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    Balcani occidentali: dall’UE in arrivo 651 mila dosi di vaccino Pfizer

    Bruxelles – L’Unione Europea entra nel vivo della partita dei vaccini nei Balcani Occidentali.  Da maggio 2021 cominceranno le consegne di 651 mila dosi del vaccino anti COVID prodotto da BioNTech-Pfizer destinate prioritariamente al personale sanitario nella regione. Le fiale, che verranno distribuite fino ad agosto, sono alla base di un contratto finanziato direttamente da Bruxelles e concluso grazie allo sforzo del governo austriaco.
    L’impegno europeo per la lotta al coronavirus nei Balcani è stata sin dalle prime battute della campagna vaccinale nel continente una priorità. Fino al 31 marzo ai sei Paesi della regione erano state consegnate poco più di 160 mila dosi, ma gran parte delle somministrazioni sono state possibili grazie alla collaborazione fornita da Russia e Cina. I principali obiettivi per l’UE sono quelli di “rendere i sistemi sanitari dell’area pienamente operativi e supportare i governi ad affrontare i problemi enormi che la pandemia ha provocato nella regione”, ha detto il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi. “Lo facciamo perché ci deve essere chiaro il nostro interesse per i nostri partner, per le capacità di resilienza nella regione e per gli operatori che sono impegnati in prima linea”.
    La Commissione ha assicurato che le dosi di Pfizer (definita da Várhelyi come l’azienda farmaceutica “più affidabile” per l’UE) saranno distribuite tenendo conto dello stato della campagna vaccinale in ciascuno degli Stati dell’area balcanica e ha fugato i dubbi sulla possibilità che le dosi in arrivo nei Balcani possano essere inoculate a categorie meno a rischio. “Nei contratti è chiaro quello per cui le doti sono destinate. È anche nell’interesse di questi governi vaccinare al più presto gli operatori sanitari”, ha continuato il commissario Várhelyi. Ma l’esecutivo si è impegnato anche a rendere possibile la vaccinazione per i gruppi vulnerabili una volta che la somministrazione al personale sanitario sarà conclusa.
    Attualmente i Balcani, insieme ai Paesi del Nord Africa e ai 92 Paesi che fanno parte dello schema COVAX sono esclusi dal meccanismo creato dall’Unione Europea per il controllo sulle esportazioni di vaccini verso i Paesi terzi. Bruxelles vuole fare la sua parte nella ripresa della regione facendosi spazio tra gli altri attori internazionali presenti. “Credo che questo sia un contributo notevole da parte dell’Unione Europea e questo gesto deve essere considerato come un segnale chiaro di quanto sia importante la regione per l’UE e per i suoi Stati membri”, ha sottolineato Várhelyi concludendo il suo intervento in conferenza stampa.

    Bruxelles vuole battere la concorrenza di Russia e Cina per la ripresa nell’area. Várhelyi “Segnale chiaro di quanto sia importante la regione per l’UE e per i suoi Stati membri”

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    Slovenia, il mistero del piano per “completare la dissoluzione dell’ex-Jugoslavia” e i “no comment” del Consiglio UE

    Bruxelles – Trent’anni. Il tempo per mettersi alle spalle una guerra o per riaprire le ferite di un conflitto etnico durato un decennio. Proprio nell’anniversario dello scoppio delle guerre nell’ex-Jugoslavia, la polveriera dei Balcani torna a preoccupare l’Europa e il mistero di un documento ufficioso del governo sloveno, che sarebbe già approdato a Bruxelles, sta rischiando di dare uno scossone ai fragili equilibri della regione.
    Il premier sloveno, Janez Janša
    Tutto è cominciato all’inizio di questa settimana, quando lunedì (12 aprile) alcuni media bosniaci hanno riportato l’indiscrezione secondo cui il premier sloveno, Janez Janša, avrebbe consegnato tra fine febbraio e inizio marzo al presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, un non paper (una proposta informale di accordo) sulle priorità della presidenza slovena dell’UE, che prenderà il via il prossimo primo luglio. Nel documento, Janša avrebbe indicato anche la necessità di completare la “dissoluzione dell’ex-Jugoslavia”: implicazioni a livello di confini per tutti i Paesi della regione (Slovenia esclusa), ma soprattutto una separazione in seno al territorio della Bosnia ed Erzegovina su base etnica.
    Nella regione è scoppiata la bufera, con l’ambasciatrice slovena a Sarajevo, Zorica Bukinac, invitata per un chiarimento dal membro croato della presidenza bosniaca, Željko Komšić, e i partiti di opposizione al governo Janša che hanno invitato il ministro degli esteri, Anže Logar, a riferire in Parlamento. Lubiana nega un cambiamento di politica nei confronti dei partner balcanici e lo stesso premier Janša ha smentito con ferocia ogni voce di un piano segreto per il completamento “pacifico” della dissoluzione dell’ex-Jugoslavia: “Il governo sloveno sta seriamente cercando soluzioni per lo sviluppo della regione e la prospettiva europea dei Paesi dei Balcani occidentali”, ha commentato in un tweet, rimbalzando l’accusa di “cercare di impedire tale obiettivo”.

    Eh, @eucopresident sem nazadnje srečal lani. Težko bi mu tako februarja ali marca letos karkoli fizično predal, kot piše obskurni splet, ki ga navajate. 🇸🇮 sicer resno išče rešitve za razvoj regije in EU perspektivo držav ZB, s takimi zapisi pa se ravno ta cilj skuša onemogočiti. https://t.co/aObQNCkRc5
    — Janez Janša (@JJansaSDS) April 12, 2021

    Tuttavia, dopo giorni di polemiche, smentite e pubblicazioni di stralci del documento più o meno verosimili, ciò che appare evidente è l’incapacità del Consiglio Europeo di prendere le distanze dalla notizia del non paper ricevuto o di fornire ulteriori spiegazioni. Pressato dalla stampa a Bruxelles, l’entourage del presidente Michel tiene la linea del “no comment” e del non rilasciare dichiarazioni “per il momento”. Un approccio quantomeno discutibile, che fa sospettare che qualcosa stia davvero sgorgando alla sorgente. Oppure, se così non fosse, che rischia di far cedere la diga del complottismo e della accuse tra Paesi. Insomma, di far giocare in molti con il fuoco, in un contesto – quello balcanico – che non avrebbe bisogno di ulteriori destabilizzazioni.
    Quello mostrato dal Consiglio UE è un atteggiamento agli antipodi rispetto a quello della Commissione Europea, che, sebbene non sia implicata direttamente nell’affaire Balcani, ha comunque risposto con chiarezza in merito alla sua posizione. “Non abbiamo visto né siamo a conoscenza del non paper“, ha spiegato Peter Stano, portavoce dell’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Una dichiarazione che a molti sarà sembrata banale, ma senza tenere presente il fatto che l’esecutivo UE avrebbe avuto tutto il diritto di non rilasciare commenti su una vicenda che coinvolge un Paese membro e un’altra istituzione europea. Anzi, Stano ha ribadito che “sulla questione dei confini nei Balcani, l’unica cosa che pensiamo è che non ci sia nulla da cambiare“. La Commissione Europea si gioca parte della credibilità sul processo di allargamento promesso nei Balcani occidentali e per questo motivo “bisogna lavorare sulla cooperazione regionale e sulla riconciliazione, questo è il nostro approccio”, ha aggiunto con forza il portavoce dell’alto rappresentante UE.

    Da giorni si rincorrono le voci di un documento ufficioso inviato dal premier Jansa a Bruxelles, dai contenuti controversi sulla separazione della Bosnia ed Erzegovina e la ridefinizione dei confini nella regione. Ma l’atteggiamento dell’entourage del presidente Michel mostra l’incapacità di gestire una situazione esplosiva

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    Allargamento UE, Balcani investimento geostrategico per pace e crescita economica. Già dalla Conferenza sul futuro dell’Europa

    Le raccomandazioni del Comitato economico e sociale chiedono il coinvolgimento di leader e cittadini della regione nell’appuntamento del 9 maggio. Suggerita al Consiglio l’introduzione del voto a maggioranza qualificata nelle fasi intermedie del processo di adesione all’Unione, per un “approccio rigoroso ma equo”