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    La decima legislatura Ue si apre con la condanna condivisa alle “palesi violazioni dei Trattati” di Orbán

    dall’inviato a Strasburgo – La prima risoluzione approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento Ue nella decima legislatura è in linea di continuità con quella appena conclusasi, ma con una sfumatura nuova. Dalla destra conservatrice ai Verdi, passando per tutti i gruppi della maggioranza centrista (popolari, socialdemocratici e liberali), è “costante” il sostegno all’Ucraina invasa da quasi due anni e mezzo dalla Russia, ma anche la condanna condivisa alle “palesi violazioni dei Trattati e della politica estera comune dell’Ue” da parte del primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán, che tra il 5 e l’8 luglio si è recato in visita “in maniera non coordinata e inaspettata” in Russia e in Cina.La presidente del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D), Iratxe García Pérez (17 luglio 2024)“La Russia ha intenzionalmente perpetrato atrocità sistematiche e su larga scala nei territori occupati e ha inoltre attaccato indiscriminatamente zone residenziali e infrastrutture civili, il cui esempio più recente è il bombardamento dell’ospedale pediatrico Okhmatdyt”, è quanto messo nero su bianco nella risoluzione firmata da tutti e cinque i gruppi parlamentari e approvata oggi (17 luglio) con 495 voti a favore, 137 contrari e 47 astenuti. La condanna ai “crimini di guerra e crimini contro l’umanità” compiuti dal regime di Vladimir Putin è il filo rosso che porta direttamente al j’accuse sulle “missioni di pace” del primo ministro ungherese: “All’indomani della cosiddetta missione di pace del primo ministro ungherese la Russia ha attaccato l’ospedale pediatrico Okhmatdyt a Kiev, il che ha dimostrato l’irrilevanza dei presunti sforzi di Orbán, che sono stati recepiti con scetticismo dalla leadership ucraina”.La risoluzione mette in chiaro il fatto che “il primo ministro ungherese non può pretendere di rappresentare l’Ue quando ne viola le posizioni comuni” e chiede che “a tale violazione seguano ripercussioni per l’Ungheria”, Paese membro che fino al 31 dicembre detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. “Nessuno deve negoziare con Putin al posto dell’Ucraina”, è l’attacco del polacco Andrzej Halicki (Ppe), a cui a fatto eco la presidente del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D), Iratxe García Pérez, rincarando la dose contro il nuovo gruppo di estrema destra (terzo per numero di membri) al Parlamento Ue: “Siamo testimoni della connivenza dell’estrema destra anche in quest’Aula con il regime di Putin, il capo del gruppo dei falsi Patrioti [per l’Europa, ndr] lo ha incontrato per denigrare l’Ue, per proclamare che ha un piano di pace che nessuno conosce e per promuovere l’espansionismo russo”.Il presidente del gruppo dei Patrioti per l’Europa (PfE), Jordan Bardella (17 luglio 2024)Di “falsi patrioti” parla anche il tedesco Sergey Lagodinsky (Verdi/Ale), mentre la presidente del gruppo di Renew Europe, Valérie Hayer, ha denunciato la “missione di pace autoproclamata, utilizzando l’Ue senza alcun mandato”. Non si schiera a favore della risoluzione il gruppo della Sinistra perché, secondo il co-presidente Martin Schirdewan, “serve una trattativa ma l’Ue non ha preso alcuna iniziativa, l’invio di ulteriori armi non porterà alla fine della guerra“. La strenua difesa dell’operato di Orbán è arrivata dal presidente di Patrioti per l’Europa, Jordan Bardella, e da quello del gruppo ancora più a destra Europa delle Nazioni Sovrane, René Aust. Il primo ha concesso che quella della Russia è “una guerra di aggressione illegale e ingiustificata”, ma ha contrattaccato, sostenendo che “la condanna a Orbán mette a rischio l’unità europea, non si può accusare l’Ungheria per mantenere contatti di pace”. Il secondo ha chiesto “un cambio di strategia”, perché “il momento è maturo per le trattative di pace e sono grato a Orbán per essersi preso la responsabilità anche se c’è resistenza”.Il nodo della prima risoluzione al Parlamento UeSe la condanna a Orbán ha unito i cinque gruppi dai conservatori ai Verdi, lo stesso non si può dire su un punto particolarmente delicato della risoluzione, vale a dire il paragrafo 5. Più precisamente la specifica secondo cui il Parlamento Ue “sostiene fermamente l’eliminazione delle restrizioni all’uso dei sistemi di armi occidentali forniti all’Ucraina contro obiettivi militari sul territorio russo“. Su questo punto si è verificata una spaccatura nel voto, dove – per ragioni diverse – la quasi totalità degli eurodeputati del Partito Democratico ha votato contro il passaggio che sostiene l’uso delle armi occidentali per colpire obiettivi miliari in Russia (in quanto la formulazione potrebbe intendere anche, per assurdo, il ministero della Difesa di Mosca), come i Verdi Leoluca Orlando, Cristina Guarda e Benedetta Scuderi, ma soprattutto come gli 8 esponenti leghisti di Patrioti per l’Europa (che non da oggi hanno un’impostazione filo-russa) e gli 8 membri del Movimento 5 Stelle. A proposito del gruppo della Sinistra, Domenico Lucano e Ilaria Salis si sono astenuti sulla questione, così come tutti gli eurodeputati di Fratelli d’Italia.Bocciati tutti gli emendamenti, è rimasto il testo originale senza modifiche, sostenuto infine dalla totalità dei membri di Fratelli d’Italia, di Forza Italia e del Partito Democratico (fatta eccezione solo per Marco Tarquinio e Cecilia Strada, astenuti). Contrari, inevitabilmente, gli eurodeputati della Lega, ma anche quelli del Movimento 5 Stelle e i due eletti per Alleanza Verdi/Sinistra (il gruppo della Sinistra si è spaccato con un terzo a favore e un altro terzo astenuto), e soprattutto i tre Verdi italiani, gli unici a schierarsi contro la risoluzione spinta dal loro stesso gruppo per le implicazioni dei passaggi sull’invio delle armi e sulla spesa da parte degli Stati membri di “almeno lo 0,25 per cento del Pil annuo” per sostenere “militarmente” l’Ucraina.

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    La Nato sta discutendo di un fondo da 100 miliardi di dollari per cinque anni per sostenere l’Ucraina

    Bruxelles – Ora è la Nato a riflettere sulla possibilità di un fondo per il sostegno dell’Ucraina, anche in ottica di un’eventuale elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Il vertice ministeriale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord di oggi (3 aprile) è ruotato attorno alla proposta del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, di “trasformare il pacchetto di assistenza globale all’Ucraina in un programma di assistenza pluriennale”, che potrebbe toccare i 100 miliardi di dollari per cinque anni. “Dobbiamo renderlo più solido e prevedibile, perché crediamo fermamente che il sostegno all’Ucraina debba dipendere meno dalle offerte volontarie a breve termine e più dagli impegni a lungo termine” dei 32 membri dell’Alleanza Atlantica.

    Il vertice dei 32 ministri degli Esteri dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord a Bruxelles (3 aprile 2024)L’idea di “istituzionalizzare maggiormente” il supporto attuale fornito a Kiev è trapelato nel pomeriggio di ieri (2 aprile) ed è stato confermato questa mattina dal ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, nel suo intervento al Parlamento Europeo, prima di partecipare al vertice Nato: “Esamineremo questa idea, dobbiamo capire bene cosa significa nei contenuti, anche se dobbiamo ricordare che non siamo in guerra con la Russia e non invieremo un solo solato italiano in Ucraina”. Facendo ingresso al quartier generale della Nato, è stato lo stesso segretario generale Stoltenberg a spiegare che “un ruolo più forte dell’Alleanza nel coordinare e fornire supporto è il modo per porre fine a questa guerra, in modo che l’Ucraina prevalga“, specificando solo che l’idea è quella di “garantire una maggiore prevedibilità e fiducia nel fatto che il supporto arriverà ogni mese e ogni anno per un lungo periodo”. In ogni caso “non ci sarà alcuna finalizzazione durante l’incontro di oggi e domani”, ha messo in chiaro Stoltenberg: “Speriamo di procedere verso il consenso e di avere un accordo entro il vertice Nato” in programma a Washington il 9-11 luglio.

    Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg (3 aprile 2024)La proposta del segretario generale Stoltenberg – che dovrebbe prevedere contributi nazionali “in base al prodotto interno lordo dei Paesi membri” dell’Alleanza, ha reso noto la ministra degli Esteri belga, Hadja Lahbib – risponde alle difficoltà sul terreno per l’esercito ucraino, ma anche a una potenziale situazione di crisi del supporto occidentale in futuro. “La situazione sul campo di battaglia è grave, vediamo che la Russia sta spingendo e tenta di vincere questa guerra” grazie al supporto “fondamentale” degli alleati del Cremlino, ha continuato Stoltenberg: “La Cina sostiene l’economia di guerra della Russia, in cambio Mosca sta ipotecando il suo futuro a Pechino”, mentre “Corea del Nord e Iran forniscono ingenti forniture di armi e munizioni e in cambio Pyongyang e Teheran ricevono tecnologie russe che li hanno aiutati a migliorare le capacità missilistiche e nucleari”.

    (credits: Nikolay Doychinov / Afp)Ma se da una parte è necessario “difendere un ordine globale governato dalla legge e non dalla forza”, dall’altro va considerato il rischio del ritorno di Trump alla Casa Bianca e il suo impatto sul sostegno armato all’Ucraina. Considerato il continuo stallo del pacchetto di aiuti militari statunitensi da 60 miliardi di dollari al Congresso per l’opposizione repubblicana, è evidente il timore degli alleati europei di Washington di cosa comporterebbe una nuova amministrazione Trump sul fronte dell’invio di armi a Kiev per la difesa dall’invasione che dura da oltre due anni (oltre ai rischi stessi per la tenuta dei principi fondanti della Nato di fronte alle minacce russe). Ecco perché il vero obiettivo di Stoltenberg – prima di dare l’addio definitivo all’Alleanza Atlantica entro l’autunno – è quello di assicurare il futuro delle relazioni tra la Nato e l’Ucraina, a partire dalla tenuta stessa dell’afflusso degli aiuti militari. Con la proposta del fondo da 100 miliardi di dollari sarebbero i 32 alleati nel loro insieme ad assumere il coordinamento delle forniture di armi a Kiev, che invece al momento è gestito prevalentemente dagli Statu Uniti nel quadro del formato Ramstein.

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    Il ‘Triangolo di Weimar’ tra Scholz, Tusk e Macron riparte dal sostegno “unanime” a Kiev. Anche sulle armi

    Bruxelles – Riparte da Berlino, ma soprattutto dal sostegno “unanime” a Kiev, il Triangolo di Weimar tra Germania, Francia e Polonia. “Oggi abbiamo concordato una serie di priorità, tra cui l’immediato approvvigionamento di un numero ancora maggiore di armi per l’Ucraina sull’intero mercato mondiale”, ha annunciato il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, al termine del vertice di oggi (15 marzo) con il presidente francese, Emmanuel Macron, e il primo ministro polacco, Donald Tusk, facendo riferimento al lancio di “una coalizione degli alleati dell’Ucraina per le armi a lungo raggio“.

    Dopo le frizioni delle ultime settimane in particolare tra Scholz e Macron sul tipo di supporto da fornire a Kiev e sulla possibilità di un intervento dei soldati Nato in Ucraina per fronteggiare l’esercito russo, l’alleanza regionale tra Francia, Germania e Polonia si è rinsaldata sotto la bandiera del “non lasciare mai che la Russia vinca” la guerra in Ucraina, ha messo in chiaro Macron in conferenza stampa. Questo tuttavia non implicherà un confronto diretto tra Mosca e i Paesi dell’Unione Europea, almeno nelle intenzioni dei tre leader: “È altrettanto chiaro che non siamo in guerra con la Russia“, ha precisato Scholz, a cui ha fatto eco lo stesso presidente francese, puntualizzando che “non prenderemo mai l’iniziativa di un’escalation“.Anche se, in ogni caso, “vogliamo fare tutto il necessario, a partire da ora, per garantire che la situazione in Ucraina, nelle prossime settimane e mesi, migliori e non si deteriori“, ha sottolineato il premier polacco. Ecco perché “Putin deve sapere che il sostegno dei membri del Traingolo di Weimar a Kiev non verrà meno”, ha insistito ancora Scholz, annunciando che i Paesi europei – quella “coalizione di alleati” di Kiev – acquisteranno un maggior numero di armi per l’Ucraina sul mercato mondiale e aiuteranno Kiev ad aumentare la propria produzione. “Sarà ampliata la produzione di equipaggiamenti militari, anche attraverso la cooperazione con i partner in Ucraina”, ha spiegato Scholz a proposito delle “priorità” discusse oggi a Berlino.

    Da sinistra: il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, il primo ministro polacco, Donald Tusk, e il presidente francese, Emmanuel Macron, a Berlino (15 marzo 2024)In questo contesto giocherà un ruolo decisivo l’aumento dell’impegno nell’ambito dell’Unione Europea, “per il quale abbiamo preso decisioni molto importanti a Bruxelles questa settimana”. Un riferimento al Fondo europeo per la pace che “riceverà 5 miliardi di euro per fornire ulteriore assistenza militare a Kiev quest’anno”, ma anche al rafforzamento della missione Ue di addestramento dei soldati ucraini e all’utilizzo dei profitti “significativi” dei beni russi congelati “per sostenere finanziariamente l’acquisto di carri armati per l’Ucraina”. Infine, per fronteggiare “l’espansionismo imperialista” del Cremlino, sarà costituita una “nuova coalizione di capacità per l’artiglieria missilistica a lungo raggio nell’ambito del formato Ramstein” (il Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina guidato dagli Stati Uniti), i cui dettagli operativi saranno resi noti prossimamente.

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    Macron non sta trovando appoggio all’ipotesi di inviare soldati Nato in Ucraina contro l’esercito russo

    Bruxelles – È la prima volta che il tema dell’invio di soldati Nato sul territorio ucraino diventa un terreno di confronto tra i leader occidentali, ma la possibilità ipotizzata dal presidente francese, Emmanuel Macron, non sta trovando al momento alcuno spiraglio di manovra. Al contrario, a poche ore dalle parole dell’inquilino dell’Eliseo in conferenza stampa al termine della Conferenza di Parigi sul sostegno all’Ucraina, i maggiori alleati Ue e Nato della Francia prendono nettamente le distanze da uno scenario che implicherebbe un confronto diretto tra l’Alleanza Atlantica e la Russia.

    Il presidente della Francia, Emmanuel Macron“La posizione dell’Unione Europea è chiara dall’inizio della guerra, dobbiamo sostenere l’Ucraina per vincere questa guerra di difesa, la maniera e la forma del sostegno specifico militare è una decisione autonoma di competenza sovrana degli Stati membri“, ha ricordato il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano, in un punto con la stampa oggi (27 febbraio) a Bruxelles, sottolineando però con forza che “non c’è alcuna decisione a livello Ue sull’invio di truppe per rafforzare l’esercito ucraino“, anche perché “non c’è un esercito europeo, stiamo discutendo di diverse visioni degli Stati membri”. Stano ha fatto un passo indietro rispetto alla richiesta di commentare le dichiarazioni di ieri sera (26 febbraio) del presidente Macron – “non è nostro compito” – ma ha comunque sostenuto a nome della Commissione Europea l’appello per un “maggiore sostegno con missili a lungo raggio e munizioni, dobbiamo mobilitare di più e più velocemente, perché è ciò di cui hanno bisogno gli ucraini per la difesa”.L’ipotesi di inviare truppe Nato in Ucraina “non è da escludere”, ha ventilato Macron al termine del vertice di ieri in cui si è discusso (senza nessun leader dell’Unione Europea) della futura assistenza all’Ucraina con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, il ministro degli Esteri britannico, David Cameron, il presidente polacco, Andrzej Duda, il primo ministro olandese, Mark Rutte, e altri funzionari europei, statunitensi e canadesi. Il presidente francese ha inserito l’eventualità nel quadro della necessità della sconfitta dell’esercito di Mosca “per la sicurezza e la stabilità in Europa“, anche se ha subito messo in chiaro che “non c’è consenso” su questa ipotesi “in modo ufficiale, scontato e approvato”. Lasciando aperta la porta a un cambio di strategia in futuro se cambieranno gli equilibri, l’inquilino dell’Eliseo non ha risparmiato una critica velata alla Germania di Scholz – “Molti di quelli che dicono ‘Mai, mai’ oggi, sono gli stessi che dicevano ‘Mai carri armati, mai aerei, mai missili a lungo raggio’ due anni fa” – e ha invocato “l’umiltà di constatare che spesso siamo arrivati in ritardo di sei o dodici mesi“. L’obiettivo è comunque chiaro (e condiviso da tutti i leader occidentali) sul fatto che “la Russia non può vincere questa guerra”, ha concluso Macron.Le reazioni alle parole di Macron

    Da sinistra: il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il segretario generale della Nato, Jens StoltenbergDopo le parole di Macro solo il primo ministro francese, Gabriel Attal, si è schierato al fianco del suo presidente – “Non si può escludere niente in una guerra in corso nel cuore dell’Europa” – mentre dalle altre capitali sono arrivate prese di distanza dalla possibilità di un dispiegamento di soldati occidentali in Ucraina per fronteggiare quelli russi. Tra i primissimi a chiudere la porta è stato lo stesso segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg: “Gli alleati stanno fornendo un sostegno senza precedenti all’Ucraina, lo facciamo dal 2014 e lo abbiamo intensificato dopo l’invasione su larga scala, ma non ci sono piani per truppe da combattimento della Nato sul terreno in Ucraina“. Nessuna reazione ufficiale dalla Casa Bianca, ma un funzionario statunitense ha confermato a Reuters che l’opzione non è in discussione a Washington. Per l’Italia è stato invece il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a ribadire che “non siamo in guerra con la Russia e l’invio di truppe in Ucraina darebbe invece questa idea“, invocando “molta prudenza” per non dare adito a fraintendimenti e scatenare un conflitto su più larga scala.

    Netta la risposta del cancelliere tedesco Scholz, che non solo ha sottolineato che la possibilità “non è sul tavolo”, ma ha anche precisato che “c’è consenso” sul fatto che questo principio rimarrà anche “in futuro”. Gli ha fatto eco da Londra il primo ministro britannico, Rishi Sunak, che ha ricordato come “oltre al piccolo gruppo di personale” nel Regno Unito per addestrare i soldati ucraini, “non abbiamo alcun piano per un dispiegamento su larga scala“. Da Madrid il governo spagnolo ha fatto sapere attraverso i propri portavoce che “non è d’accordo” con lo scenario tratteggiato da Macron e che piuttosto “dobbiamo concentrarci sull’accelerare l’invio di armi, l’unità è stata finora l’arma più efficace dell’Unione Europea contro Putin“. La Svezia – che è in procinto di diventare il 32esimo membro Nato fra pochi giorni – allo stesso modo ha evidenziato per voce del suo premier, Ulf Kristersson, che “non c’è richiesta” di Kiev su questo fronte e perciò la “questione non è attuale”. Né la Polonia né la Repubblica Ceca – come hanno confermato i rispettivi primi ministri, Donald Tusk e Petr Fiala – hanno piani per l’invio di soldati in Ucraina, mentre il presidente della Bulgaria, Rumen Radev, ha avvertito che un intervento di questo tipo da parte di un qualsiasi Paese Nato – anche sulla base di un accordo bilaterale – “significa provocare un conflitto globale“.

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    L’Ue ha lanciato la missione di addestramento per l’esercito ucraino: 16 milioni di euro e 15 mila soldati da addestrare

    Bruxelles – Una decisione a supporto dell’esercito ucraino “attuata in tempi record, non ho mai visto qualcosa del genere”. Fa capire così la portata della nuova missione di assistenza militare dell’Unione europea a sostegno dell’Ucraina (Eumam) l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Con uno stanziamento pari a 16 milioni di euro e una durata complessiva di 24 mesi, il Consiglio Affari Esteri e Difesa ha dato il via libera alla missione di addestramento “individuale, collettivo e specializzato” per 15 mila membri delle Forze Armate ucraine.
    Dopo l’istituzione formale dello scorso 17 ottobre, i ministri Ue hanno messo sulla carta i dettagli del nuovo supporto operativo all’esercito ucraino, per potenziarne le capacità militari, proteggere la popolazione civile e difendere l’integrità territoriale e la sovranità del Paese dall’invasione russa “all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti”. La missione “sarà operativa entro la fine del mese”, è quanto anticipato dall’alto rappresentante Borrell.
    Il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto (15 novembre 2022)
    La gestione dei membri dell’esercito ucraino sarà affidata agli Stati membri “in diverse località” dell’Unione e a capo della struttura sarà il direttore della capacità di pianificazione e condotta militare (Mpcc), il viceammiraglio francese Hervé Bléjean. La cellula di controllo sarà posta a Bruxelles, mentre il comando operativo sarà svolto in Polonia, con un’altra base logistica in Germania. “Anche l’Italia parteciperà, perché da mesi portiamo avanti la richiesta di formazione specifica“, ha confermato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in un punto con la stampa post-vertice.
    I 16 milioni di euro di stanziamento finanziario si inseriscono come ulteriore misura di assistenza all’esercito ucraino nell’ambito dell’European Peace Facility, lo strumento fuori bilancio per la prevenzione dei conflitti, la costruzione della pace e il rafforzamento della sicurezza internazionale nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (Pesc) dell’Ue. L’obiettivo dichiarato è quello di sviluppare le capacità di difesa e attacco per guidare la controffensiva nel territorio nazionale occupato dalle forze armate del Cremlino: “Sia l’Eumam sia la misura di assistenza sono state concepite sulla base dei requisiti operativi dell’Ucraina”, si legge nella nota pubblicata dal Consiglio dell’Ue, e andranno a finanziare la fornitura da parte degli Stati membri di munizioni ed equipaggiamento militare, ma anche trasporto, custodia, manutenzione e riparazione delle attrezzature.
    Questo si aggiunge ai 3,1 miliardi di euro già sborsati dall’Ue come supporto all’esercito ucraino attraverso l’European Peace Facility. Ma nel corso della conferenza stampa post-Consiglio Affari Esteri di ieri (lunedì 14 novembre) l’alto rappresentate Borrell ha voluto fare una precisazione: “Non dobbiamo confonderli con gli aiuti militari arrivati complessivamente dall’Unione intesa come Stati membri, posso anticipare che si tratta di 8 miliardi di euro in attrezzature militari già fornite a Kiev, pari al 45 per cento dello sforzo degli Stati Uniti”. Proprio nel corso del Consiglio Difesa di oggi (martedì 15 novembre) i 27 ministri Ue hanno discusso “nei dettagli” come queste attrezzature sono state utilizzate “e con quale efficacia”, ha precisato Borrell.
    Lo scenario bellico e i successi dell’esercito ucraino
    La decisione di supportare ulteriormente l’esercito ucraino è arrivata mentre il Paese invaso dal 24 febbraio si trova in un momento cruciale della controffensiva. Venerdì scorso (11 novembre) le forze armate di Kiev sono entrate nella città di Kherson, l’unica conquista della Russia sulla riva destra del Dnepr nei quasi nove mesi di guerra: “Con la ritirata da Kherson l’esercito russo ha subito una grossa sconfitta, non hanno nemmeno combattuto”, ha ricordato l’alto rappresentante Ue, che definendola “una prova che le apparecchiature militari dall’Europea e dagli Stati Uniti si stanno rivelando straordinariamente utili”. Sono in particolare i sistemi antiaerei a “fare la differenza”, dal momento in cui “in guerra la logistica e le apparecchiature critiche sono vitali” e, non a caso, “Kiev ha già riconquistato il 50 per cento dei territori occupati“.
    Il bombardamento di Kiev del 10 ottobre 2022 (credits: Maryna Moiseyenko / AFP)
    Tuttavia, proprio oggi sono stati lanciati una settantina di missili sulle città ucraine, con le sirene dall’antiaerea che risuonano in tutto il Paese. L’allerta sul rischio di attacco imminente era arrivata ieri sera in conferenza stampa da Borrell, tracciando lo scenario bellico oltre la frontiera orientale dell’Unione: “La forza russa è ancora grande, ma non viene usata per combattere, quanto per distruggere le infrastrutture critiche“. Anche il ministro italiano Crosetto ha confermato che “nessuno ha mai pensato di sottovalutare la forza della Russia e la capacità di resistere” per mesi alle sanzioni internazionali. Nonostante l’antiaerea dell’esercito ucraino stia intercettando “con grande efficacia” i droni forniti anche dall’Iran a Mosca, “Putin vuole distruggere il Paese”, dimostrato che “le intenzioni della Russia sono chiare, la guerra va avanti e la distruzione aumenta“. Questo però “è il momento della difesa, ma i parametri della pace saranno decisi dall’Ucraina”, ha voluto precisare Borrell.

    Dopo l’istituzione formale del 17 ottobre, il Consiglio dell’Ue ha definito i dettagli della missione Eumam, che fornirà addestramento “individuale, collettivo e specializzato” a parte delle forze armate di Kiev per 24 mesi. Il sostegno dallo strumento European Peace Facility

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    I Ventisette hanno dato il via libera alla missione di addestramento dell’esercito ucraino coordinata dall’Ue

    Bruxelles – L’intesa politica c’è e per il momento è sufficiente. “Tutti i Paesi membri hanno appoggiato la proposta di definire i parametri per una missione di addestramento dell’esercito ucraino coordinata dall’Unione Europea”, ha annunciato oggi (martedì 30 agosto) l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, al termine del Consiglio Difesa informale a Praga. Non si tratta di una decisione ufficiale, perché i vertici informali non hanno questo potere, ma il via libera al lavoro preparatorio sui “parametri legali e operativi” e sul “concetto di gestione della crisi” in Ucraina va direttamente in questa direzione.
    “Dobbiamo essere veloci e ambiziosi, dimostrando flessibilità a sostegno delle richieste a diversi livelli e con le tempistiche di cui hanno bisogno le forze ucraine”, ha sottolineato l’alto rappresentante Borrell, ricordando che durante tutta l’estate “c’è stato un continuo flusso di supporto militare a Kiev, che non si è mai fermato”. Tuttavia, “dobbiamo anche rigenerare le forze ucraine, addestrando i soldati e le capacità militari” di un esercito che “combatterà a lungo”. È qui che si inserisce la proposta già ventilata una settimana fa di una missione d’addestramento dell’esercito ucraino da parte dell’Ue: “Ci sono molte iniziative da parte degli Stati membri”, ha ricordato Borrell, “ma dobbiamo assicurare coerenza a questi sforzi di fronte agli sforzi enormi sostenuti“.
    L’obiettivo non è sostituire completamente quanto già stanno facendo i Ventisette (“Se la Francia fornisce un tipo particolare di armi, penserà anche all’addestramento apposito”, ha precisato Borrell), ma di considerare “tutti gli aspetti dell’addestramento per far funzionare un corpo complesso come un esercito”. A partire dalle richieste di Kiev sul breve, medio e lungo periodo, Bruxelles potrà coordinare una missione “mettendo insieme le migliori competenze degli Stati membri”. Per esempio, “l’addestramento di alto livello, l’organizzazione logistica e di assistenza medica, la protezione da armi chimiche, nucleari e biologiche”, è quanto si sa al momento sul futuro supporto Ue, che scatterà al momento del via libera formale dei 27 ministri. “Non è qualcosa che si fa dal giorno alla notte”, ha avvertito l’alto rappresentante, ma se l’Unione Europea vuole fare un salto di livello nell’addestramento dell’esercito ucraino, dovrà “sfruttare le risorse migliori degli Stati membri e metterle insieme, identificando i parametri che delimiteranno questa azione comune”.

    I ministri della Difesa hanno espresso la volontà politica di appoggiare la proposta dell’alto rappresentante Borrell di “definire i parametri legali e operativi” di un’iniziativa europea a sostengo di Kiev, che metta in contatto “le migliori competenze di ogni Stato membro”