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    L’Ue non ha ancora imposto sanzioni contro i coloni israeliani violenti. A differenza degli Stati Uniti

    Bruxelles – Sono passati due mesi da quando l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ha annunciato l’intenzione di proporre un quadro di sanzioni per i coloni israeliani che si macchiano di atti di violenza contro le comunità palestinesi nei territori occupati. Tra il dire e il fare però ci sono di mezzo 27 governi con posizioni diverse nei confronti di Israele. “La discussione avanza nella direzione giusta“, fa sapere un alto funzionario Ue. Si sarebbe convinta anche la Germania, ma chi non vuole saperne è ancora una volta l’Ungheria di Viktor Orban.La questione è stata risollevata oggi (8 febbraio) dai corpi diplomatici dei Paesi membri al gruppo di lavoro sul Maghreb/Mashreq (MaMa), organo che si occupa – nell’ambito della politica comune estera e di sicurezza (Cfsp) – di Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Sahara occidentale, Autorità Palestinese, Siria e Tunisia. A coordinare il lavoro, la presidenza belga del Consiglio dell’Ue, che non ha mai nascosto la volontà di imporre misure restrittive ai coloni israeliani estremisti.

    L’Alto rappresentante Ue Josep Borrell con il presidente israeliano Isaac HerzogGià a inizio dicembre, Belgio, Spagna, Irlanda e Malta avevano firmato una lettera congiunta per sostenere la proposta di Borrell. A poco a poco, la frangia di Paesi Ue che si è convinta della necessità di lanciare un messaggio forte a Tel Aviv – che continua a incentivare gli insediamenti illegali – è aumentata. La Francia si è mostrata fin da subito possibilista e il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, pur con il freno a mano tirato, aveva dichiarato che dopo l’implementazione di maggiori sanzioni verso Hamas, si sarebbe potuto discutere anche dei coloni israeliani.Era questa, a livello informale, l’idea concordata dai 27: prima il pugno duro contro il gruppo considerato un’organizzazione terroristica, per poi prendere una posizione più netta sulle violenze dei coloni estremisti in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Violenze che non sono iniziate in seguito all’attacco terroristico di Hamas, basti pensare che dal 2009 a oggi – secondo i dati dell’ufficio delle Nazioni Unite Ocha-Opt – i coloni hanno distrutto almeno 10.452 proprietà palestinesi.Ma dopo il 7 ottobre la media degli attacchi alle comunità palestinesi è aumentata sensibilmente: da 21 episodi settimanali registrati tra gennaio e settembre 2023 a 36 episodi dopo il 7 ottobre. In questi attacchi, sono rimasti uccisi 12 palestinesi. E ne sono sono stati feriti 117. Senza contare le operazioni dell’esercito israeliano, che nella West Bank è una vera e propria forza di occupazione, che dal 7 ottobre hanno causato 365 vittime palestinesi e 4.288 feriti.Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, presenta un nuovo progetto di espansione degli insediamenti nel 2017Nel frattempo, a metà dicembre il governo di Benjamin Netanyahu ha addirittura approvato l’ulteriore costruzione di 1.700 unità abitative a Gerusalemme est, in barba alle innumerevoli condanne – e risoluzioni delle Nazioni Unite – che definiscono gli insediamenti israeliani come illegali secondo il diritto internazionale e che chiedono il ripristino dei confini vigenti nel 1967. È paradossale sostenere il rilancio della soluzione a due Stati, che proprio su quei confini si basa, e continuare a chiudere un occhio sulle violazioni deliberate di Israele.A maggior ragione nel momento in cui gli Stati Uniti, il più convinto alleato di Tel Aviv nel conflitto a Gaza, hanno già imposto il divieto di ingresso sul territorio nazionale e il congelamento dei fondi per 4 coloni israeliani. “Non c’è una data precisa” perché anche l’Ue alzi finalmente la voce, ammettono fonti diplomatiche. Ma se anche i Paesi più storicamente vicini a Israele, come la Germania, o la Repubblica Ceca, sono saliti sul treno, potrebbe non volerci ancora molto.

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    “Un orrore non giustifica un altro orrore”. La visita in Israele e Palestina di Borrell per portare solidarietà e spingere la pace

    Bruxelles – Un viaggio in Israele e Palestina nel pieno della guerra tra Gerusalemme e Hamas nella Striscia di Gaza, per mettere in chiaro “le stesse cose” in entrambi i posti: “Un orrore non giustifica un altro orrore, l’attacco terroristico di Hamas ha cambiato il paradigma di una situazione fragile, ma ogni perdita di vita civile è deplorevole”. Si è presentato così l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, nella sua doppia visita tra ieri e oggi (16-17 novembre) a Gerusalemme e Ramallah per spingere il messaggio dell’Ue di ricerca della pace quanto prima e di ricostruire la regione su basi nuove.Da sinistra: l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh, a Ramallah il 17 novembre 2023 (credits: Nasser Nasser / Pool / Afp)“Stiamo assistendo a una tragedia, mi riferisco a ciò che sta succedendo a Gaza e in Israele”, ha messo in chiaro Borrell, aprendo oggi la conferenza stampa congiunta con il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh. Con oltre 11 mila vittime nella Striscia di Gaza per i bombardamenti israeliani e gli ospedali “al collasso”, secondo il capo della diplomazia Ue “Hamas ha attaccato anche la causa palestinese” il 7 ottobre. Se l’organizzazione definita terroristica dall’Unione “deve liberare immediatamente gli ostaggi” israeliani, allo stesso tempo “abbiamo anche sottolineato che il modo in cui Israele si difende è importante, perché deve rispettare le leggi umanitarie e il principio di proporzionalità“. Come spiegato ieri senza troppi giri di parole a Gerusalemme nel punto stampa con il presidente israeliano, Isaac Herzog, “gli amici di Israele sono quelli che vi chiedono di non commettere una tragedia”.Portando nella regione il messaggio condiviso dai Ventisette al Consiglio Affari Esteri di lunedì (13 novembre) di mettere in campo “pause umanitarie immediate, perché l’assistenza raggiunga i civili” della Striscia di Gaza, l’alto rappresentante Borrell a Gerusalemme si è detto “sconvolto dalla sofferenza umana del popolo israeliano, ma anche preoccupato per la sofferenza della popolazione di Gaza”. Nel “non farsi accecare dall’odio” per quanto accaduto il 7 ottobre nei kibbutz, la richiesta è quella di “fare il possibile per diminuire il livello di sofferenza dei civili”. Ma senza nascondere il mea culpa che coinvolge tutta la comunità internazionale: “È stato un fallimento politico e morale, e includo anche l’Unione Europea, perché non abbiamo preso abbastanza in considerazione la pace tra Palestina e Israele”. Ma come ricordato a Ramallah, “ora questi tragici eventi hanno portato la questione palestinese fuori dal limbo” ed è necessario uno sforzo da tutte le parti per raggiungere la pace e la stabilità futura.Da sinistra: l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e il presidente di Israele, Isaac Herzog, a Gerusalemme il 16 novembre 2023 (credits: Nasser Nasser / Pool / Afp)“Solo una soluzione politica può mettere fine a questo interminabile ciclo di violenza” che, nonostante stia passando sotto silenzio di fronte alla tragedia di Gaza, riguarda anche la Cisgiordania sotto il controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp). L’alto rappresentante Borrell non ha taciuto “l’aumento del terrorismo dei coloni” israeliani post-attacco di Hamas: “Da inizio anno 421 palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania, ma dal 7 ottobre sono stati 202, cioè in un mese lo stesso numero dei dieci mesi precedenti”. Di fronte a una situazione di “occupazione illegale” del territorio palestinese, il capo della diplomazia Ue ha chiesto “a livello più alto possibile a Israele di affrontare la questione, per evitare il rischio di scoppio delle ostilità anche in Cisgiordania”.Il piano Ue per la Palestina post-guerraLo scopo della visita in Israele e Palestina – che continuerà nei prossimi giorni in Bahrein, Arabia Saudita, Qatar e Giordania – è stata però anche l’occasione per iniziare a far sentire la presenza diplomatica europea, dopo un mese di polemiche e divisioni sul messaggio veicolato dai leader delle rispettive istituzioni (e anche all’interno delle stesse istituzioni). “La questione palestinese non può rimanere irrisolta“, ha messo in chiaro oggi Borrell di fronte al premier Shtayyeh, parlando della soluzione a due Stati “che è rimasta dimenticata per troppo tempo, è arrivato il momento per definire i passi concreti per implementarla”.La proposta di piano dell’Unione Europea – ancora in fase di definizione – portata nella regione è quella concordata a inizio settimana dai 27 ministri Ue degli Esteri. Si tratta di quello “schema mentale” presentato dall’alto rappresentante Borrell che passa da sei condizioni, “tre sì e tre no”. Per quanto riguarda i tre ‘no’, si parte dal fatto che “non ci potrà essere un’espulsione forzata dei palestinesi“, che “il territorio di Gaza non si può ridurre, non può esserci rioccupazione da parte di Israele a livello permanente” e che la questione dei bombardamenti in atto a Gaza “non può essere dissociata dalla questione palestinese“. E le stesse condizioni sono state ribadite anche a Gerusalemme.I tre ‘sì’ fanno invece parte dell’impostazione per una pace strutturale e stabile. “A Gaza deve tornare un’autorità palestinese, la cui legittimità deve essere definita e riconosciuta”, ma questa volta a Ramallah – a differenza di lunedì – Borrell ha fatto esplicitamente riferimento all’Autorità Nazionale Palestinese: “Avete la capacità di continuare questo lavoro, vi supporteremo”. La soluzione deve essere “appoggiata con un forte coinvolgimento degli Stati arabi” a livello finanziario e politico. E infine servirà “più coinvolgimento dell’Ue nella regione, in particolare nella costruzione dello Stato palestinese“. Dopo la definizione delle sei condizioni del piano per il post-guerra, l’alto rappresentante Borrell ha incassato un primo successo, il “pieno sostegno” del governo palestinese. Tutto tace invece sul fronte israeliano.
    L’alto rappresentante Ue ha esortato Gerusalemme a “fare il possibile per diminuire il livello di sofferenza dei civili” a Gaza e a garantire “pause umanitarie immediate”. Presentato a Ramallah il piano dell’Unione per il post-guerra con “pieno supporto” dall’Autorità Nazionale Palestinese