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    Le sanzioni UE non fermano il commercio della Bielorussia: nel 2021 aumentate le importazioni dei Paesi baltici

    Bruxelles – Sono stati tra i Paesi UE che hanno fatto avanzare la linea più dura nei confronti della Bielorussia di Alexander Lukashenko, ma alla prova del nove i Baltici hanno dimostrato di avere non poche difficoltà a rispettare nei fatti le proprie politiche aggressive. Nei primi dieci mesi del 2021 in Estonia, Lettonia e Lituania le importazioni dalla Bielorussia hanno toccato livelli record, nonostante le dure sanzioni economiche imposte da Bruxelles contro Minsk a giugno.
    Analizzando le statistiche degli Istituti nazionali di ricerca dei tre Paesi baltici, è facile osservare come le relazioni commerciali con la Bielorussia si siano cementate, anziché essere scoraggiate dai rapporti lacerati tra l’Unione Europea e il regime di Lukashenko. Con 522 milioni di euro complessivi, le importazioni dell’Estonia sono più che raddoppiate rispetto all’anno precedente (221 milioni) e anche nei mesi di crisi più acuta – tra maggio e ottobre – la media mensile non è mai scesa sotto i 50 milioni di euro. Discorso simile può essere fatto per la Lettonia, che ha registrato importazioni per 406,5 milioni di euro, il livello più alto negli ultimi 10 anni (nel 2020 si era fermato a 298,5). Ancora più esemplificativo il caso della Lituania, il Paese che per primo ha adottato dure misure per opporsi alla “guerra ibrida” di Lukashenko: nel 2021 le importazioni commerciali hanno toccato il miliardo di euro (erano 830 milioni nel 2020).
    Questi forti aumenti rivelano la complessità in termini economici per i Paesi baltici nel trovare un equilibrio con la retorica aggressiva adottata in politica estera. La Bielorussia è e rimane un importante partner commerciale per questa regione, anche considerato il flusso di merci in arrivo dall’Asia e che vi transita prima di arrivare in Europa Occidentale. Le importazioni da Minsk includono prodotti dell’industria del legno, dei fertilizzanti e del settore del petrolio, quest’ultimo nella lista delle misure restrittive UE e statunitensi.
    Dopo aver negato a dicembre qualsiasi violazione delle sanzioni, il governo estone rischia ora di farsi travolgere dalle polemiche per la crescita di un commercio che evidentemente non riguarda solo “merci di transito” attraverso il Paese. Anche il ministero degli Esteri lettone ha assicurato che gli affari commerciali stanno avvenendo nel rispetto del regime di sanzioni. Ma il rischio è quello di dover affrontare la stessa bufera che si è scatenata poche settimane fa a Vilnius, quando sia il ministro lituano degli Esteri, Gabrielius Landsbergis, sia quello dei Trasporti, Marius Skuodis, hanno presentato le dimissioni (poi respinte) a causa delle rivelazioni sul trasporto mai cessato del potassio bielorusso sottoposto alle sanzioni di Bruxelles sulla rete ferroviaria nazionale.

    Nonostante le posizioni aggressive in politica estera contro il regime di Alexander Lukashenko, nel 2021 si è registrato un forte aumento delle esportazioni da Minsk in direzione Lituania, Estonia e Lettonia

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    Brexit: le pressioni britanniche per rivisitare il protocollo sull’Irlanda del Nord spaventano Dublino

    Bruxelles – L’Irlanda inizia a pensare a delle “misure di riequilibrio” in caso l’accordo di cooperazione e commercio tra Unione europea e Regno Unito dovesse essere sospeso. Lo ha spiegato Leo Varadkar, ex taoiseach (capo di governo) della Repubblica irlandese, ed attuale ministro del Commercio. Secondo Varadkar “nessuno vuole che l’UE sospenda l’accordo”, ma i recenti dissapori in ambito commerciale tra Londra e Bruxelles potrebbero comunque metterlo a rischio.
    A minacciare l’accordo è soprattutto la possibilità che il Regno unito invochi l’articolo 16 del Protocollo sull’Irlanda del Nord, che fa parte dell’accordo con cui è stata portata a termine la Brexit. Al momento il territorio nordirlandese, pur rimanendo sotto la sovranità di Londra, è equiparato de facto a un Paese membro dell’UE per quel che riguarda il commercio. Lo scopo dell’accordo è quello di fare in modo di garantire un passaggio delle merci il più rapido possibile rapido tra Regno Unito, Irlanda del Nord e resto dell’UE ed evitare l’imposizione di dazi.
    L’articolo in questione, tuttavia, ammette che uno dei contraenti possa introdurre delle “misure di riequilibrio” in caso di “serie difficoltà economiche, sociali o ambientali”. Nè le misure, nè le difficoltà vengono definite all’interno del documento, ma è probabile che attivare l’articolo porterebbe alla sospensione di tutti gli accordi commerciali attualmente in vigore – con la possibilità di generare una “guerra dei dazi” tra un lato e l’altro della Manica.
    L’articolo era stato invocato nel gennaio 2021 dalla Commissione europea per limitare l’export dei vaccini in un momento in cui scarseggiavano per coprire la domanda europea, ma non era stato fatto nessun passo per l’attivazione.
    Adesso sia Boris Johnson sia David Frost, ministro per la Brexit, nel corso degli ultimi negoziati tornano a evocare la possibilità di attivare questa “opzione nucleare”. Per Frost “l’Articolo 16 è una delle opzioni sul tavolo”. Lo scopo dei negoziatori inglesi è ora quello di ottenere concessioni per procedure commerciali semplificate (in entrata e in uscita) con l’Unione, specie in vista dei problemi logistici che affliggono il Paese.
    Secondo l’Irlanda, però, se l’esecutivo di Johnson decidesse di tirare troppo la corda i negoziati potrebbero saltare comunque, anche se l’ipotesi non è quella preferita da nessuno dei contraenti. Eventualità remota, ma a cui Dublino non vuole arrivare impreparata.

    Leo Varadkar, primo ministro irlandese, afferma che il suo paese prepara delle “misure per controbilanciare” in caso l’accordo commerciale tra UE e Regno Unito dovesse saltare come risultato della trattativa sul Protocollo per l’Irlanda del Nord

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    Gibilterra, UE pronta a negoziare le nuove relazioni post-Brexit

    Bruxelles – Adesso si può iniziare a dare forma al futuro di Gibilterra. Il Consiglio dell’UE ha deciso di avviare i negoziati col Regno Unito per definire le nuove relazioni con il possedimento britannico, al confine con la Spagna e incastonato tra frontiere UE terrestri e marittime. La decisione è arrivata in occasione della riunione dell’Ecofin. I ministri dell’Economia e delle Finanze dei Ventisette hanno approvato la proposta senza discussione. Un processo formale previsto dall’iter legislativo a dodici stelle.
    La decisione conferisce alla Commissione europea il mandato per avviare i negoziati con Londra. L’esecutivo comunitario aveva già rotto gli indugi presentando una sua propria strategia per il territorio d’oltre mare britannico, innescando uno scontro con Londra. L‘accordo commerciale e di cooperazione raggiunto tra la UE e UK non copre Gibilterra, lasciata fuori in sede negoziale. Un vuoto a cui si intende rimediare.
    Gibilterra. [foto: Wikimedia]L’obiettivo che si pone l’Unione europea è stabilire un accordo “ampio ed equilibrato” nei confronti di Gibilterra, in considerazione della particolare situazione geografica e delle specificità del territorio. Un qualunque accordo tra le due parti, quando raggiunto, non dovrebbe pregiudicare le questioni di sovranità e giurisdizione. 
    Gibilterra, su cui la Spagna nutre da secoli interessi, è parte del Regno Unito dal 1713. Due diversi referendum sottoposti alla popolazione della Rocca, nel 1967 e nel 2002, hanno sancito la sovranità di Londra. Madrid contesta comunque ‘sconfinamenti’ in territorio spagnolo. L’aeroporto locale si sarebbe sviluppato oltre i confini del territorio, le accuse e le denunce spagnole. Il governo spagnolo vorrebbe approfittare della situazione per garantirsi ‘voce in capitolo’ sul territorio.
    Da qui in avanti si dovrà innanzitutto capire come ragionare flussi di merci e persone, disciplinare il traffico aereo e navale, spostamenti, regimi tariffari per i beni in entrata e uscita, e requisiti di viaggio. Il lavoro dell’UE inizia adesso. Al team von der Leyen il compito di chiudere un buon accordo.

    Via libera del Consiglio per l’avvio delle trattative. Il passaggio formale conferisce alla Commissione il mandato per il confronto con Londra

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    UE e Australia rimandano i colloqui commerciali, pesa il caso dei sottomarini

    Bruxelles – Il ministero del Commercio australiano ha confermato che i colloqui per il raggiungimento di un accordo commerciale con l’Unione europea sono stati rimandati. Il ministro Dan Tehan ha affermato che il meeting è stato spostato di un mese e si terrà il prossimo novembre alla presenza di Valdis Dombrovskis
    La notizia segue le tensioni tra Australia e Paesi europei scaturite in seguito alla nascita di AUKUS. Il partenariato strategico tra Washington, Canberra e Londra aveva portato alla cancellazione di una commessa della francese Naval Group per la costruzione di una flotta di sottomarini per l’Australia – valore stimato intorno ai 40 miliardi di euro.
    La Commissione aveva scelto di prendere le parti del Governo francese, che aveva ritirato i suoi ambasciatori in Australia e negli Stati Uniti. In quell’occasione la presidente Ursula von der Leyen aveva messo in dubbio la possibilità di proseguire nei colloqui commerciali con il governo australiano.
    La crisi tra Francia e Stati Uniti si è un poco alleggerita, in seguito ad una telefonata tra Emmanuel Macron e Joe Biden. L’Eliseo ha disposto di far rientrare l’ambasciatore a Washington, ma si è rifiutata di fare altrettanto per il suo rappresentante in Australia.
    La Commissione ha chiarito che la volontà di rimandare i colloqui non è una rappresaglia per gli avvenimenti dello scorso mese. Tehan si è invece rifiutato di rispondere in merito all’influenza della questione dei sottomarini sulla decisione di spostare l’evento.

    I colloqui per il raggiungimento di un accordo si terranno a novembre. Per la Commissione non si tratta di una rappresaglia, mentre il Ministro australiano si è rifiutato di commentare sull’influenza di AUKUS nella scelta

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    Accordi UE-Marocco illegittimi. “Siglati dal Consiglio senza il consenso del popolo Sahrawi”

    Bruxelles – Gli accordi commerciale UE-Marocco non sono validi. Il Consiglio li ha avallati calpestando il popolo saharawi, a cui sono stati imposti solo obblighi senza riconoscere alcun diritto, e scavalcandolo nella misura in cui i diretti interessati non stati né coinvolti né interpellati. La sentenza del Tribunale dell’UE boccia l’Unione in tutto, nel suo modo di fare e nel merito di accordi contestati fin dall’inizio.
    Unione europea e Marocco hanno trovato un accordo per l’importazione nel mercato unico di prodotti agricoli e di mare di origine marocchina nel 2013, e rinnovato nel 2019. L’accordo ha finito per includere anche i territori del Sahara occidentale, su cui Rabat rivendica sovranità e ancora al centro di contese. La repubblica araba di Sahrawi (RDAS) non è riconosciuta in sede ONU, non è riconosciuta da nessuno degli Stati membri dell’UE,  ma è riconosciuta dall’Unione africana, che la inserisce nella lista degli Stati indipendenti e sovrani. Ma il territorio della RDAS è costituito da appena un quinto di ciò che reclama per sé, controllato dal Marocco.
    [foto: ECFR – European Council on Foreign Relations]Il Fronte Polisario, il movimento per l’autodeterminazione del popolo sahrawi e il riconoscimento di tutto il territorio rivendicato, ha contestato già nel 2013 l’accordo bilaterale UE-Marocco, e così ha fatto nel 2019. Il motivo è sempre lo stesso: gli accordi si applicano al Sahara occidentale senza consenso, prevedono lo sfruttamento delle sue risorse naturali e promuovono la politica di annessione di tale territorio da parte del Marocco.
    Adesso da Lussemburgo si riconoscono le ragioni Sahrawi. “Non è stato rispettato il requisito relativo al consenso del popolo del Sahara occidentale ai fini del principio dell’efficacia relativa dei trattati”, stabiliscono i giudici del Tribunale. Il trattato dunque non è valido. Anche perché la norma di diritto internazionale per cui si può presumere il consenso di terzo parti ad un accordo internazionale quando le parti di tale accordo intendessero attribuirgli diritti, “non è applicabile al presente caso, poiché gli accordi in questione non hanno lo scopo di conferire diritti al popolo del Sahara occidentale, ma di imporre loro obblighi”.
    C’è poi l’aspetto ancora più esplicitamente politico della vicenda. Il Tribunale di Lussemburgo riconosce che le decisioni impugnate, vale a dire gli accordi commerciali contestati dal Fronte Polisario, “hanno effetti diretti sulla posizione giuridica del ricorrente come rappresentante di questo popolo e come parte nel processo di autodeterminazione in questo territorio”. L’accordo siglato dall’UE dunque ha come conseguenza quello di riconosce la repubblica araba di Sahrawi e il suo popolo come parte del Marocco.
    Tutto da rifare, dunque. Serve un nuovo accordo UE-Marocco sui prodotti agricoli (viene riconosciuto legittimo quello sulla pesca), e il Tribunale offre tempo per scriverne un altro. Accanto alla vittoria di principio e nel merito, il Fronte Polisario vede la ‘beffa’ della non cancellazione automatica degli accordi riconosciuti illegittimi. I giudici stabiliscono che gli effetti dell’accordo “siano mantenuti per un certo periodo“, poiché l’annullamento con effetto immediato “potrebbe avere gravi conseguenze sull’azione esterna dell’Unione europea e mettere in dubbio la certezza del diritto rispetto agli impegni internazionali che ha concordato”. Il Tribunale precisa che l’accordo resta in vigore per un termine “non superiore a due mesi”, utili per la presentazione del ricorso. Dopodiché tutto sarà oggetto o di nuovi contenziosi o di nuovi negoziati.
    Le imprese confidano nel ricorso alla Corte. Non ne fa mistero la Confederazione generale delle imprese marocchine (CGEM), il cui presidente Chakib Alj è a Bruxelles per rinsaldare i legami con BusinessEurope, l’unione delle confindustrie europee. La sentenza “crea incertezza”, lamenta, quando invece le imprese “hanno bisogno di un ambiente certo”. Quindi l’accusa. “Il Fronte Polisario contesta l’accordo quando Commissione, Parlamento e Consiglio UE lo sostengono”. Un modo per delegittimare ancora di più la posizione del popolo Sahrawi. La CGEM ricordano che l’accordo resta in vigore e attende il secondo grado di giudizio, quello della Corte. Intanto fa pressione avvertendo che gli investimenti, specie quelli verdi, nella regione sono a rischio.
    Anche Tiziana  Beghin mostra preoccupazione ed esorta a soluzioni al problema. “Per il nostro tessuto commerciale e per la sicurezza delle nostre frontiere, resta cruciale continuare a sviluppare il nostro Partenariato con il Marocco“, dice la capo delegazione del Movimento 5 Stelle in Parlamento europeo e membro della commissione Commercio internazionale.

    Il Tribunale dell’UE boccia le intese commerciali per i prodotti agricoli e ripropone la questione del Sahara occidentale, indipendente solo per l’Unione africana e con rivendicazioni in corso per il territorio

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    Brexit, alla fine l’UE cede: per altri tre mesi salsicce e carne refrigerata circoleranno tra Londra e Belfast senza controlli

    Bruxelles – Alle pressioni del Regno Unito, di Belfast e anche del presidente statunitense, Joe Biden, l’Unione Europea alla fine ha ceduto: il periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda sarà esteso fino al 30 settembre. Le salsicce sono salve, così come tutti i prodotti refrigerati che vengono trasportati dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord.
    Si tratta di una concessione temporanea ai controlli da parte delle autorità UE dei certificati sanitari (che nel contesto post-Brexit servono per mantenere integro il Mercato Unico sull’isola d’Irlanda) ai supermercati e fornitori britannici per il commercio di generi alimentari. Entrata in vigore provvisoriamente dall’inizio di quest’anno, con la firma dell’accordo di commercio e di cooperazione (TCA), sarebbe dovuta scadere lo scorso primo aprile. Ma con la decisione unilaterale di Downing Street dello scorso 3 marzo di estendere il periodo di grazia fino alla fine di ottobre, si era aperta la cosiddetta ‘guerra delle salsicce’ con l’UE.
    Dopo nemmeno due settimane, Bruxelles aveva inviato a Londra una lettera di costituzione in mora (il primo passo per per aprire una procedura di infrazione) per presunte violazioni del protocollo sull’Irlanda del Nord dell’Accordo di recesso tra UE e Regno Unito. La tensione è rimasta alta per tre mesi, ma con la decisione di oggi il problema è stato rimandato di almeno altri tre. “Non stiamo emettendo un assegno in bianco“, ha voluto precisare in conferenza stampa il vicepresidente della Commissione UE per le Relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, Maroš Šefčovič. “Ma vogliamo dimostrare di rimanere fedeli alla pace e stabilità” in Irlanda, “evitando al contempo un confine duro sull’isola e mantenendo l’integrità del Mercato Unico”.
    Se sono ormai sotto gli occhi di tutti le lacune nell’attuazione dell’Accordo di recesso, l’esecutivo UE ha presentato oggi un pacchetto di misure per “affrontare le questioni più urgenti“. Quella maggiore riguardava proprio il commercio di carni refrigerate dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. La soluzione – “di natura temporanea” – ha posto alcune condizioni “rigorose”, tra cui certificati sanitari obbligatori, confezionamento ed etichettatura “solo Irlanda del Nord” e standard dei prodotti che devono rimanere invariati. Con lo scattare del primo ottobre, a meno di una nuova ‘guerra delle salsicce’, il Regno Unito dovrà aver completato il processo di adattamento delle catene di approvvigionamento.
    Una seconda parte del pacchetto ha affrontato altre questioni di breve-medio termine, come la fornitura di medicinali da Londra a Belfast (“la Commissione presenterà una proposta legislativa all’inizio dell’autunno”, ha anticipato il vicepresidente Šefčovič), la circolazione dei cani guida che accompagnano le persone che viaggiano dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord, il movimento del bestiame e l’esenzione ai conducenti britannici di mostrare la Carta Verde dell’assicurazione auto quando entrano nell’UE. Šefčovič ha sottolineato che “in alcuni casi abbiamo ribaltato completamente le nostre regole per trovare una soluzione solida a una sfida eccezionale”.
    Dall’altra parte della Manica, il governo di Boris Johnson ha accolto con favore l’estensione del periodo di grazia, ma avvertendo i Ventisette che per arrivare a una soluzione permanente dovranno accettare “un’attuazione pragmatica e proporzionata dell’intesa“, ha avvertito il consigliere britannico per la Sicurezza nazionale, David Frost. Cosa voglia dire, ancora non è chiaro, ma l’approccio “legalistico” adottato finora da Bruxelles è stato duramente attaccato da Downing Street: “Ha causato a un gran numero di problemi, fra cui quello del transito delle carni fresche è solo uno”, è stato il commento caustico di Frost. “Ora dobbiamo lavorare in modo energico per trovare soluzioni definitive a questi problemi”.

    Esteso fino a fine settembre il periodo di grazia sul commercio di generi alimentari tra l’Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito. Il vicepresidente della Commissione Sefcovic: “Non è un assegno in bianco”

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    Riforma dell’OMS, clima, tecnologia: i nuovi tavoli di lavoro UE-USA che rilanciano l’alleanza

    Bruxelles – “Un eccellente incontro tra amici e alleati“. Così Ursula von der Leyen sintetizza il summit UE-Stati Uniti che produce un grande successo politico. La presidente della Commissione europea si riferisce all’intesa trovata dalla due parti sulla questione Airbus-Boeing, anche se in realtà il vertice con il nuovo inquilino della Casa Bianca segna passi in avanti su molti fronti. “L’america è tornata – ha scandito Joe Biden durante l’incontro, dopo aver ricordato di essere di origine irlandese – e la delegazione di ‘serie A’ che ho portato con me lo dimostra”.
    Nuovo corso su clima e intellgenza artificale
    Non ci sono solo i successi in politica commerciale. Stati Uniti e Unione europea hanno convenuto di rilanciare il loro legame sul fronte dell’innovazione e del clima, attraverso l’attivazione di nuovi canali di lavoro. Via libera quindi alla creazione di un consiglio UE-USA sulla tecnologia, volto a creare un partenariato tutto nuovo sulle nuove tecnologie, in particolare le intelligenze artificiali. D’accordo anche all’istituzione di un gruppo d’azione di alto livello per il clima per promuovere “la diplomazia climatica” e coinvolgere così i governi in politiche globali di sostenibilità, sotto la cabina di regia euro-americana. “Quando si parla di lotta ai cambiamenti climatici Unione europea e Stati Uniti sono partner naturali”, scandisce von der Leyen. Su tutto ciò che riguarda la sostenibilità, i leader si dicono disposti a “continuare e rafforzare” la cooperazione per affrontare il cambiamento climatico, il degrado ambientale e la perdita di biodiversità, promuovere la crescita verde, proteggere i nostri oceani e sollecitare un’azione ambiziosa da parte di tutti gli altri principali attori.
    Lotta al COVID, riforma dell’OMS e viaggi aerei il prima possibile
    La creazione di tavoli tecnici e organismi ad hoc non si esaurisce qui. Si è deciso di un raggiungere un accordo congiunto UE-USA attraverso il gruppo di lavoro di esperti per lo scambio di informazioni e competenze per rilanciare viaggi sicuri e sostenibili tra l’UE e gli Stati Uniti. Un passo che si colloca nel più ampio impegno comune di “porre fine alla pandemia di COVID attraverso la cooperazione globale”. In tal senso l’Unione europea ottiene da Biden il via libera all’istituzione, all’interno dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS),  di un gruppo di lavoro sul rafforzamento della preparazione e della risposta  alle emergenze sanitarie.
    Alleanza transatlantica in chiave anti-cinese e anti-russa
    La Commissione europea che dichiara le sue ambizioni geopolitiche ottiene un’alleanza euro-americana in senso anti-russo e anti-cinese. Ribadendo anche quanto già sancito nel corso del summit dei leader della Nato, Stati Uniti e Unione europea si dicono “uniti nell’approccio di principio” nei confronti di Mosca, e pertanto “pronti a rispondere con decisione” all’azione del Cremlino considerata come “negativa e dannosa”. Da qui l’esigenza di “stabilire un dialogo ad alto livello UE-USA sulla Russia“.
    Ma c’è anche lo scomodo interlocutore cinese a unire le due sponde dell’Atlantico. Biden, von der Leyen e Michel sono d’accordo a lavorare insieme per “sfidare e contrastare le pratiche non di mercato cinesi“. Ma più in generale la rinnovata alleanza agirà “in modi specifici che riflettano i nostri elevati standard, compresa la collaborazione sugli investimenti in entrata e in uscita e sul trasferimento di tecnologia”. 
    C’è poi l’attacco frontale su questioni assai sensibili per il regime di Pechino. Stati Uniti e Unione europea sono decisi a “coordinare” l’agenda politica per quanto riguarda “le continue violazioni dei diritti umani nello Xinjiang e in Tibet, l’erosione dell’autonomia e dei processi democratici a Hong Kong, le campagne di disinformazione”.
    Il summit UE-Stati Uniti è andato meglio di come si potesse pensare. “Il presidente Biden ha detto che gli Stati Uniti sono tornati sulla scena internazionale, e noi lo prendiamo in parola”, afferma il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che porta a casa impegni e progressi reali di cui l’Ue aveva bisogno e che guarda già oltre. Quanto raggiunto a Bruxelles “è un punto di partenza, ovviamente”.

    Il summit bilaterale produce grandi risultati. Michel: “Biden dice che gli Stati Uniti sono tornati sulla scena internazionale e lo prendiamo in parola, ma è un punto di partenza”

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    Salute, blue economy e materie prime: UE e Canada danno nuove impulso alle loro relazioni

    Bruxelles – Salute, materie prime e commercio, sicurezza, clima. Unione europea e Canada rinsaldano il loro legame con un nuovo processo di cooperazione che le vede inaugurare nuove fasi su più fronti. Il summit bilaterale di Bruxelles vede la decisione di creare un nuovo dialogo per la salute, l’attivazione di un forum per sull’economia marittima per la protezione degli oceani e la promozione della blue economy, l’avvio di un partenariato strategico UE-Canada sulle materie prime al fine di diversificare le fonti di importanti input dell’economia verde e digitale lontano.
    “Dobbiamo essere uniti”, dice l’ospite d’onore, il primo ministro canadese Justin Trudeau, che lascia la capitale dell’UE tenendo fede a premesse e promesse. Prima di lasciare Bruxelles il leader canadese riafferma l’importanza dei “valori” che legano le due sponde dell’Atlantico, che si traduce nell’impegno a “lavorare stretto contatto per affrontare le preoccupazioni e le sfide comuni che affrontiamo nelle relazioni con Cina e Russia“, come messo nero su bianco nelle conclusioni di fine lavori.
    E’ un summit UE-Canada ricco di sostanza quello andato in scena a Bruxelles. C’è la voglia di “coordinare sforzi” di riforma dell’OMS, e non è poco. “Dobbiamo migliorare il sistema di allerta, perché abbiamo perso del tempo prezioso all’inizio” della pandemia, rileva la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Un lavoro necessario ma non scontato, poiché si intreccia col più delicato capitolo di riforma del WTO, l’Organizzazione mondiale per il commercio. Ma le due cose, quando si parla di salute, vanno di pari passo. UE e Canada intendono “lavorare insieme per facilitare il commercio di beni medici essenziali”, nell’ottica dell’alleanza per la salute.
    Trudeau propone un trattato internazionale sulle pandemie, nell’ambito di una nuova OMS. L’Unione europea trova il sostegno a lavorare per la creazione di un’Agenzia africana del farmaco e investimenti nel continente: è questa la strategia per superare le crisi. “La liberalizzazione dei brevetti dei vaccini non sono una bacchetta magica”, scandisce il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. “Preferiamo progetti concreti per l’aumento della capacità produttiva”. Avanti così, dunque.
    Si difende il CETA, il trattato di libero scambio UE-Canada. Da quando è stato introdotto in via provvisoria il commercio di beni è cresciuto del 25%, quello di servizi del 39%. Si intende lavorare per arrivare alla piena ratifica e applicazione dell’accordo, a cui si aggiunge l’alleanza sulle materia prime e non solo quella. “Condividiamo gli stessi valori, siamo per il multilateralismo”, ripetono i tre leader, e nel complesso, tiene a sottolineare Trudeau, “la partnership UE-Canada è più forte che mai”.
    Lo dimostra anche il nuovo impulso dato alla sicurezza cibernetica. UE e Canada approfondiranno la cooperazione digitale attraverso il dialogo digitale Canada-UE e il partenariato globale sull’intelligenza artificiale. Un esercizio che implica la collaborazione in materia di ricerca e sviluppo. Qui, sottolinea Michel, “continueremo a rafforzare la nostra cooperazione attraverso il programma Orizzonte Europa”, il programma quadro UE per la ricerca.
    Capitolo difesa. Per cortesia istituzionale Trudeau non risponde a chi chiede pareri su una maggiore integrazione europea in materia, ma il Canada è stato invitato a partecipare al progetto Mobilità Militare della PESCO, ed è von der Leyen a ricordare che la Cooperazione strutturata permanente in materia di sicurezza e difesa (PESCO) “è stata creata per garantire maggiore interoperabilità, e che la PESCO permette una maggiore complementarità con la Nato” e quindi è un bene anche per il Canada.

    Il summit bilaterale ospitato a Bruxelles rilancia un rapporto “più forte che mai”. Impegni per riformare l’Oms, proteggere gli oceani e rispondere alle minacce russo-cinesi