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    Cresce la preoccupazione Ue per le condizioni del presidente del Niger Bazoum. L’Ecowas prepara l’intervento armato

    Bruxelles – Quando sono passate due settimane dal colpo di Stato in Niger, cresce la preoccupazione delle istituzioni comunitarie per le condizioni di detenzione dell’ormai ex-presidente del Paese, Mohamed Bazoum, e della sua famiglia, tenuti ostaggi dei golpisti e sottoposti a un trattamento durissimo. “Secondo le ultime informazioni sono stati privati di cibo, cure mediche ed elettricità per diversi giorni“, è l’allarme sollevato oggi (11 agosto) dall’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, che continua a esigere dalla giunta militare nigerina il loro “rilascio immediato e incondizionato”.
    L’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, dopo un incontro con il presidente del Niger, Mohamed Bazoum, a Niamey (5 luglio 2023)
    Per Bruxelles c’è ancora spazio di mediazione dopo il golpe militare dello scorso 26 luglio, ma la liberazione del presidente Bazoum – democraticamente eletto due anni fa – è la conditio sine qua non: “Ha dedicato la sua esistenza a migliorare la vita quotidiana del popolo nigerino, non c’è alcuna giustificazione per un simile trattamento“, è la netta condanna dell’alto rappresentante Borrell. A dimostrare che per l’Ue non è ancora arrivato il momento di gettare la spugna è la decisione di non procedere all’evacuazione totale della presenza diplomatica comunitaria. Come reso noto a Eunews da fonti interne alla Commissione, la situazione viene monitorata “minuto per minuto” ma la presenza nel Paese dell’Africa occidentale “rimarrà”, sia con la delegazione Ue sia con la missione civile Eucap Sahel Niger. Oltre a permettere “su base volontaria” di lasciare la capitale Niamey al personale diplomatico e a sospendere la cooperazione in materia di sicurezza di Eucap Sahel Niger, non sono previste ulteriori misure di emergenza, anche se la situazione è molto fluida e potrebbe cambiare nel giro di ore o giorni.
    A sinistra: il presidente attuale della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas) e della Nigeria, Bola Tinubu, alla riunione d’emergenza del 10 agosto 2023 (credits: Kola Sulaimon / Afp)
    Perché è sempre più evidente il contrasto tra il Niamey e la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas), l’accordo economico e di sicurezza regionale siglato da 16 Paesi (Benin, Burkina Faso, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone e Togo). Dopo l’ultimatum scaduto domenica (6 agosto) rivolto ai golpisti a Niamey – che minacciava l’uso della forza se Bazoum non fosse stato liberato e reinsediato come presidente – alla sessione di emergenza tenutasi ieri (10 agosto) è stata decisa la “mobilitazione immediata delle forze di emergenza” per “ripristinare l’ordine costituzionale nella Repubblica del Niger”. Non si tratta di un intervento militare immediato, nonostante le inclinazioni più interventiste dell’attuale presidente del blocco e leader della Nigeria, Bola Tinubu: “Diamo la priorità alle negoziazioni diplomatiche e al dialogo, ma non c’è nessuna opzione che scartiamo, compreso l’uso della forza”. Il tutto sembra lasciare spazio a ulteriori tentativi di negoziati, sia per i tempi che richiede una mobilitazione di forze di emergenza (diverse settimane) sia per il rischio insito in una soluzione armata: in caso di un attacco da parte dell’Ecowas a Niamey non è da escludere che i golpisti decidano di vendicarsi uccidendo il presidente deposto.
    Cosa sta succedendo in Niger
    Lo scorso 26 luglio la Guardia presidenziale del Niger ha circondato il palazzo presidenziale e gli edifici di diversi ministeri a Niamey, arrestando il presidente Bazoum (in carica dal 2021), la sua famiglia e i membri dell’entourage. Lo stesso capo di quello che poi si è ribattezzato Consiglio nazionale per la salvaguardia del Paese (Cnsp), Abdourahmane Tchiani, si è autoproclamato nuovo leader del Paese: i golpisti hanno ordinato la sospensione di tutte le istituzioni, la chiusura delle frontiere aeree e terrestri e il coprifuoco notturno. Anche l’esercito del Niger – addestrato dall’Ue attraverso il partenariato militare Eumpm Niger per la lotta al terrorismo – si è unito alla Guardia Presidenziale per “preservare l’unità” nazionale. Con un decreto annunciato nella tarda serata lunedì (7 agosto) la giunta ha nominato l’ex-ministro delle Finanze, Ali Mahamane Lamine Zeine, come primo ministro di transizione, mentre ieri (10 agosto) la giunta militare ha formato un governo composto da 21 ministri.
    In meno di due anni si sono susseguiti diversi colpi di Stato nei Paesi dell’Africa occidentali – in Mali, Guinea e Burkina Faso – le cui rispettive giunte militari oggi al potere hanno minacciato di difendere i golpisti in Niger in caso di un attacco armato da parte delll’Ecowas (che al momento ha imposto sanzioni economiche e chiuso le frontiere con il Niger, mentre la Nigeria ha tagliato le forniture di elettricità al Paese confinante a nord). Per l’Unione Europea Niamey era considerato un alleato-chiave soprattutto per la lotta contro il terrorismo di matrice islamista e in ottica di partenariato sulla migrazione. “La nostra partnership con il Niger è solida e non smette di rinforzarsi in tutti i settori: sicurezza, sviluppo, educazione, transizione energetica”, aveva dichiarato il 5 luglio scorso l’alto rappresentante Borrell dopo un incontro con Bazoum a Niamey. Dal 26 luglio tutti i fondi comunitari per la cooperazione con Niamey sono stati sospesi, compresi quelli mobilitati attraverso l’European Peace Facility per “rafforzare le capacità militari delle forze armate nigerine al fine di difendere l’integrità territoriale e la sovranità del Niger”.

    L’alto rappresentante Josep Borrell denuncia che il leader nigerino e la sua famiglia sono stati privati da giorni di cibo e cure mediche: “Rilascio immediato e incondizionato”. La Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale approva la mobilitazione di una forza d’intervento

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    Bruxelles scioglie la riserva sull’evacuazione dal Niger. La delegazione Ue e la missione Eucap rimangono nel Paese

    Bruxelles – Questa volta l’Unione Europea rimane sul campo. Dopo il colpo di Stato in Niger, a Bruxelles la parola d’ordine è “monitorare la situazione minuto per minuto”, ma la presenza nel Paese dell’Africa occidentale “rimarrà”. Lo confermano fonti interne alla Commissione Ue, delineando chiaramente la differenza con quanto visto pochi mesi fa allo scoppio della guerra civile in Sudan, quando tutta la delegazione Ue a Khartum – compreso l’ambasciatore – è stata evacuata e la capitale del Paese in guerra è rimasta sguarnita della presenza diplomatica comunitaria. Dopo una settimana di riflessioni al Berlaymont, il gabinetto von der Leyen ha deciso di seguire in Niger la linea della ‘non-evacuazione’ totale, sciogliendo la riserva sulla possibilità di cambiare rotta rispetto a quanto fatto nei primissimi giorni dopo il golpe militare a Niamey.
    “La sicurezza del nostro personale è la nostra massima priorità e stiamo naturalmente prendendo tutte le misure necessarie per garantirla“, confermano le fonti parlando della situazione particolarmente tesa nella capitale Niamey dopo il colpo di Stato dello scorso 26 luglio e l’arresto del presidente democraticamente eletto, Mohamed Bazoum. Nonostante sia stata scelta la linea del garantire la presenza dell’Unione a Niamey – sia con la delegazione Ue sia con la missione civile Eucap Sahel Niger – Bruxelles non ha voluto forzare la mano e nel corso dell’ultima settimana ha offerto al personale diplomatico la possibilità di lasciare Niamey “su base volontaria”, seguendo i cittadini europei evacuati attraverso il Meccanismo di protezione civile dell’Ue. Come sottolineano al Berlaymont, “l’operazione è stata un successo, tutti coloro che volevano andarsene lo hanno fatto senza problemi”. Nel ricordare che la presenza Ue”rimarrà” nel Paese africano senza ulteriori misure di emergenza da prendere nell’immediato futuro, le fonti precisano che Eucap Sahel Niger “ha sospeso la cooperazione in materia di sicurezza”, sia come attività di formazione sia per la consulenza.
    Cosa sta succedendo in Niger
    Lo scorso 26 luglio la Guardia presidenziale del Niger ha circondato il palazzo presidenziale e gli edifici di diversi ministeri a Niamey, arrestando il presidente Bazoum (in carica dal 2021), la sua famiglia e i membri dell’entourage. Lo stesso capo di quello che poi si è ribattezzato Consiglio nazionale per la salvaguardia del Paese (Cnsp), Abdourahmane Tchiani, si è autoproclamato nuovo leader del Paese: i golpisti hanno ordinato la sospensione di tutte le istituzioni, la chiusura delle frontiere aeree e terrestri e il coprifuoco notturno. Anche l’esercito del Niger – addestrato dall’Ue attraverso il partenariato militare Eumpm Niger per la lotta al terrorismo – si è unito alla Guardia Presidenziale per “preservare l’unità” nazionale. Con un decreto annunciato nella tarda serata di ieri (7 agosto) la giunta ha nominato l’ex-ministro delle Finanze, Ali Mahamane Lamine Zeine, come primo ministro di transizione.
    Oltre alle condanne dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, la situazione sta diventando sempre più tesa con la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas), l’accordo economico e di sicurezza regionale siglato da 16 Paesi (Benin, Burkina Faso, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone e Togo). Dopo l’ultimatum scaduto domenica (6 agosto) rivolto ai golpisti in Niger – che minacciava l’uso della forza se Bazoum non fosse stato liberato e reinsediato come presidente – si terrà giovedì (10 agosto) una sessione di emergenza per decidere se l’Ecowas entrerà in guerra con Niamey. L’attuale presidente del blocco e leader della Nigeria, Bola Tinubu, è il più favorevole a un intervento militare, nonostante stia crescendo in patria lo scontento per la sua linea intransigente ma anche per i timori sulla possibile escalation di un conflitto regionale di più vasta portata.
    L’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, dopo un incontro con il presidente del Niger, Mohamed Bazoum, a Niamey (5 luglio 2023)
    In meno di due anni si sono susseguiti diversi colpi di Stato nei Paesi dell’Africa occidentali – in Mali, Guinea e Burkina Faso – le cui rispettive giunte militari oggi al potere hanno minacciato di difendere i golpisti in Niger in caso di un attacco armato da parte delll’Ecowas (che al momento ha imposto sanzioni economiche e chiuso le frontiere con il Niger, mentre la Nigeria ha tagliato le forniture di elettricità al Paese confinante a nord). Nel frattempo cresce anche la preoccupazione dell’Unione Europea per le sorti dell’ormai ex-presidente Bazoum, alleato-chiave soprattutto per la lotta contro il terrorismo di matrice islamista e in ottica di partenariato sulla migrazione. “La nostra partnership con il Niger è solida e non smette di rinforzarsi in tutti i settori: sicurezza, sviluppo, educazione, transizione energetica”, aveva dichiarato il 5 luglio scorso l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, dopo un incontro con Bazoum a Niamey. Dal 26 luglio tutti i fondi comunitari per la cooperazione con il Niger sono stati sospesi, compresi quelli mobilitati attraverso l’European Peace Facility per “rafforzare le capacità militari delle forze armate nigerine al fine di difendere l’integrità territoriale e la sovranità del Niger”.

    Il gabinetto von der Leyen ha permesso ai membri dello staff diplomatico di lasciare Niamey “su base volontaria” dopo il golpe del 26 luglio, cambiando linea rispetto a quanto fatto ad aprile in Sudan: “Stiamo prendendo tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza del personale”