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    L’UE approva quinto pacchetto di sanzioni contro Bielorussia in concerto con Stati Uniti: colpita anche la compagnia aerea Belavia

    Bruxelles – È arrivato il via libera del Consiglio dell’UE al quinto pacchetto di sanzioni contro la Bielorussia e da oggi (giovedì 2 dicembre) altre 17 persone e 11 entità vicine al regime di Alexander Lukashenko saranno colpite dalle misure restrittive dell’Unione Europea. La decisione è stata presa in concerto con i partner degli Stati Uniti, come annunciato dalla portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki.
    Membri della Corte Suprema della Bielorussia, canali di propaganda del regime, funzionari politici, compagnie aeree, tour operator e hotel sono stati inseriti nel nuovo pacchetto di sanzioni, che ha messo al centro la strumentalizzazione delle persone migranti alla frontiera con l’UE. L’intesa politica a Bruxelles era stata raggiunta lo scorso 15 novembre e dopo due settimane e mezzo di lavori sono stati individuati i soggetti da sottoporre al regime restrittivo. Tra questi anche la compagnia aerea di bandiera Belavia, finita nella lista nera dell’UE per essersi resa complice della tratta di esseri umani dai Paesi di origine delle persone migranti verso Minsk (poi trasportate dalle autorità bielorusse ai confini con Polonia e Lituania).
    La decisione di oggi porta a 183 gli individui e 26 le entità colpite dalle sanzione UE, tutti ritenuti responsabili della repressione della società civile, dell’opposizione democratica, dei media indipendenti e dei giornalisti e del contributo all’organizzazione di attraversamenti illegali delle frontiere UE. Le persone fisiche sono soggette a congelamento dei beni e divieto di viaggio, mentre a cittadini e imprese dell’Unione è vietato mettere fondi a loro disposizione.
    “Questa cinica strategia di sfruttamento delle persone vulnerabili è un tentativo ripugnante di sviare l’attenzione dal continuo disprezzo del regime per il diritto internazionale, le libertà fondamentali e i diritti umani in Bielorussia“, ha dichiarato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. “L’UE è unita nell’affrontare questa sfida e sta usando tutti gli strumenti a sua disposizione”, ha aggiunto Borrell, sottolineando che “questo quinto round di sanzioni è un altro esempio della nostra determinazione ad agire quando i diritti umani vengono violati”.
    Da Washington, la portavoce della Casa Bianca ha ribadito che le sanzioni statunitensi sono “anche in risposta allo spietato sfruttamento da parte del regime di Lukashenko dei migranti vulnerabili” da Paesi terzi. L’obiettivo sarebbe quello di “orchestrare il loro traffico lungo i confini con gli Stati europei”, ha aggiunto Psaki.

    Nel nuovo aggiornamento delle misure restrittive approvato dal Consiglio dell’UE contro il regime di Lukashenko compare anche la compagnia di bandiera per “strumentalizzazione delle persone migranti”

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    Il Global Gateway da 300 miliardi di euro è la risposta UE alla Belt and Road Initiative della Cina e alle sfide globali

    Bruxelles – Si chiama Global Gateway e mobiliterà fino a 300 miliardi di euro in investimenti tra il 2021 e il 2027: è questa la risposta dell’UE alla Belt and Road Initiative della Cina (quella che in Italia è conosciuta anche con il nome di Nuova via della seta), la nuova strategia europea per “promuovere collegamenti intelligenti, puliti e sicuri nei settori del digitale, dell’energia e dei trasporti e rafforzare i sistemi di salute, istruzione e ricerca in tutto il mondo“.
    La presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, insieme con la commissaria per i Partenariati internazionali, Jutta Urpilainen, e il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi
    Presentato oggi (mercoledì primo dicembre) dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, insieme con la commissaria per i Partenariati internazionali, Jutta Urpilainen, e il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, il Global Gateway sarà lo strumento che dovrebbe permettere all’Unione di affrontare le sfide globali più urgenti, dal cambiamento climatico, al miglioramento della sicurezza sanitaria, fino al rafforzamento della competitività e delle catene di approvvigionamento globale, come quella dei semiconduttori. “La strategia Global Gateway è un modello di come l’Europa può costruire connessioni più resistenti con il mondo“, ha presentato così il progetto la presidente von der Leyen.
    Che questa iniziativa sia una risposta allo potere crescente della Cina in contenenti come l’Africa e il Sud America (ma anche in Medio Oriente e nell’Europa orientale e balcanica) lo si deduce dal fatto che l’esecutivo UE abbia voluto specificare che “il Global Gateway veicolerà un aumento degli investimenti per promuovere valori democratici, buona governance, trasparenza e partenariati equi“. Con questo spirito Bruxelles metterà in contatto le istituzioni finanziarie e di sviluppo degli Stati membri, la Banca europea per gli investimenti (BEI) e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), mobilitando le delegazioni UE in tutto il mondo per identificare e coordinare i progetti in loco.
    La commissaria per i Partenariati internazionali, Jutta Urpilainen
    Contrapponendosi alla cosiddetta trappola del debito cinese, attraverso il Global Gateway l’UE vuole rafforzare la solidità delle condizioni finanziarie dei Paesi partner e migliorare la sostenibilità del debito, attraverso sovvenzioni, prestiti favorevoli e garanzie di bilancio. Al centro c’è anche la promozione di alti standard ambientali, sociali e di gestione strategica, che saranno monitorati dall’assistenza tecnica di Bruxelles. Per garantire una maggiore parità di condizioni per le imprese dell’UE nei mercati dei Paesi terzi, dove si trovano a competere con i concorrenti sostenuti dai propri governi, l’UE sta valutando la possibilità di istituire uno strumento europeo di credito all’esportazione. “Vogliamo creare legami forti e sostenibili, non dipendenze, tra l’Europa e il mondo e costruire un nuovo futuro per i giovani”, ha sottolineato la commissaria Urpilainen.
    A livello di partenariati, Bruxelles guarda oltreoceano per promuovere investimenti sostenibili nella connettività. In particolare, “il Global Gateway e l’iniziativa statunitense Build Back Better World si rafforzeranno a vicenda“, è stata la rassicurazione dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Un impegno che si estende anche in Asia, con i partenariati di connettività con Giappone e India, e nei Balcani Occidentali, con il Piano economico e di investimenti presentato nel 2020: “Questi piani inizieranno a realizzare la strategia Global Gateway nelle regioni che rientrano ancora nel mandato di questa Commissione”, ha confermato il commissario Várhelyi.

    La Commissione UE ha presentato la nuova strategia europea per mobilitare investimenti che diano vita a progetti con Paesi partner in tutto il mondo entro il 2027 su cambiamento climatico, catene di approvvigionamento e sicurezza sanitaria

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    Delegazione di eurodeputati PD in missione al confine con la Bielorussia. La Polonia verso l’apertura della zona rossa ai giornalisti

    Bruxelles – Dopo settimane intense per l’Unione Europea sul confine orientale tra Polonia e Bielorussia, tra respingimenti violenti e illegali di persone migranti da parte delle autorità di Varsavia e nuove sanzioni al regime bielorusso di Alexander Lukashenko, il rischio è che lo stato di allerta si normalizzi e le notizie dalla frontiera perdano d’interesse a Bruxelles.
    È per questo motivo che diventa ancora più essenziale che sia costante il flusso di informazioni sulla situazione della crisi migratoria lungo la rotta bielorussa, attraverso un monitoraggio da vicino da parte delle istituzioni comunitarie e degli operatori dell’informazione su entrambi i lati del confine tra Polonia e Bielorussia.
    Sul fronte istituzionale va ricordata la missione degli eurodeputati del Partito Democratico in risposta alla “richiesta di vicinanza e presenza arrivata da ONG, cittadini, sindaci” che stanno aiutando le persone migranti. Pietro Bartolo, Pierfrancesco Majorino e il capo-delegazione PD, Brando Benifei, arriveranno questa sera (venerdì 26 novembre) a Varsavia e domani si recheranno a Michałowo, nei pressi della zona di confine, dove incontreranno il sindaco e faranno visita ai centri di accoglienza e ai volontari che assistono le persone migranti sul lato polacco del confine. “L’Europa esiste se c’è umanità e solidarietà“, ha commentato Benifei prima della partenza.

    Stasera andrò al confine tra #Polonia e #Bielorussia dove c’è una situazione delicatissima. Su questioni come le migrazioni serve una condivisione di responsabilità tra i Paesi #UE, una condivisione ostacolata dai Governi nazionalisti amici della destra italiana @agorarai @RaiTre
    — Brando Benifei (@brandobenifei) November 26, 2021

    Ma la questione fondamentale – che ha scatenato le polemiche da settimane nell’UE – riguarda proprio la possibilità di accesso per le organizzazioni internazionali e i giornalisti nella zona rossa istituita a settembre dalla Polonia, una striscia di terra larga tre chilometri lungo il confine orientale con la Bielorussia in cui non è consentito l’accesso ai civili non autorizzati. In questo modo, da quando è scoppiata la crisi, i soldati polacchi hanno impedito agli operatori dell’informazione provenienti da tutta Europa di documentare gli ormai innumerevoli episodi di pushback, i respingimenti illegali di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea.
    In una telefonata con il ministro degli Interni polacco, Mariusz Kaminski, la commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, ha sollevato la questione dell’accesso alla frontiera e ha riferito alla stampa che il governo di Varsavia “sta pianificando di aprire ai giornalisti”. Non ci sono ulteriori dettagli, ma “dovrebbe passare un regolamento all’Assemblea nazionale”, ha spiegato Johansson.
    Dall’altra parte del confine, “abbiamo assistito negli ultimi giorni a una de-escalation in Bielorussia, credo dipenda dall’approccio compatto dell’Unione Europea”, è stata la rivendicazione di successo della commissaria UE in merito alle pressioni sulle compagnie aeree che organizzano i viaggi dai Paesi di origine delle persone migranti verso Minsk. “Vediamo un nuovo atteggiamento del regime, che permette alle persone di spostarsi dalla frontiera e di avere un riparo”, ha aggiunto la commissaria agli Affari interni, sottolineando che tra “gli sviluppi nella giusta direzione” ci sono anche i voli di rimpatrio su base volontaria organizzati dal governo dell’Iraq. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa russa Tass, la compagnia di bandiera Iraqi Airways ha già effettuato tre voli alla fine della scorsa settimana, mentre altri due sono in programma dall’aeroporto di Minsk tra oggi e domani.

    Bartolo, Majorino e Benifei visiteranno i centri di accoglienza per migranti di Michałowo, in Polonia: “L’Europa esiste se c’è umanità e solidarietà”. Telefonata della commissaria UE Johansson a Varsavia per eliminare il divieto di accesso alla frontiera

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    Il Parlamento UE invoca sanzioni economiche contro Milorad Dodik e chi sobilla il secessionismo in Bosnia ed Erzegovina

    Bruxelles – La crisi in Bosnia ed Erzegovina è approdata nell’emiciclo del Parlamento UE e da parte degli eurodeputati la denuncia delle spinte secessioniste nel Paese è dura come mai prima d’ora. La parola-chiave che è stata pronunciata dai rappresentanti dei cittadini europei è “sanzioni” contro i responsabili di una situazione che rievoca lo spettro dei conflitti etnici degli anni Novanta.
    Il membro serbo-bosniaco della Presidenza tripartita, Milorad Dodik
    Già al Consiglio Affari Esteri dello scorso 15 novembre l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si era detto “preoccupato” per la “retorica divisiva di alcuni leader politici nazionali” in Bosnia e aveva puntato il dito contro il membro serbo-bosniaco della Presidenza tripartita, Milorad Dodik, che a ottobre aveva minacciato di portare la Republika Srpska (l’entità serba) fuori dal controllo delle autorità centrali. Ma nel corso del dibattito al Parlamento UE di ieri sera (martedì 23 novembre), l’asticella è stata sposta più in alto, con gli eurodeputati che ora chiedono un intervento più deciso da parte delle istituzioni comunitarie a difesa della stabilità del Paese e della sua prospettiva europea.
    “Da Dodik e dalla Republika Srpska arrivano segnali preoccupanti, che potrebbero portare a un nuovo conflitto e a violenze etniche”, ha lanciato l’allarme il vicepresidente del gruppo del PPE, Andrey Kovatchev. L’eurodeputato bulgaro ha insistito sul fatto che “dobbiamo mandare un segnale unico e coeso“, in modo da “ribadire l’impegno dell’UE alla pace e alla stabilità della Bosnia, attraverso una riforma della legge elettorale e l’equa rappresentanza delle tre comunità costituenti” (ovvero serbi, croati e musulmani). Più duro Pedro Marques (S&D): “L’UE deve avere ruolo più forte e usare tutti gli strumenti a sua disposizione, comprese le sanzioni economiche” per rispondere alle minacce dell’ex-presidente della Republika Srpska (dal 2010 al 2018). Con un affondo ai primi ministri di Slovenia e Ungheria, che nelle ultime settimane si sono incontrati con Dodik: “Janez Janša e Viktor Orbán giocano con il fuoco, non sono di aiuto per la politica estera dell’UE“.
    Il vicepresidente del Parlamento UE, Fabio Massimo Castaldo (Movimento 5 Stelle)
    Secondo il vicepresidente del Parlamento UE Fabio Massimo Castaldo (Movimento 5 Stelle), “c’è un pericolo reale di divisione in Bosnia, per colpa di chi soffia sul fuoco del nazionalismo, anche tra gli Stati membri dell’UE”. È per questo motivo che “l‘Unione deve agire in maniera risoluta e univoca, anche con sanzioni contro Dodik e chi lo fiancheggia, tenendo in considerazione gli interessi della popolazione”, ha aggiunto Castaldo. Di sanzioni ha parlato anche Klemen Grošelj (Renew), “contro chi vuole mettere in discussione l’integrità territoriale e smembrare la Bosnia”. Tineke Strik (Verdi/ALE) ha chiesto inoltre di “non scendere a compromessi sulle riforme democratiche di cui c’è bisogno nel Paese” e di “imporre misure restrittive contro Dodik e chi lo aiuta”.
    Da sottolineare lo scontro tra i due gruppi delle destre sull’approccio ai fiancheggiatori di Dodik, ovvero Serbia e Russia. Angel Dzhambazki (ECR) ha esortato con veemenza le istituzioni comunitarie a “smettere di essere politicamente corretti e riconoscere che i problemi arrivano da Belgrado e il Cremlino, che non sono nostri amici”. Al contrario Thierry Mariani (ID) si è scagliato contro “i fallimenti diplomatici dell’UE nei Balcani Occidentali, che hanno dimostrato la nostra inefficacia in Bosnia” e ha invocato una “relazione equilibrata con la Serbia e la Russia“.
    Da parte della Commissione Europea, il vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis è intervenuto in Aula per ribadire “l’impegno e le prospettive UE della Bosnia ed Erzegovina come Paese sovrano e unito”. I veri problemi che i leader politici dovranno affrontare sono “la corruzione, la debolezza della magistratura, i servizi sanitari pessimi e la disoccupazione”, oltre a “seguire le 14 priorità-chiave per avvicinarsi all’Unione Europea e superare lo stallo anche grazie al dialogo che cerchiamo di facilitare”. Così come evidenziato da parte della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, nel corso del suo viaggio nei Balcani a settembre, “la prospettiva europea del Paese può essere stimolata solo a condizione che vengano portate avanti le riforme essenziali e uno spirito di unità”, ha sottolineato Dombrovskis. Questo messaggio sarà ribadito dal commissario UE per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, durante gli incontri con i tre leader della Presidenza tripartita in programma tra oggi e domani in Bosnia ed Erzegovina.
    Trovi un ulteriore approfondimento nella newsletter BarBalcani, curata da Federico Baccini

    Gli eurodeputati vogliono un intervento deciso delle istituzioni UE contro il membro serbo-bosniaco della Presidenza tripartita, Milorad Dodik, per le minacce di portare la Republika Srpska fuori dal controllo delle autorità centrali

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    Il Parlamento UE diviso tra chi vuole rafforzare le frontiere con la Bielorussia e chi condanna le violazioni dei diritti umani

    Bruxelles – Nel giorno dell’annuncio della nuova proposta di sanzioni contro il regime di Alexander Lukashenko, con l’inclusione di una lista nera di operatori di trasporto che facilitano la tratta di persone verso l’Unione Europea, gli eurodeputati si sono confrontati con la Commissione e il Consiglio UE sulla gestione della frontiera orientale, scontrandosi e dividendosi sull’analisi della crisi migratoria in atto tra Polonia e Bielorussia.
    Nel suo intervento in Aula il vicepresidente della Commissione UE, Margaritis Schinas, ha definito le azioni del presidente della Bielorussia “una minaccia alla sicurezza dell’UE”, dal momento in cui “non sono solo le frontiere polacche, lituane e lettoni in pericolo, ma anche quelle di tutta l’Unione”. Di contro, “la nostra risposta non ha conosciuto pause, ma ora è tempo di azioni, non di diagnosi“, ha esortato il vicepresidente dell’esecutivo comunitario. Di qui le varie direttrici di intervento di Bruxelles per cercare di limitare i danni e provare a coordinare un approccio che fin a oggi sembra tutto fuorché armonizzato.
    Il vicepresidente della Commissione UE, Margaritis Schinas (23 novembre 2021)
    Prima di tutto c’è stato il sostegno per affrontare la crisi umanitaria “drammatica”, attraverso la mobilitazione di 700 mila euro del bilancio dell’Unione per le organizzazioni internazionali partner. “Dobbiamo dare una protezione adeguata alle persone bloccate alla frontiera”, ha ricordato Schinas. Altri 3,5 milioni di euro saranno stanziati dall’UE per sostenere i rimpatri volontari dalla Bielorussia ai Paesi di origine, “una priorità fondamentale, come mi è stato chiesto nel mio viaggio nei Paesi partner in Medio Oriente“, ha aggiunto il vicepresidente della Commissione UE. E poi oltre 200 milioni di fondi “ai Paesi più colpiti”, ovvero Polonia, Lituania e Lettonia, e il quinto pacchetto di sanzioni contro il regime bielorusso: “Ma siamo pronti a fare di più se e quando necessario“.
    Come già rivelato nel corso della sessione plenaria di due settimane fa, il Parlamento UE è diviso tra gruppi politici che sostengono il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne dell’Unione e altri che definiscono “inaccettabile per i valori europei” ciò che sta accadendo sul confine tra Polonia e Bielorussia.
    Il primo approccio è quello delle destre, compresi i popolari. “Qualcuno ancora si chiede se ci troviamo in una guerra ibrida sulle frontiere orientali”, ha attaccato Esteban González Pons (PPE). “Non possiamo permetterci tentennamenti mentre la Russia continua la sua politica di invasioni e usa Lukashenko per provare a destabilizzare l’Unione Europea”. Sulla stessa linea d’onda Ryszard Antoni Legutko (ECR), che ha definito quella in corso una “minaccia diretta alla frontiera della Polonia” attraverso l’invio in massa di civili per “far scricchiolare l’UE”. Riportando le parole del primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, l’eurodeputato conservatore ha definito “la nostra passività, la sua forza”. Ancora più duro Nicolas Bay (ID), che ha accusato le istituzioni UE di “incitare i migranti a venire in Europa, promettendo anche loro di accoglierli con 700 mila euro”.
    Dall’altra parte dell’emiciclo, Birgit Sippel (S&D) ha parlato di “catastrofe umanitaria, in cui le persone vengono maltrattate e respinte con la violenza“. L’indice è puntato proprio contro il governo di Varsavia, che “non rispetta i vincoli internazionali e i diritti umani che valgono anche alle frontiere esterne dell’Unione”. L’eurodeputata socialdemocratica ha inoltre esortato la Polonia a “dare accesso alle ONG e ai giornalisti nella zona rossa”. Più radicale l’accusa di Miguel Urbán Crespo (La Sinistra): “Alla frontiera dell’UE con la Bielorussia si stanno usando donne, uomini e bambini come rifiuti, noi ci opponiamo alla visione di una guerra ibrida che giustifica il sostegno a queste politiche violente”.
    Liberali e Verdi hanno invece insistito sul fatto che l’UE non stia parlando con una sola voce contro la Bielorussia di Lukashenko, con la conseguenza di non saper coordinare una risposta “efficace e dignitosa” alle frontiere esterne. “Le telefonate della cancelliera tedesca, Angela Merkel, a Lukashenko hanno come unico risultato quello di far alzare il tiro delle sue pretese nei confronti dell’Unione”, ha attaccato Petras Auštrevičius (Renew Europe). “Dobbiamo continuare con misure dure contro il regime e contro la compagnia aerea Belavia, perché ancora dopo quattro pacchetti di sanzioni le violazioni dei diritti umani in Bielorussia non si fermano”, ha aggiunto l’eurodeputato lituano.
    Viola Von Cramon-Taubadel (Verdi/ALE) ha sottolineato che “il fatto che Belavia chieda un sacco di soldi per dare alle persone migranti una speranza vana è l’esempio di cosa sia una tratta di esseri umani”. Anche se “alcuni pensano che si possa telefonare e mediare”, il presidente bielorusso Lukashenko e la sua cerchia “possono essere fermati solo con misure dure e sostenendo l’opposizione democratica bielorussa”, ha aggiunto l’europarlamentare tedesca, anticipando l’intervento di domani (mercoledì 24 novembre) della leader Sviatlana Tsikhanouskaya.

    La frattura tra i gruppi delle destre e del fronte sinistre-Verdi-liberali si è aperta durante la discussione sulla gestione della crisi migratoria al confine tra Polonia e Bielorussia

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    Nella lista nera delle sanzioni UE contro la Bielorussia anche gli operatori di trasporto complici della tratta di migranti

    Bruxelles – Una lista nera di compagnie aeree e operatori di trasporto che facilitano la tratta di persone verso l’Unione Europea. La Commissione Ue alza l’asticella della sua battaglia diplomatica contro il regime del presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, e oggi (martedì 23 novembre) propone un nuovo strumento per cercare di fermare alla radice il flusso migratorio che sta provocando una crisi al confine con la Polonia.
    Secondo la proposta di sanzioni presentata dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, dal vicepresidente della Commissione UE, Margaritis Schinas, e dalla commissaria per i trasporti, Adina Vălean, nel momento in cui un operatore di trasporto “mette a rischio la vita di persone vulnerabili e la sicurezza delle frontiere esterne dell’Unione”, l’esecutivo comunitario può prendere una serie di misure che vanno dal congelamento delle operazioni nel Mercato dell’UE alla sospensione delle licenze e del diritto di operare verso, da e dentro l’Unione Europea, fino al divieto di transitare, sorvolare o fare scalo nei porti dei Paesi membri. “La cooperazione forte e immediata a cui abbiamo assistito dalla comunità globale dell’aviazione nelle ultime settimane dimostra che è essenziale coinvolgere da vicino gli operatori dei trasporti nella prevenzione e nella lotta contro questa nuova forma di minaccia ibrida”, ha spiegato la commissaria Vălean.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell (23 novembre 2021)
    Analizzando gli eventi lungo il confine tra Polonia e Bielorussia, la Commissione UE ha sottolineato che “i recenti eventi alla frontiera non si sarebbero potuti verificare senza il contributo degli operatori di volo, consapevole o involontario”. L’alto rappresentante Borrell ha indicato nella proposta di nuovo quadro giuridico “uno strumento adeguato per combattere la strumentalizzazione delle persone per scopi politici“, che sia “proporzionato e determinato caso per caso”. Una prima misura che potrebbe essere adottata a stretto giro riguarda la sospensione del noleggio di aerei della compagnia di bandiera bielorussa Belavia da parte delle aziende europee: “È una decisione imminente”, ha sottolineato il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, nel corso del suo intervento alla plenaria del Parlamento Europeo. Dal 24 maggio scorso a Belavia è stato chiuso lo spazio aereo dell’UE come risposta al dirottamento del volo Ryanair su Minsk per arrestare il giornalista e oppositore politico, Roman Protasevich.
    Anche la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha aggiornato gli eurodeputati sulla nuova proposta del suo gabinetto per contrastare la Bielorussia di Lukashenko: “Non accetteremo mai lo sfruttamento di esseri umani per scopi politici”, ha ribadito con forza. “I tentativi di destabilizzarci strumentalizzando le persone non funzioneranno, perché siamo uniti”, ha aggiunto von der Leyen, che ha ricordato l’impegno della Commissione a “risolvere la situazione alle frontiere esterne dell’UE con diverse azioni“.
    La presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen (23 novembre 2021)
    Tra queste azioni c’è anche la proposta di misure provvisorie di emergenza ad hoc in materia di asilo e rimpatrio. “L’obiettivo è sostenere gli Stati membri e definire le procedure adeguate per gestire gli arrivi irregolari in maniera ordinata nel rispetto dei diritti fondamentali”, ha anticipato la presidente della Commissione UE. Sulla base dell’articolo 78, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), la proposta prevede che, nel caso in cui uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi, “il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione con il Parlamento, può adottare misure provvisorie a favore degli Stati membri interessati“.
    C’è poi il capitolo del sostegno per la gestione delle frontiere e del flusso migratorio dalla Bielorussia, il tema più spinoso per le istituzioni UE. La presidente della Commissione ha ribadito la posizione dell’esecutivo comunitario (“Non saranno finanziate barriere fisiche con fondi UE”), ma sono stati messi a disposizione di Polonia, Lituania e Lettonia 200 milioni di euro “per la gestione delle frontiere e per sostenere l’attuazione delle procedure di asilo e le condizioni di accoglienza”, ha specificato il vicepresidente Schinas. Un ulteriore sostegno potrebbe includere l’intervento rapido alle frontiere e le operazioni di rimpatrio da parte dell’Agenzia europea della guardia di frontiera (Frontex) e l’assistenza dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO) nella gestione della crisi migratoria e nell’accoglienza delle persone.
    Sul piano dei fondi da stanziare, la Commissione fornirà “fino a 3,5 milioni di euro” per sostenere i rimpatri volontari dalla Bielorussia ai Paesi di origine, sostenendo iniziative come quelle messe in piedi dal governo dell’Iraq da giovedì scorso (18 novembre). E infine l’assistenza umanitaria verso le persone migranti bloccate alla frontiera dell’UE con la Bielorussia: un pacchetto da 700 mila euro messo a disposizione delle organizzazioni internazionali partner, così come annunciato mercoledì scorso (17 novembre) dall’esecutivo comunitario. “Qualora l’accesso delle organizzazioni umanitarie partner in Bielorussia dovesse migliorare ulteriormente, la Commissione è pronta a fornire ulteriori finanziamenti“, ha specificato la presidente von der Leyen davanti alla plenaria del Parlamento UE.
    A margine del Consiglio Affari Generali, il ministro per gli Affari europei, Vincenzo Amendola, ha dichiarato alla stampa che l’Italia ha chiesto che “al Consiglio Europeo di dicembre si continui a discutere di immigrazione“. Nei confronti della “dittatura bielorussa” c’è “la massima attenzione e unità tra Paesi membri sia nel difendere la vita delle persone migranti, sia nel condannare l’operato del regime di Lukashenko”, ha specificato il ministro.

    È la proposta della Commissione Europea per contrastare la tratta di esseri umani verso le frontiere esterne dell’UE. Previste anche misure provvisorie di emergenza ad hoc in materia di asilo e rimpatrio

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    La Bielorussia sgombera duemila migranti al confine. L’UE spinge sugli aiuti umanitari, ma tace sui pushback polacchi

    Bruxelles – Ci sono movimenti sul confine tra Bielorussia e Polonia, dove le forze di frontiera di Minsk hanno sgomberato un campo per migranti improvvisato che da giorni ospitava oltre duemila persone. L’agenzia di stampa statale Belta ha riportato che le persone migranti hanno trascorso la notte in un centro logistico in una zona più interna del Paese. Intanto l’Unione Europea sta tentando di coordinare un’azione più decisa sul piano degli aiuti umanitari (dopo l’annuncio di 700 mila euro stanziati per le organizzazioni internazionali partner), ma non si sentono ancora voci di condanna rispetto ai respingimenti illegali operati dai soldati polacchi alla frontiera.
    Persone migranti bloccate al confine tra Bielorussia e Polonia
    “Le uniche informazioni sugli spostamenti di migranti che possiamo mettere a disposizione sono quelle fornite da Minsk, perché al momento non abbiamo accesso alle zone di confine“, ha spiegato un funzionario della Commissione UE. Quello che si sa è che “dovrebbero essere garantite condizioni di vita migliori in questi centri”, anche se preoccupa il numero imprecisato (“forse anche 10 mila”) di persone migranti che potrebbero essere già presenti sul territorio bielorusso.
    È per questo motivo che la preoccupazione maggiore dell’esecutivo comunitario riguarda l’assistenza umanitaria da fornire ai migranti, “sia quelli ancora bloccati” al confine tra Polonia e Bielorussia, “sia quelli che si trovano nella zona circostante”, confermano fonti UE. Bruxelles sta ancora lavorando sul modo “più efficace” per mettere subito a disposizione i fondi stanziati (e quelli aggiuntivi che potrebbero arrivare nei prossimi giorni) e garantire che la Croce Rossa e le altre organizzazioni internazionali partner siano in grado di intervenire subito a supporto dei migranti.
    Gli sforzi del gabinetto von der Leyen si stanno concentrando anche sul sostegno che può essere dato nello spostamento delle persone dalla primissima linea di confine e sui rimpatri “su base volontaria” dalla Bielorussia ai Paesi di origine. Tuttavia, le stesse fonti hanno precisato che “i fondi previsti servono ad aiutare i migranti, non a finanziare voli di rimpatrio“. A questo proposito, in ogni caso, è stata espressa gratitudine all’Iraq per aver organizzato il primo volo ieri (giovedì 18 novembre) per 431 cittadini iracheni e da Bruxelles ci si aspetta che vengano organizzate “quanto prima” iniziative simili anche da altri Paesi mediorientali e africani.
    Idranti usati dai soldati polacchi contro le persone migranti bloccate alla frontiera con la Bielorussia (16 novembre 2021)
    Per il momento rimane esclusa l’opzione di corridoi umanitari per le circa duemila persone che si trovano nei pressi del confine o nella zona immediatamente attigua. “Esistono già i mezzi legali per fare richiesta di protezione internazionale sul territorio dell’UE”, è stato il secco commento del funzionario della Commissione. Ma non è arrivata nessuna risposta sulle continue violazioni della Polonia delle procedure di asilo attraverso pushback, i respingimenti illegali di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea. L’unico – quasi sussurrato – rimprovero è stata l’esortazione ad accettare l’intervento della protezione civile europea sul confine tra Polonia e Bielorussia, per dare sostegno alle persone migranti ancora bloccate. Ma Varsavia per ora sembra essere sorda alla proposta.
    A proposito dell’approccio delle autorità polacche al confine, altre 45 persone (che si aggiungono alle cento di ieri) sono state fermate e detenute dopo essere riuscite a superare la barriera di filo spinato. Varsavia denuncia che un gruppo di 500 migranti ha cercato di attraversare il confine tra Polonia e Bielorussia a seguito dello sgombero dell’accampamento di fortuna da parte delle forze di frontiera bielorusse. La risposta violenta del governo guidato da Mateusz Morawiecki non è cambiata nemmeno dopo la notizia della morte di un bambino di un anno nella foresta alla frontiera durante la notte tra mercoledì e giovedì. Il bilancio dei decessi alla frontiera polacco-bielorussa sale ora ad “almeno dieci”, confermano le fonti UE.

    Secondo le informazioni di Minsk, le persone sono state trasferite in una zona più interna del Paese. Bruxelles lavora sul “modo più efficace” di coordinare il sostegno alle ONG, mentre Varsavia non cambia il suo approccio violento

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    Grandi (UNHCR) al Parlamento europeo: “Sui migranti l’UE ha fatto molto, ma ora deve fare di meglio”

    Bruxelles – Per i 70 anni dalla Convenzione di Ginevra, l’Alto Commissario ONU per i rifugiati Filippo Grandi è intervenuto in apertura della plenaria del Parlamento Europeo. Grandi ha ricordato che “nessuno sceglie di essere un rifugiato”, ma oggi sempre più persone sono costrette a fuggire da Paesi afflitti da condizioni di disagio estreme.
    Il Commissario ha ribadito l’impegno dell’UNHCR “per proteggere i rifugiati, operando sul campo in più di 130 Paesi del mondo”. Un impegno, quello della solidarietà, che Grandi ha chiesto di potenziare e rinnovare a tutti i membri dell’Unione europea: “L’Europa oggi fa già molto, ma ora serve una leadership politica che prevenga le cause”.
    Nel corso dell’intervento è stato tracciato un rapido quadro della situazione dei rifugiati oggi. “Circa il 90 per cento dei rifugiati provengono da Paesi a basso o medio reddito”, ha ricordato Grandi, per poi soffermarsi su alcune situazioni in particolare: “In Libano praticamente un abitante su cinque è un rifugiato, nel caso della Colombia invece stiamo parlando di circa 1,7 milioni di rifugiati venezuelani ospitati sul territorio”.
    Grandi ha poi sottolineato come il cambiamento climatico abbia esasperato situazioni vecchie e nuove: “Nel Sahel il peggioramento delle condizioni climatiche ha prodotto una scarsità di risorse che rischia di distruggere la coesione sociale e dare spazio a nuove migrazioni di massa”.
    Le migrazioni sono oggi una sfida globale, che richiedono una risposta coordinata. Per Grandi il primo passo è “aiutare i Paesi in via di sviluppo per prevenire i movimenti forzati”, ma non solo. Molte delle persone costrette a fuggire sognano un giorno di tornare in patria, ma non possono per problemi di sicurezza o mancanza di servizi. Per l’UNHCR “rimuovere gli ostacoli che impediscono il rientro” è oggi uno dei punti fondamentali per migliorare la condizione di milioni di persone costrette alla fuga.
    In chiusura il Commissario ha ribadito che “le sfide delle migrazioni non possono giustificare i muri, i pestaggi e i respingimenti dei migranti”, con una chiara allusione alla situazione di tensione al confine tra Polonia e Bielorussia. Per Grandi l’UE dovrebbe “fare di meglio” per rispettare lo Stato di diritto e aiutare i Paesi che gestiscono i flussi migratori in prima persona.
    In questo senso il Patto per le migrazioni e l’asilo proposto dalla Commissione europea ha sollevato l’apprezzamento di Grandi, che lo ha definito “un primo passo per fornire ai membri dell’UE un quadro per la gestione dei flussi migratori”.

    L’Alto commissario ONU per i rifugiati è intervenuto in apertura della plenaria dell’Europarlamento in occasione dei 70 anni della Convenzione di Ginevra per i rifugiati, tracciando una serie di punti per la gestione globale delle migrazioni