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    Le prime azioni strategiche dell’Ue per stringere i rapporti con il Kazakistan e scalzare la Russia in Asia Centrale

    Bruxelles – L’Unione Europea sta mettendo a terra la propria strategia per scalzare la Russia come partner economico privilegiato dei Paesi dell’Asia Centrale e lo fa partendo dalla pedina centrale di questo progetto: il Kazakistan. È con questo obiettivo che sono state annunciate questa mattina (18 maggio) le prime “azioni concrete” per attuare il Memorandum d’intesa sul partenariato strategico Ue-Kazakistan nel campo delle materie prime, delle batterie e dell’idrogeno rinnovabile.
    Il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue per l’Economia, Valdis Dombrovskis, al Forum Economico Ue-Asia Centrale (Almaty, 19 maggio)
    A siglare l’intesa è stato il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue per l’Economia, Valdis Dombrovskis, in visita nella città kazaka di Almaty per partecipare al Forum Economico Ue-Asia Centrale, dando un seguito pratico all’intesa raggiunta a inizio settimana tra la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, e il premier del Kazakistan, Alikhan Smailov. Le azioni pratiche si inseriscono nel quadro della tabella di marcia del Memorandum d’intesa definito tra le due parti nel corso della prima giornata del Summit dei leader della Cop27 di Sharm El-Sheikh il 7 novembre dello scorso anno, con l’obiettivo di sviluppare in approvvigionamento sicuro e sostenibile nei tre campi fondamentali per le transizioni gemelle verde e digitale. “L’Ue può sostenere il Kazakistan nella creazione di beni a più alto valore aggiunto che favoriscono lo sviluppo economico e aumentano la prosperità della popolazione, mentre l’Ue può ottenere un accesso affidabile a fattori produttivi chiave“, ha sottolineato lo stesso Dombrovskis, rendendo noti i prossimi passi della tabella di marcia del Memorandum.
    Tra il primo e il 2 giugno il vicepresidente della Commissione Ue per le Relazioni interistituzionali, Maroš Šefčovič, incontrerà il primo ministro e il ministro dell’Industria e dello sviluppo delle infrastrutture, Marat Karabayev, a margine del 13esimo Congresso internazionale delle miniere e della metallurgia di Astana, “per incontrare i leader economici di entrambe le parti”. Si tratta di una delle aree di intervento principali di lavoro nei prossimi mesi, con il coinvolgimento delle parti interessate dell’industria per individuare “progetti di investimento comuni”. Al centro della tabella di marcia c’è anche una “più stretta cooperazione” in materia di esplorazione geologica, ricerca e innovazione, formazione di competenze e sviluppo di capacità – in particolare attraverso il programma Horizon Europe e lo strumento di cooperazione dell’Ue – dove saranno essenziali i trasferimenti di tecnologia e l’aumento di fonti rinnovabili “essenziali per affrontare la crisi climatica”, è quanto mettono in chiaro le due parti.
    Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, ad Astana (27 ottobre 2022)
    Gli sforzi di stringere un partenariato sempre più stretto con il Kazakistan risponde alla strategia di Bruxelles di avvicinare l’intera regione dell’Asia Centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) alla sfera d’influenza dell’Unione Europea soprattutto in campo economico e climatico. “Il nostro Global Gateway per l’Asia Centrale può spingere iniziative per la gestione delle acque, l’energia e il cambiamento climatico“, ha confermato Dombrovskis nel suo intervento al Forum Economico Ue-Asia Centrale, anticipando la “prima azione dal valore di 20 milioni di euro entro quest’estate“. Il primo obiettivo dell’iniziativa Global Gateway nella regione è quello di “migliorare la gestione delle risorse e aumentare gli investimenti per facilitare la transizione” e per questo motivo il vicepresidente esecutivo della Commissione ha ricordato che “circa il 40 per cento degli iniziali 700 milioni di euro di fondi a supporto di questa iniziativa sono dedicati a investimenti in infrastrutture fisiche”. La credibilità di Bruxelles agli occhi dei Cinque dell’Asia Centrale deriva dall’espansione dei meccanismi di commercio e di investimento per lo sviluppo regionale proprio attraverso la nuova piattaforma del Forum economico.
    Il rapporto Ue-Kazakistan
    Se la strategia dell’Unione è quella di scalzare la Russia come primo partner economico e commerciale (e in futuro forse anche politico) dei cinque Paesi dell’Asia Centrale, la chiave di volta è il Kazakistan. Il presidente della Repubblica kazaka, Kassym-Jomart Tokayev, fino allo scoppio della guerra russa in Ucraina guardava a Mosca come sponda per reprimere le proteste interne attraverso l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (alleanza militare composta da Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan), ma dal 24 febbraio 2022 qualcosa sembra essersi incrinato nella fiducia verso Vladimir Putin. Di fronte al rischio che il Cremlino decida in futuro di scatenare altre guerre per ‘proteggere’ la componente etnica russa negli Stati confinanti, i Paesi della regione non sembrano più così restii a cercare altri alleati e canali di sviluppo in giro per il mondo. E qui è dove cercano di intercettarli i Ventisette.
    “Una cosa è assolutamente certa, il nostro rapporto è forte e sta diventando ancora più forte“, aveva commentato il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, al termine dell’incontro con il presidente kazako ad Astana il 27 ottobre dello scorso anno, in occasione della prima riunione regionale di alto livello dei Cinque dell’Asia Centrale. Il Kazakistan è considerato un “hub per la connettività dei trasporti tra Oriente e Occidente“, su cui Bruxelles è intenzionata a investire attraverso due iniziative Global Gateway: una su acqua, energia e cambiamenti climatici e una sulla connettività digitale. In quell’occasione Michel aveva anticipato la firma “a breve” del Memorandum d’intesa, messo poi a terra nemmeno due settimane dopo dalla presidente della Commissione Ue von der Leyen e dal premier kazako Smailov in Egitto durante la Cop27. Una partnership basata su tre aree di collaborazione: integrazione economica e industriale nelle catene del valore strategico delle materie prime, delle batterie e dell’idrogeno rinnovabile, implementazione della resilienza delle catene di approvvigionamento, e rafforzamento di capacità, competenze, ricerca e innovazione sulla decarbonizzazione della catena del valore delle materie prime critiche.

    Le ha annunciate il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, per l’attuazione del Memorandum d’intesa su materie prime, batterie e idrogeno rinnovabile secondo la tabella di marcia del partenariato. “Entro l’estate” i primi 20 milioni di euro dal Global Gateway

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    La guerra in Ucraina cambia gli equilibri geopolitici. L’Ue tenta di scalzare la Russia come partner dell’Asia Centrale

    Bruxelles – L’Unione Europea guarda sempre più a Est, per diventare un attore geopolitico influente nelle regioni più instabili del continente euro-asiatico, dal Caucaso all’Asia Centrale, là dove storicamente era la Russia il centro di gravità. Dopo aver messo un tassello importante per tentare di trovare una soluzione sostenibile al conflitto trentennale tra Armenia e Azerbaigian con l’invio di una missione di esperti, è alle cinque ex-Repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) che si rivolge ora l’attenzione dell’Ue. L’obiettivo è quello di stringere sempre più i rapporti nell’ottica di partenariati regionali – che stabilizzino l’aerea con la cooperazione in diversi settori – e internazionali – che isolino i tentativi della Russia di rovesciare l’ordine internazionale.
    Da sinistra: il presidente del Kirghizistan, Sadyr Zhaparov, del Consiglio Europeo, Charles Michel, del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, del Tagikistan, Emomali Rahmon, e il vicepresidente del Consiglio del Turkmenistan, Hojamyrat Geldimyradow (Astana, 27 ottobre 2022)
    In questo senso si inserisce la prima riunione regionale di alto livello ad Astana (Kazakistan) a cui ha partecipato ieri (giovedì 27 ottobre) il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, insieme ai presidenti di Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, Kirghizistan, Sadyr Zhaparov, Tagikistan, Emomali Rahmon, Turkmenistan, Serdar Berdimuhamedov, e Uzbekistan, Shavkat Mirziyoyev. In “un’atmosfera aperta e amichevole di rispetto e fiducia reciproci”, come si legge nella nota congiunta dei sei leader, è stato posto come primo pilastro per lo sviluppo di partenariati solidi l’impegno a lavorare per pace, sicurezza, democrazia, Stato di diritto (anche se sono evidenti le carenze su questi ultimi due punti in tutti e cinque gli -stan dell’Asia Centrale) “nel pieno rispetto del diritto internazionale“. La base è la Carta delle Nazioni Unite, “in particolare i principi del rispetto dell’indipendenza, della sovranità e dell’integrità territoriale di tutti i Paesi, del non-uso della forza o della minaccia di usarla e della risoluzione pacifica delle controversie internazionali”. Evidenti richiami all’aggressione russa in Ucraina, che in una certa misura spaventa anche le ex-Repubbliche sovietiche per il disegno egemone del Cremlino.
    Sul piano della politica internazionale è comune la preoccupazione per quanto riguarda la situazione in Afghanistan, in particolare per i diritti delle donne, delle ragazze e delle minoranze: “Le cose stanno andando nella direzione sbagliato, il popolo afghano sta soffrendo”, ha attaccato Michel. Auspicando l’istituzione di un governo “inclusivo e rappresentativo” a Kabul, i Paesi dell’Asia Centrale intensificheranno gli sforzi in collaborazione con l’Ue e il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Unpd) per l’istruzione speciale di cittadine e cittadini afghani sia nelle scuole superiori sia nelle università. Attenzione anche alla cooperazione nella gestione delle frontiere e nella lotta contro il terrorismo, la tratta di esseri umani, il traffico di armi e di droga.
    La credibilità di Bruxelles agli occhi dei Cinque dell’Asia Centrale deriva dal contributo all’intensificazione dello sviluppo economico regionale dopo la pandemia Covid-19, soprattutto con l’espansione dei meccanismi di commercio e investimento attraverso la nuova piattaforma del Forum economico Ue-Asia centrale. L’istituzionalizzazione delle relazioni tra i sei partner è la chiave di volta per il rafforzamento della cooperazione regionale, su cui il vertice di Astana ha dedicato una particolare attenzione. L’Ue spinge per lo sviluppo dei trasporti sostenibili, della logistica e dell’interconnettività digitale, attraverso la Rete transeuropea di trasporto (TEN-T), ma anche sulle azioni nel campo della protezione dell’ambiente e del cambiamento climatico. Su questo solco si sono indirizzate le discussioni su un partenariato acqua-energia “innovativo”, partendo da quanto già fatto tra i Ventisette per i meccanismi di gestione congiunta delle risorse idriche e dei fiumi transfrontalieri.
    La pedina-chiave nell’Asia Centrale
    Ma è il Kazakistan il vero punto di svolta per le ambizioni dell’Ue di scalzare la Russia come primo partner dei Paesi dell’Asia Centrale. Il governo di Tokayev fino allo scoppio della guerra in Ucraina guardava a Mosca come sponda per reprimere le proteste interne, ma dal 24 febbraio qualcosa sembra essersi spezzato nella fiducia verso l’autocrate russo, Vladimir Putin. Di fronte al rischio che il Cremlino decida in futuro di scatenare altre guerre per ‘proteggere’ la componente etnica russa negli Stati confinanti, le basi dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (alleanza militare composta da Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan) potrebbero vacillare. O quantomeno spingere i Paesi della regione a cercare altri alleati e canali di sviluppo.
    “Una cosa è assolutamente certa: il nostro rapporto è forte e sta diventando ancora più forte“, ha commentato il presidente Michel al termine dell’incontro con il presidente kazako: “È il nostro principale partner commerciale in Asia Centrale”. Non è un caso se la prima riunione regionale di alto livello si è svolta proprio nella capitale Astana: “Il Kazakistan è un hub er la connettività dei trasporti tra Oriente e Occidente e sta lavorando per diversificare ulteriormente i collegamenti”. All’orizzonte c’è già la Conferenza ministeriale sulla connettività sostenibile Ue-Asia centrale a Samarcanda a novembre, in cui “presenteremo anche due iniziative Global Gateway, su acqua, energia e cambiamenti climatici e sulla connettività digitale“, ha anticipato Michel. “A breve” sarà anche firmato un memorandum d’intesa per un partenariato strategico sulle materie prime sostenibili, le batterie e l’idrogeno, oltre a un accordo orizzontale sui servizi aerei e un altro di finanziamento per lo strumento di cooperazione bilaterale.
    Anche nel confronto con il presidente Tokayev è emersa la questione della sicurezza dell’Europa e dell’Asia Centrale, di fronte alle “gravi violazioni del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite” da parte della Russia di Putin. Un punto che riguarda da vicino Astana, il principale alleato del Cremlino nella regione e sul cui allentamento dei legami Bruxelles sta scommettendo. “L’Ue sottolinea l’importanza di un’indagine completa, equa e trasparente sugli eventi di gennaio“, che avevano visto un’ondata di violenze per reprimere le proteste ad Almaty e nella capitale Astana (per due anni ribattezzata Nur-Sultan). Bruxelles “sostiene le riforme volte a rafforzare la democrazia“, ha esortato il presidente Michel, compreso il piano presentato dal governo kazako dopo il referendum costituzionale dello scorso giugno. Per l’Unione è cruciale il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali dei cittadini, in un momento cruciale per la storia dei rapporti con l’Asia Centrale.

    Prima riunione di alto livello ad Astana tra il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e i leader di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Focus su Stato di diritto, connettività regionale, rispetto del diritto internazionale e partenariato acqua-energia

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    Dai russi in fuga dalla mobilitazione agli scontri Azerbaigian-Armenia. L’Asia centrale rischia di diventare una polveriera

    Bruxelles – Ora l’Ue deve guardare sempre più a Est, anche oltre il conflitto russo sul territorio dell’Ucraina. Perché se l’Asia centrale e il Caucaso da anni sono teatro di un’instabilità cronica, gli sconvolgimenti dell’equilibrio e dell’ordine internazionale degli ultimi sette mesi di guerra in Europa potrebbero rendere le due regioni delle polveriere pronte a scoppiare. Dalla Georgia al Kazakistan, dall’Armenia all’Azerbaigian, le tensioni militari e le pressioni migratorie determinate dalla mobilitazione dei riservisti dell’esercito russo rischiano di aumentare le tensioni anche nei Paesi più vicini politicamente all’Unione Europea.
    Uno dei potenziali detonatori dell’instabilità nel Caucaso e nell’Asia centrale è la decisione del 21 settembre dell’autocrate russo, Vladimir Putin, di richiamare alle armi 300 mila riservisti per proseguire una guerra in Ucraina che sta fallendo su quasi tutti gli obiettivi per cui è stata scatenata. Nemmeno la reazione della popolazione russa è stata in linea con quanto prospettato dal Cremlino, con le prime crepe di dissenso che si sono aperte in reazione alla mobilitazione parziale: oltre alle proteste in piazza soffocate dalle autorità, è iniziato un piccolo esodo (non per le dimensioni in sé, ma in rapporto ai 144 milioni di abitanti della Federazione Russa) di cittadini fuori dalle frontiere nazionali, per evitare di essere arruolati e finire sul fronte in Ucraina. Mettendo insieme le cifre riportate dai Paesi confinanti, si arriva a contare oltre 370 mila persone fuggite oltreconfine, più del numero dei riservisti richiamati alle armi.
    In Kazakistan sono già arrivati più di 200 mila russi, in Georgia oltre 90 mila, in Mongolia circa 15 mila e 66 mila nell’Unione Europea – di cui 53 mila solo nell’ultima settimana, come riporta Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) – in particolare nei valichi di frontiera di Finlandia, Estonia e Lettonia, ma anche di Polonia e Lituania dall’exclave russa di Kaliningrad. Le nuove politiche restrittive di Bruxelles per la concessione di visti ai cittadini della Federazione Russa rischiano ora di creare ulteriore pressione sui Paesi dell’Asia centrale e del Caucaso che contano pochi milioni di abitanti (fatta eccezione per il Kazakistan, con 18 milioni). In Georgia fanno ingresso quasi 10 mila russi al giorno, creando difficoltà nella gestione della solidarietà sul territorio di uno Stato da 3,7 milioni di abitanti (la migrazione russa rappresenta già il 2,5 per cento della popolazione), che guarda verso l’adesione all’Unione Europea ma che nel frattempo si trova ad affrontare una secessione di due autoproclamate Repubbliche – l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia – sostenute da migliaia di soldati di Mosca dopo l’operazione militare del 2008.
    Una pressione migratoria avvertita non solo nel Caucaso, ma anche in Asia centrale. Il Kirghizistan (6,6 milioni di abitanti, non confinante con la Russia) ha accolto oltre 30 mila cittadini russi – più i lavoratori kirghisi di ritorno – dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina e con la mobilitazione militare di Putin il numero è destinato ad aumentare ulteriormente. Per quanto riguarda il Kazakistan, invece, si rischia una nuova destabilizzazione dopo le proteste di inizio gennaio contro il regime del presidente Kassym-Jomart Tokayev, represse con l’intervento proprio di Mosca attraverso l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (alleanza militare composta da Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan). La questione è legata soprattutto alle richieste che oggi il Cremlino potrebbe fare agli alleati ex-sovietici e il loro impatto sulle società dell’Asia centrale: temendo ripercussioni sulla stabilità, al momento non è stato chiesto loro di riconoscere l’annessione delle quattro regioni occupate in Ucraina né di sostenere la guerra. Ma la mobilitazione parziale rischia di stracciare l’equilibrio di neutralità mantenuto per sette mesi, dal momento in cui anche i kazaki, uzbeki, tagiki o kirghisi con un passaporto russo potrebbero essere arruolati dal Cremlino, ma in patria andrebbero incontro alla giustizia penale (combattere per un Paese straniero è un reato). Un’altra fonte di preoccupazione è dettata dal fatto che non sembra più inverosimile che Putin decida di scatenare altre guerre per ‘proteggere’ la componente etnica russa negli Stati confinanti in cui si sono rifugiati i renitenti alla leva.
    Dall’Asia centrale al Caucaso, a rendere ancora più tesa la situazione geopolitica ai confini meridionali della Russia c’è la nuova ripresa delle ostilità tra Armenia e Azerbaigian, che prosegue ininterrottamente dal 13 settembre scorso, quando Erevan e Baku si sono accusate a vicenda di bombardamenti alle postazioni e alle infrastrutture militari. Dopo le sparatorie alla frontiera tra i due Paesi di fine maggio, si tratta della prima vera violazione cessate il fuoco negoziato nel novembre del 2020. I nuovi combattimenti tra i due Paesi caucasici rappresentano un grosso problema anche per i tentativi di mediazione di Bruxelles. Dallo scorso 22 maggio sono iniziati i contatti di alto livello tra il numero uno del Consiglio Ue, Charles Michel, il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, e il premier dell’Armenia, Nikol Pashinyan, che oggi (giovedì 6 ottobre) si incontreranno a Praga nel corso della prima riunione della Comunità Politica Europea.
    Le tregue temporanee finora negoziate non sono riuscite a porre fine a un conflitto congelato che si protrae dal 1992, con scoppi di violenze armate come quello dell’ottobre del 2020. In sei settimane di conflitto erano morti quasi 7 mila civili, prima del cessate il fuoco che ha imposto all’Armenia la cessione di ampie porzioni di territorio nell’enclave a maggioranza cristiana nel sud-ovest dell’Azerbaigian (che invece è a maggioranza musulmana). Da quest’anno l’Ue è subentrata alla Russia come mediatrice tra le due parti, ponendo come priorità dei colloqui di alto livello la delimitazione degli oltre mille chilometri di confine tra i due Paesi. Ma nelle ultime settimane, mentre l’Ue ha stretto accordi strategici con l’Azerbaigian per affrontare le conseguenze energetiche della guerra in Ucraina, l’Armenia si è appellata alla Russia per affrontare l’aggravarsi della crisi armata, in virtù del Trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza tra i due Paesi.

    Alla vigilia della prima riunione della Comunità Politica Europea a Praga (a cui parteciperanno anche Armenia, Azerbaigian e Georgia), l’Ue deve fare attenzione alla situazione incandescente nella regione asiatica determinata dalle pressioni migratorie e militari