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    Ratko Mladic, condanna definitiva all’ergastolo per il boia di Srebrenica. L’UE: “Opportunità per riconciliazione in Bosnia”

    Bruxelles – Ora la condanna è definitiva, non ci sono più possibilità di ricorso. Ratko Mladić, il comandante militare dei serbo-bosniaci durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina del 1992-1995, dovrà scontare l’ergastolo per crimini di guerra e contro l’umanità. Lo ha stabilito oggi (martedì 8 giugno) il Meccanismo residuale per i Tribunali Penali Internazionali (IRMCT) – tribunale delle Nazioni Unite dell’Aja che nel 2017 ha preso il posto del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia (ICTY) – confermando in appello la sentenza di primo grado emessa nel novembre di quattro anni fa.
    Commemorazione delle vittime del massacro di Srebrenica al Memoriale di Potočari (2015)
    Il “macellaio della Bosnia” è stato riconosciuto colpevole per 10 capi d’accusa: quattro per crimini di guerra, cinque per crimini contro l’umanità e di un genocidio, il massacro di Srebrenica. Proprio per il suo “importante contributo” nel genocidio del luglio del 1995, Mladić è anche conosciuto con il soprannome di “boia di Srebrenica”. Su suo ordine, le truppe serbo-bosniache da lui comandate uccisero più di ottomila civili musulmani nella città della Bosnia orientale, tutti i maschi adulti e adolescenti.
    Stando alla sentenza, l’ultimo criminale di guerra eccellente giudicato dalla giustizia internazionale (prima di lui era toccato al presidente della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina dal 1992 al 1996, Radovan Karadžić) è stato responsabile di operazioni di pulizia etnica, sterminio, deportazioni, atti disumani di dislocamento forzato, uccisioni, infrazioni delle leggi di guerra, attacchi contro i civili, presa in ostaggio dei Caschi Blu dell’ONU e terrore contro i civili di Sarajevo, durante l’assedio più lungo del Novecento (durato quasi quattro anni consecutivi).
    Il commento da Bruxelles
    Immediata la reazione delle istituzioni europee, non solo sulla condanna di Mladić, ma soprattutto sugli scenari che possono aprirsi in Bosnia ed Erzegovina. “La sentenza definitiva pone fine a un processo-chiave per crimini di guerra nella storia recente dell’Europa“, hanno commentato attraverso una nota del Servizio europeo per l’azione esterna l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi. “Questo giudizio contribuirà alla guarigione di tutti coloro che hanno sofferto”.
    Dal punto di vista del processo di pacificazione sociale, “la decisione odierna è un’opportunità per i leader della Bosnia ed Erzegovina e della regione di aprire la strada per onorare le vittime e promuovere un ambiente favorevole alla riconciliazione“, con l’obiettivo di “superare le eredità della guerra e costruire una pace duratura”. Borrell e Várhelyi hanno insistito sul fatto che “la negazione del genocidio, il revisionismo e la glorificazione dei criminali di guerra contraddicono i valori europei più fondamentali“.
    Per questo motivo, “l’Unione si aspetta che tutti gli attori politici in Bosnia ed Erzegovina e nei Balcani occidentali dimostrino piena cooperazione con i tribunali internazionali e rispettino le loro decisioni“. Questo è un “prerequisito per la stabilità e la sicurezza” del Paese e per il suo cammino europeo, dal momento in cui compare anche tra le 14 priorità-chiave sulla domanda di Sarajevo per l’adesione all’Unione Europea. I due membri del gabinetto von der Leyen hanno infine insistito sul fatto che i tribunali bosniaci e della regione “devono continuare la loro missione di fornire giustizia a tutte le vittime e ai loro familiari”, perché “l’impunità non è tollerata“.
    Un commento alla sentenza è arrivato anche dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel: “È un altro passo importante per garantire giustizia alle vittime”, ha commentato su Twitter. “Ci aiuterà tutti a lasciarci alle spalle il doloroso passato e a mettere il futuro al primo posto“, ha aggiunto, usando l’hashtag in ricordo del massacro di 26 anni fa.

    The final ruling by the international tribunal in the case against Ratko Mladić is another important step to provide justice to the victims.
    It will help us all put the painful past behind us and to put the future first. #SrebrenicaMassacre pic.twitter.com/N4NJVXIJ8n
    — Charles Michel (@eucopresident) June 8, 2021

    Confermato in appello l’ergastolo per il comandante serbo-bosniaco responsabile di crimini contro l’umanità durante il conflitto del 1992-1995. Bruxelles avverte che “negazionismo e revisionismo contraddicono i valori europei”

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    Russia, Michel chiama Putin: “Basta azioni destabilizzanti e Mosca sostenga una soluzione pacifica in Bielorussia”

    Bruxelles – L’Unione Europea chiede al Cremlino di interrompere le sue “azioni destabilizzanti”, che hanno portato il livello delle relazioni tra Bruxelles e Mosca a un “livello minimo”. È questo il messaggio trasmesso oggi (lunedì 7 giugno) dal presidente del Consiglio UE, Charles Michel, nel corso della conversazione telefonica con il presidente russo, Vladimir Putin. “Questa situazione, o un ulteriore deterioramento, non è nell’interesse di nessuna delle due parti”, ha avvertito Michel.
    La telefonata tra i due leader si è incentrata soprattutto sulla posizione del Consiglio Europeo rispetto alle azioni russe “illegali, provocatorie e destabilizzanti” contro i Paesi membri UE e sulla situazione in Bielorussia. “L’Unione Europea è unita e solidale di fronte agli atti compiuti da Mosca“, è stato il monito del presidente Michel, anche se non ha negato spazio a una distensione dei rapporti: “Rimaniamo fedeli ai cinque principi-guida che disciplinano la nostra politica nei confronti della Russia”.
    Per quanto riguarda la situazione sul fronte orientale, Michel ha ribadito le conclusioni del vertice dei leader europei di fine maggio, condannando il dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius su Minsk e l’arresto del giornalista Roman Protasevich e della compagna Sofia Sapega da parte del regime del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko. A Putin, che di recente ha incontrato il presidente bielorusso a Sochi per confermare la seconda tranche del prestito da 1,5 miliardi di dollari, è stato chiesto un coordinamento per “sostenere una soluzione pacifica della crisi” nel Paese: “La Russia può svolgere un ruolo importante” in questa partita, è stato l’invito di Michel.
    Sulla questione c’è però attrito tra le parti. Il presidente del Consiglio UE ha informato il Cremlino sulle sanzioni imposte dall’Unione e ha richiamato l’attenzione sulla necessità di “rilasciare i prigionieri politici, fermare le repressioni e la violenza e impegnarsi in un dialogo nazionale inclusivo”. Tuttavia, dall’altra parte della cornetta è arrivata una risposta secca dal leader russo, che ha bollato le sanzioni UE come “controproducenti” – tanto quando “qualsiasi tentativo di interferire negli affari interni di questo Stato sovrano” – se si vuole risolvere una crisi ormai arrivata a dieci mesi dal suo scoppio.
    Nel corso della telefonata è stata affrontata anche la questione delle tensioni sul confine occidentale ucraino e in Crimea. Michel ha riconfermato il “fermo sostegno” dell’Unione “all’indipendenza, sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti”. Al Cremlino è stata ricordata la propria responsabilità per la “piena attuazione degli accordi di Minsk”. Scambiate infine opinioni sulla Libia, sul conflitto armeno-azero, sulla pandemia e i vaccini anti-COVID, “comprese le prospettive per la certificazione del vaccino russo Sputnik V nell’Unione Europea“, ha specificato una nota del Cremlino.

    I conveyed a message of EU unity in my call with president Putin @KremlinRussia_E
    The downwards trend in EU-Russia relations can only change if Russia stops disruptive behavior.
    Fighting the pandemic and making effective vaccines available to everyone is a goal we discussed. pic.twitter.com/Rhw2B7xMHa
    — Charles Michel (@eucopresident) June 7, 2021

    Il presidente del Consiglio Europeo ha avvertito il leader russo che “le relazioni tra le parti sono ai minimi storici”. Chiesto un coordinamento per la risoluzione della crisi a Minsk, ma il Cremlino ha risposto che le sanzioni UE sono “controproducenti”

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    Dall’accesso ai vaccini al digitale. Per l’UE il Giappone è “un alleato fondamentale”

    Bruxelles – Un nuovo summit col Giappone, il primo bilaterale con il nuovo primo ministro nipponico Yoshihide Suga. Multilateralismo, democrazia e stato di diritto: sono questi gli elementi che secondo i 27 Stati membri europei, la Commissione europea e il governo di Tokyo tengono viva l’alleanza tra Unione Europea e Giappone e che si propongono di rinsaldarla.
    A quasi tre anni dalla firma degli accordi sulla partnership strategica economica e digitale e nel mezzo della pandemia di COVID-19 l’alleanza tra Bruxelles e Tokyo mostra i suoi progressi, “anche se resta molto da fare”, come ha affermato in conferenza stampa dopo il vertice bilaterale di giovedì mattina 27 maggio la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
    Tre i macrotemi all’ordine del giorno. Il primo, quello delle sfide globali, include l’ottimismo per gli sforzi fatti da entrambi i fronti. Il Giappone è il primo importatore di vaccini dall’UE con 100 milioni di dose ricevute da Bruxelles, ma è soprattutto un alleato affidabile sul piano della solidarietà globale. L’obiettivo dei due alleati è arrivare al 30 per cento della popolazione mondiale vaccinata entro la fine del 2021, ma soprattutto di individuare e rimuovere i colli di bottiglia nella produzione e nelle esportazioni di dosi. “La campagna di vaccinazione non è una battaglia tra Paesi, ma una battaglia contro il tempo”, si legge nel comunicato congiunto pubblicato al termine del Summit.
    E l’impegno sul cambiamento climatico non è da meno. “Per accelerare l’azione nel campo ambientale stiamo lanciando un alleanza verde UE-Giappone“, si dichiara. Le due parti faranno squadra “nella transizione energetica (in particolare nell’idrogeno e nell’eolico offshore), nella protezione ambientale, nella cooperazione economica, nella ricerca e nello sviluppo e nella finanza sostenibile”. L’imperativo è ottenere il massimo dagli obiettivi dalla Conferenza sul clima di Glasgow a novembre 2021 ed esigere un’agenda assertiva sulla biodiversità durante la Conferenza di Kunming a ottobre, coinvolgendo il più possibile gli altri attori internazionali in queste ambizioni.
    Sulla sfida globale del digitale poi il Giappone viene definito da von der Leyen come il “migliore alleato”. L’Unione Europea ha già la sua agenda per il decennio digitale, ma vuole camminare insieme al partner asiatico. “Lavoreremo insieme per promuovere standard globali e un approccio comprensivo per le politiche digitali e per le tecnologie nel campo della cybersicurezza, del 5G, del 6G, dell’uso etico dell’intelligenza artificiale”, ha illustrato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Nel campo della connettività la missione è migliorare l’infrastruttura digitale nei Paesi terzi, nelle aree di confine dei due alleati (i Balcani occidentali e l’Est Europa per l’UE e la regione Indo-Pacifica per il Giappone), ma anche in Asia Centrale e in Africa.
    Ma il dossier delle relazioni tra UE e Giappone tiene conto anche delle relazioni bilaterali tra le due parti e della politica estera e di sicurezza. Delle prime si parla relativamente alla piena attuazione degli accordi firmati nel 2018; i passi in avanti che von der Leyen richiede riguardano l’accesso al mercato giapponese dei prodotti agricoli europei, lo scambio dei prodotti sanitari e fitosanitari e il miglioramento del quadro sul flusso libero dei dati informatici.
    Quanto alla politica estera l’osservato speciale è il Sud-Est asiatico. Le due parti auspicano una cooperazione “inclusiva e basata sullo stato di diritto e sui valori democratici”, contrastando prima di tutto la disinformazione dilagante. Il sodalizio si presenta anche in chiave antimilitarista: oltre ad opporsi alla proliferazione delle armi nucleari nella regione (nel documento il riferimento esplicito è rivolto alla Nord Corea), le due parti condannano “ogni tentativo di cambiare lo status quo e di aumentare la tensione”. La sicurezza marittima è una preoccupazione seria per Tokyo. A ottobre 2020 con un’esercitazione antipirateria congiunta a largo di Gibuti, Giappone e Unione Europea hanno sperimentato una collaborazione nel campo navale. Bruxelles, da parte sua, ha più volte in dichiarato di voler aumentare la sua presenza nel Pacifico per contribuire alla stabilità dell’area.

    Dalla firma degli accordi di partnership 2018 si registrano progressi, ma “restano molti passi in avanti da fare” nel campo dell’accesso al mercato nipponico per l’UE. Tokyo conta su Bruxelles per la stabilità del Pacifico

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    Bielorussia, UE verso chiusura dello spazio aereo. La misura che evita brutte figure

    Bruxelles – Agire sull’aviazione civile per rispondere ad un’aggressione su un aereo civile.  I capi di Stato sembrano aver trovato la soluzione che mette tutti d’accordo sulla Bielorussia e che consente di lasciare il vertice straordinario del Consiglio europeo con una risposta concreta e decisa. La chiusura dello spazio aereo dell’UE a Belavia, la compagnia di bandiera bielorussa, è la misura, tra quelle allo studio, su cui sembra aver converso l’unanimità dei Ventisette.
    “Stiamo preparando diverse opzioni, diversi tipi possibili di sanzioni”, annuncia il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, prima dell’inizio dei lavori. Tra queste anche la guerra dell’aria. Ed è proprio questa la chiave del possibile successo del vertice. Per evitare che l’operato di Minsk resti impunito “una possibilità è il divieto o la chiusura dello spazio aereo europeo per la Bielorussia” e il divieto per le compagnie europee di attraversare i cieli bielorussi “riconoscendoli non sicuri per i voli civili“, confida e il presidente della Lituania, Gitanas Nauseda, Il leader baltico che sembra indicare la conclusione del vertice, quella almeno più probabile.
    Per il dirottamento dell’aereo Ryanair in volo da Atene a Berlino operato dalle autorità bielorusse e considerato “inaccettabile” da tutti i leader europei, c’è anche la richiesta di “sanzioni contro le persone responsabili” e “sanzioni contro le entità economiche che finanziano questo regime“, spiega la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Ma qui trovare una sintesi rischia di essere meno scontato.
    Avanti quindi con l’interdizione dello spazio aereo. La soluzione alla fine premierebbe tutti, soprattutto quelli più critici e desiderosi di risposte. E le critiche non mancano. Nauseda censura “l’azione del terrorismo di stato contro la comunità europea” operata dal governo di Alexandar Lukashenko, il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis, condanna di “atto equivalente a un dirottamento sponsorizzato dallo stato”. Il primo ministro del Lussemburgo, Xavier Bettel, non esita a parlare di “una follia inaudita di un dittatore“.

    Si ragiona anche a sanzioni mirate contro persone ed entità economiche, ma il consenso sembra convergere sullo stop a Belavia

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    Bielorussia, volo Ryanair dirottato per arrestare giornalista. Sanzioni per “terrorismo di Stato” sul tavolo del Consiglio UE

    Bruxelles – Terrorismo di Stato, pirateria aerea, inasprimento delle sanzioni. Tornano a scaldarsi gli animi dei capi di Stato europei nei confronti del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, dopo il dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius di ieri (domenica 23 maggio) verso Minsk, per arrestare il giornalista e oppositore politico, Roman Protasevich. Sul tavolo del Consiglio UE – convocato per oggi e domani – si ripresenta il dossier Bielorussia. Potrebbero essere inasprite le sanzioni nei confronti del regime, considerato il continuo deterioramento della situazione nel Paese, tra proteste pacifiche represse con la violenza e giornalisti arrestati e condannati arbitrariamente.
    Il giornalista e oppositore bielorusso Roman Protasevich, ex-direttore del canale bielorusso di informazione Telegram, Nexta
    Il caso di Protasevich è l’ultimo in ordine cronologico e senza dubbio quello più appariscente a livello internazionale. Il volo FR4978 operato dalla compagnia aerea low cost irlandese è stato deviato dalla sua rotta verso la capitale della Lituania e scortato da un jet da combattimento bielorusso all’aeroporto di Minsk, a seguito di una comunicazione dei controllori del traffico aereo nazionale di una “possibile minaccia di bomba a bordo“. Una volta che l’aereo è stato fatto atterrare d’emergenza alle ore 12.25, due passeggeri sono stati arrestati: oltre all’ex-direttore di Nexta (canale bielorusso di informazione Telegram), inserito dal regime nell’elenco delle “persone coinvolte in attività terroristiche”, anche la compagna Sophia Sapega, studentessa russa 23enne di un master all’Università Europea di Scienze Umanistiche di Vilnius.
    Le istituzioni europee, attive a sostegno dell’opposizione bielorussa dall’inizio delle proteste nel Paese il 9 agosto dello scorso anno, hanno subito denunciato con forza l’accaduto. L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha sottolineato che “TUTTI i passeggeri devono essere in grado di continuare il loro viaggio immediatamente”, mentre il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, ha preteso “spiegazioni immediate”. La leader dell’esecutivo UE, Ursula von der Leyen, è stata invece la prima a far trapelare quali saranno le prossime mosse di Bruxelles: dopo aver definito l’azione “oltraggiosa e illegale”, che “avrà delle conseguenze”, su Twitter ha riferito che “i responsabili del dirottamento devono essere sanzionati” e che il Consiglio Europeo “discuterà le azioni da intraprendere”.

    The outrageous and illegal behaviour of the regime in Belarus will have consequences.
    Those responsible for the #Ryanair hijacking must be sanctioned.
    Journalist Roman Protasevich must be released immediately.
    EUCO will discuss tomorrow action to take.
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) May 23, 2021

    La conferma è arrivata dal Consiglio Europeo. Il portavoce Barend Leyts ha riferito che oggi i leader europei discuteranno di “possibili sanzioni”, dopo i tre pacchetti già adottati dall’UE, mentre il presidente Charles Michel in una nota ha messo in chiaro che sarà affrontato “questo incidente senza precedenti”, che “non rimarrà senza conseguenze”. Una decisione che parte dalle reazioni molto dure nelle capitali europee (e non solo). Il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, ha definito il dirottamento e gli arresti un “atto di terrorismo di Stato”, mentre da Berlino all’Italia, passando per Parigi, Vilnius, Dublino e Londra, sono arrivati moniti a Minsk per il rilascio del giornalista e della compagna.
    L’accaduto è stato condannato “fermamente” anche da Washington: “Questo atto scioccante perpetrato dal regime di Lukashenko ha messo in pericolo la vita di oltre 120 passeggeri, compresi i cittadini statunitensi”, ha reso noto in un comunicato il segretario di Stato, Antony Blinken. “Stiamo coordinando da vicino la risposta con i nostri partner”, che riguarderà in primo luogo un’indagine da parte del Consiglio dell’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale, ma anche la denuncia delle “continue molestie e la detenzione arbitraria di giornalisti”.
    Le reazioni in Italia
    Anche dall’Italia sono arrivate dure condanne per l’azione intrapresa ieri dal regime bielorusso. “È un atto violento che l’Europa unita non può accettare e che non può restare senza conseguenze”, ha denunciato su Twitter il sottosegretario per gli Affari Europei, Enzo Amendola. “Chiediamo l’immediato rilascio di tutti i passeggeri del volo Ryanair dirottato”, concludendo con #freebelarus. Lo stesso hashtag è stato utilizzato dal segretario del Partito Democratico, Enrico Letta, dopo aver ribadito che “dirottare un aereo è un atto terroristico e come tale va trattato”.
    Per il presidente della commissione Esteri della Camera dei Deputati, Piero Fassino, si tratta di un “atto di pirateria aerea, illegale, arrogante e in dispregio di ogni diritto”, ma anche “la conferma di quanto il regime di Lukashenko rappresenti un pericolo per la Bielorussia e la sicurezza internazionale”. L’eurodeputato del Movimento 5 Stelle e vicepresidente del Parlamento Europeo, Fabio Massimo Castaldo, si è unito al coro di denunce, chiedendo che Protasevich e gli altri passeggeri siano liberati “immediatamente”, oltre al fatto che “questa violenza non può rimanere impunita“.

    È inaccettabile che il volo Ryanair da Atene a Vilnius sia stato dirottato con la forza su Minsk: Roman #Protasevich e tutti gli altri passeggeri illegalmente detenuti dal regime di #Lukashenka devono essere immediatamente liberati, e questa violenza non può rimanere impunita!
    — Fabio Massimo Castaldo (@FMCastaldo) May 23, 2021

    L’aereo scortato all’aeroporto di Minsk da un jet da combattimento per “possibile minaccia di bomba a bordo”. In manette l’oppositore Protasevich e la compagna Sapega. Il vertice dei leader europei discuterà oggi della risposta dell’Unione

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    Strategia anti Covid globale. Dalla conferenza per l’Africa via i brevetti sui vaccini

    Roma – Un new deal per l’Africa e come primo impegno i vaccini. Il vertice di Parigi poteva essere solo l’ennesimo incontro di sole buone intenzioni ma questa volta potrebbe sortire qualcosa di più concreto. In prima battuta sulla questione dei sullo stop temporaneo ai brevetti che i partecipanti hanno sottoscritto. E’ la vittoria del presidente francese Emmanuel Macron che ha chiamato a raccolta i principali capi di Stato e di governo africani e dei Paesi occidentali, e i vertici di ONU, UE e delle Istituzioni Finanziarie Internazionali.
    Incontro ibrido, per la gran parte da remoto ma che Mario Draghi ha voluto onorare in presenza. “L’Europa e gli Stati Uniti hanno risposto alle devastazioni della pandemia” con finanziamenti all’economia e garantendo la vaccinazione per tutti. “In Africa non c’è nulla di tutto questo – ha detto il premier italiano – con questo summit dobbiamo cominciare a organizzare una risposta dello stesso tipo”.

    Una risposta mondiale che “sosterremo nel G20 e nelle istituzioni multilaterali”, proposte che vanno dalle ristrutturazioni dei debiti alla questione dei vaccini” ha aggiunto Draghi. L’iniziativa del presidente Usa Joe Biden sui brevetti non è per nulla tramontata almeno per gli obiettivi di Parigi. “Sosteniamo i trasferimenti di tecnologie e la richiesta all’Oms, all’Omc e a Medicines Patent Pool (il comitato dell’Onu per la medicina salvavita) di togliere tutti gli obblighi in termini di proprietà intellettuale che ostacolano la produzione di qualsiasi tipo di vaccino”, ha detto Macron al termine del vertice.
    Al summit hanno partecipato anche la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio Charles Michel e la direttrice del Fondo monetario internazionale Kristalina Georgieva. “Abbiamo concordato l’obiettivo di raggiungere il 40 per cento di persone vaccinate nel continente africano entro il 2021 – ha detto la leader del FMI – e del 60 per cento entro metà del 2022, riallocando 500 milioni di dosi in eccesso e aumentando la produzione fino a un miliardo per il prossimo anno”.
    In sostanza, da parte di tutti i partecipanti c’è la consapevolezza che non ci sarà ripresa economica senza una strategia globale anti Covid. Tutto ciò ha portato anche alle altre proposte della moratoria sul debito dai Paesi del G20 per il 2020 e il 2021 a cui si aggiunge un quadro comune di consolidamento per la ristrutturazione del debito. Fondo monetario, l’Agenzia internazionale per lo sviluppo dei paesi poveri e i partecipanti del club di Parigi hanno poi concordato di mobilitare diritti speciali di prelievo (le riserve del paniere di valuta estera utilizzate dal FMI in momenti di crisi) fino a 650 miliardi di dollari per finanziare investimenti pubblici e privati.
    Impegni che anche i rappresentanti degli Stati africani hanno definito come “un cambio di paradigma” nelle politiche economiche delle grandi potenze. “Per la prima volta l’Europa, gli Stati Uniti e la Cina insieme decidono di trattare le loro relazioni con l’Africa” – ha detto il presidente della Repubblica del Congo e dell’Unione africana Felix Tshisekedi – le conclusioni non resteranno lettera morta ma saranno il punto di partenza per promuovere un cambiamento”.

    Macron a Parigi convince tutti per rilanciare l’iniziativa di Biden. Draghi: In Africa dobbiamo rispondere come abbiamo fatto in Europa e negli Stati Uniti. Tra gli impegni anche la ristrutturazione del debito

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    Partenariato strategico UE-India, cosa prevede l’accordo sulla connettività firmato al vertice di Porto

    Bruxelles – Solo una settimana fa veniva annunciata la ripresa dei contatti per un partenariato strategico tra Bruxelles e Nuova Delhi, in pompa magna durante il vertice UE-India di Porto. Un nuovo capitolo nelle relazioni tra “le due democrazie più grandi al mondo” (parola del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel), inclusa un’intesa sulla connettività su cui si sta lavorando intensamente anche dietro alle quinte.
    Non si è parlato solo di commercio e della possibilità di spianare la strada ai negoziati sul libero scambio interrotti nel 2017, ma anche di come promuovere regole “trasparenti, praticabili, inclusive e sostenibili” nell’approccio alla tecnologia. Il vertice si è concluso con la firma di un documento specifico, il Partenariato strategico sulla connettività, con cui Unione Europea e India hanno concordato una convergenza sulla “connettività resiliente, sostenibile e globale”, ha sottolineato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Reso pubblico dal Consiglio dell’UE, è ora possibile analizzarne il contenuto, oltre le dichiarazioni della politica (qui il testo integrale).
    I principi
    Il partenariato sulla connettività UE-India si fonda sui “valori condivisi” di democrazia, libertà, Stato di diritto e rispetto dei diritti umani. A partire da questi presupposti, possono essere stabilite le regole comuni nell’approccio alla connettività, in particolare a livello di sostenibilità ambientale (tra gli altri, si fa riferimento all’accordo di Parigi e all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile) e sociale (con valutazioni d’impatto non solo economico sulle comunità interessate).
    Il vertice UE-India a Porto (8 maggio 2021)
    Attraverso il partenariato si vogliono sostenere reti digitali, di trasporto ed energetiche, ma anche sviluppare il flusso di persone, beni, servizi, dati e capitali equi e inclusivi. L’obiettivo finale è “contribuire agli sforzi di sviluppo globale” e per questo motivo si cercherà di incentivare investimenti anche con la Banca europea per gli investimenti (BEI) e le istituzioni degli Stati membri UE e dell’India.
    Ma a livello finanziario “entrambe le parti concordano sul fatto che la connettività richiede la partecipazione attiva del settore privato“. Ecco perché il documento cita esplicitamente la necessità di “garantire parità di condizioni per le aziende e assicurare l’accesso reciproco ai mercati“. In questo modo si andrà a sostenere un ecosistema globale competitivo e la doppia transizione verde e digitale, stimolando la ripresa economica post-COVID, posti di lavoro “di qualità” e “catene del valore resilienti”. A livello pratico, si andrà a incentivare la cooperazione tra imprese europee e indiane, oltre a quella delle camere di commercio, banche e fondi di promozione e sviluppo nazionale e di agenzie di finanziamento all’esportazione.
    Il contenuto
    Quando si parla di connettività non si può non considerare “l’aumento del traffico di dati” che impone una migliore collaborazione digitale tra Paesi, a partire dalle infrastrutture. “Per esempio, tramite cavi sottomarini e reti satellitari”, Bruxelles e Nuova Delhi hanno fissato degli obiettivi per intervenire con “reti resilienti, sicure e conformi agli standard comuni” in diversi campi.
    Primo tra tutti, lo spazio informatico, il cyberspazio. Nel testo viene esplicitato che sarà necessario “promuovere una rapida ed efficace implementazione del 5G” e tecnologie che lo superino, per supportare “lo sviluppo rurale, l’agricoltura di precisione e l’assistenza sanitaria”. A questo proposito si inserisce un accesso ai servizi cloud “aperto, sicuro, sostenibile e inter-operabile”. Posto l’accento sulla necessità di implementare l’ambiente imprenditoriale, tra gli obiettivi fissati c’è quello di “migliorare la digitalizzazione dei pagamenti trans-frontalieri, comprese le rimesse”, ma anche la convergenza tra i quadri normativi sulla protezione dei dati personali per “facilitare flussi trans-frontalieri sicuri e protetti”.
    (8 maggio 2021)
    Spazio anche per la connettività sul fronte energetico. Il partenariato punta a sostenere gli obiettivi di energia pulita e di lotta ai cambiamenti climatici, sviluppando sistemi elettrici “modernizzati, efficienti e intelligenti” per aumentare le interconnessioni regionali per la produzione di energia rinnovabile su larga scala. All’orizzonte c’è la cooperazione in aree all’avanguardia, come il solare galleggiante, l’eolico offshore, l’idrogeno e lo stoccaggio dell’energia.
    A livello di trasporti, esiste un “reciproco interesse” per la decarbonizzazione e digitalizzazione del sistema ferroviario (sull’esempio del Sistema Europeo di Gestione del Traffico Ferroviario) e per la riduzione delle emissioni attraverso uno scambio più efficiente dei dati nei settori dell’aviazione e marittimo. Ma all’interno di questa sezione del testo c’è anche il dialogo tra le due parti sulla mobilità intelligente e sostenibile.
    Per lo sviluppo della connettività c’è bisogno dell’essere umano e per questo motivo è stata trovata un’intesa sulla promozione della cooperazione nel campo della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica. In altre parole, significa sostenere con più forza la mobilità dei ricercatori attraverso i programmi europei e indiani, oltre al coinvolgimento di start-up e piccole e medie imprese nel processo di sviluppo di soluzioni innovative in ambito accademico. Sinergie che però vanno alimentare già dalla mobilità di studenti e docenti tra le università europee e gli Istituti di Istruzione Superiore indiani.
    È poi necessario uno sforzo congiunto per aiutare Paesi terzi nelle loro azioni di connettività sostenibile. Focus particolare su Africa, Asia centrale e l’Indo-Pacifico – per contrastare l’influenza cinese sempre crescente – con l’obiettivo dichiarato di sostenere queste regioni “nella digitalizzazione per lo sviluppo sostenibile e l’inclusione finanziaria digitale”.
    Investimenti pubblici privati
    (8 maggio 2021)
    L’ultima sezione del documento programmatico riguarda il rafforzamento dell’integrità dei sistemi finanziari e lo sviluppo degli investimenti privati nel partenariato UE-India. Partendo dalla Piattaforma internazionale sulla finanza sostenibile (IPSF), come base per lo scambio continuo di informazioni sulle migliori pratiche, viene indicata la possibilità di promuovere joint venture europee e indiane attraverso la National Infrastructure Pipeline indiana.
    Per gli investimenti verdi esistono già partnership tra la BEI e l’Agenzia indiana per lo sviluppo delle energie rinnovabili, su cui innestare investimenti azionari delle istituzioni finanziarie europee. Ma allo stesso tempo è possibile sfruttare fondi pubblici e flussi di capitale globali (compresi fondi sovrani e fondi pensione) per veicolare gli investimenti privati ​​verso progetti sostenibili. Anche per quanto riguarda l’infrastruttura di connettività, si potrà sviluppare una cooperazione nel sostegno governativo al finanziamento delle esportazioni.
    Ultimo punto – ma non certo per importanza – l’incoraggiamento della cooperazione del settore privato tra le due parti. Questo obiettivo si potrà realizzare attraverso reti di imprese dell’UE e dell’India, sfruttando Invest India ed Enterprise Europe come piattaforme di lancio di progetti congiunti tra start-up e piccole e medie imprese delle due potenze mondiali.

    Il vertice di Porto ha stabilito la necessità di definire regole “trasparenti, praticabili, inclusive e sostenibili” nell’approccio comune alla tecnologia tra Bruxelles e Nuova Delhi. Non solo valori condivisi, ma anche collaborazione nel cyberspazio, nell’energia e nei trasporti, oltre a stimoli per investimenti privati

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    Deroga brevetti, leader UE rispondono a Biden: “Vaccini servono ora, via il blocco sulle esportazioni”

    Bruxelles – Servono vaccini nel mondo ora, anche con una deroga temporanea sui brevetti si parla di mesi se non anni per la distribuzione su larga scala. L’Unione europea si mostra scettica sul fatto che rinunciare ai diritti di “proprietà intellettuale” sui vaccini COVID-19 sia il modo giusto per combattere la pandemia “qui e ora”, i capi di Stato e governo sono aperti a discutere di sospensione temporanea, ma non è la soluzione a breve termine per l’urgente necessità di vaccinare tutti, anche i Paesi più poveri.
    È quanto affermano Ursula von der Leyen e Charles Michel riassumendo gli esiti della prima discussione tra capi di Stato e Governo sulla sospensione temporanea dei brevetti sui vaccini, una proposta avanzata dal presidente USA Joe Biden nei giorni scorsi. Un’idea su cui vale la pena riflettere, ma che non sarà risolutiva se il problema è garantire accesso ai vaccini a chi non può permettersi di pagarli quanto i Paesi più sviluppati, o di sviluppare una propria capacità di produzione. I presidenti di Commissione europea e Consiglio europeo tirano le fila delle conclusioni a cui sono giunti i leader europei a Oporto, in Portogallo, durante un vertice informale (7 e 8 maggio) che ha discusso anche di pandemia.
    Non c’è solo timidezza nei confronti della proposta di Washington, ma anche qualche controproposta. Prioritario rimane aumentare la capacità produttiva non solo in Europa e assicurare che le dosi di vaccini siano distribuite in maniera equa in tutto il mondo. Questo il punto fondamentale: “le esportazioni sono il modo migliore per approcciare l’assenza di vaccini nel mondo”, ha detto von der Leyen. Il messaggio a Biden è chiaro: si parta prima dal consentire l’esportazione delle dosi che vengono prodotte nelle regioni più ricche del mondo, come l’Europa ma come anche gli Stati Uniti.
    Proprio l’Unione Europea “è l’unica regione democratica che produce su larga scala ed esporta su larga scala”, puntualizza la presidente della Commissione europea. Precisamente 200 milioni di dosi (la metà esatta delle dosi prodotte) in circa novanta Paesi. Una precisazione che arriva e che l’UE si sente in dovere di fare, perché dopo l’apertura di Biden Bruxelles è accusata di mancanza di solidarietà perché non vuole rinunciare ai diritti dei brevetti sui vaccini. Quindi, bene l’apertura su questa discussione circa la proprietà intellettuale dei vaccini, ma bisogna andare oltre e cercare un approccio che aiuti a “risolvere l’urgenza di ora”. Anche perché, la sospensione dei diritti di proprietà intellettuale su un vaccino non significa per forza un trasferimento di conoscenze e tecnologie da parte delle società farmaceutiche, quindi si viene a creare anche un problema di sicurezza sulla produzione.
    Ricorda il ruolo di Covax – il programma globale delle Nazioni Unite, guidato dall’Organizzazione mondiale della Sanità a cui aderisce anche l’Unione Europea – nella distribuzione dei vaccini in Paesi a basso reddito. Ci sono due vie per la distribuzione in Paesi terzi per gli Stati membri: attraverso il sistema COVAX, oppure anche bilateralmente. Romania, Austria e Francia hanno già distribuito in maniera indipendenti “dosi in eccesso” a partner, ma ci sono altri Paesi che hanno confermato l’impegno a fare lo stesso, come Spagna e Portogallo. Von der Leyen ha chiarito che anche l’ultimo contratto con BioNTech-Pfizer per 1,8 miliardi di dosi per gli anni 2021-2023 siglato oggi prevede la possibilità per gli Stati di donare o eventualmente rivendere dosi a Paesi poveri.
    C’è poi la terza via di mobilitare più investimenti in loco per l’aumento della capacità di produzione a livello globale, quindi anche nei Paesi in via di sviluppo. La presidente sostiene che la Commissione insieme alla Germania stanno investendo nel Sud Africa e sotto l’ombrello della BEI (Banca europea degli Investimenti) in Senegal. Questo per ribadire che secondo l’UE ci sono altri modi, più rapidi, per distribuire i vaccini, ma tutto deve partire dal porre fine al blocco sulle esportazioni. Una linea comune che viene confermata in conferenza stampa anche dal premier italiano Mario Draghi e dal presidente francese Emmanuel Macron, che rispondendo in conferenza stampa ha ricordato che l’UE è “stata più lenta con le campagne di immunizzazione in Europa perché siamo stati aperti fin dall’inizio. Gli Stati Uniti per ora hanno esportato solo il 5 per cento a Canada e Messico, mettano fine alle restrizioni sull’export”, ha richiamato Macron.
    Impegno UE sul versante internazionale che viene riconosciuto anche dal presidente del Consiglio e uropeo, Charles Michel: “Nessuno di noi sarà pienamente al sicuro dal COVID se non è al sicuro tutto il mondo”, ribadendo l’importanza di aprire alle esportazioni dei vaccini. Rimane l’impegno a discutere sulla sospensione dei brevetti ma non sarà di certo “la soluzione magica”. Oltre ai brevetti, anche il Certificato verde digitale: i leader hanno discusso anche dello strumento da implementare per tornare a viaggiare senza troppe restrizioni in area Schengen. Von der Leyen vede la possibilità di un accordo entro maggio, e assicura che “il lavoro tecnico e legale è in carreggiata. Il sistema operativo sarà operativo a giugno”. Come avevamo scritto, il sistema operativo comincerà la fase pilota di sperimentazione in 16 stati membri da lunedì 10 maggio. Se la parte tecnica è a buon punto, rimane da capire cosa accadrà all’accordo politico tra negoziatori di Parlamento e Consiglio. Sul fronte politico “possiamo puntare realisticamente all’obiettivo di raggiungere un accordo tra Consiglio e Parlamento europeo per fine maggio”, ha detto la presidente von der Leyen. Prossimo trilogo previsto per l’11 maggio.

    “L’export di dosi è il modo migliore per risolvere l’urgente problema dell’assenza di vaccini nel mondo”, ha chiarito la presidente della Commissione von der Leyen. L’Unione Europea “è l’unica regione democratica che produce su larga scala ed esporta su larga scala”, ha puntualizzato al termine del Summit UE di Oporto, invitando anche gli Stati Uniti a fare lo stesso