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    Ucraina, la Nato rimane sospettosa di Putin (e tira per la giacca Trump)

    Bruxelles – Nonostante i proclami sul cessate il fuoco in Ucraina, gli alleati europei di Kiev sono scettici circa la disponibilità del Cremlino di interrompere le ostilità e sedersi al tavolo delle trattative. Sotto i riflettori, per l’ennesima volta, le reali intenzioni della Russia nonché la linea dell’amministrazione a stelle e strisce, percepita come eccessivamente indulgente verso Mosca.Ieri e oggi (3 e 4 aprile), i ministri degli Esteri dei Paesi Nato si sono dati appuntamento al quartier generale dell’Alleanza a Bruxelles per coordinarsi sulla guerra ancora in corso nell’ex repubblica sovietica. Andrij Sybiha, titolare degli Esteri di Kiev, ha ripetuto l’impegno del suo Paese per una “pace duratura e globale”, ribadendo che “abbiamo accettato la proposta statunitense di un cessate il fuoco provvisorio di 30 giorni senza alcuna condizione”. Da Mosca si parla invece “di richieste e condizioni“, ha incalzato, aggiungendo che “la Russia deve fare sul serio per la pace“.Il messaggio, nemmeno troppo velato, condiviso da tutti i partecipanti è lo stesso: Washington non dovrebbe allentare la pressione sul Cremlino – che starebbe cercando di prendere tempo per ottenere un successo militare importante e trattare da una posizione di maggiore forza nei confronti dell’Ucraina – ma, semmai, aumentarla. Il Segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha elogiato diplomaticamente “gli sforzi americani per superare lo stallo”, ma ha sottolineato l’importanza di “assicurarci che quando si raggiungerà un cessate il fuoco o un accordo di pace sia duraturo” e non venga infranto da nessuno dei belligeranti. Tradotto, significa che non si può lasciare carta bianca alla Russia.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)In questa fase, la situazione sul campo appare favorevole alle truppe della Federazione, che starebbero ottenendo successi virtualmente lungo l’intera linea del fronte. Gli incentivi di Mosca per sospendere le ostilità appaiono dunque piuttosto scarsi, e lo sanno anche a Washington: “Continuiamo a dubitare che la squadra di Putin si presenti al tavolo con buone intenzioni“, ha ammesso un funzionario statunitense. Del resto, l’annuncio di una nuova mobilitazione per arruolare 160mila soldati non sembra esattamente una mossa distensiva.“È chiaro che Vladimir Putin non sembra avere alcuna volontà di avviare un cessate il fuoco e di iniziare negoziati di pace”, ha dichiarato il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot. Gli ha fatto eco l’omologo britannico, David Lammy: “Ti vediamo, Vladimir Putin. Sappiamo cosa stai facendo”. Anche per la tedesca Annalena Baerbock quelle del Cremlino sono “parole vuote“.Dopo essersi gloriato per aver convinto, a suo dire, tanto Vladimir Putin quanto Volodymyr Zelensky a sospendere i combattimenti per 30 giorni, il tycoon newyorkese ha aperto ad un alleggerimento delle sanzioni nei confronti della Russia, mentre Kiev ha rifiutato per la terza volta una bozza dell’accordo sulle materie prime critiche che dovrebbe stipulare con Washington.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Recentemente è trapelata anche la notizia che il capo del Pentagono, Pete Hegseth, non parteciperà alla riunione del cosiddetto formato Ramstein (una cinquantina di Paesi che sostengono la resistenza ucraina) in calendario per il prossimo 11 aprile. Sarà la prima volta che i partner di Kiev si incontreranno senza gli Usa.Ora, dopo diversi giorni in cui sul fronte diplomatico nulla sembra muoversi (almeno non in superficie), il segretario di Stato Marco Rubio è venuto a Bruxelles a chiedere agli alleati europei di aumentare le spese per la difesa al 5 per cento del Pil, proprio mentre l’inquilino della Casa Bianca andava allo scontro con le economie del Vecchio continente imponendo dazi sull’import del 20 per cento.

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    Ucraina, Macron annuncia una “forza di rassicurazione” europea

    Bruxelles – Dopo settimane di incontri frenetici tra Londra e Parigi (e online), sembra che la coalizione dei volenterosi sia finalmente riuscita ad elaborare un piano concreto su come intende garantire il rispetto di un eventuale cessate il fuoco e, in prospettiva, il mantenimento della sicurezza nel dopoguerra in Ucraina. Per ora non sono disponibili troppi dettagli, ma al cuore delle discussioni c’è stato il dispiegamento di una “forza di rassicurazione“, aperta alla partecipazione volontaria dei Paesi europei.La riunione di alto livello convocata oggi (27 marzo) a Parigi da Emmanuel Macron e co-presieduta dal primo ministro britannico Keir Starmer si è conclusa nel primo pomeriggio con un’idea più chiara di quello che l’ex repubblica sovietica potrà aspettarsi – e cosa no – dai suoi alleati occidentali una volta terminata la guerra che sta combattendo contro l’aggressione russa.Attorno al tavolo c’erano i leader di 29 Paesi (esclusi gli Stati Uniti ma inclusa la Turchia) più i vertici delle istituzioni Ue e il Segretario generale della Nato, Mark Rutte. Fonti comunitarie riferiscono che i partecipanti rimangono “scettici” riguardo all’effettiva disponibilità della Russia di mettere in pratica il cessate il fuoco parziale che, almeno teoricamente, ha concordato in Arabia Saudita con gli emissari statunitensi.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Nella capitale transalpina, i “volenterosi” hanno discusso di come rendere “operativa e concreta” la proposta franco-britannica di dispiegare in Ucraina una “forza di rassicurazione“, fermo restando che la priorità dev’essere il rafforzamento dell’esercito di Kiev, il quale rimarrà con ogni evidenza il primo e più importante elemento che garantirà la sicurezza dell’ex repubblica sovietica nel lungo termine.Il padrone di casa ha annunciato un piano per schierare le truppe – fornite su base volontaria da “diversi Paesi europei” – in non meglio precisate “località strategiche” quando (e se) verrà stipulato un trattato di pace. Tali truppe dovrebbero fungere da deterrente contro eventuali aggressioni russe, ha spiegato monsieur le Président al termine del vertice. Non si tratterà di peacekeepers, ha precisato l’inquilino dell’Eliseo, in quanto non sostituiranno le forze armate ucraine e, soprattutto, non si posizioneranno in prima linea bensì nelle retrovie, tenendosi pronte a intervenire nel caso di una rottura della tregua.Del resto, era chiaro fin dalla vigilia del summit, durato circa tre ore, che non si sarebbe mai raggiunto un accordo unanime sull’invio di truppe, che rimane un tema particolarmente controverso per molti governi. Ma “non abbiamo bisogno dell’unanimità”, ha sottolineato Macron, riconoscendo i gradi diversi di volontà all’interno della coalizione.Ad esempio, come ampiamente anticipato, la premier italiana Giorgia Meloni non ci sta a mandare soldati in Ucraina a meno che non venga coordinata sotto un più ampio mandato delle Nazioni Unite. Un’idea, quella di Roma, che secondo fonti di palazzo Chigi “si sta facendo spazio” anche tra le altre cancellerie europee. Meloni ha anche ribadito l’importanza di lavorare al fianco della Casa Bianca, auspicando la partecipazione di Washington al prossimo incontro dei volenterosi.La premier italiana Giorgia Meloni (foto: European Council)Si vedrà. Come al solito, intanto, gli Stati Ue si muovono in ordine sparso. Il premier spagnolo Pedro Sánchez caldeggia la creazione di un esercito europeo con truppe provenienti dai Ventisette, mentre la Polonia continua ad aumentare le spese per la difesa e punta ad addestrare l’intera popolazione maschile adulta. Germania ed Estonia starebbero aprendo all’invio di soldati in Ucraina, pur sottolineando che vanno ancora discusse molte questioni. Per quel che riguarda Parigi, Macron ha annunciato ieri sera un nuovo pacchetto di aiuti per Kiev da 2 miliardi di euro.Gli impegni presi dall’Ue riguardano invece le forniture militari e gli aiuti finanziari. Si è parlato dell’invio di 2 milioni di proiettili d’artiglieria di grosso calibro per un valore di 5 miliardi di euro, cioè quello che resta del cosiddetto “piano Kallas” (anche se il nodo dei finanziamenti non è ancora stato sciolto), della partecipazione dell’Ucraina agli appalti congiunti europei promossi dallo strumento Safe – i 150 miliardi messi sul tavolo dalla Commissione nell’ambito del ReArm Europe – e del rafforzamento della missione militare di addestramento Eumam. Nelle casse di Kiev dovrebbero poi arrivare 18 miliardi da Bruxelles, come quota Ue del maxi-prestito G7 da 50 miliardi, nonché altri 17 miliardi da parte dei singoli Paesi membri.The best way to support Ukraine is to stay consistent in our objective to reach a just and lasting peace. This means keeping up the pressure on Russia through sanctions.I will convey this message at today’s Leaders’ meeting on peace and security for #Ukraine organised by… pic.twitter.com/csBYcIbkr1— António Costa (@eucopresident) March 27, 2025Un ulteriore tema che ha tenuto banco nell’incontro odierno è infine quello delle sanzioni contro la Federazione. Parlando accanto all’omologo ucraino durante una conferenza stampa congiunta, il presidente francese aveva sottolineato la necessità di non allentare la pressione su Mosca, come sembra invece intenzionata a fare la Casa Bianca.“La pace attraverso la forza non significa rimuovere le sanzioni“, ha ammonito, osservando che “la loro abolizione dipende unicamente dalla scelta della Russia di rispettare il diritto internazionale”. Semmai, ha aggiunto, quelle in vigore vanno rafforzate. Sulla stessa linea anche il presidente del Consiglio europeo, António Costa, e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, secondo i quali sarebbe un errore cedere alla tentazione di ammorbidire le misure restrittive in questa fase.

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    L’Ue e gli Stati Uniti sono in disaccordo sulla questione delle sanzioni alla Russia

    Bruxelles – Chiedendo di alleggerire parte delle sanzioni occidentali contro Mosca, Vladimir Putin sembra intenzionato a scavare un altro solco tra le sponde dell’Atlantico. Conta sulle aperture di Donald Trump e spera che Washington cominci a fare pressioni su Bruxelles perché ceda soprattutto sulla riammissione delle banche russe nello Swift. Per ora, dal Vecchio continente emerge la volontà di tenere la barra dritta senza cedere ai ricatti del Cremlino, ma siamo solo all’inizio di una partita geopolitica particolarmente delicata.I desiderata di PutinNelle ultime ore si è tornato a parlare con insistenza di sanzioni alla Russia, soprattutto quelle comminate dall’Ue e codificate in 16 pacchetti (l’ultimo adottato in occasione del terzo anniversario dell’invasione su larga scala dell’Ucraina lo scorso febbraio). Con una mossa da manuale, Vladimir Putin ha sparigliato le carte in tavola tirando in ballo, dopo che si erano conclusi i colloqui di Riad con gli Stati Uniti, la questione dell’allentamento di alcune misure restrittive contro Mosca.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)In un comunicato con cui il Cremlino ha dato il suo resoconto dei negoziati, si menzionano una serie di condizioni poste dalla Federazione per rispettare la tregua appena concordata in Arabia Saudita. Tra tali condizioni, soprattutto, l’abolizione delle restrizioni contro la Rosselkhozbank (la banca agricola nazionale) e altri istituti bancari e assicurativi attivi nel commercio di prodotti agroalimentari e fertilizzanti, nonché di quelle contro produttori, esportatori ed armatori, e la loro riammissione sul sistema Swift, dal quale erano stati estromessi nel 2022.Non così in frettaLo Swift è un sistema informatico che collega oltre 11mila istituti in più di 200 Paesi in tutto il mondo, permettendo loro di scambiarsi qualcosa come 50 milioni di “messaggi finanziari” quotidianamente. La sede legale dell’ente si trova a La Hulpe, poco fuori Bruxelles, ed è pertanto sottoposta al diritto comunitario, incluso l’obbligo di rispettare le sanzioni decise dall’Ue.Secondo la vulgata del Cremlino, il ritiro nel luglio 2023 della Federazione dall’accordo sul grano mediato l’anno prima da Turchia e Onu (quell’iniziativa del Mar Nero che ora Mosca sta cercando di rimettere in piedi) sarebbe dovuto proprio al rifiuto degli europei e dell’amministrazione Usa di Joe Biden di ricollegare le banche russe allo Swift. Ma ora che nello Studio ovale è tornato il tycoon newyorkese, Putin ci sta riprovando. E stavolta potrebbe andargli meglio.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)Di là dell’Atlantico si stanno infatti moltiplicando le voci possibiliste circa un eventuale alleggerimento del regime sanzionatorio internazionale contro la Russia, da concedere in cambio di un’entrata in vigore rapida del cessate il fuoco parziale concordato in Arabia Saudita. Trump ha dichiarato che “stiamo esaminando” le condizioni poste da Mosca, tenendo di fatto la porta aperta alle richieste di Putin (come si evinceva già dal comunicato diffuso dalla Casa Bianca dopo i colloqui sauditi). Anche il titolare del Tesoro statunitense, Scott Bessent, ritiene che “tutto sia sul tavolo” e che andrebbe iniziata “una lunga discussione” sulle modalità con cui “riportare la Russia nel sistema internazionale“.Le reazioni europeeIl problema è che non si tratta di decisioni che spettano (solo) a Washington. A Bruxelles, al contrario, c’è ben poco entusiasmo per procedere su questa strada. Tanto la Commissione quanto i Ventisette sembrano intenzionati a seguire la linea della fermezza contro l’aggressore russo. Potrebbe trattarsi del momento tanto agognato dalle cancellerie europee, in cui possono far sentire la loro voce nelle trattative sulla guerra d’Ucraina.Dall’esecutivo comunitario si fa sapere che “una delle principali precondizioni” per rivedere o abolire le sanzioni – una decisione che va presa all’unanimità dal Consiglio ogni sei mesi (e già messa a repentaglio più di una volta dall’Ungheria di Viktor Orbán) – sarà “la fine dell’aggressione russa” e “il ritiro di tutte le truppe russe” dall’ex repubblica sovietica. Le misure restrittive in questione puntano del resto a “massimizzare la pressione” su Mosca: se non fossero efficaci, il Cremlino non ci chiederebbe di rimuoverle, si ragiona al Berlaymont. Del medesimo avviso è anche il presidente del Consiglio europeo, António Costa, oggi a Parigi per partecipare alla riunione della coalizione dei volenterosi.The best way to support Ukraine is to stay consistent in our objective to reach a just and lasting peace. This means keeping up the pressure on Russia through sanctions.I will convey this message at today’s Leaders’ meeting on peace and security for #Ukraine organised by… pic.twitter.com/csBYcIbkr1— António Costa (@eucopresident) March 27, 2025Pure tra gli Stati membri il mood sembra il medesimo. Emmanuel Macron, parlando dall’Eliseo accanto a Volodymyr Zelensky, ha detto chiaro e tondo ieri sera che “non elimineremo le sanzioni“, sostenendo che è ancora “troppo presto” per fare alla Federazione una concessione di questo genere. Per il presidente del Senato ceco, Miloš Vystrčil, accettare di rimuovere le sanzioni prima che Mosca interrompa i bombardamenti “è come se un marito picchiasse la moglie e dicesse che si fermerà solo quando la moglie smetterà di chiedere aiuto“. Sotto la spinta soprattutto di alcuni Paesi, come i baltici, si starebbe anzi lavorando in Ue al diciassettesimo pacchetto di sanzioni.Ma la partita diplomatica è complessa e il rischio di mettere il piede in fallo è dietro l’angolo. A Bruxelles c’è la consapevolezza che quelle di Putin potrebbero essere richieste strumentali, una trappola tesa dall’ex agente Kgb ai Ventisette. Se gli europei iniziano a discutere sul rinnovo delle sanzioni, le divisioni interne ai Ventisette faranno il gioco del Cremlino. Viceversa, se l’Ue dimostrasse unità nella fermezza, Mosca avrebbe una scusa per proseguire le trattative a due, dialogando esclusivamente con la Casa Bianca, poiché avrebbe “smascherato” la malafede degli europei.

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    Appena conclusi, i colloqui di Riad sulla tregua in Ucraina fanno già litigare Mosca e Kiev

    Bruxelles – Si sono concluse dopo tre giorni le trattative in Arabia Saudita tra Russia, Ucraina e Stati Uniti che dovrebbero rappresentare il primo passo di un complesso processo negoziale volto, in prospettiva, a porre fine alla sanguinosa guerra nell’ex repubblica sovietica. Ma già da ora si registrano incomprensioni, sbavature e differenze interpretative che potrebbero mettere a repentaglio quel poco che, pare, le delegazioni hanno appena concordato a Riad. Oggetto del contendere, più di ogni altra cosa, parrebbe l’eventualità di alleggerire il regime sanzionatorio nei confronti di Mosca.Le versioni di WashingtonNel pomeriggio di oggi (25 marzo), la Casa Bianca ha pubblicato due stringati comunicati contenenti i punti principali su cui sarebbero state raggiunte due intese separate, una con la delegazione di Kiev e l’altra con quella di Mosca. Tali resoconti riprendono gli aspetti centrali affrontati nei colloqui tenutisi nella capitale saudita, durante i quali la squadra a stelle e strisce ha incontrato le controparti ucraina (prima domenica 23 e poi ancora stamattina) e russa (ieri). Da un lato, la definizione dei dettagli tecnici relativi al cessate il fuoco di 30 giorni che concerne le infrastrutture. Dall’altro, la questione della navigazione nel Mar Nero.Stando alle note della Casa Bianca, i due Paesi belligeranti hanno concordato con gli Stati Uniti “di sviluppare misure per l’attuazione dell’accordo”, stipulato verbalmente da Donald Trump coi suoi omologhi Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky in due distinte telefonate, volto a “vietare gli attacchi contro le infrastrutture energetiche di Russia e Ucraina”. Con una simile formulazione viene così a chiudersi definitivamente il “caso” che si era aperto negli ultimi giorni circa le tipologie di strutture protette dalla tregua: salvi gli impianti energetici, come voleva Mosca, ma non porti e ferrovie come chiedeva Kiev.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Quanto al secondo punto, Ucraina e Russia avrebbero concordato “di garantire la sicurezza della navigazione, di eliminare l’uso della forza e di impedire l’utilizzo di navi commerciali per scopi militari nel Mar Nero”. Gli sforzi negoziali, in questo quadro, sono tesi a rimettere in piedi la cosiddetta “iniziativa del Mar Nero“, l’accordo risalente al luglio 2022 e mediato da Turchia e Onu che per un anno (finché Mosca non ne ha sospeso il rinnovo) ha permesso al grano ucraino di arrivare al resto del mondo attraverso gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli e, parallelamente, ai fertilizzanti russi di venire esentati dalle sanzioni occidentali.Kiev e Mosca già in disaccordoI primi nodi stanno tuttavia già venendo al pettine, a partire dalle tempistiche e dalle modalità per l’avvio della tregua. Kiev sostiene che il cessate il fuoco dovrebbe entrare in vigore immediatamente, mentre dal Cremlino si fa sapere che dovranno prima essere revocate le sanzioni che colpiscono le aziende russe attive nell’export di prodotti cerealicoli e fertilizzanti, ivi incluse entità quali compagnie di assicurazioni, armatori, fornitori di macchinari agricoli e istituti finanziari legati al settore commerciale in questione.Secondo quanto dichiarato in giornata dal ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, il Segretario generale dell’Onu António Guterres sarebbe in contatto costante con Mosca per lavorare all’allentamento delle misure restrittive contro la Federazione. D’altra parte, nel comunicato della Casa Bianca si sottolinea l’impegno di Washington “a ripristinare l’accesso della Russia al mercato mondiale per le esportazioni di prodotti agricoli e fertilizzanti, a ridurre i costi delle assicurazioni marittime e a migliorare l’accesso ai porti e ai sistemi di pagamento per tali transazioni”. Un passaggio sul quale il presidente ucraino non ha nascosto le proprie preoccupazioni.Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov (foto d’archivio)Teoricamente, in base alle ricostruzioni (frammentarie e talvolta contraddittorie) disponibili al momento della pubblicazione di questo articolo, l’alleviamento delle sanzioni contro il Cremlino dovrebbe avvenire in seguito alla sospensione delle operazioni belliche da parte russa, e non prima come invece suggerito da Lavrov. Ma le sbavature della comunicazione ufficiale già sperimentate nelle ultime settimane intorno all’intero processo negoziale suggeriscono come minimo la prudenza dei condizionali.Mosca, per ora, preferisce non scoprire tutte le sue carte. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha spiegato che i contenuti dettagliati dei colloqui tecnici non verranno diffusi poiché troppo sensibili e ha affermato che sono attualmente “in fase di analisi”. Una nuova telefonata tra Putin e Trump non è attualmente in programma, ma Peskov ha sottolineato che, se del caso, potrebbe essere organizzata in tempi brevi. Alcune indiscrezioni emerse stamattina parlavano di una dichiarazione congiunta tra Cremlino e Casa Bianca, che però – sostengono fonti russe – sarebbe saltata “a causa della posizione dell’Ucraina”.Gli Stati Uniti, si legge ancora nei comunicati ufficiali, si impegnano infine “a contribuire allo scambio di prigionieri di guerra, al rilascio di detenuti civili e al ritorno dei bambini ucraini trasferiti con la forza”. L’imperativo, si ribadisce, è quello di “fermare le uccisioni da entrambe le parti” per giungere ad una “soluzione di pace duratura” tra i belligeranti. Al momento non sono però in vista colloqui a tre, che mettano cioè allo stesso tavolo i delegati ucraini, russi e statunitensi.L’Europa non ci credeIn Europa, tuttavia, non sembrano nutrirsi grandi illusioni circa le reali intenzioni di Putin e dei suoi. “Se la Russia ritiene che i confini dell’Ucraina siano solo una linea su una mappa, perché dovrebbe rispettare i confini di qualunque altro Paese?”, si è chiesto il presidente del Consiglio europeo, António Costa, intervenendo nel pomeriggio durante un evento a Bruxelles.Da sinistra: il presidente del Consiglio europeo António Costa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (foto: European Council)L’ex premier portoghese ha ribadito l’urgenza per l’Ue di costruire la propria autonomia strategica, sottolineando la necessità di uno “sforzo collettivo per rafforzare la nostra spesa per la difesa di oltre il 30 per cento, aprendo la strada a decisioni che stanno dando forma all’Europa della difesa” come appunto il piano di riarmo continentale targato Ursula von der Leyen.E continuano nel frattempo i lavori della coalizione dei volenterosi sotto l’egida di Parigi e Londra. Lo stesso Zelensky si recherà nella capitale transalpina domani (26 marzo) per incontrare l’inquilino dell’Eliseo in preparazione della riunione di giovedì, volta a finalizzare i dettagli operativi dell’iniziativa di peacekeeping che – nei piani suoi e del premier britannico Keir Starmer – dovrebbe garantire il rispetto di un’eventuale tregua totale in Ucraina. Se verrà mai stipulata.

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    Ucraina, i colloqui di Riad non sembrano in grado di risolvere l’impasse

    Bruxelles – Fumata nera da Riad. I colloqui (separati) tra le delegazioni ucraina, russa e statunitense non sembrano portare a nessuna svolta cruciale nei negoziati, che al momento della pubblicazione sono ancora in corso. Vanno ancora appianate le principali divergenze che ostacolano la stipula di una tregua, mentre continuano i bombardamenti reciproci tra i due Paesi belligeranti. C’è stata, invece, una coda polemica per le osservazioni di Steve Witkoff, che a Kiev sono suonate come apologetiche nei confronti di Vladimir Putin.Shuttle diplomacy in Arabia SauditaC’è stato un grande viavai a Riad nelle ultime ore, mentre non accennano a fermarsi le bombe che piovono di qua e di là del fronte. Nella capitale dell’Arabia Saudita si sono riuniti nelle ultime 48 ore i team negoziali di Kiev, Washington e Mosca per due sessioni di bilaterali: ieri (23 marzo) gli ucraini si sono confrontati con gli emissari statunitensi, mentre questi ultimi hanno discusso oggi con la squadra russa e incontreranno poi nuovamente la delegazione ucraina.Sul tavolo soprattutto due portate. Da un lato, i dettagli tecnici del cessate il fuoco parziale concordato in linea di principio dai due belligeranti la scorsa settimana, cioè la definizione di quali infrastrutture dovrebbero essere risparmiate dai bombardamenti reciproci (se solo quelle energetiche o anche quelle civili). Dall’altro, una tregua dei combattimenti nel Mar Nero e la ripresa della cosiddetta “iniziativa del Mar Nero“, l’accordo mediato nel luglio 2022 dalla Turchia per il transito del grano ucraino attraverso gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli (e l’esenzione dei fertilizzanti russi dalle sanzioni occidentali) e mai più rinnovato dall’anno successivo.Domenica sera il capodelegazione ucraino, il ministro della Difesa Rustem Umerov, si era detto soddisfatto dello scambio con i negoziatori della Casa Bianca, definendolo “produttivo e mirato“. Stando al suo resoconto, le discussioni si erano incentrate intorno ad alcuni “elementi chiave inclusa l’energia”, ma non aveva fornito ulteriori dettagli. Anche Volodymyr Zelensky aveva parlato di colloqui “molto produttivi”, assicurando che la delegazione del Paese aggredito stava lavorando costruttivamente per giungere rapidamente ad una tregua sostenibile.We have concluded our meeting with the American team.The discussion was productive and focused — we addressed key points including energy.President Volodymyr Zelenskyy’s goal is to secure a just and lasting peace for our country and our people — and, by extension, for all of…— Rustem Umerov (@rustem_umerov) March 23, 2025Eppure, mentre i colloqui tra statunitensi e russi erano in corso, fonti ucraine hanno fatto sapere che la squadra di Kiev incontrerà nuovamente il team a stelle e strisce per un secondo round, presumibilmente per ricevere aggiornamenti. La sessione tra gli emissari del Cremlino e della Casa Bianca – ancora in corso mentre scriviamo – è stata descritta positivamente da parte russa: Grigory Karasin, uno dei negoziatori di Mosca, ha descritto i colloqui come “creativi” e ha sottolineato che le due delegazioni “comprendono il punto di vista l’una dell’altra”. Tuttavia, tutti gli osservatori (inclusi quelli russi) ritengono che dalla riunione odierna non uscirà alcun risultato importante capace di sbloccare lo stallo delle trattative.Gli incontri di questi giorni a Riad fanno seguito ad altri colloqui svoltisi nel regno mediorientale durante le scorse settimane, secondo il modello della cosiddetta shuttle diplomacy. L’11 marzo a Gedda le squadre di Kiev e Washington avevano concordato i termini per un cessate il fuoco totale (poi ridimensionato da Putin, che considerava quell’accordo troppo favorevole all’ex repubblica sovietica), mentre il 18 febbraio dei rappresentanti di alto livello della Casa Bianca e del Cremlino erano tornati a incontrarsi sempre nella capitale saudita, dopo tre anni in cui l’amministrazione di Joe Biden aveva isolato diplomaticamente la Federazione.Da sinistra: l’inviato statunitense per il Medio Oriente Steve Witkoff, il segretario di Stato Marco Rubio, il consigliere per la Sicurezza nazionale Michael Waltz, il ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan al-Saud, il consigliere per la Sicurezza nazionale Mosaad bin Mohammad al-Aiban, il consigliere del Cremlino per gli Affari esteri Yuri Ushakov e il ministro degli Esteri Sergei Lavrov si incontrano a Riad, il 18 febbraio 2025 (foto: Evelyn Hockstein/Afp)Aperture a Putin?Ma i colloqui di Riad non erano iniziati sotto i migliori auspici. A far alzare un polverone erano stati alcuni interventi della vigilia da parte dell’inviato speciale di Washington per il Medio Oriente, Steve Witkoff, che non è fisicamente presente in Arabia Saudita ma che – nonostante il suo titolo ufficiale suggerisca altrimenti – è stato designato dal presidente Donald Trump come capo-negoziatore per giungere ad una ricomposizione politica del conflitto.In un’intervista col cronista filo-trumpiano Tucker Carlson, Witkoff è parso amplificare la propaganda putiniana sulle cause profonde della guerra in corso: “In Russia c’è la sensazione che l’Ucraina sia un Paese falso“, ha dichiarato, aggiungendo che “la Russia considera queste cinque regioni (quelle parzialmente occupate del Cherson, Doneck, Luhansk e Zaporizhzhia, più la Crimea annessa unilateralmente nel 2014, ndr) come proprie dalla Seconda guerra mondiale ed è una cosa di cui nessuno vuole parlare”.Nel settembre 2022, Mosca ha organizzato dei referendum farsa per dare all’occupazione di quei territori una patina di legalità, ma tanto Kiev quanto i Paesi occidentali hanno finora rifiutato di considerarli validi. Witkoff si è chiesto se “il mondo riconoscerà che questi sono territori russi” e se “Zelensky può sopravvivere politicamente” ad un simile riconoscimento, sottolineando che si tratta della “questione centrale” del conflitto. L’inviato di Trump ha inoltre derubricato il tentativo del primo ministro britannico Keir Starmer di mettere in piedi con il presidente francese Emmanuel Macron una coalizione di volenterosi per monitorare un’eventuale tregua in Ucraina come un’ostentazione velleitaria.L’inviato speciale della Casa Bianca per il Medio Oriente, Steve Witkoff (foto: Mandel Ngan/Afp)E ha ammesso candidamente che Vladimir Putin gli “piace”, che non lo considera “un cattivo ragazzo” e che, al contrario, sta sviluppando con lui una “amicizia” (i due si sono incontrati a Mosca due volte nel corso dell’ultimo mese). “Ho pensato che fosse sincero con me”, ha detto del presidente russo, sostenendo di ritenere che l’inquilino del Cremlino “vuole la pace”.Quanto basta per scatenare un ginepraio di reazioni indignate da parte di Kiev, col capo della commissione parlamentare per gli Affari esteri, Oleksandr Merezkho, spintosi a suggerire che Witkoff “dovrebbe essere rimosso come rappresentante di Trump perché scredita gli Stati Uniti e la loro politica estera”. Lo stesso Zelensky ha dichiarato in un’intervista alla rivista Time di ritenere “che la Russia sia riuscita a influenzare alcune persone del team della Casa Bianca“, convincendo diversi membri dell’amministrazione Trump “che gli ucraini non vogliono porre fine alla guerra e che bisogna fare qualcosa per costringerli”. Non esattamente il miglior viatico per le trattative in corso in Arabia Saudita.

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    Colloqui in vista a Riad tra Ucraina, Russia e Stati Uniti

    Bruxelles – Gli occhi del mondo intero saranno di nuovo puntati in Arabia Saudita lunedì (24 marzo), per passare agli infrarossi il doppio incontro della delegazione statunitense con le squadre negoziali di Russia e Ucraina. All’ordine del giorno soprattutto i dettagli della tregua nei cieli e la sicurezza della navigazione nel Mar Nero, mentre sembra espunta per il momento la questione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, su cui la Casa Bianca avrebbe messo gli occhi.Parlando ai giornalisti accanto al primo ministro norvegese Jonas Gahr Støre da Oslo, dove si trovava in visita mentre i leader dei Ventisette rinnovavano da Bruxelles il loro sostegno all’ex repubblica sovietica, Volodymyr Zelensky ha confermato ieri (20 marzo) che lunedì prossimo una delegazione ucraina si recherà a Riad per incontrare i negoziatori statunitensi. Nella capitale saudita si terranno due bilaterali separati, ha spiegato il presidente: il team di esperti a stelle e strisce si siederà al tavolo prima con la squadra di Kiev e successivamente con quella di Mosca.— Jonas Gahr Støre (@jonasgahrstore) March 20, 2025Obiettivo delle trattative è trovare una quadra sugli aspetti tecnici del cessate il fuoco parziale di 30 giorni approvato sulla carta da entrambi i Paesi belligeranti ma che, per il momento, nessuno sta rispettando visto che i bombardamenti reciproci non si sono ancora interrotti. Il nodo principale da risolvere per far entrare in vigore la tregua riguarda la tipologia delle infrastrutture che dovrebbero essere risparmiate dai missili e dai droni in base all’accordo: i russi vorrebbero restringere il campo alle sole infrastrutture energetiche, laddove gli ucraini spingono per includere anche quelle civili come porti e reti ferroviarie.Gli imminenti colloqui sono stati confermati anche da parte russa. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha fatto riferimento alla cosiddetta “iniziativa del Mar Nero“, di cui Vladimir Putin e Donald Trump hanno discusso nella loro telefonata di martedì scorso (18 marzo). In base al confronto tra i due presidenti, una pausa nei combattimenti marittimi dovrebbe costituire un secondo step dopo lo stop ai bombardamenti aerei e un preludio ad un cessate il fuoco più ampio che includa anche le operazioni terrestri, a sua volta prerequisito per avviare i negoziati su una pace permanente.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Jim Watson/Afp)Zelensky ha negato di aver discusso con l’inquilino della Casa Bianca dell’eventuale cessione agli Usa della proprietà della centrale di Zaporizhzhia, l’impianto nucleare più grande d’Europa (nel 2021 forniva circa un quarto dell’intera produzione elettrica ucraina). Col tycoon, semmai, aveva parlato della gestione della struttura, che però è attualmente controllata dalle truppe di Mosca.Il leader ucraino ha infine dichiarato di non essersi confrontato con Trump riguardo al futuro della Crimea, la penisola formalmente parte del territorio ucraino che è stata annessa unilateralmente dalla Federazione nel 2014. Secondo molti osservatori, il presidente statunitense sarebbe propenso a cedere a Putin per accelerare le trattative verso la fine del conflitto, ma la linea ufficiale di Kiev è fermamente contraria.

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    I leader Ue confermano il loro impegno sull’Ucraina (di nuovo senza Orbán)

    Bruxelles – Sembrano finiti i giorni in cui i leader dell’Ue cercavano di mantenere l’unità tra le 27 cancellerie. L’Europa a geometria variabile è già qui, con l’esclusione di fatto sistematica dell’Ungheria di Viktor Orbán. Come accaduto al vertice straordinario di due settimane fa, anche stavolta i capi di Stato e di governo hanno adottato le loro conclusioni sull’Ucraina aggirando l’opposizione del premier magiaro, mettendolo – o meglio lasciandolo – all’angolo.Niente di nuovo né nel metodo né nel merito. Nel metodo, appunto, si registra di nuovo il ricorso all’approccio sperimentato dal presidente del Consiglio europeo, António Costa, per raggiungere un consenso a 26 laddove non si riesca ad ottenere l’unanimità (richiesta per le decisioni formali di politica estera). Detto, fatto. Per la seconda volta di fila, anziché essere inserite nel testo finale delle conclusioni del summit, le determinazioni dei leader riguardo al conflitto nell’ex repubblica sovietica sono state inserite in un documento separato, firmato da tutti meno che dal primo ministro ungherese. “Divergenza strategica“, la formula utilizzata a Budapest e a Bruxelles per giustificare la nuova dinamica.Il primo ministro ungherese Viktor Orbán e l’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas (foto: European Council)Nel merito, la sessione durata un paio d’ore ha prodotto risultati sostanzialmente identici a quelli del vertice straordinario dello scorso 6 marzo. Si riafferma il “continuo e incrollabile sostegno all’indipendenza, alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale”, si ribadisce l’approccio di “pace attraverso la forza“, si ripete l’impegno “a fornire ulteriore supporto completo all’Ucraina e al suo popolo”, inclusa la fornitura di nuovi e consistenti aiuti finanziari e militari.E, naturalmente, il sostegno a “una pace globale, giusta e duratura” che sia “accompagnata da solide e credibili garanzie di sicurezza“, per monitorare la quale è benvenuto il contributo della cosiddetta coalizione dei volenterosi a egida franco-britannica (i cui capi di Stato maggiore si stanno riunendo proprio in queste ore a Londra). Infine, i leader hanno “sottolineato la necessità di accelerare i negoziati di adesione” dell’Ucraina al club a dodici stelle.C’è poi un passaggio sui colloqui in corso per giungere ad una tregua dei combattimenti. I leader dei Ventisette accolgono “con favore” la dichiarazione congiunta siglata da Ucraina e Stati Uniti dopo l’incontro di Gedda dello scorso 11 marzo, “comprese le proposte per un accordo di cessate il fuoco, gli sforzi umanitari” e soprattutto “la ripresa della condivisione di intelligence e dell’assistenza” da parte degli Usa. In altre parole, c’è sollievo a Bruxelles per il riavvio dei rapporti tra Kiev e Washington (e soprattutto degli aiuti militari) dopo l’epilogo burrascoso del bilaterale alla Casa Bianca di fine febbraio.Il presidente statunitense Donald Trump (destra) accoglie l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky nello Studio ovale, il 28 febbraio 2025 (foto via Imagoeconomica)Ma l’entusiasmo delle cancellerie si ferma qui. Secondo fonti diplomatiche comunitarie, l’opinione condivisa al tavolo è che “al momento non sono in corso veri negoziati” tra Washington, Mosca e Kiev. Sembra che i Ventisei siano quantomeno contrariati dalla rapidità con cui si stanno susseguendo i contatti degli ultimi giorni (con Trump incollato al telefono per sentire gli omologhi russo e ucraino), dai quali si sentono esclusi. E infatti, sempre stando ad alti funzionari Ue, i leader si sarebbero “confrontati sui modi migliori per influenzare il processo“.Lo stesso Volodymyr Zelensky si è collegato da remoto coi capi di Stato e di governo, ringraziando i partner europei per il loro sostegno e accogliendo positivamente l’impegno a rifornire Kiev con munizioni per l’artiglieria per un valore di 5 miliardi di euro. Che poi è tutto quello che rimane della proposta ambiziosa – forse troppo – avanzata dall’Alta rappresentante Kaja Kallas, la quale aveva chiesto alle cancellerie uno sforzo dell’ordine dei 40 miliardi.Sempre sul tema della sicurezza del Vecchio continente, Zelensky ha descritto il piano ReArm Europe come “molto utile e lungimirante” e ha chiesto ai leader di metterlo in pratica rapidamente. “Sono necessari investimenti nella produzione di armi sia in Ucraina che nei vostri Paesi”, ha osservato. E bisogna arrangiarsi: “Tutto il necessario per difendere il continente dovrebbe essere prodotto qui in Europa“, ha aggiunto.Il presidente russo Vladimir Putin (foto: Maxim Shemetov/Afp)Dopo aver confermato che il suo team negoziale sta lavorando per “raggiungere un cessate il fuoco incondizionato e completo sulla terraferma” che vada oltre la tregua temporanea concordata (almeno sulla carta) con Washington e Mosca, il leader ucraino ha ribadito che “Putin deve smetterla di fare richieste inutili che non fanno altro che prolungare la guerra e deve iniziare a mantenere ciò che promette“. Non esattamente quello che si è visto nelle ultime ore.Il Consiglio europeo esorta dunque la Russia “a mostrare una reale volontà politica per porre fine alla guerra“. Come? Rendendosi disponibile ad aumentare gli sforzi umanitari, in particolare lo scambio di prigionieri e il rilascio dei civili (e dei bambini) deportati. Nel frattempo, i Ventisei si dicono pronti ad “aumentare la pressione” su Mosca, anche con nuovi pacchetti di sanzioni, come richiesto dallo stesso Zelensky almeno “finché la Russia non inizierà a ritirarsi dal nostro territorio e finché non avrà completamente compensato i danni causati dalla sua aggressione”.

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    Ucraina, Trump e Zelensky allineati sulle condizioni per la tregua

    Bruxelles – Continua a correre la diplomazia internazionale per cercare di mettere fine alla guerra d’Ucraina. Negli scorsi giorni, Donald Trump ha sentito al telefono gli omologhi Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Il presidente Usa sta cercando di portare entrambi al tavolo delle trattative e sta preparando un incontro tra i vari team negoziali in Arabia Saudita per definire gli aspetti tecnici del cessate il fuoco. Ma per il momento solo Kiev sembra essere in linea con Washington, mentre non ci sono grandi segnali di apertura da parte di Mosca.Dopo la lunga telefonata con Vladimir Putin di mercoledì (la seconda in due mesi), Donald Trump ha risollevato la cornetta ieri (19 marzo) per aggiornare Volodymyr Zelensky sullo stato dell’arte dei negoziati e per rinnovare il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina. L’ultimo confronto tra i due, avvenuto a fine febbraio nello Studio ovale, non era finito per niente bene.Quella di ieri, invece, è stata una “chiamata molto buona” secondo il tycoon, che ha segnalato di aver raggiunto un’unità d’intenti col suo interlocutore su alcuni punti fermi. Anzitutto sulla continuazione delle forniture: Washington si è impegnata a inviare a Kiev nuove batterie antiaeree e a non interrompere (di nuovo) la condivisione dell’intelligence, di fatto contravvenendo a quella che il Cremlino aveva posto come “condizione fondamentale” per accettare una tregua.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Zelensky (che ha descritto la conversazione come “forse la più produttiva che abbiamo mai avuto“) si è poi detto disposto ad implementare la proposta attualmente sul tavolo – il cessate il fuoco parziale concordato da Trump e Putin l’altroieri, che sostanzialmente annacqua la tregua totale discussa la settimana scorsa a Gedda da ucraini e statunitensi – nonostante nelle ultime ore ci siano stati diversi scambi di attacchi aerei tra la Federazione e l’ex repubblica sovietica.Dopo aver sentito l’omologo, il leader ucraino si sente talmente ottimista da sostenere che “sotto la guida americana” la pace può essere raggiunta “entro quest’anno”. Nel frattempo, nel pomeriggio di ieri è avvenuto lo scambio di prigionieri annunciato precedentemente: 175 soldati russi contro altrettanti ucraini, più 22 militari di Kiev gravemente feriti.Un’altra condizione che Putin era sembrato porre ieri implicava il riconoscimento da parte ucraina delle regioni occupate come formalmente parte del territorio della Federazione. Una richiesta irricevibile per Zelensky, che sostiene di aver ricevuto l’appoggio di Washington su questo tema delicato.Dalla telefonata è emersa anche la volontà di riunire in Arabia Saudita dei gruppi di esperti dei tre Paesi per degli incontri tecnici sull’implementazione del cessate il fuoco, ma non è chiaro se i colloqui avverranno a tre oppure se la squadra a stelle e strisce dialogherà separatamente con quelle di Kiev e Mosca. Il nodo del contendere sarebbe la definizione delle strutture che dovranno essere risparmiate dagli attacchi: gli statunitensi e gli ucraini vorrebbero estendere l’accordo sia alle infrastrutture energetiche sia a quelle civili (porti, arterie ferroviarie eccetera), mentre i russi mirerebbero a limitare il campo di applicazione solo a quelle energetiche.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Inoltre, i presidenti ucraino e statunitense hanno concordato una sorta di evoluzione del famigerato accordo sulle materie prime critiche, saltato dopo il diverbio in mondovisione alla Casa Bianca. Trump ha suggerito che gli Usa potrebbero assumersi la responsabilità di gestire le centrali nucleari ucraine, a partire da quella di Zaporizhzhia, la più grande del Paese e d’Europa, che però è attualmente sotto occupazione russa. “La proprietà americana di quegli impianti potrebbe essere la migliore protezione per quelle infrastrutture“, ha aggiunto, e fornirebbe una solida garanzia di sicurezza contro nuove aggressioni da parte di Mosca.Le sorti del conflitto in Ucraina rimangono del resto prioritarie nell’agenda politica europea. Proprio con una discussione sul tema, cui Zelensky è collegato da remoto, si è aperto il summit che riunisce a Bruxelles i leader dei Ventisette, a sole due settimane dal vertice straordinario del 6 marzo. Contemporaneamente, a Londra si sono dati appuntamento i capi di Stato maggiore dei 30 Paesi che compongono la coalizione dei volenterosi, l’iniziativa guidata da Francia e Regno Unito per inviare una forza di peacekeeping nell’ex repubblica sovietica non appena verrà effettivamente raggiunta una tregua.