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    Clima, al via la COP30 in Brasile. L’ONU avverte: “Impossibile centrare gli obiettivi di Parigi”

    Bruxelles – I leader mondiali sono arrivati a Belém per dare il via alla 30esima edizione della Conferenza delle Nazioni Unite sul clima. La COP30, ospitata dal presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, inizierà formalmente i lavori il prossimo 10 novembre e si concluderà il 21, ma oggi e domani (6-7 novembre) i capi di Stato e di governo si incontreranno nella città ai margini della foresta amazzonica per una serie di dibattiti, bilaterali e sessioni tematiche.Tra i presenti, diversi pesi massimi del Vecchio continente. Fra gli altri, ci saranno il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il primo ministro britannico Keir Starmer, mentre il club a dodici stelle è rappresentato da un trio: il numero uno del Consiglio europeo, António Costa, il capo dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, e il ministro danese al Clima Lars Aagaard per la presidenza del Consiglio Ue.Ma ci sono anche assenze di peso. Su tutte, quelle del presidente statunitense Donald Trump, dei suoi omologhi cinese e russo, Xi Jinping e Vladimir Putin, nonché del premier indiano Narendra Modi, cioè i leader di quattro tra i principali inquinatori mondiali. Solo una sessantina dei Paesi partecipanti alla conferenza ha inviato delegazioni al massimo livello. Per l’Italia c’è il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.We’re together in Belém with @antonioguterres.You’ve always spoken up for our planet and we thank you for that.Europe comes to Belém with our clear climate goals and our solidarity for those most at risk.The world needs strong multilateral action to face the climate… pic.twitter.com/g90CWKpyYb— António Costa (@eucopresident) November 6, 2025Eppure l’urgenza per cambiare rotta non è mai stata tanta. La doccia fredda è arrivata questa settimana da parte dell’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM), un’agenzia delle Nazioni Unite che ha pubblicato i dati che mostrano come il 2023, il 2024 e il 2025 saranno i tre anni più caldi mai registrati da quando esistono le rilevazioni (cioè da 176 anni), continuando un trend almeno decennale.Echeggiando dichiarazioni diffuse nei giorni precedenti da altri enti dell’ONU, l’OMM ha anche riconosciuto che è ormai “praticamente impossibile” limitare il riscaldamento globale a 1,5ºC rispetto ai livelli del 1990, come prescritto dall’Accordo di Parigi del 2015. Stando ai calcoli dell’UNEP (il Programma per l’ambiente dell’ONU), attualmente il mondo va verso un innalzamento medio delle temperature compreso tra i 2,3 e i 2,5ºC, un livello che secondo gli esperti provocherà un aumento massiccio degli eventi meteorologici estremi e danni devastanti a molti ecosistemi naturali.Una critica sferzante è arrivata dal Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, che insieme a Lula co-presiede la conferenza. Il capo dell’ONU ha puntato il dito contro i leader mondiali, colpevoli di non aver dato seguito agli impegni sottoscritti dieci anni fa poiché “prigionieri degli interessi radicati” di aziende e lobby che “stanno realizzando profitti record grazie alla devastazione climatica“. Il padrone di casa ha inaugurato quella che definisce “la COP della verità“, ammonendo che la “finestra di opportunità” per agire “si sta chiudendo” ed evidenziando la necessità di “invertire la deforestazione e superare la dipendenza dai combustibili fossili“.La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva (foto: Dati Bendo/Commissione europea)Parlando alla sessione plenaria al fianco di Costa, von der Leyen ha esortato i leader a “triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030“, mantenendo gli obiettivi di Parigi e “le promesse fatte ai Paesi più vulnerabili agli effetti devastanti dei cambiamenti climatici”. Stasera, il presidente del Consiglio europeo interverrà alla sessione tematica dedicata a foreste e oceani, mentre il capo dell’esecutivo Ue prenderà la parola domani durante il panel su transizione energetica e decarbonizzazione dell’industria.Per volere degli stessi organizzatori, la COP30 non dovrà rappresentare un palcoscenico per nuove altisonanti promesse bensì, piuttosto, concentrarsi sull’implementazione degli impegni assunti fin qui. L’iniziativa degna di maggior rilievo è il lancio del Tropical forest forever fund (TFFF), un fondo globale per la tutela delle foreste tropicali col quale il Brasile mira a mobilitare 125 miliardi di dollari (25 dagli erari statali e gli altri 100 da investitori privati). Per il momento, tuttavia, né l’Ue né il Regno Unito parteciperanno a questo ennesimo strumento di green finance.La presidenza brasiliana ha articolato i lavori intorno a sei pilastri principali. Si parlerà di transizione energetica, industriale e dei trasporti; di gestione delle foreste, degli oceani e della biodiversità; della trasformazione dell’agricoltura e dei sistemi alimentari; della resilienza di città, infrastrutture e risorse idriche; della promozione dello sviluppo umano e sociale; e, infine, dei cosiddetti “acceleratori“, cioè quegli elementi che possono facilitare i progressi in tutti i precedenti ambiti anche sui versanti finanziario, tecnologico e logistico.Il logo della COP30 di Belém (foto: Dati Bendo/Commissione europea)L’Ue arriva alle discussioni di Belém con una posizione meno ambiziosa rispetto al quinquennio precedente, caratterizzato dall’adozione del Green deal. Per quanto von der Leyen definisca quello raggiunto ieri al Consiglio Ambiente un “risultato storico” per la riduzione delle emissioni di CO2, in realtà i Ventisette hanno fissato dei target più modesti rispetto alla proposta originaria della Commissione: una forbice tra il 66,25 e il 72,5 per cento da qui al 2035, per poi salire all’85 per cento entro il 2040.Del resto, è l’intera politica climatica internazionale a trovarsi in serie difficoltà in questa fase storica. La forte crescita elettorale dei movimenti populisti, scettici o apertamente negazionisti nei confronti del cambiamento climatico, combinata con una generalizzata contrazione dell’economia mondiale, ha portato molte cancellerie a rimangiarsi gli impegni presi di recente. Particolarmente pesante in questo senso il voltafaccia di Washington: oggi Trump sta facendo uscire (di nuovo) gli Usa dal trattato di Parigi, nonostante sia stata proprio l’amministrazione a stelle e strisce a fornire la spinta diplomatica decisiva per concluderlo.

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    Borrell a Israele: “Niente attacchi all’Onu, fondamentale per pace e stabilità”

    Bruxelles – Le ragioni di Israele non valgono più di ogni altra cosa, sicuramente non più delle Nazioni Unite. L’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, manda un messaggio chiaro e deciso allo Stato ebraico e i suoi rappresentanti. Lo fa rispondendo a un’interrogazione parlamentare in cui ci si lamenta del comportamento di Gilad Erdan, ambasciatore di Israele presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite, critico, troppo critico, nei confronti del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres.Quello che è successo risale all’8 dicembre ed è la censura di Guterres sul modo in cui Israele sta rispondendo agli attacchi del 7 ottobre. Una risposta ritenuta eccessiva, tanto da indurre il segretario generale dell’Onu a chiedere il rispetto dei diritti umani e cessate il fuoco. Parole che non sono piaciute a Erdan, secondo cui criticando Israele ci si schiera con i terroristi di Hamas. L’ambasciatore israeliano ha chiesto le dimissioni di Guterres e minacciato di non concedere visti a nessun funzionario Onu.“L’Ue respinge gli attacchi contro il Segretario generale delle Nazioni Unite o i tentativi di squalificare l’Onu come organismo fondamentale che opera per la pace e la stabilità nel mondo“, replica oggi Borrell. Un messaggio chiaro per il governo di Netanyahu. Nei confronti del quale rincara la dose, insistendo sulla necessità del rispetto dei diritti umani di base.“L’Ue – continua Borrell nella sua risposta – sostiene l’appello rivolto dal Segretario generale delle Nazioni Unite al Consiglio di sicurezza dell’Onu affinché intervenga per evitare una catastrofe umanitaria a Gaza e il collasso del sistema umanitario”. Un implicito atto di accusa nei confronti di Israele, e di aver creato situazioni insostenibili e sempre più difficile da appoggiare. Le ragioni di Israele sono andate un po’ oltre il consentito, e Borrell lo dice come meglio non potrebbe.

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    “Multilateralismo e cooperazione”, l’UE indirizza il dibattito di Davos

    Bruxelles – Cooperazione e multilateralismo. La risposta a crisi e tensioni è lavoro di squadra, a livello internazionale. Il World Economic Forum di Davos, quest’anno tenuto quasi in sordina per via dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente che continuano con maggiore intensità e ricadute sul dibattito politico, ha visto un’Unione europea ricoprire il ruolo di ‘pacere’ e mediatore in un contesto globale quanto mai incerto.Complice anche un calendario amico, che ha visto un avvicendamento sul podio a fasi alternate, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha potuto trovarsi nella situazione di provare a dettare una linea seguita e inseguita da chi ha parlato dopo di lei. “Questo è il momento di promuovere la collaborazione globale più che mai“, l’appello e l’invito della presidente dell’esecutivo comunitario, che offre sponde: “L’Europa è in una posizione unica per promuovere questa solidarietà e cooperazione globale”.Un intervento che poteva rischiare di andare perso tra le tante sessioni di lavoro di un summit organizzato su più livelli e in più momenti, tutti diversi. Ma l’intervento di von der Leyen è rimasto sospeso solo qualche ora. Perché il giorno successivo è stata il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, a rilanciare l’agenda dell’UE, avvertendo di come “le divisioni geopolitiche stanno ostacolando una risposta globale a sfide come il cambiamento climatico e l’intelligenza artificiale”, e che per tutto questo serve un “multilateralismo riformato, inclusivo e interconnesso”.In linea di principio gli appelli a un mondo globale e globalizzato che tale resti è condiviso anche dagli Stati Uniti dell’amministrazione Biden, con il segretario di Stato americano, Antony Blinken, anch’egli a Davos il giorno successivo alla presenza di von der Leyen, che è stato chiaro sulla necessità di “partenariati e cooperazione globali” per risolvere le nostre sfide più grandi. E’ questa però la visione di un governo uscente, atteso alla prova elettorale di fine anno, che potrebbe ridisegnare agende ed equilibri. L’UE teme un ritorno di Donald Trump alla Casa bianca, per le conseguenze di un simile scenario. Si teme, con Trump, l’esatto contrario di quanto sottolineato e sostenuto, da più parti, a Davos: divisioni al posto di cooperazione.Alle proposte di mediazione e di inter-relazione dell’UE risponde, il quarto giorno di lavori, il vice primo ministro e ministro degli affari esteri dell’Etiopia, Demeke Mekonnen Hassen. C’è per l’Europa, e non solo per il Vecchio continente, tutto il mondo africano interessato all’agenda di cooperazione. A patto che non sia trattato in modo marginale o neo-coloniale. Al contrario, “l‘Africa deve svolgere un ruolo centrale in tutto il mondo per il multilateralismo e nell’arena internazionale sul commercio, sugli investimenti e su altre attività economiche”. Le dinamiche delle relazioni bi-laterali e regionali sarà compito della politica, ma è chiaro, ha voluto sottolineare il direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), Ngozi Okonjo-Iweala, che “senza un libero flusso commerciale, non credo che potremo riprenderci” a livello economico. Avanti dunque con il libero scambio e le relazioni internazionali. Anche perché, ha messo in chiaro il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, “dobbiamo evitare una corsa ai sussidi, non possiamo permettercelo”.L’Unione europea a Davos sembra toccato e centrato un punto fondamentale. Ha sicuramente dettato il dibattito organizzato su più giorni. Ora la vera sfida è fare di questa linea dettata a Davos l’agenda politica internazionale dei prossimi mesi.Per quanto riguarda l’UE, la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, non ha dubbi: l’Europa deve fare i propri compiti a casa. La responsabile dell’Eurotower è stata tra gli ultimi a intervenire, l’ultimo giorno del summit di Davos. Qui, parlando della prospettiva di un ritorno di Trump alla guida degli Stati Uniti, ha invitato a lavorare fin da ora. “La migliore difesa, se è così che vogliamo vederla, è l’attacco“. Quindi precisa. “Per attaccare bene bisogna essere forti in casa. Essere forti significa avere un mercato forte e profondo, avere un vero mercato unico“.Una delle risposte a un eventuale ritorno di Trump passa per l’integrazione a dodici stelle. Lindner lo ha detto chiaro e tondo. “Il nostro svantaggio competitivo rispetto agli Stati Uniti non sono i sussidi, ma la funzione del nostro mercato dei capitali privati“.

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    La grande sfida cinese adombra il vertice dei leader, l’Ue teme alleanze con Mosca

    Bruxelles – Non ufficialmente in agenda ma comunque presente, nei pensieri, nelle dichiarazioni di rito, nei ragionamenti informali. Uno dei grandi elefanti nella stanza dei leader dell’Ue è la Cina, filo rosso di un Consiglio europeo dove il confronto sull’Ucraina e la competitività industriale del Vecchio continente passano per le trame del dragone. Che sono trame economiche, politiche, commerciali, di riposizionamento sullo scacchiere internazionale. Chi non ci gira troppo attorno è Krisjanis Karins. “La Cina in questo momento si sta sicuramente muovendo apertamente dalla parte della Russia, e questa è in realtà una grande sfida e una grande difficoltà per tutti noi”, riconosce il primo ministro della Lituania. Per storia del Paese che rappresenta legge le attività di Pechino in chiave russa, e teme per ciò che potrebbe derivare da una siffatta alleanza.

    . @krisjaniskarins 🇱🇻 “We need to think hard on what kind of ties we want with #China . China is moving towards the side of Russia, and this is a big challenge for us”. #EUCO @eunewsit pic.twitter.com/L4KvOBFOKx
    — emanuele bonini (@emanuelebonini) March 23, 2023

    Non c’è solo la mancata condanna della Cina all’aggressione russa dell’Ucraina a inquietare gli europei. L’incontro tra i leader della Repubblica popolare e della Federazione russa è fonte di inquietudine, e persino un Paese come il Lussemburgo, neutrale per tradizione, non può fare a meno di riconoscerlo. “Dobbiamo impedire un blocco russo-cinese contro gli altri”, dice un preoccupato Xavier Bettel. Che rilancia il riarmo dell’Europa. “Siamo neutrali, non abbiamo produzione di armamenti, ma ritengono importante accrescere quella europea”, soprattutto in ottica di un’eventuale alleanza tra due Paesi da apparati militari di grandi dimensioni ed entrambi potenze nucleari.
    L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, prova a rassicurare per quello che può. Gli chiedono se Pechino possa dare una mano a Mosca, e la risposta non è di quelle che più rassicuranti. “La Cina non sta aiutando la Russia per il momento”. Per il momento. Che non vuol dire che non possa verificarsi in futuro.
    Un avvertimento che il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è sentito in dovere di dare a tutti i capi di Stato e di governo del club a dodici di stelle. Nell’incontro a porte chiuse, riferiscono fonti qualificate, avrebbe raccomandato cautela. Isolare la Cina non gioverebbe. Al contrario, potrebbe rappresentare un rischio troppo forte. Questo il messaggio lanciato all’Ue dal capo dell’Onu. Andrebbe sfruttata quella attitudine positiva e al dialogo che ancora viene manifestata dal Paese asiatico, partner comunque non dei più comodi.
    Nessuno nell’Ue ha interessa a isolare la Cina, anche per ragioni economiche e commerciali. Ma occorre trovare il giusto equilibrio. Occorre saper non concedere troppo, né subire eccessivamente. “La Cina è un partner, ma anche un concorrente”, ricorda Bettel. Non si vuole la concorrenza sleale che si è vista fin qui, si vogliono uguali regole del gioco.
    Allo stesso tempo si deve giocare una partita di posizionamento nel mondo senza rimettere troppo in discussione il peso globale di Pechino in modo tale da inimicarsi il Paese. “Molti discutono di importazioni dalla Cina, ma a ben vedere le materie prime non arrivano dalla Cina ma da tutto il mondo”, ricorda il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Ma in quei quadranti del mondo dove l’Ue ha preso ad essere più attiva (Asia per il gas naturale liquefatto, Africa per le materie critiche utili alla transizione verde) i cinesi sono già presenti da tempo.
    In questo rompicapo rappresentato dalla difficoltà di trovare le giuste relazioni con la Cina l’Ue ha anche l’interesse a non compromettere i legami con gli Stati Uniti, che nell’ascesa cinese vedono un minaccia per la supremazia geo-politica. L’Europa si ritrova tra le due potenze a dover mediare senza infastidire eccessivamente nessuna delle due parte. La sfida nella grande sfida. Se nella stanza dei leader c’è chi teme per possibili alleanze sino-russe, altri, come il primo ministro portoghese Antonio Costa si preoccupano per divisioni. “Vogliamo un’alleanza globale per pace e diritto internazionale, e non un mondo frammentato tra Cina e Stati Uniti”.

    La questione di un blocco sino-russo inquieta diversi capi di Stato e di governo. Tema non in agenda, eppure molto presente. Dalle Nazioni Unite l’invito a non isolare Pechino

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    Clima, Guterres all’Ue: “Vicini al punto di non ritorno, anticipare obiettivo zero emissioni al 2040”

    Bruxelles – Lo scenario peggiore è sempre più vicino, e bisogna fare in fretta, molto in fretta per invertire la rotta. A pochi giorni dalla pubblicazione del rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) dell’Onu, che ha mostrato in modo un’altra volta lo stato di salute drammatico del pianeta, è stato il segretario delle Nazioni Unite in persona, Antonio Guterres, a recapitare il messaggio d’allarme a casa dei leader europei. Il vertice dei 27 di oggi e domani (23-24 marzo) a Bruxelles si è aperto con un pranzo di lavoro guidato dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e dal segretario Onu: sul tavolo, oltre all’emergenza climatica, il ritardo sugli obiettivi di sviluppo sostenibile per il 2030, l’insicurezza alimentare alimentata dal conflitto in Ucraina e le relazioni con la Cina.
    “L’ultimo rapporto delle Nazioni Unite mostra che siamo vicini al punto di non ritorno, che renderebbe impossibile perseguire l’obiettivo di rimanere sotto l’aumento di 1,5 gradi” della temperatura globale rispetto ai livelli del 1990, ha dichiarato Guterres al suo ingresso all’Europa Building. Gli esperti Onu sulla valutazione dei cambiamenti climatici hanno stimato che fino a oggi l’uomo ha provocato un aumento medio della temperatura terrestre di almeno 1,1°C: il limite posto nel 2015 con l’Accordo di Parigi è sempre più vicino e, come sottolinea il rapporto, con la tendenza attuale sarà superato già prima della metà del prossimo decennio.
    Antonio Guterres e Charles Michel, 23/03/23
    Il segretario generale ha evocato la necessità di “azioni urgenti e di un’agenda accelerata”, soprattutto da parte dei Paesi più industrializzati. In linea con quanto suggerito dal rapporto dell’Ipcc, Guterres ha chiesto ai 27 di anticipare di 10 anni i propri obiettivi stabiliti a Parigi per raggiungere la neutralità carbonica, nel 2040 invece che nel 2050. L’Onu “conta sulla leadership dell’Unione europea”, che secondo Guterres sta già “lavorando in modo positivo” verso la decarbonizzazione.
    Michel, accogliendo Guterres, ha posto l’accento sui tratti comuni tra l’Ue e l’Onu: “Crediamo in un approccio multilaterale, nella cooperazione, nella carta delle Nazioni Unite e nella legge internazionale”, ha affermato, congratulandosi “per la leadership” dimostrata “soprattutto con il Black Sea Grain“, l’iniziativa che dal luglio 2022 ha sbloccato l’export via mare di oltre 25 milioni di tonnellate di cereali ucraini, prorogata non senza difficoltà lo scorso 18 marzo. A quanto si apprende tuttavia, Guterres si sarebbe mostrato abbastanza pessimista sul proseguimento dell’accordo, che non starebbe andando in una direzione positiva perché interpretato in modo diversi dalle parti in causa.
    Pessimismo che sfiora quasi il catastrofismo quando Guterres passa in rassegna lo stato degli obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dalle Nazioni Unite per il 2030: “Più fame, più povertà, meno educazione e servizi sanitari in diverse regioni del mondo”, ha evidenziato il segretario generale dell’Onu, parlando di “una tempesta perfetta in molti Paesi in via di sviluppo”. Anche sull’Agenda per il 2030, Guterres ha fatto appello all’Ue affinché si “rimetta in carreggiata” verso il perseguimento degli obiettivi Onu. Sul gigante cinese e sul suo avvicinamento alla Russia, il segretario portoghese avrebbe lanciato un avvertimento ai 27: vista l’attitudine ancora positiva di Pechino nei confronti dell’Ue, Guterres ha suggerito di evitare qualsiasi mossa che possa isolare ulteriormente il presidente Xi Jinping. poiché in quel caso si rischierebbe di spingerlo ancora di più verso la Russia di Putin.

    Il segretario generale dell’Onu, ospite d’eccezione al vertice dei leader europei, si dice pessimista sul proseguimento dell’accordo sul grano ucraino con la Russia. “Più fame e povertà in diverse regioni del mondo”, l’allarme di Guterres sul ritardo sugli obiettivi di sviluppo sostenibile

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    Al via l’Assemblea dell’Onu fra clima, energia e guerra. Guterres: “In arrivo inverno di malcontento”

    Torino – Dopo due anni segnati dalla pandemia da Covid-19, i leader del mondo tornano a incontrarsi in presenza all’Assemblea Generale dell’Onu a New York. Ad accoglierli con il discorso inaugurale non è il presidente del Paese ospitante, Joe Biden, di ritorno dai funerali della Regina Elisabetta II (il suo discorso è previsto per domani). Ci pensa il segretario generale dell’Onu, António Guterres, a fare gli onori di casa. Ma, di certo, non prefigurando uno scenario roseo per presente e futuro. Anzi. “Un inverno di malcontento è all’orizzonte”, è l’ouverture. E, man mano che va avanti, le cose non migliorano.
    Guterres tocca tutti i punti caldi per il mondo intero. Guerra, energia, clima. Il segretario Onu descrive un mondo “paralizzato” dalle divisioni nonostante le crisi in atto, dalla guerra in Ucraina al riscaldamento globale. “La crisi del potere d’acquisto sta imperversando, la fiducia si sta sgretolando, la disuguaglianza sta esplodendo, il nostro pianeta sta bruciando”, eppure “siamo bloccati da una colossale disfunzione globale”, ragiona, spiegando che “queste crisi minacciano il futuro stesso dell’umanità e il destino del pianeta”. Quello del segretario generale dell’Onu è un invito a non farsi illusioni, perché “siamo in un mare in tempesta, si prospetta un inverno di malcontento globale”.
    Una sottolineatura, ovviamente, anche sulla crisi energetica, con l’invito ai Paesi ricchi a tassare gli extra-profitti delle compagnie energetiche e a “reindirizzarli” in parte ai Paesi che subiscono maggiori “perdite e danni” a causa degli impatti devastanti del cambiamento climatico e alle popolazioni che soffrono per l’inflazione. A due mesi dalla conferenza delle Nazioni Unite sul clima Cop27 in Egitto, “l’azione per il clima è passata in secondo piano” rispetto ad altre crisi, denuncia Guterres, chiedendo di porre fine alla “nostra guerra suicida alla natura”.
    L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è citata fra i pericoli che stanno minacciando il mondo. La guerra sarà al centro di questa settimana diplomatica di alto livello, includendo l’intervento, previsto mercoledì, del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, oltre a una riunione del Consiglio di sicurezza giovedì a livello di ministri degli Esteri. Martedì saliranno sul podio il presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, il primo ministro giapponese, Fumio Kishida, e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz. Anche il presidente iraniano, Ebrahim Raissi, è a New York per la sua prima Assemblea Generale, e la questione nucleare potrebbe essere ancora una volta al centro delle discussioni. Ma ci sono assenti di rilievo: primi fra tutti, il presidente russo, Vladimir Putin, e quello cinese, Xi Jinping.

    Il segretario generale delle Nazioni Unite ha aperto l’Assise a a New York con un discorso duro: “Siamo bloccati da una colossale disfunzione globale, queste crisi minacciano il futuro stesso dell’umanità e il destino del pianeta”

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    La centrale nucleare di Zaporizhzhia al centro della guerra in Ucraina. Si cerca accordo per missione di esperti sicurezza

    Bruxelles – Rimane alta la tensione sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia, occupata dall’esercito russo da inizio marzo e nuovamente al centro del conflitto dopo l’intensificarsi della controffensiva di Kiev nel sud-est del Paese invaso dal Cremlino. Mentre i due fronti si scambiano accuse sulla responsabilità dell’aggravarsi dello stato di sicurezza dell’impianto, i leader internazionali chiedono con sempre più insistenza di mettere fine agli atti di ostilità nelle vicinanze della centrale nucleare e in particolare a Mosca di astenersi dall’utilizzare la struttura come base militare da cui partire attacchi al territorio dell’Ucraina.
    Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres
    “Sono molto preoccupato per l’evolversi della situazione all’interno e intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia”, ha commentato il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, esortando le forze armate di Kiev e Mosca a “cessare immediatamente tutte le attività militari nelle immediate vicinanze dell’impianto e di non prendere di mira le sue strutture o i dintorni”. Guterres si è appellato al “buon senso e ragionevolezza” di tutti i responsabili in conflitto per “non intraprendere azioni che possano mettere in pericolo l’integrità fisica, la sicurezza o la protezione dell’impianto nucleare”. Tuttavia, “invece di un’attenuazione, negli ultimi giorni sono stati segnalati altri incidenti molto preoccupanti che, se dovessero continuare, potrebbero portare a un disastro”, ha avvertito il segretario generale dell’Onu. In serata è prevista a New York una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla questione, dopo la richiesta arrivata da Mosca. “È necessario un accordo urgente a livello tecnico su un perimetro sicuro di smilitarizzazione per garantire la sicurezza dell’area”, ha spiegato Guterres, che ha ricordato anche la necessità di “fornire alla missione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica un accesso immediato, sicuro e senza ostacoli al sito“.
    Le stesse richieste sono arrivate ieri (mercoledì 10 agosto) dai ministri degli Esteri del G7 (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti) e dall’alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell. In una nota è stata richiesta la restituzione “immediata” del “pieno controllo” della centrale nucleare di Zaporizhzhia “e di tutti gli impianti nucleari all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti dell’Ucraina” alle autorità di Kiev. “Il personale ucraino deve essere in grado di svolgere le proprie mansioni senza subire minacce o pressioni”, dal momento in cui “è il continuo controllo della Russia sull’impianto a mettere in pericolo la regione“, hanno attaccato i ministri, ribadendo che “il sequestro delle strutture nucleari ucraine” aumenta “significativamente” il rischio di un incidente nucleare. È per questo motivo che anche per il G7 rimane cruciale la possibilità di organizzare una missione di esperti internazionali “in modo sicuro e senza impedimenti”.
    Dopo le preoccupazioni di Bruxelles espresse dal presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, domenica scorsa (7 agosto), anche la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, ha condannato “fermamente” i bombardamenti della centrale nucleare di Zaporizhzhia e dei suoi dintorni: “Questo comportamento sconsiderato delle forze militari russe rappresenta un grande pericolo per il funzionamento sicuro della centrale”. I combattimenti hanno causato “danni significativi alle infrastrutture, anche in prossimità dello stoccaggio a secco del combustibile nucleare esaurito“, ha precisato la commissaria Simson e, nonostante le informazioni ottenute dai sistemi di monitoraggio della radioattività da parte dell’Ue e delle organizzazioni internazionali “non indichino alcuna minaccia immediata di radiazioni”, le attività militari sono “pericolose in modo inaccettabile”. Al centro delle accuse di Bruxelles c’è il dispiegamento di personale e armamenti russi presso l’impianto nucleare, che “costituisce un’aperta violazione di tutte le disposizioni in materia di sicurezza, protezione e salvaguardia concordate a livello internazionale”, ha concluso la commissaria per l’Energia, attaccando il Cremlino: “Deve assumersi la piena responsabilità di fronte alla comunità internazionale per le azioni illegali e sconsiderate, anche in materia di sicurezza nucleare”.

    Mentre continuano i combattimenti nella zona dell’impianto nucleare nel sud del Paese, è in programma un Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite richiesto dalla Russia. Il segretario generale Guterres: “Cessare immediatamente tutte le attività militari nelle immediate vicinanze”

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    Suona l’allarme a Bruxelles per i bombardamenti vicini alla centrale nucleare di Zaporizhzia, occupata dall’esercito russo

    Bruxelles – Dopo cinque mesi ritorna la paura per incidenti nucleari in Europa. Era il 4 marzo quando l’esercito russo attaccava la centrale nucleare di Zaporizhzhia, scatenando un incendio negli edifici secondari della struttura, e con l’intensificarsi delle operazioni militari nel sud-est dell’Ucraina nelle ultime settimane, l’impianto è tornato pericolosamente al centro del conflitto.
    “Le notizie di bombardamenti sono allarmanti, la sua sicurezza è fonte di massima preoccupazione”, ha scritto in un tweet il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, commentando la discussione sulla situazione nella centrale nucleare più grande d’Europa durante la telefonata di ieri (domenica 7 agosto) con il numero uno ucraino, Volodymyr Zelensky. Lo stesso presidente ucraino ha chiesto una risposta “più forte” da parte della comunità internazionale al “terrore nucleare russo”, ovvero “sanzioni sull’industria e sul combustibile nucleare” del Cremlino, in linea con quanto ventilato nel corso dell’ultima riunione dei ministri dell’Energia del G7. Tra gli altri temi al centro della conversazione tra Bruxelles e Kiev anche l’avvio dell’esportazione di grano via mare, il pacchetto di assistenza macrofinanziaria e “tutti gli aspetti del sostegno politico, militare, economico, finanziario e umanitario dell’Ue all’Ucraina”, ha reso noto il presidente Michel.

    In today’s call @ZelenskyyUa informed me on the the latest developments on the ground.
    Discussed also the situation at the Zaporizhzia nuclear power plant, Europe’s largest; reports of shelling are alarming; its safety is of the highest concern. (1/2)
    — Charles Michel (@CharlesMichel) August 7, 2022

    Ma è sempre la questione della centrale nucleare di Zaporizhzhia a destare le maggiori preoccupazioni sul fronte di guerra meridionale in Ucraina. Kiev e Mosca si rimbalzano le responsabilità della sempre più fragile sicurezza dell’impianto, con il governo ucraino che accusa l’esercito russo di averlo trasformato in una base militare da cui partono attacchi missilistici, mentre la Russia punta il dito contro le forze ucraine, denunciando attacchi con droni alla struttura. Secondo il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Rafael Grossi, la situazione sarebbe “completamente fuori controllo”, dal momento in cui “tutti i principi di sicurezza nucleare sono stati violati in un modo o nell’altro“.
    Alla luce di queste parole un team di esperti della stessa Agenzia internazionale per l’energia atomica ha condotto delle valutazioni preliminari sulla centrale nucleare ucraina, definendo “stabile” lo scenario dal punto di vista della sicurezza e confermando che “non c’è una minaccia immediata”. Tuttavia, secondo quanto si legge nei risultati preliminari della valutazione resi noti su Twitter, “diversi dei sette pilastri sono stati violati”. È per questo motivo che da più parti si alzano voci per garantire l’accesso all’impianto di Zaporizhzhia per gli ispettori internazionali. Dopo la richiesta arrivata dallo stesso direttore generale Grossi, è stato il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, a esortare i due belligeranti a collaborare per garantire la sicurezza dell’impianto: “Qualsiasi attacco a una centrale nucleare è un suicidio“, ha dichiarato dopo aver partecipato alla cerimonia di commemorazione della pace di Hiroshima per il 77esimo anniversario del primo bombardamento atomico al mondo.
    Zaporizhzhia è la più grande delle quattro centrali nucleari attive in Ucraina e produce un quinto di tutta l’elettricità necessaria al Paese, con sei reattori – di cui due attualmente attivi – che a pieno regime possono erogare una potenza totale di 5.700 megawatt. L’impianto si trova sul fiume Dnepr (a circa 550 chilometri dalla capitale) e dall’inizio dell’occupazione da parte dell’esercito russo a marzo i lavoratori ucraini della centrale convivono con le truppe occupanti. Secondo il governo di Kiev l’obiettivo del Cremlino sarebbe quello di staccare la centrale dalla rete elettrica ucraina, in modo da fornire energia solo ai territori controllati dall’esercito russo nella parte orientale e meridionale del Paese. Sempre secondo le informazioni ucraine, in questi cinque mesi gli occupanti avrebbero minato la sponda del fiume Dnepr e trasformato alcune parti delle centrale in una base militare, portando al suo interno mezzi blindati, artiglieria e lanciarazzi: da lì sarebbero partiti anche attacchi al territorio dell’Ucraina. Nella controffensiva dell’esercito di Kiev nei territori occupati da Mosca la centrale di Zaporizhzhia potrebbe ora svolgere un ruolo cruciale per la difesa russa, anche a costo di mettere in conto rischi di incidenti o disastri nucleari.

    In una telefonata con il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, il numero uno del Consiglio Ue, Charles Michel, ha espresso “massima preoccupazione” per la sicurezza dell’impianto. Kiev chiede alla comunità internazionale sanzioni su industria e combustibile nucleare del Cremlino