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    UE e Australia rimandano i colloqui commerciali, pesa il caso dei sottomarini

    Bruxelles – Il ministero del Commercio australiano ha confermato che i colloqui per il raggiungimento di un accordo commerciale con l’Unione europea sono stati rimandati. Il ministro Dan Tehan ha affermato che il meeting è stato spostato di un mese e si terrà il prossimo novembre alla presenza di Valdis Dombrovskis
    La notizia segue le tensioni tra Australia e Paesi europei scaturite in seguito alla nascita di AUKUS. Il partenariato strategico tra Washington, Canberra e Londra aveva portato alla cancellazione di una commessa della francese Naval Group per la costruzione di una flotta di sottomarini per l’Australia – valore stimato intorno ai 40 miliardi di euro.
    La Commissione aveva scelto di prendere le parti del Governo francese, che aveva ritirato i suoi ambasciatori in Australia e negli Stati Uniti. In quell’occasione la presidente Ursula von der Leyen aveva messo in dubbio la possibilità di proseguire nei colloqui commerciali con il governo australiano.
    La crisi tra Francia e Stati Uniti si è un poco alleggerita, in seguito ad una telefonata tra Emmanuel Macron e Joe Biden. L’Eliseo ha disposto di far rientrare l’ambasciatore a Washington, ma si è rifiutata di fare altrettanto per il suo rappresentante in Australia.
    La Commissione ha chiarito che la volontà di rimandare i colloqui non è una rappresaglia per gli avvenimenti dello scorso mese. Tehan si è invece rifiutato di rispondere in merito all’influenza della questione dei sottomarini sulla decisione di spostare l’evento.

    I colloqui per il raggiungimento di un accordo si terranno a novembre. Per la Commissione non si tratta di una rappresaglia, mentre il Ministro australiano si è rifiutato di commentare sull’influenza di AUKUS nella scelta

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    La Francia prova a frenare il Consiglio commercio e tecnologia UE-USA

    Bruxelles – È il giorno dell’inaugurazione del Consiglio per il commercio e la tecnologia UE-Stati Uniti (TCC) a Pittsburgh, in Pennsylvania. Ma c’è un Paese in Europa che non sta festeggiando: la Francia, che anzi sta cercando di frenare quanto più possibile le prospettive di lungo respiro dell’organismo, progettato per coordinare la cooperazione tra le due sponde dell’Atlantico nell’ambito tecnologico e digitale.
    Alla base di questa posizione – in contrasto con gli altri 26 Stati membri UE – ci sono le frizioni di Parigi con le istituzioni europee, che non si sarebbero spese abbastanza per difendere gli interessi francesi (e di conseguenza europei) nella disputa sui sottomarini. L’accordo tra Gran Bretagna, Australia e Stati Uniti, noto come AUKUS, è stato sì causa di tentennamenti da parte della Commissione Europea sulla possibilità di rinviare la prima riunione del TCC, ma alla fine l’esecutivo comunitario ha stabilito che il nuovo sodalizio internazionale non ha ripercussioni così pesanti su Bruxelles da poter mettere in discussione il partenariato con Washington.
    Secondo quanto riportato da alcune fonti di Bruxelles a Reuters, il governo di Parigi voleva eliminare dalla dichiarazione congiunta il riferimento a un secondo incontro del TCC nella primavera del 2022, ma anche la proposta di un’alleanza sulla catena di approvvigionamento di semiconduttori, in cui UE e Stati Uniti si definiscono “reciprocamente dipendenti”. L’approccio francese spingerebbe verso una maggiore cautela nelle relazioni europee con Washington, con il rapporto di fiducia tra le due sponde dell’Atlantico che dovrebbe essere ricostruito su nuove basi.
    In attesa della dichiarazione congiunta (fonti dell’esecutivo comunitario hanno confermato che non è prevista una conferenza stampa), il tema più caldo sul tavolo oggi riguarda proprio la carenza di microchip e l’approvvigionamento sul medio termine. I funzionari della Commissione hanno fatto sapere che Washington e Bruxelles si confronteranno per unire le forze e “parlare insieme” con i produttori e i partner globali. Altre questioni di principale interesse sono lo sviluppo e i limiti da porre all’uso dell’intelligenza artificiale e la concorrenza ed esportazione di nuove tecnologie.
    Per l’Unione Europea, a co-presiedere alla riunione inaugurale del Consiglio per il commercio e la tecnologia saranno i vicepresidenti esecutivi della Commissione UE Margrethe Vestager (per il Digitale) e Valdis Dombrovskis (per l’Economia). Le controparti statunitensi saranno il segretario di Stato, Antony Blinken, la segretaria per il Commercio, Gina Raimondo, e la rappresentante per il Commercio, Katherine Tai.

    Secondo quanto riportano le fonti di Bruxelles, dopo la disputa sui sottomarini il governo di Parigi ha provato a modificare la dichiarazione congiunta che sarà pubblicata al termine della riunione inaugurale del TCC a Pittsburgh

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    Telefonata Biden Macron: nessuna scusa, ma volontà di ricucire

    Bruxelles – Joe Biden e Emmanuel Macron tornano a parlarsi. Dopo la crisi diplomatica dovuta all’annuncio dell’accordo a tre tra USA, UK e Australia sulla difesa chiamato AUKUS, che ha tagliato fuori un’importante fornitura di sottomarini francesi a Camberra, i due presidenti hanno avuto una conversazione al telefono per ricucire lo strappo. Nel comunicato congiunto viene specificato che a richiedere l’incontro è stato Joe Biden, che ha ritenuto necessario “discutere le implicazioni di quanto annunciato il 15 settembre”. I due leader si incontreranno a fine ottobre a Bruxelles. Anche i rispettivi ministri degli Esteri, Jean-Yves Le-Drian e Antony Blinken, hanno avuto modo di confrontarsi al margine della riunione del consiglio di Sicurezza dell’ONU.
    Biden ha confermato “l’importanza strategica del coinvolgimento della Francia e dell’Europa nell’Indo Pacifico, nel quadro operativo della Strategia recentemente pubblicata dall’Unione europea”, riconoscendo anche l’importanza di “una difesa europea più forte e capace”, a patto che sia complementare e non alternativa alla NATO.
    Le ultime righe del comunicato parlano direttamente al cuore della Francia. Gli Stati Uniti si impegnano a supportare le operazioni anti-terrorismo degli Stati europei nel Sahel, dove le truppe di Parigi sono presenti con l’operazione Barkhane (ora in via di ridimensionamento) dal 2014.
    Cosa emerge dalla telefonata tra Biden e Macron
    Dopo la telefonata, Emmanuel Macron ha acconsentito al ritorno dell’ambasciatore francese a Washington. Le sorti della rappresentanza transalpina in Australia non vengono nominate. Scott Morrison, Primo Ministro del Paese oceanico, ha dichiarato di aver più volte tentato di contattare l’Eliseo, senza ricevere risposta. Sebbene non lo possa dare a vedere, i malumori di Parigi resteranno e con l’Australia si può permettere di portare avanti per un altro po’ il gelo diplomatico.
    Durante il briefing per i giornalisti alla Casa Bianca, la segretaria per la Stampa Jen Psaki ha affermato che “il tono della conversazione è stato amichevole”, ma ha eluso la domanda di un giornalista che chiedeva se da parte del presidente americano ci fossero state delle scuse formali. Quanto emerge dalla telefonata tra Biden e Macron è che le concessioni fatte alla Francia bastano a far rientrare la crisi e che i due sono d’accordo su una maggiore collaborazione, ma gli Stati Uniti non sono affatto pentiti dell’accordo con Londra e Canberra.
    Le concessioni a Francia e Unione europea
    La Francia accetta i pegni di pace, che riguardano i principali dossier sul tavolo dell’Eliseo. Supporto alla missione nel Sub-sahara, che in questo momento stenta a proseguire nonostante l’uccisione del capo di Al Quaeda in Mali da una parte. Dall’altra c’è il placet di Biden allo sviluppo di una difesa europea che dovrebbe necessariamente vedere la Francia come capofila.
    A mettere di buon umore l’Eliseo c’è anche la telefonata del 22 settembre tra Emmanuel Macron e Narendra Modi. Il premier indiano ha parlato di approfondire la collaborazione tra India e Francia per “un Indo Pacifico aperto e inclusivo” – nell’ambito delle iniziative europee nell’area.

    Spoke with my friend President @EmmanuelMacron on the situation in Afghanistan. We also discussed closer collaboration between India and France in the Indo-Pacific. We place great value on our Strategic Partnership with France, including in the UNSC.
    — Narendra Modi (@narendramodi) September 21, 2021

    Secondo la stampa francese, la telefonata potrebbe essere il primo passo per sostituire l’Australia con l’India come potenziale acquirente di una nuova commessa di sottomarini francesi –  per Le Figaro questa volta potrebbe trattarsi di sottomarini nucleari. Un accordo che si andrebbe a sommare a quello già in vigore tra Dehli e Parigi, che prevede l’acquisto di sei sottomarini diesel classe Scorpene, per un totale di 5 miliardi di dollari.

    La telefonata tra Joe Biden ed Emmanuel Macron riporta l’ambasciatore francese negli USA dopo alcune concessioni a Francia ed Europa sul dossier della difesa comune e dell’impegno americano nel Sahel

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    Aukus: siglato patto di sicurezza trilaterale. L’Europa resta ai margini

    Dopo che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al vertice di Arraiolos ha invocato una politica estera, di sicurezza e di difesa comune per fare sentire la voce europea nel mondo e dopo che Silvio Berlusconi ha chiosato lo stesso concetto al vertice di Roma del PPE chiedendo la fine del voto all’unanimità in politica estera l’Unione Europea rimane ancora a guardare. Che cosa? L’attivismo degli (alleati) americani. 
    Dopo il ritiro delle truppe dall’Afghanistan Joe Biden, l’attuale Presidente degli USA, si lancia a capofitto in una nuova strategia per limitare l’espansionismo cinese ed insieme a Boris Johnson, il Primo Ministro britannico, e Scott Morrison, il Primo Ministro dell’Australia, sigla un patto di sicurezza trilaterale denominato Aukus che esclude ancora una volta l’Unione Europea dallo scenario internazionale dell’indo-pacifico. 
    L’Aukus – acronimo dei tre paesi firmatari Australia, Regno Unito e Stati Uniti d’America – permetterà agli anglo-americani di fornire tecnologie militari a Canberra per la costruzione di sottomarini nucleari. I nuovi armamenti, secondo diversi analisti, serviranno per difendere gli interessi commerciali australiani nonché per difendere Taiwan dalla minaccia cinese. Nel complesso l’accordo di difesa ha un valore simbolico perchè mira a bloccare tempestivamente la volontà di potenza della Repubblica Popolare Cinese e permette agli Stati Uniti di rinnovare la propria presenza nell’area pacifica. 
    In questo clima di tensione che ricorda la guerra fredda, rimane esclusa, come detto, l’Unione Europea. O meglio, i ventisette paesi che ne fanno parte, dato che è difficile parlare di una politica estera comune e univoca europea. Ogni paese europeo ha suoi interessi strategici da perseguire, a partire dalla Francia che ha perso, nei confronti dell’Australia, una commessa da cinquanta miliardi di euro per la costruzione di dodici sottomarini nucleari. Siamo ancora lontani dalla tanto agognata sovranità europea.
    Per altro, citando l’ambasciatore francese a Roma Christian Masset, nella vicenda non si è visto l’America is back ma la continuazione dell’America first. In un momento in cui le relazioni inter-statali continuano ad essere dominate da un certo tasso di anarchia internazionale, l’Unione Europea è in totale confusione e sta ancora aspettando spiegazioni da Washington. Potenzialmente arriveranno presto, auspicabilmente al G20 di Roma.

    Questo contributo è stato pubblicato nell’ambito di “Parliamo di Europa”, un progetto lanciato da
    Eunews per dare spazio, senza pregiudizi, a tutti i suoi lettori e non necessariamente riflette la
    linea editoriale della testata.

    E’ difficile parlare di una politica estera comune e univoca europea

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    Il Consiglio commercio e tecnologia UE-Stati Uniti rischia di saltare per la disputa sui sottomarini francesi

    Bruxelles – Rischia di slittare o addirittura di saltare la data dell’inaugurazione del Consiglio per il commercio e la tecnologia UE-Stati Uniti (TCC), l’organismo progettato per coordinare e rafforzare la cooperazione tra le due sponde dell’Atlantico nell’ambito tecnologico e digitale. La causa dei tentennamenti da parte dell’Unione Europea è la disputa sui sottomarini francesi, meglio nota come AUKUS, il nuovo sodalizio strategico tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti.
    Secondo quanto riferito ieri (martedì 21 settembre) dal portavoce della Commissione UE, Eric Mamer, durante il punto quotidiano con la stampa a Bruxelles, l’esecutivo UE sta analizzando “le conseguenze di AUKUS e il possibile impatto sulla data prevista” per la riunione inaugurale. Nonostante il portavoce non abbia fornito indicazioni precise su quando sarà resa nota la decisione, una comunicazione è attesa verosimilmente entro la fine di questa settimana: mercoledì prossimo, 29 settembre, i vicepresidenti esecutivi della Commissione UE Margrethe Vestager (per il Digitale) e Valdis Dombrovskis (per l’Economia) sono attesi a Pittsburgh (Pennsylvania) per co-presiedere al Consiglio.
    “Cerchiamo informazioni, che analizzeremo sul piano del significato per l’Unione Europea, visto che non riguarda solo la Francia”, ha specificato Mamer: “Solo quando avremo preso una decisione a riguardo, torneremo sulla questione della data” della prima riunione del TCC. Parole che hanno avuto un’eco nei palazzi delle istituzioni europee, come conferma l’appello di questa mattina del gruppo del Partito Popolare Europeo: “Il Consiglio UE-Stati Uniti per il commercio e la tecnologia deve dare risultati la prossima settimana a Pittsburgh”, si legge sul profilo Twitter. “Le aziende su entrambe le sponde dell’Atlantico si aspettano un forte partenariato”, che dovrebbe “aiutare le imprese dell’UE ad avere successo”.

    The EU-US Trade Technology Council must deliver results next week in Pittsburgh🇺🇸.
    Businesses on both sides of the Atlantic expect a strong TTC partnership.
    We must help EU🇪🇺 businesses to succeed!
    Only by working together can we succeed and solve global challenges. pic.twitter.com/zaLKB3TBH9
    — EPP Group (@EPPGroup) September 22, 2021

    La Commissione Europea ha fatto sapere che dovrà valutare il significato di AUKUS prima di confermare la data inaugurale del Consiglio commercio e tecnologia a Pittsburgh prevista per il prossimo 29 settembre

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    “AUKUS affair felt by France as a betrayal, but it can be a problem for all European defence industry”: interview with Frédéric Grare (ECFR)

    Brussels – The publication of the EU Strategy for cooperation in the Indo Pacific and the birth of AUKUS, the military pact between Australia, US and the United Kingdom, mark a siwtch in relations between United States, China and European countries. The military partnership of the Anglo-Saxon countries could exclude EU countries from the area (as well as from cooperation in the industrial field), precisely in the same days in which the first programmatic document for a shared approach on the Indo Pacific is launched. In the interview released to Eunews, Frédéric Grare, of the European Council on Foreign Relations, explains how to read the events of the last week.

    Dr. Frédéric Grare is a Senior Policy Fellow with the Asia Programme at the European Council on Foreign Relations. He previously worked at the Center for Analysis, Planning and Strategy (CAPS) of the French Ministry for Europe and External Affairs (MEAE), Paris, where he focused on Indo-Pacific dynamics and Indian Ocean security issues. Prior to joining the French MEAE, he served as the South Asia programme director at the Carnegie Endowment for International Peace in Washington DC. (ecfr.eu)

    Eunews: The European Commission yesterday presented its Strategy for cooperation in the Indo Pacific. Many analysts in Italy have attacked the document saying it has a little of a strategic approach and too much of an economic one. Do you think this document really represents a change of pace or is it a set of statements of circumstance?
    Frédéric Grare, Senior Policy Fellow with the Asia Programme at the European Council on Foreign Relations
    Grare: This is definitely a compromise between the countries who want a more strategical approach to the region and the ones who sees an opportunity. This is something in between. If you look at the conclusions of the European Council of April and compare them with this document, it is a little more strategical: it mentions China as a problem and it can work as a framework for European objectives in the area. You can take issue by issue and decide if you want to have or not a strategical approach. The document sees the area as a very competitive space between China and the US in terms of economic influence: if China gets it, it will also get political influence. Everything depends on the way the document will actually be implemented. It’s a document of compromise. The strategy is not very ambitious: it reflects the typical approach of EU Member States, it doesn’t mean the document doesn’t have any potential. We have to take into account the reality and therefore we cannot commit to something we won’t be able to realize.
    Eunews: How deep are the interests of the EU in the Indo Pacific? Does the new focus for this region concern to European interests or it depends on our special relationship with the United States?
    Grare: Definitely both. We have to start from the reality that the document is a compromise and that interests are different for every member State: for example, if you take France, which is resident of the Indo Pacific because it has territories and population both in Indian and Pacific Ocean and therefore it has to be present, even if it doesn’t want to. Clearly it is a very deep interest. Other countries, such as the Baltic States, have other priorities (mainly Russia). Although almost every EU member State (with perhaps the exception of Hungary) sees China as an increasing issue, being present in the Indo Pacific means gaining the goodwill of the United States in order to have their security guaranteed.
    Eunews: Why do you think the Americans have not informed Europe about AUKUS? Even going so far as to annoy France and pushing Australia to cancel a previous military supply agreement with France.
    Grare: Would France have remained inactive? No, of course not. The treaty had to remain secret, so the French would have known it with the fait accompli. But this has consequences for Europe as well, because France is a large part of the European defense industry. I can understand the logic behind remaining secret. It has devastating effects on the existing and perhaps no-longer existing deal between France and Australia. Of course now the French feel betrayed by Australians.
    Eunews: The EU has published a strategy, but many European countries (France, Germany, Netherlands) already have one at national level and it is possible that other countries will soon have one. Is it possible to merge these strategies into the European one?
    Grare: No, I think they will remain separated. As I said, this document reflects compromise, that is to say the interests of each country and on some issues (such as security) it is difficult to have a common approach. Furthermore, for how the EU system works, normally the interventions are on a voluntary basis. Governments will continue occasionally to have independent initiatives in foreign policy in the Indo Pacific and they will be at the same time part of the European approach to the area. It could be very complementary.
    Eunews: How do you think the European strategy is perceived by China? Should China be happy because it is not explicitly named as a rival or unhappy because it is likely that the Indo Pacific will soon be more crowded?
    Grare: I don’t think they should be happy. China has already been named in the China strategy of the EU as a systemic rival. The rival term is very much there. If you look at the document, it talks about economic corrosion and militarization of the area with China as one of the responsibles. The objective remains to push China to behave in a way which is more acceptable internationally. China has no reason to be particularly happy about this document, but neither to be so anxious about it. The outcomes of this first step is not fixed yet. This is a framework, it gives a direction but in the end is up to member States when will we get to the next step.

    The EU Strategy for cooperation in the Indo Pacific is the first step to define member’s States interests and possibilities in the area. We talked about it with Frédéric Grare (ECFR)

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    Frédéric Grare (ECFR): “Affare AUKUS un tradimento per la Francia, ma un problema per tutta l’Europa”

    Bruxelles – La pubblicazione della Strategia dell’UE per la cooperazione nell’Indo Pacifico e la nascita di AUKUS, il patto militare tra Australia, USA e Regno Unito, segnalano un cambio di passo nei rapporti tra Stati Uniti, Cina e paesi membri dell’Unione europea. Il sodalizio militare dei paesi anglosassoni minaccia di escludere le nazioni europee dalla regione (oltre che dalla cooperazione nel settore industriale), proprio negli stessi giorni in cui viene varato il primo documento programmatico per un approccio condiviso sull’Indo Pacifico. Nell’intervista rilasciata ad Eunews, Frédéric Grare, esponente dell’European Council on Foreign Relations, spiega come leggere gli avvenimenti dell’ultima settimana, a partire dai reali interessi dei 27 e dalla tensione tra alleati.
    Eunews: Molti analisti in Italia hanno attaccato la Strategia dell’UE per la cooperazione nell’Indo Pacifico, perché ritengono che abbia un approccio poco strategico e troppo economico. Secondo lei questo documento rappresenta davvero un cambio di passo oppure si tratta di un insieme di dichiarazioni di circostanza?
    Grare: “Il documento è frutto di un compromesso tra i paesi che vogliono un approccio più strategico alla regione e quelli che vedono un’opportunità. Questa è una via di mezzo. Se si guarda alle conclusioni del Consiglio europeo di aprile e le si confronta con questo documento, forse l’aspetto strategico è maggiore: menziona la Cina come un problema e può fungere da quadro per gli obiettivi europei nell’area. In generale, se si considerano le singole questioni della strategia, si può decidere quale approccio adottare. Il documento vede l’area come uno spazio di compteizione tra Cina e Stati Uniti in termini di influenza economica: se la Cina lo ottiene, avrà anche influenza politica. Tutto dipende dal modo in cui il documento verrà effettivamente implementato. È un documento di compromesso. La strategia non è molto ambiziosa: riflette l’approccio tipico degli Stati membri dell’UE, ma non significa che il documento non abbia alcun potenziale. Dobbiamo tenere conto della realtà e quindi non possiamo impegnarci in qualcosa che non saremo in grado di realizzare”.
    E: Quanto sono profondi gli interessi dell’Unione Europea nell’Indopacifico? La nuova attenzione per questa regione riguarda gli interessi europei oppure la relazione speciale dell’Europa con gli Stati Uniti?
    Frédéric Grare, Senior Policy Fellow with the Asia Programme at the European Council on Foreign Relations
    G: “Entrambe le cose. Dobbiamo partire dalla realtà che il documento è un compromesso e che gli interessi di politica estera sono diversi per ogni Stato membro: ad esempio, se si prende la Francia, che è potenza residente nell’Indo Pacifico perché ha territori e popolazione sia nell’Oceano Indiano che nell’Oceano Pacifico, appare ovvio che deve essere presente in loco sia che lo voglia o no. Chiaramente è un interesse molto profondo. Altri paesi, come gli Stati baltici, hanno altre priorità (principalmente la Russia). Sebbene quasi tutti gli Stati membri dell’UE (con l’eccezione forse dell’Ungheria) vedano sempre di più la Cina come un qualcosa con cui fare i conti, per molti paesi essere presenti nell’Indo Pacifico significa guadagnarsi la buona volontà degli Stati Uniti a garantire la loro sicurezza (in Europa)”.
    E: Perché crede che gli Americani non abbiano informato nessun altro partner delle trattative per AUKUS? Addirittura arrivando a indispettire platealmente la Francia per la questione della commessa dei sottomarini?
    G: “Se la Francia avesse saputo sarebbe rimasta con le mani in mano? Ovviamente no. Il trattato doveva rimanere segreto, per presentare ai Francesi il fatto compiuto. Ma questo ha conseguenze in tutta Europa, anche perché la Francia è una parte importante dell’industria europea della difesa. In generale però, riesco a capire la logica che ha spinto a concludere la trattativa in segreto. L’accordo francese è stato stracciato, dal loro punto di vista è naturale che si sentano traditi dall’Australia e dagli Stati Uniti”.
    E: L’Unione adesso ha una strategia, ma molti paesi europei (Francia, Germania, Olanda) ne hanno già una a livello nazionale ed è possibile che altri paesi se ne dotino a breve. Saranno complementari a quella della UE? Magari verranno coniugate direttamente in un approccio europeo?
    G: “No, penso che gli approcci nazionali rimarranno. Come ho detto, questo documento riflette il compromesso, cioè gli interessi di ogni paese e su alcune questioni (come la sicurezza) è difficile avere un approccio comune. Inoltre, per come funziona il sistema UE, gli interventi che vedremo saranno su base volontaria. I governi continueranno ad avere iniziative indipendenti in politica estera nell’Indo Pacifico e saranno allo stesso tempo parte dell’approccio europeo all’area. Non è detto che queste iniziative (europee e nazionali) non possano essere complementari tra di loro”.
    E: Come pensa che la strategia europea sarà percepita dalla Cina? Secondo lei la RPC deve essere contenta perchè non è esplicitamente nominata come un avversario oppure no, dato che è probabile che da qui a poco l’Indo Pacifico sarà più affollato?
    G: “In generale non credo che i Cinesi abbiano qualche motivo per essere felici. La Cina è già stata nominata nella EU China Strategy come un rivale sistemico. Il termine rivale è già presente ed utilizzato. Se si guarda il documento, si parla comunque di corrosione economica e militarizzazione dell’area con la Cina come uno dei responsabili. L’obiettivo resta comunque quello di spingere Pechino a comportarsi in modo più accettabile a livello internazionale. In definitiva, la Cina non ha motivo di essere particolarmente felice di questo documento, ma nemmeno di esserne così preoccupata. I risultati di questo primo passo non sono ancora chiari. Diciamo che si tratta di un primo passo, una direzione, ma alla fine dipenderà dagli Stati membri se e come si arriverà al passo successivo”.

    Per il Senior Policy Fellow del think-tank pan-europeo a questo punto diventa fondamentale la strategia UE per la cooperazione nell’Indo Pacifico. Ma “tutto dipende dal modo in cui verrà attuata”, dice a Eunews

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    AUKUS, o la disputa dei sottomarini: gli USA vogliono Francia ed Unione europea fuori dall’Indo Pacifico

    Bruxelles -“Un colpo nella schiena”, colmo di “doppiezza, disprezzo e bugie”. Jean Yves Le-Drian non ha utilizzato mezzi termini per riferirsi alla nascita di AUKUS, nuovo sodalizio strategico tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti. Poco dopo, l’annuncio che Parigi avrebbe ritirato i suoi ambasciatori da Washington e da Canberra. Per il ministro si tratterebbe addirittura di una potenziale “crepa” nel fronte dell’alleanza atlantica. L’ultima battuta di quel rapporto travagliato che l’ex presidente francese François Mitterand aveva definito una “guerra permanente e non conosciuta”.
    AUKUS: l’Unione europea fuori dall’Indo Pacifico
    L’accordo AUKUS prevede di fornire alle forze armate di Canberra una flotta di sottomarini a propulsione nucleare, insieme a nuovi missili balistici e allo stanziamento (pare) di unità navali americane nei porti del paese. L’ira francese nasce dal fatto che il governo di Parigi era già in trattative (quasi ultimate) per vendere alla marina australiana una gigantesca commessa di dodici sottomarini Diesel, per un costo stimato di 90 miliardi di dollari australiani.
    Una beffa a cui si aggiunge un danno economico non irrilevante, considerate le recenti delusioni per il mancato acquisto di fregate francesi da parte di Marocco, Indonesia e Egitto – tutte gare dove la francese Naval Group si è vista preferire la versione italiana prodotta da Fincantieri. Lo stesso gruppo navale italiano, tuttavia, potrebbe essere stato tra le vittime (inconsapevoli) di AUKUS. Nel giugno scorso Fincantieri e Novantia (gruppo spagnolo) furono sorpassate dall’inglese BAE Systems nella gara da 23 miliardi di euro per la costruzione di nove fregate multiruolo proprio per la marina australiana.
    Al netto dell’aspetto finanziario, emerge una certa volontà dell’amministrazione americana di affidare il dossier ad alleati più affidabili degli Europei. Come ha ribadito pochi giorni fa l’Alto rappresentante Josep Borrell durante la presentazione della Strategia UE per l’Indo Pacifico “gli Americani sembrano di non fidarsi di noi quando devono portare avanti i loro interessi, in questo caso verso la Cina”. E’ facile immaginare che il documento, soluzione compromissoria che non prende una chiara posizione anticinese, possa essere stato giudicato troppo morbido nei dicasteri americani. Nè Borrell nè altri rappresentanti degli Stati membri UE erano stati informati delle trattative per la nascita di AUKUS.
    La strategia USA
    La sfiducia tra le due sponde dell’Atlantico non nasce oggi. Tredici Stati membri dell’Unione hanno ufficialmente aderito al progetto della Nuova via della seta cinese (BRI). Soprattutto l’accordo sugli investimenti tra Unione europea e Cina (CAI), firmato durante il travagliato passaggio di consegne tra la presidenza di Donald Trump e quella di Joe Biden, è stato visto negli States come un colpo basso mentre gli occhi del paese erano rivolti sulla crisi interna. Sia la BRI che il CAI sono di fatto congelati ed è probabile che lo rimangano per sempre, ma rimane da parte americana la percezione che sugli Europei si può contare poco.
    La strategia americana è chiara. Washington conosce bene le reticenze degli alleati a inimicarsi il proprio partner commerciale più importante e per questo intende gestire il contenimento cinese per altri tramiti. Nello specifico, una serie di alleanze a geometria variabile che coinvolgano quei paesi che hanno già fatto una chiara scelta di campo: AUKUS, il QUAD, Five Eyes, cooperazioni bilaterali con Corea del Sud e Taiwan, probabilmente nei prossimi anni nasceranno nuove sigle. Occasionalmente si potrà fare affidamento sulla presenza delle marine europee nella regione, ma si tratta di un contorno.
    AUKUS non cancella l’alleanza atlantica
    La Francia è l’unico dei 27 ad essere paese residente nella regione indopacifica grazie ai suoi territori d’oltremare. Già dotata di una strategia per l’Indo Pacifico dal 2018 e promotrice del documento redatto in sede UE, Parigi si sente tradita dall’accordo anglosassone. AUKUS però non esclude ulteriori commesse da parte francese per l’Australia – possibili alla luce dei lunghissimi tempi di consegna dei nuovi sottomarini nucleari. Joe Biden ha ribadito che la cooperazione con l’Eliseo è irrinunciabile. Intanto però l’amministrazione ha deciso di punire un alleato che parla fin troppo spesso di “autonomia strategica” e del superamento della NATO – addirittura in stato di “morte cerebrale” secondo una dichiarazione di Emmanuel Macron del 2019.
    La dipendenza dei 27 (Francia compresa) dalla protezione dell’alleanza americana farà in modo che lo strappo non diventi frattura. Le occasioni per riparare nel breve periodo non mancheranno e c’è da aspettarsi qualche concessione da Washington, ad esempio lasciare che la Francia venda tecnologie militari alla Corea del Sud. Il governo francese ha annunciato che “nei prossimi giorni” Emmanuel Macron parlerà al telefono con Joe Biden sulla questione, nell’attesa del G20 che si terrà tra poco più di un mese a Roma.
    Sul fronte europeo, Josep Borrell – contrariato quanto il presidente francese di non essere stato informato di AUKUS – è a New York per la 76a sessione dell’assemblea generale delle Nazioni unite. Borrell, che resterà negli USA fino al 24 settembre, parteciperà ad una riunione a margine dei lavori dell’assemblea per discutere i recenti sviluppi. Far rientrare la crisi nel più breve tempo possibile è di prioritaria importanza per l’UE, che con un veto francese faticherebbe a portare avanti i negoziati per l’accordo commerciale con l’Australia che si attendeva per la fine dell’anno.
    E’ consuetudine che in occasione dei lavori dell’Assemblea delle Nazioni Unite i ministri degli Esteri tengano riunioni tra loro. Date le circostanze è fuori ogni dubbio che “il tema verrà sollevato”, riconosce il servizio dei portavoce della Commissione europea. La questione riguarda i rapporti con gli Stati Uniti e sarà trattato a livello di Stati membri dell’UE, a dimostrazione delle difficoltà dell’Unione a trovare una posizione comune in politica estera. Quanto alle relazioni con l’Australia, a Bruxelles ricordano che in occasione dell’ultimo round negoziale per un accordo di libero scambio (1-11 giugno) le due parti hanno convenuto di darsi appuntamento per ottobre. Al momento non cambia nulla, anche se si sta esaminando se e quanto il comportamento della controparte australiana porà avere ripercussioni.

    La nuova alleanza tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito esclude i partner europei dall’area. Washington sembra non fidarsi dell’Unione, ma non si può parlare di strappo