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    Macron si prepara ad accogliere Xi Jinping (e von der Leyen). Nuovo round di colloqui dopo Pechino

    Bruxelles – Tra Parigi, Berlino e Bruxelles sono iniziati i preparativi per un evento tanto atteso quanto imprevedibile per il risultato finale. Lunedì (6 maggio) il presidente francese, Emmanuel Macron, ospiterà insieme alla numero uno della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a Parigi il presidente della Cina, Xi Jinping, in una riedizione del trilaterale andato in scena a Pechino nell’aprile dello scorso anno. Ancora una volta il leader cinese proverà a far leva sulle divergenze tra i 27 Paesi membri sull’approccio verso Pechino – in particolare Francia e Germania – per spingere i propri interessi nazionali, partendo dai due temi più rilevanti sul tavolo dell’Eliseo: la guerra russa in Ucraina e le indagini Ue sui sussidi statali per i veicoli elettrici.Da sinistra: il presidente francese, Emmanuel Macron, e il cancelliere tedesco, Olaf ScholzNon è un caso se ieri sera (2 maggio) proprio il presidente francese Macron si è incontrato in modo informale a Parigi con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, per cercare un confronto onesto sui rispettivi approcci nei confronti di Pechino, prima dell’inizio del tour europeo di Xi Jinping (che lo porterà anche in Serbia e in Ungheria la prossima settimana). Lo scorso 16 aprile la visita del cancelliere tedesco in Cina aveva sollevato alcune perplessità, non tanto per la visita in sé quanto per la decisione di non affrontare con la controparte cinese i due temi più spinosi per i Ventisette. In primis le indagini di Bruxelles su una serie di beni ampiamente sovvenzionati dallo Stato cinese che rischiano di turbare il Mercato unico dell’Unione: uno su tutti le auto elettriche, per cui la Commissione Ue potrebbe imporre dazi provvisori nel caso in cui siano riscontrate sovvenzioni illegali lungo le catene del valore dei veicoli elettrici a batteria in Cina.Il vertice trilaterale tra la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, e il presidente della Francia, Emmanuel Macron, a Pechino (6 aprile 2023)È passato un anno dal trilaterale Macron-von der Leyen-Xi Jinping a Pechino, ma la strategia di de-risking dell’Unione Europea dalla Cina sembra essere appena alle battute iniziali. “Dobbiamo affrontare le soluzioni attraverso il dialogo e la diplomazia” e puntare su “una strategia di de-risking, cioè focalizzarci sui rischi specifici, ma anche apprezzare il fatto che la grande maggioranza dei beni e servizi è priva di rischi”, aveva sottolineato prima e durante il vertice di Pechino la numero uno della Commissione Ue, partendo dall’analisi sui rapporti Ue-Cina divenuta paradigmatica per l’approccio che si vorrebbe seguire a Bruxelles: “Alcune dipendenze commerciali sollevano dei rischi significativi e sappiamo che per alcuni la conseguenza è sganciarsi dalla Cina, ma io dubito che questa sia una soluzione desiderabile o percorribile“. Senza dubbio la questione dei potenziali sussidi anti-concorrenziali – anche nel settore delle turbine eoliche e dei dispositivi medici – non può non essere considerata come il fattore che può creare più frizioni con la controparte cinese, ma allo stesso tempo anche come la cartina tornasole della solidità dell’Unione nell’affrontare una bilancia commerciale che pende nettamente verso Pechino.La seconda linea rossa delle discussioni di lunedì a Parigi sarà senza dubbio la questione della guerra russa in Ucraina e di come l’Ue voglia uno stop totale della fornitura di attrezzature cinesi a duplice uso che stanno sostenendo la controffensiva del Cremlino. Un anno fa erano sul tavolo due proposte di pace – il piano in 10 punti del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e la proposta cinese accolta con grande scetticismo in Europa – e soprattutto le richieste dei due leader europei a Xi Jinping di definire il posizionamento della Cina in qualità di membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: “In quanto tale ha una grande responsabilità e ci aspettiamo che giochi un ruolo importante per promuovere una pace giusta che rispetti la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina“, aveva messo in chiaro senza troppi giri di parole von der Leyen. Quando è passato un anno e molto poco poco a livello diplomatico oltre la telefonata tra i leader ucraino e cinese a fine aprile 2023, il sostegno dei Ventisette a Kiev passerà anche dalla capacità di convincere Pechino ad allentare il sostegno indiretto a Mosca con beni a duplice uso, ovvero quelli venduti per scopi civili ma convertibili dal Cremlino per uso bellico al fronte.

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    Il vertice dei leader Ue dà il via libera alla nuova strategia dell’Unione sulla Cina: de-risking e relazioni equilibrate

    Bruxelles – In un Consiglio Europeo dominato dalla questione migrazione, il capitolo sulla Cina rimane quasi ai margini, almeno se confrontato con le attese fino a un mese fa. Eppure il contenuto è un orientamento strategico dell’Unione non di poco conto, che costituirà per il prossimo futuro la base di partenza su cui impostare qualsiasi discorso e confronto con Pechino: “Nonostante i diversi sistemi politici ed economici, l’Unione Europea e la Cina hanno un interesse comune a perseguire relazioni costruttive e stabili, ancorate al rispetto dell’ordine internazionale basato sulle regole, all’impegno equilibrato e alla reciprocità”, si legge nelle conclusioni del vertice dei leader Ue.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (29 giugno 2023)
    Come affermato per la prima volta nel discorso programmatico della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, sulle direttrici strategiche per il riorientamento dei rapporti Ue-Cina lo scorso 30 marzo, i Ventisette confermano che l’Unione “continuerà a impegnarsi con la Cina per affrontare le sfide globali”, ma soprattutto incoraggia Pechino a “intraprendere azioni più ambiziose in materia di cambiamenti climatici e biodiversità, salute e preparazione alle pandemie, sicurezza alimentare, riduzione delle catastrofi, riduzione del debito e assistenza umanitaria”. La discussione strategica tra i 27 capi di Stato e di governo si è dimostrata un lavoro “rapido” sia nel lavoro per avere “una posizione unica”, ma anche per concordare conclusioni che mettessero in chiaro come Pechino sia “contemporaneamente partner, concorrente e rivale sistemico” e che gli Stati membri devono tenere un “approccio politico multiforme”.
    Questo discorso riguarda prima di tutto l’aspetto economico e commerciale: “L’Unione Europea cercherà di garantire condizioni di parità, in modo che le relazioni commerciali ed economiche siano equilibrate, reciproche e reciprocamente vantaggiose”. L’obiettivo dichiarato è quello di “ridurre le dipendenze e le vulnerabilità critiche, anche nelle catene di approvvigionamento”, così come “diversificare dove necessario e appropriato”. La stella polare – discussa anche nel confronto del 6 aprile a Pechino tra la presidente della Commissione Ue von der Leyen, quello francese, Emmanuel Macron, e quello cinese, Xi Jinping – rimane il fatto che “l’Unione Europea non intende disaccoppiarsi o ripiegarsi su se stessa“. O, come ripete la numero uno dell’esecutivo comunitario, “de-risking, non disaccoppiamento”, che significa “ridurre le vulnerabilità dal punto di vista delle nostre relazioni economiche” come sulle materie prime critiche necessarie per la produzione di tecnologia pulita. Un tema su cui “c’è ampio consenso sia tra i governi Ue sia con i nostri partner G7”, ha messo in chiaro von der Leyen.

    Ue e Cina su politica estera e interna (cinese)
    Ma nelle conclusioni del vertice rientrano anche tematiche di natura puramente politica. In primis quella del controverso rapporto tra Pechino e Mosca, che Bruxelles sta cercando di spezzare per assicurarsi un alleato di peso per spingere la Russia a cessare la sua invasione dell’Ucraina: “In qualità di membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la Cina ha una responsabilità speciale nel sostenere l’ordine internazionale basato sulle regole”, ricordano i leader Ue, facendo riferimento alla “pressione” che Xi Jinping dovrebbe esercitare su Vladimir Putin perché “cessi la sua guerra di aggressione e ritiri immediatamente, completamente e incondizionatamente le sue truppe dall’Ucraina”. Sempre sul piano delle relazioni esterne viene messo nero su bianco il fatto che “i mari della Cina orientale e meridionale sono di importanza strategica per la prosperità e la sicurezza regionale e globale” e che l’Unione “è preoccupata per le crescenti tensioni nello Stretto di Taiwan“. In questo senso il Consiglio “si oppone a qualsiasi tentativo unilaterale di cambiare lo status quo con la forza o la coercizione” e “riconferma la coerente politica di una sola Cina”.
    In ultima istanza non manca il riferimento al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, con un riferimento alla ripresa del dialogo sui diritti umani con la Cina. In ogni caso i Ventisette ribadiscono le preoccupazioni per “il lavoro forzato, il trattamento dei difensori dei diritti umani e delle persone appartenenti a minoranze e la situazione in Tibet e nello Xinjiang“, ma anche il rispetto dei “precedenti impegni della Cina in materia di impegni assunti dalla Cina in relazione a Hong Kong”.

    Nelle conclusioni del Consiglio Europeo trova spazio anche il capitolo sulle relazioni con Pechino, sulla base dei risultati del viaggio Macron-von der Leyen del 6 aprile: “È contemporaneamente partner, concorrente e rivale sistemico, serve un approccio politico multiforme”

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    A Bruxelles filtra ottimismo per la telefonata tra Xi Jinping e Zelensky dopo il viaggio di von der Leyen e Macron in Cina

    Bruxelles – Con pazienza, dopo qualche settimana dal viaggio dei presidenti della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e della Francia, Emmanuel Macron, l’Unione Europea inizia a cogliere i frutti del proprio impegno diplomatico. Il presidente cinese, Xi Jinping, ha telefonato ieri (26 aprile) al leader ucraino, Volodymyr Zelensky, aprendo ufficialmente i canali di comunicazione tra Pechino e Kiev. Potrebbe sembrare semplicemente un caso, ma i fatti sono fatti: in oltre un anno di guerra russa l’assenza di un contatto diplomatico tra Cina e Ucraina è sempre stata il grande elefante nella stanza, mentre dopo sole tre settimane dalle pressioni Ue a Pechino si è concretizzata la tanto attesa conversazione di alto livello tra i due leader.
    Da sinistra: il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il presidente della Cina, Xi Jinping (credits: Afp)
    “È un primo passo importante, atteso da tempo, della Cina nell’esercizio delle sue responsabilità di membro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”, è quanto rendono noto i portavoce della Commissione Europea, commentando la notizia della telefonata tra Xi Jinping e Zelensky, in linea con le richieste di von der Leyen e Macron. Questo passo in avanti da parte del presidente cinese viene considerato come un segnale incoraggiante per mettere pressioni sul Cremlino, dopo i timori suscitati dalla visita all’autocrate russo, Vladimir Putin, a Mosca il mese scorso: “Deve usare la sua influenza per indurre la Russia a porre fine alla guerra di aggressione, a ripristinare l’integrità territoriale dell’Ucraina e a rispettare la sua sovranità, come base per una pace giusta”.
    Funzionari Ue parlano esplicitamente di momento “positivo”, perché ora “i canali di comunicazione sono aperti”. Per Bruxelles il dovere morale di Pechino nel fare pressione su Mosca per mettere fine all’invasione russa deriva sempre dal fatto che la Cina è uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e “condivide la responsabilità globale di difendere e sostenere la Carta delle Nazioni Unite e i principi del diritto internazionale”. Ecco perché si guarda con ottimismo all’annuncio di Xi Jinping di voler inviare a Kiev un rappresentante speciale per gli affari eurasiatici, che avrà il compito di analizzare come il testo in 12 punti sui principi politici di Pechino possa convergere con il piano di pace di Zelensky per la pace. A questo proposito le fonti ribadiscono che l’Unione continua a sostenere l’iniziativa del presidente ucraino “per una pace giusta basata sul rispetto dell’indipendenza, della sovranità e dell’integrità territoriale” del Paese invaso dal 24 febbraio dello scorso anno: “Spetta all’Ucraina decidere i parametri futuri di ogni potenziale negoziato“.
    C’è poi la questione nucleare, su cui Pechino è particolarmente sensibile: “Non ci sono vincitori in una guerra nucleare“, ha ribadito Xi Jinping nella telefonata di ieri. Un messaggio chiaramente indirizzato a Putin (e all’Occidente), dal momento in cui l’Ucraina non dispone di armamenti di questo tipo dal 1994. Anche nelle istituzioni comunitarie si guarda a questo aspetto della guerra con grande attenzione e le parole del leader cinese non sono passate inosservate: “L’appello ha avuto luogo nel giorno dell’anniversario del disastro di Chernobyl [l’incidente del 26 aprile 1986 alla centrale nucleare ucraina, allora parte dell’Unione Sovietica, ndr], che sottolinea l’importanza della sicurezza nucleare”, fanno notare i funzionari europei. Una questione che è tornata di stretta attualità non solo per le minacce dell’uso dell’arma nucleare da parte di Mosca, ma soprattutto per le continue “attività militari attorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia”.
    Prima e dopo il confronto von der Leyen-Macron-Xi Jinping
    A Bruxelles il dossier Cina è caldissimo, anche ma non solo per la questione della guerra russa in Ucraina. Per le istituzioni comunitarie è diventato cruciale trovare una via per mantenere aperto il dialogo con Pechino, senza però rendersi dipendenti da un partner/competitor con cui esistono evidenti divergenze sul piano del rispetto della democrazia, dei diritti umani e delle relazioni internazionali. Ecco perché lo scorso 30 marzo la presidente della Commissione Ue von der Leyen ha tenuto un discorso programmatico sulle direttrici strategiche per il riorientamento dei rapporti Ue-Cina, considerato soprattutto lo squilibrio commerciale. Una strategia che si baserà sul de-risking nelle aree in cui non è possibile trovare un’intesa di cooperazione – ma che in ogni caso non implica uno sganciamento di Bruxelles da Pechino – e che è stata ribadita il 6 aprile a Pechino su diversi temi: relazioni economiche, guerra russa in Ucraina e tensioni sullo Stretto di Taiwan.
    Proprio il rischio di un’escalation della tensione tra Cina e Taiwan – che rischierebbe di diventare un nuovo scenario di guerra globale dopo quello nell’Europa orientale – è diventato centrale nel dibattito interno all’Unione Europea, dopo le parole del presidente francese Macron di ritorno dal viaggio a Pechino. “La cosa peggiore sarebbe pensare che noi europei dovremmo essere dei seguaci su questo tema e adattarci al ritmo americano e a una reazione eccessiva della Cina“. Il contesto era quello della necessità di raggiungere una vera autonomia strategica europea (non un’equidistanza tra Washington e Pechino), ma anche nel dibattito al Parlamento Ue della settimana scorsa è emerso più uno scontro tra i gruppi politici sulle parole di Macron che un effettivo ragionamento sulla gestione dei rapporti con la Cina sia sul tema della guerra in Ucraina sia nel caso di uno scivolamento delle tensioni diplomatiche tra Pechino e Taipei verso uno scontro armato.
    A tentare di mettere una pezza sono stati la presidente von der Leyen e l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, che hanno ribadito la necessità di unità contro la “politica di divisione e conquista” cinese e la “ferma opposizione” a qualsiasi cambiamento unilaterale dello status quo nello Stretto di Taiwan, “in particolare attraverso l’uso della forza”. Lo stesso alto rappresentante Ue ha esortato le marine europee a “pattugliare lo Stretto, per dimostrare l’impegno dell’Europa a favore della libertà di navigazione in quest’area assolutamente cruciale per il commercio globale”. Ad agitare nuovamente i rapporti tra Pechino e Bruxelles è stato però l’ambasciatore cinese in Francia, Lu Shaye, che ha messo in discussione la sovranità dei Paesi dell’ex-Unione Sovietica, inclusi quelli oggi parte dell’Ue (Estonia, Lettonia e Lituania). Ecco perché a Bruxelles si stanno iniziando a preparare le discussioni tra i 27 capi di Stato e di governo al Consiglio di giugno, quando si dovrà “rivalutare e ricalibrare la nostra strategia verso Pechino“, ha anticipato il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel.

    Fonti Ue precisano che si tratta di “un primo passo importante, atteso da tempo” e che è stato al centro delle discussioni dei due leader europei con il presidente cinese a Pechino: “Deve usare la sua influenza per indurre la Russia a porre fine alla sua guerra di aggressione in Ucraina”

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    Il Grand Tour cinese. In due settimane Sanchez, Macron e von der Leyen in visita a Pechino

    Bruxelles – Due settimane di intensi sforzi diplomatici per non far scappare la Cina dal dialogo con i Ventisette e cercare di spingere un’intesa per mettere pressione sulla Russia. Il colpo di coda della due-giorni di Consiglio Europeo ed Eurosummit all’insegna delle preoccupazioni sul blocco sino-russo è stato un triplice annuncio dei programmi del premier spagnolo, Pedro Sánchez, del presidente francese, Emmanuel Macron, e della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sulle rispettive visite a Pechino: una in solitaria di Sánchez, e l’altra del tandem Macron-von der Leyen, almeno “per una parte del viaggio”, ha puntualizzato l’inquilino dell’Eliseo.
    Il presidente francese, Emmanuel Macron (24 marzo 2023)
    Erano note da settimane le intenzioni di Macron di recarsi in visita in Cina verso la prima metà di aprile. L’annuncio alla stampa è arrivato dallo stesso presidente francese al termine del Consiglio Ue, che ha specificato il fatto di aver chiesto alla numero uno dell’esecutivo comunitario “di accompagnarmi in un pezzo della mia visita in Cina”. A strettissimo giro dalla comunicazione di Macron è seguita la conferma da parte dei portavoce della Commissione Europea (dal momento in cui non si è tenuta nessuna conferenza stampa in conclusione della vertice dei Paesi dell’Eurozona). La presidente von der Leyen si recherà in Cina con il presidente Macron nella prima settimana di aprile: “Giovedì prossimo terrà un discorso al Mercator Institute for China Studies e all’European Policy Centre sulle relazioni Ue-Cina”, mentre la visita a Pechino si terrà “la settimana successiva”, ha reso noto il portavoce-capo dell’esecutivo comunitario, Eric Mamer. Dettagli e programma per la stampa arriveranno “a breve”.
    Il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez (24 marzo 2023)
    Prima della trasferta congiunta di Macron e von der Leyen sarà Sánchez a essere ospite del presidente cinese, Xi Jinping, la prossima settimana. “È un viaggio a cui diamo la massima importanza”, ha confessato ai giornalisti lo stesso premier spagnolo in conferenza stampa, anticipando che “la guerra sarà oggetto delle discussioni a Pechino, analizzeremo in dettaglio la posizione cinese“. Perché se il piano di pace in 12 punti – che più che piano di pace ha tutti i tratti di un documento di posizione sullo scenario geopolitico secondo le lenti della potenzia orientale – è stato pesantemente criticato a livello Ue, è altrettanto vero che “la Cina è un attore globale, e la sua voce va ascoltata per vedere se, fra tutti noi, riusciamo mettere fine alla guerra“. Si partirà in particolare dai punti meno controversi, se non del tutto condivisibili, per cercare di influenzare la posizione del partner/competitor: rifiuto dell’uso di armi nucleari e il rispetto dell’integrità territoriale, sono i riferimenti espliciti di Sánchez.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen (23 marzo 2023)
    Non cambia comunque il fatto che – come messo nero su bianco nelle conclusioni del vertice dei leader Ue nel capitolo sull’Ucraina – i Ventisette sostengono la formula di pace del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e continuano a lavorare con Kiev sul piano di pace in 10 punti, perché “riteniamo che possa garantire una pace duratura e giusta”, ha ribadito con forza il premier spagnolo. Dopo la strada aperta da Sánchez, saranno i leader di Commissione Ue e Francia a tentare di spingere Pechino verso un “impegno diretto a fare pressioni sulla Russia” nel mettere fine alla guerra in Ucraina. Tema al centro anche del confronto bilaterale di questa mattina tra Macron e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che solo cinque mesi fa era stato il primo tra i leader europei a recarsi in visita in Cina.
    Oltre alle discussioni sulla guerra russa in Ucraina (con la mancata condanna anche nell’ultima Risoluzione Onu e la recente visita di Xi Jinping all’autocrate russo, Vladimir Putin, a Mosca), tra i tre leader e la leadership di Pechino servirà anche un confronto sul piano economico e commerciale – in modo da non far alimentare l’isolamento cinese – soprattutto per quanto riguarda le materie prime critiche su cui l’Unione Europea ha iniziato un percorso assertivo per non trovarsi legata a un concorrente non allineato ai suoi stessi valori nel percorso verso la doppia transizione digitale e verde.

    Tra fine marzo e inizio aprile i tre leader saranno ospiti del presidente Xi Jinping per un “impegno diretto a fare pressioni sulla Russia” per mettere fine al conflitto in Ucraina. “A breve” i dettagli e il programma dei viaggi

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    La telefonata di Xi a Putin: In Ucraina spingere per una soluzione adeguata con responsabilità

    Bruxelles – Sostegno reciproco, ma non ‘senza limiti’. La seconda telefonata tra Xi Jinping e Vladimir Putin dallo scoppio della guerra in Ucraina è avvenuta in occasione del 69esimo compleanno del leader cinese (15 giugno), che ha sottolineato – secondo la nota del ministero degli Esteri cinese – che “dall’inizio dell’anno, la Cina e la Russia hanno mantenuto un solido slancio, nonostante le turbolenze e i cambiamenti globali”. Un modo per ribadire l’amicizia tra i due Paesi, affermata in occasione dei giochi olimpici di Pechino il 4 febbraio 2022. Questa volta però la Cina chiede responsabilità.
    “La Cina è disposta a continuare a sostenersi in maniera reciproca con la Russia su questioni legate agli interessi fondamentali”, “come la sovranità e la sicurezza, a stringere la cooperazione strategica tra i due Paesi, a rafforzare la comunicazione e il coordinamento nelle Nazioni Unite, nel BRICS” e in altre importanti organizzazioni internazionali e regionali. Queste le parole di Xi che ha aggiunto come la cooperazione tra i due Paesi, anche sul piano economico e commerciale, sia “progredita”. Come nel caso, sottolinea il presidente cinese, dell’apertura al traffico del ponte che collega la città di Heihe, nel nord-est della Cina, a quella russa di Blagoveshchensk, attraverso il fiume Amur. Durante l’inaugurazione, il 10 giugno 2022, il vice-premier Hu Chunhua aveva detto che la Cina era “pronta a incontrare la Russia a metà strada”, un segnale di ulteriore avvicinamento, questa volta fisico, tra i due Paesi.
    L’amicizia tra Pechino e Mosca è quindi salda: questo è il messaggio inviato dai due leader. Secondo Politico, Xi avrebbe offerto la dimostrazione di sostegno più inequivocabile dallo scoppio della guerra in Ucraina – mentre per il Wall Street Journal il leader cinese non sarebbe riuscito, ancora una volta, a schierarsi pubblicamente con Mosca. Finora la Cina ha infatti mantenuto una posizione di ambiguità nei confronti della guerra. Come durante la prima telefonata tra Xi e Putin subito dopo l’invasione di Kiev, il 25 febbraio 2022: da un lato Pechino invitava Mosca e Kiev a negoziare, dall’altro attaccava la NATO chiedendo di rispettare “le legittime preoccupazioni in materia di sicurezza di tutti i Paesi” e di superare una certa “mentalità da Guerra Fredda”. Una posizione ribadita anche durante l’incontro tra il ministro degli Esteri Wang Yi e l’omologo russo Sergey Lavrov il 30 marzo scorso.
    Questa volta, Xi ha invitato sottolineato che “tutte le parti dovrebbero spingere per una soluzione adeguata della crisi ucraina in modo responsabile” e che “la Cina continuerà a svolgere il proprio ruolo per questo obiettivo”. Pur non utilizzando mai i termini ‘guerra’ o ‘conflitto’ – ma ‘crisi’ – è l’invito alla responsabilità a diventare centrale, mentre spariscono i riferimenti alla ‘mentalità da Guerra Fredda’.
    Diversa è la nota rilasciata dal Cremlino, e che non accenna alla responsabilità: “I presidenti hanno dichiarato che le relazioni sino-russe hanno raggiunto un massimo storico”. Prosegue, Xi Jinping “ha sottolineato la legittimità delle azioni della Russia per proteggere gli interessi nazionali fondamentali per proteggere gli interessi nazionali fondamentali di fronte alle sfide alla sua sicurezza create da forze esterne”.

    Durante la seconda chiamata tra i due leader, ribadita l’amicizia tra Cina e Russia, ma non c’è “alleanza” per la guerra

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    La Cina smette di comprare petrolio dalla Russia

    Bruxelles – La Cina ha smesso di rifornirsi di petrolio dalla Russia. Lo scrive l’agenzia Reuters in una corrispondenza da Singapore.
    Onorare i contratti petroliferi con i russi, senza stipularne di nuovi, per il timore di essere colpiti dalle sanzioni occidentali. Sarebbe questa la strategia delle principali imprese di Stato cinesi nel settore secondo quanto ricostruisce l’agenzia di stampa britannica. Tra queste aziende ci sarebbero Sinopec, China national offshore oil corporation (CNOOC), PetroChina e Sinochem.
    A giudizio dell’analista di politica internazionale Marta Dassù il comportamento di Pechino sarebbe dettato da una “prudenza sostanziale”, nonostante l’appoggio “formale” espresso a Mosca.

    Le aziende statali cinesi non stanno più comprando gas e petrolio dalla Russia. Appoggio formale, prudenza sostanziale.
    — marta dassù (@martadassu) April 7, 2022

    Sinopec, il più grande raffinatore di petrolio dell’Asia, ma anche CNOOC, PetroChina e Sinochem, non avrebbero richiesto nuove forniture per il mese di maggio, pur a prezzo ridotto. “Le compagnie di Stato sono caute, perché le loro azioni potrebbero essere viste come rappresentative del governo cinese e nessuna di loro vuole distinguersi in quanto compratrice di petrolio russo”, ha detto una fonte, rimasta anonima, a Reuters. La Cina, il più grande importatore di petrolio al mondo, è anche il primo compratore di greggio dalla Russia, con acquisti che, prima delle guerra in Ucraina arrivavano a 1,6 milioni di barili al giorno.

    Lo scrive l’agenzia Reuters: “Timore di essere colpiti dalle sanzioni occidentali”

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    La NATO invierà più armi all’Ucraina. Monito alla Cina: “Si astenga da supporto militare o economico alla Russia”

    Bruxelles – Armi anti-carro, difese anti-missili e droni. L’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO) ha annunciato oggi (giovedì 24 marzo) che aumenterà l’assistenza armata all’Ucraina per la difesa dall’aggressione russa. Lo hanno deciso i leader NATO nella riunione di Bruxelles, prima del vertice del G7 e del Consiglio Europeo, rispondendo parzialmente all’appello del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, per “l’invio di una quota pari all’uno per cento dei vostri 20 mila carri armati”. Al termine della riunione il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha confermato che “la decisione risponde alla necessità di garantire il diritto all’autodifesa” e che “da Zelensky è arrivato un ringraziamento per il supporto degli alleati”.
    Sottolineando a più riprese che “il conflitto non deve espandersi oltre”, i leader NATO hanno approvato il rafforzamento del fianco orientale dell’Alleanza, secondo le anticipazioni della presentazione del vertice di ieri (mercoledì 23 marzo). Si tratta di quattro nuovi battaglioni in Ungheria, Bulgaria, Romania e Slovacchia, in aggiunta a quelli già presenti nei Paesi baltici e Polonia: “Ora avremo otto battaglioni multinazionali dal Mar Baltico al Mar Nero“, ha ricordato Stoltenberg. Per quanto riguarda il numero di soldati dispiegati, “sono 100 mila quelli statunitensi a supporto degli alleati, mentre altri 40 mila sono sotto il diretto comando della NATO sul fianco orientale”. Si devono poi aggiungere cinque carrier strike group [gruppi di attacco di portaerei, ndr] nel Mare del Nord e nel Mediterraneo e la decisione di aumentare la difesa sul lungo termine “non solo con più forze a Est, ma anche con più armi, equipaggiamento, jet, sottomarini e missili difensivi in stato di allerta“, ha aggiunto il segretario generale dell’Alleanza.
    La NATO non andrà a schierare truppe direttamente sul territorio dell’Ucraina (sempre per la questione che “un’ulteriore escalation avrebbe un impatto devastante”), ma è necessaria “maggiore preparazione contro minacce nucleari, batteriologiche e chimiche” e un sostegno agli alleati contro l’espansionismo russo: “La Georgia è può essere concretamente minacciata, la Bosnia ed Erzegovina è a rischio di destabilizzazione per interferenze esterne”. Dal punto di vista della NATO, “l’allargamento ha portato pace e sicurezza in Europa, ma l’ambiente è cambiato da quando la Russia ha invaso l’Ucraina”, ha messo in chiaro il segretario generale Stoltenberg e in questo senso si inserisce il via libera dei leader dell’Alleanza a “raddoppiare gli sforzi dei piani per l’aumento nella spesa per la difesa” in tutti i Paesi membri. Stoltenberg ha fatto appello alla “una nuova normalità per la sicurezza europea”, rievocando le parole utilizzate una settimana prima dell’inizio della guerra tra Russia e Ucraina: “In questi tempi di insicurezza dobbiamo essere pronti a difenderci, questa invasione l’ha dimostrato”.
    Come dichiarato dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, da Washington è arrivata la decisione di fornire “un miliardo di dollari come nuova assistenza alla sicurezza dell’Ucraina”, tra cui sistemi antiaerei, armi anti-carro, droni e milioni di munizioni. “Accolgo con favore i passi di molti altri alleati per fornire supporto difensivo all’Ucraina e, insieme, siamo impegnati a identificare ulteriori attrezzature, compresi i sistemi di difesa aerea, per aiutare il Paese”, ha sottolineato. Sul piano del rafforzamento dell’Alleanza sul fronte orientale, “la nostra dichiarazione congiunta chiarisce che la NATO è forte e unita come non lo è mai stata prima“, come dimostra la risposta unitaria e rapida all’invasione russa dell’Ucraina e il dispiegamento di nuovi battaglioni nell’Europa orientale: “Difenderemo e proteggeremo collettivamente ogni centimetro del territorio dell’Alleanza”, ha ribadito con forza Biden. Appuntamento al vertice di Madrid a giugno per l’adozione di un “concetto strategico aggiornato per assicurare che la NATO sia pronta ad affrontare qualsiasi sfida”.
    Cittadini ucraini a Bruxelles che chiedono alla NATO di essere “coraggiosa come noi” e di “darci le armi” per la difesa.
    Importante anche il capitolo del possibile appoggio di Pechino a Mosca: “La Cina non deve dare supporto militare ed economico alla Russia, ma promuovere una soluzione pacifica e immediata del conflitto”, è stato il secco commento del segretario generale della NATO. Nella dichiarazione dei leader è esplicito l’appello alle autorità cinesi a “sostenere l’ordine internazionale, compresi i principi di sovranità e integrità territoriale” e ad “astenersi da qualsiasi azione che aiuti la Russia ad aggirare le sanzioni“. La preoccupazione è legata all’amplificazione delle “false narrazioni del Cremlino, in particolare sulla guerra e sulla NATO”. Fonti europee fanno riferimento in particolare alla dichiarazione congiunta del 4 febbraio tra Mosca e Pechino, che “evidenzia un chiaro riavvicinamento tra Cina e Russia“. Nonostante non ci siano “prove concrete” sulla richiesta russa di supporto militare alla Cina, le stesse fonti affermano che “prenderemo estremamente sul serio” l’eventualità in cui Pechino fornisse assistenza militare.

    Via libera dei leader all’assistenza armata di Kiev contro l’aggressione russa e al rafforzamento del fronte orientale dell’Alleanza. “Forti e uniti come non lo siamo mai stata prima”, ha confermato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden

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    Rafforzamento del fianco orientale, supporto all’Ucraina e appello alla Cina. Di cosa discuteranno i leader NATO

    Bruxelles – Le conseguenze della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina si fanno sentire anche sull’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO) e con effetti molto pesanti. Così come anticipato oggi (mercoledì 23 marzo) dal segretario generale, Jens Stoltenberg, nel corso della conferenza stampa pre-vertice, i leader NATO riuniti domani a Bruxelles dovranno decidere se e come rafforzare il fianco orientale dell’Alleanza. “Si tratta di un nuovo dispiegamento di battaglioni in Ungheria, Bulgaria, Romania e Slovacchia, che porterà a otto il loro numero, compresi quelli già presenti nei Paesi baltici e in Polonia”, ha specificato Stoltenberg.
    Il rafforzamento del fianco orientale “per terra, aria e mare” della NATO in realtà è già iniziato informalmente con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, considerato il fatto che “abbiamo risposto in modo unitario e rapido per difendere tutti gli alleati” e questo, in termini pratici, si è tradotto nella preparazione di “più di un centinaio di migliaia di militari in Europa“. Nello specifico, “sono in stato di allerta cinque carrier strike group [gruppi di attacco di portaerei, ndr] nel Mare del Nord e nel Mediterraneo”. Stoltenberg ha voluto precisare che “dobbiamo affrontare una nuova era di sicurezza globale” e questo comporta una “riorganizzazione della difesa sul lungo termine, con nuovi investimenti” per la sicurezza dell’Europa: “La pace non può più essere data per scontata”, ha sottolineato con forza.
    Sul tavolo delle discussioni dei leader NATO domani ci sarà anche il tema del sostegno all’Ucraina nella resistenza contro la Russia. “Abbiamo fornito sistemi di difesa, armi, munizioni e sostegno finanziario, ora bisogna considerare se si può fare di più”, ha spiegato Stoltenberg ai giornalisti, mettendo in chiaro che “potrebbe servire un supporto addizionale per la protezione da minacce nucleari, batteriologiche e chimiche“, che potrebbero essere messe in atto dall’esercito di occupazione. “L’uso di questo tipo di armi cambierebbe la natura del conflitto e avrebbe enormi conseguenze”, ha avvertito il segretario generale dell’Alleanza. Nonostante il supporto (quasi) incondizionato all’Ucraina – che “sta mettendo in pratica con forza e coraggio l’addestramento ricevuto dal 2014 a oggi” – Stoltenberg ha voluto sgombrare il campo da ogni dubbio: “L’ingresso dell’Ucraina nella NATO non è in agenda“.
    Un ultimo punto riguarderà invece gli appelli internazionali dei leader NATO per la ricerca di una via diplomatica alla risoluzione del conflitto tra Russia e Ucraina. Il primo interlocutore è Pechino: “Siamo preoccupati che la Cina possa sostenere Mosca militarmente, dopo aver dato supporto politico, con la disinformazione e mettendo in discussione la possibilità dell’Ucraina di prendere decisioni sovrane sulla sua sicurezza”. Dall’Alleanza potrebbe arrivare un appello alla “responsabilità della Cina in quanto membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e a supporto degli sforzi per raggiungere il dialogo e la pace”. In ultima battuta, un duro monito alla Bielorussia di Alexander Lukasehenko, su cui iniziano a intensificarsi i timori che possa intervenire direttamente con l’esercito nella guerra in Ucraina: “Chiederemo a Minsk di mettere fine alla sua complicità, che dal primo giorno ha messo a disposizione il suo territorio per mobilitare le truppe russe d’occupazione verso Kiev”, ha puntato il dito Stoltenberg.

    Nell’incontro dei capi di Stato e di governo dell’Alleanza dovrà essere presa la decisione su un nuovo dispiegamento di battaglioni in Ungheria, Bulgaria, Romania e Slovacchia. Ma gli alleati sono “preoccupati che Pechino possa supportare Mosca militarmente”