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    Slovenia, il mistero del piano per “completare la dissoluzione dell’ex-Jugoslavia” e i “no comment” del Consiglio UE

    Bruxelles – Trent’anni. Il tempo per mettersi alle spalle una guerra o per riaprire le ferite di un conflitto etnico durato un decennio. Proprio nell’anniversario dello scoppio delle guerre nell’ex-Jugoslavia, la polveriera dei Balcani torna a preoccupare l’Europa e il mistero di un documento ufficioso del governo sloveno, che sarebbe già approdato a Bruxelles, sta rischiando di dare uno scossone ai fragili equilibri della regione.
    Il premier sloveno, Janez Janša
    Tutto è cominciato all’inizio di questa settimana, quando lunedì (12 aprile) alcuni media bosniaci hanno riportato l’indiscrezione secondo cui il premier sloveno, Janez Janša, avrebbe consegnato tra fine febbraio e inizio marzo al presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, un non paper (una proposta informale di accordo) sulle priorità della presidenza slovena dell’UE, che prenderà il via il prossimo primo luglio. Nel documento, Janša avrebbe indicato anche la necessità di completare la “dissoluzione dell’ex-Jugoslavia”: implicazioni a livello di confini per tutti i Paesi della regione (Slovenia esclusa), ma soprattutto una separazione in seno al territorio della Bosnia ed Erzegovina su base etnica.
    Nella regione è scoppiata la bufera, con l’ambasciatrice slovena a Sarajevo, Zorica Bukinac, invitata per un chiarimento dal membro croato della presidenza bosniaca, Željko Komšić, e i partiti di opposizione al governo Janša che hanno invitato il ministro degli esteri, Anže Logar, a riferire in Parlamento. Lubiana nega un cambiamento di politica nei confronti dei partner balcanici e lo stesso premier Janša ha smentito con ferocia ogni voce di un piano segreto per il completamento “pacifico” della dissoluzione dell’ex-Jugoslavia: “Il governo sloveno sta seriamente cercando soluzioni per lo sviluppo della regione e la prospettiva europea dei Paesi dei Balcani occidentali”, ha commentato in un tweet, rimbalzando l’accusa di “cercare di impedire tale obiettivo”.

    Eh, @eucopresident sem nazadnje srečal lani. Težko bi mu tako februarja ali marca letos karkoli fizično predal, kot piše obskurni splet, ki ga navajate. 🇸🇮 sicer resno išče rešitve za razvoj regije in EU perspektivo držav ZB, s takimi zapisi pa se ravno ta cilj skuša onemogočiti. https://t.co/aObQNCkRc5
    — Janez Janša (@JJansaSDS) April 12, 2021

    Tuttavia, dopo giorni di polemiche, smentite e pubblicazioni di stralci del documento più o meno verosimili, ciò che appare evidente è l’incapacità del Consiglio Europeo di prendere le distanze dalla notizia del non paper ricevuto o di fornire ulteriori spiegazioni. Pressato dalla stampa a Bruxelles, l’entourage del presidente Michel tiene la linea del “no comment” e del non rilasciare dichiarazioni “per il momento”. Un approccio quantomeno discutibile, che fa sospettare che qualcosa stia davvero sgorgando alla sorgente. Oppure, se così non fosse, che rischia di far cedere la diga del complottismo e della accuse tra Paesi. Insomma, di far giocare in molti con il fuoco, in un contesto – quello balcanico – che non avrebbe bisogno di ulteriori destabilizzazioni.
    Quello mostrato dal Consiglio UE è un atteggiamento agli antipodi rispetto a quello della Commissione Europea, che, sebbene non sia implicata direttamente nell’affaire Balcani, ha comunque risposto con chiarezza in merito alla sua posizione. “Non abbiamo visto né siamo a conoscenza del non paper“, ha spiegato Peter Stano, portavoce dell’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Una dichiarazione che a molti sarà sembrata banale, ma senza tenere presente il fatto che l’esecutivo UE avrebbe avuto tutto il diritto di non rilasciare commenti su una vicenda che coinvolge un Paese membro e un’altra istituzione europea. Anzi, Stano ha ribadito che “sulla questione dei confini nei Balcani, l’unica cosa che pensiamo è che non ci sia nulla da cambiare“. La Commissione Europea si gioca parte della credibilità sul processo di allargamento promesso nei Balcani occidentali e per questo motivo “bisogna lavorare sulla cooperazione regionale e sulla riconciliazione, questo è il nostro approccio”, ha aggiunto con forza il portavoce dell’alto rappresentante UE.

    Da giorni si rincorrono le voci di un documento ufficioso inviato dal premier Jansa a Bruxelles, dai contenuti controversi sulla separazione della Bosnia ed Erzegovina e la ridefinizione dei confini nella regione. Ma l’atteggiamento dell’entourage del presidente Michel mostra l’incapacità di gestire una situazione esplosiva

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    COVID, ritardi nella consegna di vaccini ai Balcani occidentali. Intanto la Russia usa Sputnik (e la Serbia) come testa di ponte

    Nella regione il meccanismo COVAX è scattato da pochi giorni e ha fornito solo un sesto delle dosi per il primo semestre. Belgrado invece ha differenziato la strategia: ora è tra i migliori al mondo per somministrazioni e può permettersi di vaccinare anche gli abitanti dei Paesi limitrofi. Presto inizierà la produzione del siero russo in loco

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    Allargamento, il commissario Várhelyi: “Senza i Balcani non c’è stabilità europea. L’Italia è un attore imprescindibile”

    Il commissario europeo Varhelyi (a sinistra) e il presidente della commissione Affari esteri della Camera, Piero Fassino, durante un’audizione a Montecitorio [Roma, 10 settembre 2020]
    Nell’audizione alla commissione Affari esteri della Camera sono stati dettati i tempi per l’integrazione della regione: “Più spediti i negoziati con Serbia e Montenegro. Da approvare entro fine anno i quadri negoziali per l’adesione di Macedonia del Nord e Albania”