. Per garantire una maggiore parità di condizioni per le imprese dell’UE nei mercati dei Paesi terzi, dove si trovano a competere con i concorrenti sostenuti dai propri governi, l’UE sta valutando la possibilità di istituire uno strumento europeo di credito all’esportazione. “Vogliamo creare legami forti e sostenibili, non dipendenze, tra l’Europa e il mondo e costruire un nuovo futuro per i giovani”, ha sottolineato la commissaria Urpilainen.
    A livello di partenariati, Bruxelles guarda oltreoceano per promuovere investimenti sostenibili nella connettività. In particolare, “il Global Gateway e l’iniziativa statunitense Build Back Better World si rafforzeranno a vicenda“, è stata la rassicurazione dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Un impegno che si estende anche in Asia, con i partenariati di connettività con Giappone e India, e nei Balcani Occidentali, con il Piano economico e di investimenti presentato nel 2020: “Questi piani inizieranno a realizzare la strategia Global Gateway nelle regioni che rientrano ancora nel mandato di questa Commissione”, ha confermato il commissario Várhelyi.

    La Commissione UE ha presentato la nuova strategia europea per mobilitare investimenti che diano vita a progetti con Paesi partner in tutto il mondo entro il 2027 su cambiamento climatico, catene di approvvigionamento e sicurezza sanitaria

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    Delegazione di eurodeputati PD in missione al confine con la Bielorussia. La Polonia verso l’apertura della zona rossa ai giornalisti

    Bruxelles – Dopo settimane intense per l’Unione Europea sul confine orientale tra Polonia e Bielorussia, tra respingimenti violenti e illegali di persone migranti da parte delle autorità di Varsavia e nuove sanzioni al regime bielorusso di Alexander Lukashenko, il rischio è che lo stato di allerta si normalizzi e le notizie dalla frontiera perdano d’interesse a Bruxelles.
    È per questo motivo che diventa ancora più essenziale che sia costante il flusso di informazioni sulla situazione della crisi migratoria lungo la rotta bielorussa, attraverso un monitoraggio da vicino da parte delle istituzioni comunitarie e degli operatori dell’informazione su entrambi i lati del confine tra Polonia e Bielorussia.
    Sul fronte istituzionale va ricordata la missione degli eurodeputati del Partito Democratico in risposta alla “richiesta di vicinanza e presenza arrivata da ONG, cittadini, sindaci” che stanno aiutando le persone migranti. Pietro Bartolo, Pierfrancesco Majorino e il capo-delegazione PD, Brando Benifei, arriveranno questa sera (venerdì 26 novembre) a Varsavia e domani si recheranno a Michałowo, nei pressi della zona di confine, dove incontreranno il sindaco e faranno visita ai centri di accoglienza e ai volontari che assistono le persone migranti sul lato polacco del confine. “L’Europa esiste se c’è umanità e solidarietà“, ha commentato Benifei prima della partenza.

    Stasera andrò al confine tra #Polonia e #Bielorussia dove c’è una situazione delicatissima. Su questioni come le migrazioni serve una condivisione di responsabilità tra i Paesi #UE, una condivisione ostacolata dai Governi nazionalisti amici della destra italiana @agorarai @RaiTre
    — Brando Benifei (@brandobenifei) November 26, 2021

    Ma la questione fondamentale – che ha scatenato le polemiche da settimane nell’UE – riguarda proprio la possibilità di accesso per le organizzazioni internazionali e i giornalisti nella zona rossa istituita a settembre dalla Polonia, una striscia di terra larga tre chilometri lungo il confine orientale con la Bielorussia in cui non è consentito l’accesso ai civili non autorizzati. In questo modo, da quando è scoppiata la crisi, i soldati polacchi hanno impedito agli operatori dell’informazione provenienti da tutta Europa di documentare gli ormai innumerevoli episodi di pushback, i respingimenti illegali di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea.
    In una telefonata con il ministro degli Interni polacco, Mariusz Kaminski, la commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, ha sollevato la questione dell’accesso alla frontiera e ha riferito alla stampa che il governo di Varsavia “sta pianificando di aprire ai giornalisti”. Non ci sono ulteriori dettagli, ma “dovrebbe passare un regolamento all’Assemblea nazionale”, ha spiegato Johansson.
    Dall’altra parte del confine, “abbiamo assistito negli ultimi giorni a una de-escalation in Bielorussia, credo dipenda dall’approccio compatto dell’Unione Europea”, è stata la rivendicazione di successo della commissaria UE in merito alle pressioni sulle compagnie aeree che organizzano i viaggi dai Paesi di origine delle persone migranti verso Minsk. “Vediamo un nuovo atteggiamento del regime, che permette alle persone di spostarsi dalla frontiera e di avere un riparo”, ha aggiunto la commissaria agli Affari interni, sottolineando che tra “gli sviluppi nella giusta direzione” ci sono anche i voli di rimpatrio su base volontaria organizzati dal governo dell’Iraq. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa russa Tass, la compagnia di bandiera Iraqi Airways ha già effettuato tre voli alla fine della scorsa settimana, mentre altri due sono in programma dall’aeroporto di Minsk tra oggi e domani.

    Bartolo, Majorino e Benifei visiteranno i centri di accoglienza per migranti di Michałowo, in Polonia: “L’Europa esiste se c’è umanità e solidarietà”. Telefonata della commissaria UE Johansson a Varsavia per eliminare il divieto di accesso alla frontiera

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    Il Parlamento UE invoca sanzioni economiche contro Milorad Dodik e chi sobilla il secessionismo in Bosnia ed Erzegovina

    Bruxelles – La crisi in Bosnia ed Erzegovina è approdata nell’emiciclo del Parlamento UE e da parte degli eurodeputati la denuncia delle spinte secessioniste nel Paese è dura come mai prima d’ora. La parola-chiave che è stata pronunciata dai rappresentanti dei cittadini europei è “sanzioni” contro i responsabili di una situazione che rievoca lo spettro dei conflitti etnici degli anni Novanta.
    Il membro serbo-bosniaco della Presidenza tripartita, Milorad Dodik
    Già al Consiglio Affari Esteri dello scorso 15 novembre l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si era detto “preoccupato” per la “retorica divisiva di alcuni leader politici nazionali” in Bosnia e aveva puntato il dito contro il membro serbo-bosniaco della Presidenza tripartita, Milorad Dodik, che a ottobre aveva minacciato di portare la Republika Srpska (l’entità serba) fuori dal controllo delle autorità centrali. Ma nel corso del dibattito al Parlamento UE di ieri sera (martedì 23 novembre), l’asticella è stata sposta più in alto, con gli eurodeputati che ora chiedono un intervento più deciso da parte delle istituzioni comunitarie a difesa della stabilità del Paese e della sua prospettiva europea.
    “Da Dodik e dalla Republika Srpska arrivano segnali preoccupanti, che potrebbero portare a un nuovo conflitto e a violenze etniche”, ha lanciato l’allarme il vicepresidente del gruppo del PPE, Andrey Kovatchev. L’eurodeputato bulgaro ha insistito sul fatto che “dobbiamo mandare un segnale unico e coeso“, in modo da “ribadire l’impegno dell’UE alla pace e alla stabilità della Bosnia, attraverso una riforma della legge elettorale e l’equa rappresentanza delle tre comunità costituenti” (ovvero serbi, croati e musulmani). Più duro Pedro Marques (S&D): “L’UE deve avere ruolo più forte e usare tutti gli strumenti a sua disposizione, comprese le sanzioni economiche” per rispondere alle minacce dell’ex-presidente della Republika Srpska (dal 2010 al 2018). Con un affondo ai primi ministri di Slovenia e Ungheria, che nelle ultime settimane si sono incontrati con Dodik: “Janez Janša e Viktor Orbán giocano con il fuoco, non sono di aiuto per la politica estera dell’UE“.
    Il vicepresidente del Parlamento UE, Fabio Massimo Castaldo (Movimento 5 Stelle)
    Secondo il vicepresidente del Parlamento UE Fabio Massimo Castaldo (Movimento 5 Stelle), “c’è un pericolo reale di divisione in Bosnia, per colpa di chi soffia sul fuoco del nazionalismo, anche tra gli Stati membri dell’UE”. È per questo motivo che “l‘Unione deve agire in maniera risoluta e univoca, anche con sanzioni contro Dodik e chi lo fiancheggia, tenendo in considerazione gli interessi della popolazione”, ha aggiunto Castaldo. Di sanzioni ha parlato anche Klemen Grošelj (Renew), “contro chi vuole mettere in discussione l’integrità territoriale e smembrare la Bosnia”. Tineke Strik (Verdi/ALE) ha chiesto inoltre di “non scendere a compromessi sulle riforme democratiche di cui c’è bisogno nel Paese” e di “imporre misure restrittive contro Dodik e chi lo aiuta”.
    Da sottolineare lo scontro tra i due gruppi delle destre sull’approccio ai fiancheggiatori di Dodik, ovvero Serbia e Russia. Angel Dzhambazki (ECR) ha esortato con veemenza le istituzioni comunitarie a “smettere di essere politicamente corretti e riconoscere che i problemi arrivano da Belgrado e il Cremlino, che non sono nostri amici”. Al contrario Thierry Mariani (ID) si è scagliato contro “i fallimenti diplomatici dell’UE nei Balcani Occidentali, che hanno dimostrato la nostra inefficacia in Bosnia” e ha invocato una “relazione equilibrata con la Serbia e la Russia“.
    Da parte della Commissione Europea, il vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis è intervenuto in Aula per ribadire “l’impegno e le prospettive UE della Bosnia ed Erzegovina come Paese sovrano e unito”. I veri problemi che i leader politici dovranno affrontare sono “la corruzione, la debolezza della magistratura, i servizi sanitari pessimi e la disoccupazione”, oltre a “seguire le 14 priorità-chiave per avvicinarsi all’Unione Europea e superare lo stallo anche grazie al dialogo che cerchiamo di facilitare”. Così come evidenziato da parte della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, nel corso del suo viaggio nei Balcani a settembre, “la prospettiva europea del Paese può essere stimolata solo a condizione che vengano portate avanti le riforme essenziali e uno spirito di unità”, ha sottolineato Dombrovskis. Questo messaggio sarà ribadito dal commissario UE per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, durante gli incontri con i tre leader della Presidenza tripartita in programma tra oggi e domani in Bosnia ed Erzegovina.
    Trovi un ulteriore approfondimento nella newsletter BarBalcani, curata da Federico Baccini

    Gli eurodeputati vogliono un intervento deciso delle istituzioni UE contro il membro serbo-bosniaco della Presidenza tripartita, Milorad Dodik, per le minacce di portare la Republika Srpska fuori dal controllo delle autorità centrali