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    Energia e informazione in tempo di guerra. Il Comitato Economico e Sociale getta luce sulla situazione in Ucraina

    Bruxelles – Il Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese) chiude un anno di impegno eccezionale a sostegno dell’Ucraina, con un focus sull’energia e l’informazione in tempo guerra proprio in occasione dell’ultima sessione plenaria (14-15 dicembre). “Gli ucraini hanno pagato un grande prezzo per la pace, per la ricostruzione del Paese dobbiamo lavorare con i gruppi della società civile, perché si possa costruire un futuro di pace”, ha esordito la presidente del Cese, Christa Schweng, aprendo oggi (mercoledì 14 dicembre) il seminario per i giornalisti ‘Energy and Media as Weapons in the wartime‘, accompagnato dall’esposizione di fotografie dal titolo ‘Children in war‘: “Spesso dimentichiamo che dietro a tutto questo c’è l’aspetto umano, e questa mostra fotografica è qui a ricordarcelo”, ha aggiunto il vicepresidente Cillian Lohan.
    L’esposizione fotografica ‘Children in war’ alla sede del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese)
    A proposito dell’arma dell’informazione, l’intervento della giornalista ucraina di Inter Tv-channel Olena Abramovych si è focalizzato sul fatto che nei primissimi giorni di guerra i media ucraini si sono dovuti anche occupare del contrasto alla propaganda russa: “Eravamo pronti allo scenario di una guerra-lampo, con disinformazione come quella secondo cui il presidente Zelensky era fuggito da Kiev, che puntava a creare caos”. Tra i maggiori problemi registrati ci sono stati i bombardamenti alle stazioni televisive, “per oscurare i media e non permettere di diffondere le informazioni” e anche la fuga di giornalisti dall’est del Paese: “Ma molti altri hanno iniziato dal secondo giorno con le maratone giornalistiche, con una condivisione delle riprese nei diversi canali”, ha ricordato Abramovych.
    A tracciare una panoramica aldilà del confine è il giornalista russo Tikhon Dzyadko, direttore del media indipendente Dozhd Tv che continua a operare in esilio: “Più di 500 colleghi hanno lasciato il Paese, dove c’è una dittatura militare e dove non si parla mai di guerra, ma sempre di operazione militare speciale”. Mentre “tutti i media indipendenti lavorano all’estero”,  in Russia “la propaganda di regime dipinge una realtà parallela, per cui l’86 per cento dei cittadini supporta la guerra“, ha spiegato Dzyadko, che ha messo in guardia da un errore che viene spesso commesso dagli organi di informazione occidentali: “Gli europei riportano questi dati perché non conoscono la realtà sul campo”. La lituana Tatjana Babrauskienė (membro del gruppo Lavoratori del Cese) ha sottolineato che “i media indipendenti, anche in Bielorussia, vanno sostenuti molto più di quanto non si faccia ora e non solo finanziariamente”, mentre il collega polacco Tomasz Wróblewski (membro del gruppo Datori di lavoro del Cese) si è soffermato sul fatto che “in Ucraina e in Russia l’informazione stessa è parte della guerra e la disinformazione fa parte del processo per destabilizzare l’altra parte”.
    Il Cese sull’arma energetica
    L’esposizione fotografica ‘Children in war’ alla sede del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese)
    “La società civile ha avvisato del problema della dipendenza energetica dalla Russia, ne abbiamo parlato per molto tempo, ma la politica è stata cieca”, ha attaccato la ceca Alena Mastantuono (membro del gruppo Datori di lavoro del Cese), trattando del tema energetico: “Nell’ultimo anno abbiamo visto crescere i prezzi dell’energia, un problema per le imprese e per i consumatori, i rincari stanno spingendo l’inflazione e dobbiamo stare attenti all’evoluzione della situazione“. In particolare il prossimo anno potrebbe rappresentare un rischio: “Abbiamo messo al sicuro questo inverno con il 92 per cento degli stoccaggi pieni, ma il prossimo inverno non sarà possibile”, ha avvertito Mastantuono, ricordando che “la sicurezza delle forniture di energia deve essere la priorità numero uno per l’Europa”.
    La soluzione su cui spinge più il Cese è l’implementazione delle risorse rinnovabili, per “ridurre la nostra dipendenza dall’importazione di energia, dal momento in cui può essere usata come un’arma”, ha messo in chiaro il tedesco Lutz Ribbe (membro del gruppo Società civile). “Se importiamo energia, esportiamo soldi, mentre noi possiamo produrre energia meglio in maggiori quantità e a un prezzo più basso”, ha aggiunto Ribbe, chiarendo che i Paesi membri Ue dovrebbero essere “numeri uno al mondo nella produzione di energia rinnovabile”. A proposito di rinnovabili, “se vogliamo evitare di esportare denaro verso altre aree economiche dobbiamo cambiare l’industria”, ha puntualizzato il collega tedesco Thomas Kattnig (membro del gruppo Lavoratori): “Abbiamo un’opportunità sulla produzione di pannelli solari e batterie, negli ultimi 20 anni non ci sono stati abbastanza investimenti a causa dell’austerità”. Anche per Mastantuono è necessario “portare l’industria in Europa per aumentare i posti di lavoro”, senza dimenticare di “guardare anche all’idrogeno”.

    Un seminario per i giornalisti in occasione della sessione plenaria del Cese a Bruxelles, per fare luce sull’utilizzo della disinformazione e il gas come armi. La presidente, Christa Schweng: “Gli ucraini hanno pagato un grande prezzo per la pace, ora dobbiamo lavorare con la società civile”

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    Il Comitato Economico e Sociale Europeo si schiera con l’Ucraina: status di candidato UE e supporto per ricostruzione

    Bruxelles – Dalla società civile si alza una voce chiara a supporto di Kiev, a una settimana esatta da un vertice dei leader UE che sarà decisivo per le prospettive di integrazione europea del Paese invaso dall’esercito russo. Con la risoluzione adottata oggi (giovedì 16 giugno), il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) ha messo nero su bianco le proposte concrete per fornire solidarietà all’Ucraina sul breve periodo e per guidare la ricostruzione una volta che la guerra sarà terminata. La relazione è stata co-firmata dai presidenti dei tre gruppi di lavoro del CESE: Stefano Mallia (datori di lavoro), Oliver Röpke (lavoratori) e Séamus Boland (società civile).
    “La nostra reazione è stata immediata, ma ora serve una chiara prospettiva europea, perché il nostro futuro è fortemente connesso”, ha commentato la presidente del CESE, Christa Schweng, nel corso di un colloquio con alcune testate europee, tra cui Eunews. “L’Unione Europea deve svolgere un ruolo cruciale nella ricostruzione dell’Ucraina, noi siamo determinati in questo”, a partire dal conferimento dello status di Paese candidato all’adesione UE: “Sarebbe un segnale politico, per mostrare quanto è chiara la prospettiva europea”. Come si legge nel testo della risoluzione, il 27 leader UE dovrebbero garantire all’Ucraina lo status di candidato al prossimo Consiglio del 23-24 giugno, senza che questo “vada a scapito del processo di adesione in corso dei Balcani Occidentali”. Per l’Ucraina, il Comitato Economico e Sociale Europeo vede “con favore” un sistema di “passi di integrazione graduali, basati sul rispetto dell’acquis comunitario”. In ogni caso, il conferimento dello status di candidato deve essere “incondizionato”.

    We believe that, at some point, the future of the EU🇪🇺and the future of #Ukraine🇺🇦 will become our common future.
    Therefore, we call on the @EUCouncil to give Ukraine a candidate status at its meeting next week.
    #EESCPlenary pic.twitter.com/35pQdWPjfl
    — EESC President Christa Schweng (@EESC_President) June 16, 2022

    Rimane centrale, sul breve e sul medio termine, il sostegno alle organizzazioni della società civile e alle ONG, che “possono essere genuinamente incluse nella programmazione e nel monitoraggio dell’assistenza umanitaria europea e nazionale”. Il CESE è focalizzato sulle implicazioni pratiche del supporto dei Ventisette, come ha sottolineato ai giornalisti il presidente del gruppo di lavoro sulla società civile Boland: “Grazie alle azioni portate avanti sul campo dai membri che rappresentiamo, siamo nella migliore posizione per ricordare che serve lavorare sulla ricostruzione delle comunità, delle famiglie e del tessuto sociale spezzato“. Ma questa attenzione si dovrà riflettere anche nel momento della ricostruzione, che “non dovrà dimenticare le richieste delle ONG, sottoposte a enormi pressioni”.
    A proposito di ricostruzione, l’assistenza finanziaria europea e internazionale deve “prevenire la totale distruzione dell’economia ucraina” e si dovrà rivolgere in particolare a sostegno delle piccole e medie imprese, degli agricoltori e dei lavoratori. Come sottolineato dai presidenti del gruppo datori di lavoro e dei lavoratori, “gli sforzi di ricostruzione dovranno essere guidati dall’innovazione“, con un’attenzione particolare per la transizione verde e digitale, che “sostituirà le infrastrutture post-sovietiche ormai distrutte e renderà più veloce il processo di adesione”, ha puntualizzato Mallia. Sarà però altrettanto decisivo il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto, “per superare le difficoltà sulla partecipazione democratica e sulla corruzione che vedevamo prima della guerra“, ha ricordato Röpke. In ogni caso, come ribadito durante il punto con la stampa dai presidenti dei tre gruppi di lavoro del CESE e dalla numero uno Schweng, “nei fatti l’Ucraina è già trattata come un Paese membro, ora serve la formalità che deriva dal merito, non dalla carità dell’Unione”.

    Adottata la risoluzione co-firmata dai presidenti dei tre gruppi di lavoro del CESE (datori di lavoro, lavoratori e società civile) sulle proposte concrete per la solidarietà a Kiev. La presidente, Christa Schweng: “C’è una chiara prospettiva europea, il futuro è fortemente connesso”