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    Zelensky: “Ursula von der Leyen mi ha promesso che in pochi mesi la Commissione darà il parere sulla nostra adesione”

    Bruxelles – La Commissione Europea darà la sua opinione formale sull’adesione dell’Ucraina all’UE in pochi mesi, così come prevede la procedura. Lo ha annunciato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in un tweet diffuso dopo un colloquio con la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen. “Abbiamo avuto una conversazione approfondita”, in cui il tema centrale questa volta è stato l’allargamento dell’Unione all’Ucraina: “L’opinione della Commissione sulla nostra domanda di adesione all’UE sarà preparata in pochi mesi“. Zelensky ha confermato che “il governo ucraino e la Commissione hanno ricevuto le indicazioni necessarie” e che “ci muoviamo insieme verso l’obiettivo strategico”.

    Had substantial conversation with EC President @vonderleyen. EC opinion on UA application for #EU membership will be prepared within few months. UA Government and EC are instructed. Moving to our strategic goal together.
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) March 18, 2022

    Sempre su Twitter la numero uno della Commissione ha ribadito che il sostegno dell’UE all’Ucraina “è assoluto”, anche sul fronte della possibile adesione: “Il percorso verso l’Unione è iniziato“. La presidente von der Leyen ha poi ammonito che “tempi come questi richiedono visione, fermezza e resistenza per poter fare un difficile passo dopo l’altro”, assicurando che “la Commissione camminerà in questa direzione”.
    Lo scorso 7 marzo gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper) avevano concordato di invitare la Commissione Europea a presentare un parere su sulla domanda di adesione dell’Ucraina (e anche della Georgia e della Repubblica di Moldova), che sarà poi trasmesso al Consiglio dell’UE. La domanda formale di Kiev era stata inoltrata a Bruxelles il 28 febbraio, a soli quattro giorni dall’inizio dell’invasione russa del Paese, con la richiesta di una “procedura speciale accelerata” che sa più di ricerca di un appoggio anche politico contro i progetti espansionistici del Cremlino. La prospettiva europea dell’Ucraina ha ricevuto l’endorsement prima del Parlamento Europeo riunito nella sessione plenaria straordinaria del primo marzo e poi del vertice dei leader UE della settimana scorsa a Versailles.

    I assured President @ZelenskyyUa of the EU’s unabated support. Ukraine’s European path has now begun. Times like these require the vision, steadfastness and stamina to take one difficult step after the next. The @EU_Commission will move ahead on this path. pic.twitter.com/Yn4JVXzSAG
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 18, 2022

    Ricevuta la proposta formale di candidatura all’adesione e richiesto il parere della Commissione dal Coreper, per diventare un Paese membro dell’UE è necessario superare l’esame dei criteri di Copenaghen, ovvero le basilari condizioni democratiche, economiche e politiche (istituzioni stabili, Stato di diritto, rispetto dei diritti umani, economia di mercato, capacità di mantenere l’impegno). Dopodiché si arriva alla firma dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, un accordo bilaterale tra UE e Paese richiedente, e a questo punto si può presentare la vera e propria domanda di adesione all’Unione: se accettata, viene conferito lo status di Paese candidato. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio UE di avviare i negoziati: solo quando viene dato il via libera all’unanimità dai Paesi membri si possono aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile). Alla fine di questo processo si arriva alla firma del Trattato di adesione.

    Il presidente ucraino ha sottolineato che Kiev e Bruxelles si muovono “insieme verso l’obiettivo strategico”. La presidente della Commissione Europea ribadisce che il sostegno all’Ucraina “è assoluto”

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    L’invasione russa dell’Ucraina potrebbe essere il “momento del risveglio” dell’UE per l’allargamento ai Balcani

    Bruxelles – Il processo di allargamento dell’Unione Europea ha preso un nuovo slancio, dall’Ucraina ai Balcani. Non solo sul piano delle nuove richieste di adesione, ma anche per quanto riguarda le prospettive per i Paesi candidati all’adesione UE ormai da decenni. “Spero che questo sia un momento di risveglio per l’Unione Europea, che rinvigorisca il processo e saldi i Balcani Occidentali fermamente all’UE”, ha dichiarato l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, in visita oggi (lunedì 14 marzo) in Macedonia del Nord, parlando degli effetti dell’invasione russa dell’Ucraina sul rapporto tra la regione e Bruxelles.
    Incontrando il primo ministro macedone, Dimitar Kovačevski, l’alto rappresentante Borrell ha riconosciuto le “grandi aspettative e speranze” del Paese sul cammino UE e si è augurato di “iniziare il negoziato formale di adesione dell’Albania e della Macedonia del Nord appena possibile, spero nella prossima conferenza intergovernativa”. Che la Commissione Europea spinga per l’accelerazione di questo processo non è un segreto – e i mancati progressi del vertice UE-Balcani Occidentali dello scorso ottobre sono stati una scottatura per la presidente, Ursula von der Leyen – ma la decisione è in mano al Consiglio, che dovrà trovare l’unanimità per l’apertura dei negoziati con Skopje e Tirana.
    Al momento lo stallo è causato dal veto della Bulgaria, anche se stanno aumentando le speranze di assistere nei prossimi mesi a una svolta con il nuovo governo di Sofia guidato da Kiril Petkov. Proprio Borrell ha confermato in un tweet che “è giunto il momento di risolvere le questioni bilaterali di lunga data” e che Bruxelles accoglie con favore il “nuovo slancio tra Sofia e Skopje per una soluzione reciprocamente accettabile”. Per l’Unione Europea “la Macedonia del Nord e l’intera regione sono una priorità strategica”, anzi “geopolitica”, per cui “nessun problema bilaterale dovrà fermare questo processo”, ha sottolineato con forza l’alto rappresentante UE. “Geopolitica” perché la Russia può mirare a destabilizzare la regione e di qui la necessità di allineare la gestione della risposta al Cremlino e di supportare i Balcani Occidentali a “gestire al meglio le conseguenze della guerra e aumentare la resilienza di ogni Paese“.
    Da parte del premier Kovačevski è stata ribadita la fiducia della Macedonia del Nord nel processo di allargamento UE: “Abbiamo dimostrato di essere partner credibili, l’avvio dei negoziati deve essere la prova della credibilità dell’Unione Europea“, ha sottolineato in conferenza stampa al termine del colloquio con l’alto rappresentante Borrell. Ringraziandolo per l’impegno nelle istituzioni comunitarie a sostegno dell’ottenimento di una data di inizio del processo negoziale, Kovačevski ha ricordato a Borrell che “in un periodo di instabilità internazionale, mai come oggi c’è bisogno di un’Europa unita e forte”. Soprattutto per il fatto che “la guerra in corso è un rischio per l’influenza di Paesi terzi nella regione balcanica” e che “lasciare un vuoto geostrategico in questa regione non è un’opzione”.

    Good meeting with Prime Minister @DKovachevski. North Macedonia has clear expectations to start EU negotiations, and rightly so.
    Welcome the new impetus between Sofia and Skopje for a mutually acceptable solution.
    It is high time to resolve long standing bilateral issues. pic.twitter.com/1FQ12lEK0L
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) March 14, 2022

    L’alto rappresentante UE, Josep Borrell, nel corso della sua visita a Skopje ha dichiarato che “è necessario gestire al meglio le conseguenze della guerra e aumentare la resilienza di ogni Paese” della regione

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    I leader UE pronti a nuove sanzioni contro la Russia di Putin. L’Ucraina sempre più vicina “politicamente”

    Bruxelles – Via libera a nuove sanzioni, ma nella sostanza ancora non si scende. Per il leader UE riuniti al Consiglio informale di Versailles “aumentare ulteriormente la nostra pressione sulla Russia e sulla Bielorussia” è una prima intesa sufficiente, che verrà approfondito nella seconda giornata di riunioni di oggi (venerdì 11 marzo) e nei prossimi giorni dai ministri competenti: “Restiamo pronti a muoverci rapidamente con ulteriori sanzioni”, recitano le prime righe delle conclusioni del Consiglio.
    Come scrivevamo ieri, tutte le decisioni senza precedenti sono state prese e ora ogni capitale inizia a fare i propri calcoli in termini di ricadute economiche. Tuttavia, il primo round di discussioni tra i leader UE sull’aggressione militare dell’Ucraina da parte della Russia di Putin è stata un’occasione per tirare le fila, due settimane dopo il Consiglio straordinario che aveva portato a quell’unità mai vista prima nell’Unione. “I responsabili di questa guerra di aggressione saranno chiamati a rispondere dei loro crimini, anche per aver colpito indiscriminatamente i civili”, si legge nel testo che condanna “la Russia e la sua complice Bielorussia”, con un endorsement all’apertura dell’indagine della Corte penale internazionale dell’Aja. In particolare, preoccupa la questione nucleare: “Chiediamo che la sicurezza degli impianti nucleari dell’Ucraina sia garantita immediatamente con l’assistenza dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica”.
    Ma è il capitolo strettamente legato al rapporto con l’Ucraina a offrire maggiori spunti di riflessione sull’approccio che sarà sviluppato nelle prossime settimane e nei prossimi mesi con Kiev. Sul breve periodo, “continueremo a fornire un sostegno politico, finanziario, materiale, medico e umanitario coordinato”, si legge nelle conclusioni. Riprendendo le iniziative degli ultimi giorni della Commissione UE, i 27 leader dell’Unione hanno sottolineato l’impegno per offrire protezione temporanea a tutti i rifugiati di guerra in fuga dall’Ucraina e hanno chiesto che “i fondi siano resi disponibili senza indugio”, attraverso una “rapida” adozione della proposta sull’azione di coesione per i rifugiati in Europa (CARE).
    Sul lungo periodo l’UE e gli Stati membri si impegnano a “fornire sostegno per la ricostruzione di un’Ucraina democratica, una volta che l’assalto russo sarà cessato“. Di che tipo e di quale entità ancora non è dato sapere, ma saranno discussioni che verranno portate avanti direttamente con la controparte ucraina. Uscendo dalla prima riunione sul conflitto Russia-Ucraina a Versailles, il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, ha annunciato che “lavoreremo per rafforzare politicamente i legami con l’Ucraina, per esempio invitando regolarmente il presidente, Volodymyr Zelensky, a partecipare ai Consigli europei“. Nonostante il non perfetto allineamento dei Ventisette sulle modalità con cui il processo dovrà essere portato avanti, il Consiglio “ha riconosciuto le aspirazioni e la scelta europea dell’Ucraina” e, in attesa del parere della Commissione UE sulla richiesta presentata da Kiev, saranno “rafforzati ulteriormente i nostri legami e approfondito il nostro partenariato per sostenere l’Ucraina nel perseguire il suo cammino”. Significative le ultime righe delle conclusioni: “L’Ucraina appartiene alla nostra famiglia europea“, mentre è stato invitato l’esecutivo UE a “presentare i pareri sulle domande della Repubblica di Moldova e della Georgia“. Il nuovo processo di allargamento UE si è messo in moto a Versailles.

    Le conclusioni del Consiglio informale di Versailles sottolineano che gli Stati membri sono pronti ad “aumentare ulteriormente la pressione” su Mosca e Kiev. Il presidente ucraino Zelensky sarà invitato a “regolarmente” alle prossime riunioni

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    Bruxelles alza la voce contro la destabilizzazione russa nei Balcani: “Tutta la Bosnia allineata o a rischio i fondi UE”

    Bruxelles – Cresce la preoccupazione nelle istituzioni europee sull’azione di destabilizzazione che la Russia di Putin può esercitare nei Balcani Occidentali, in particolare in Bosnia ed Erzegovina. L’avvertimento è arrivato a più riprese nelle ultime due settimane – cioè da quando è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina – dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e la questione è stata portata anche davanti all’Aula del Parlamento Europeo di Strasburgo.
    “Trent’anni dopo la divisione violenta della Jugoslavia, la guerra è tornata in Europa e parlare di Balcani è necessario”, ha sottolineato il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, nel corso del dibattito in plenaria dell’Eurocamera. Ancora prima della destabilizzazione della Russia, “il 2021 è stato un anno perso per la Bosnia, anche sull’applicazione delle 14 priorità-chiave”. Proprio il commissario al centro delle polemiche per la sua (presunta) ambiguità sulla questione del separatismo della Republika Srpska dalle istituzioni centrali si è mostrato durissimo nel condannare il mancato riconoscimento dell’alto rappresentante per la Bosnia e il boicottaggio del governo federale: “Ha un impatto devastante su imprese e cittadini e mette a rischio i fondi UE del Piano economico e di investimenti“.
    Várhelyi ha spiegato che sono necessari “passi urgenti” da parte del membro serbo della presidenza tripartita, Milorad Dodik, per “ridurre la tensione“. A rischio, nel breve periodo, ci sono i 600 milioni di euro in finanziamenti messi a disposizione dalla Commissione UE per la Bosnia (all’interno di un pacchetto complessivo per la regione da 3,2 miliardi) “per sostenere la connettività digitale e le infrastrutture”. Tra queste anche il corridoio paneuropeo 5C, che passa dal territorio della Republika Srpska: “Solo il ritorno pieno nelle istituzioni statali e lo svolgimento libero ed equo delle elezioni di ottobre potrà permettere di concentrarsi su un’agenda positiva europea”, è stato il monito del commissario.
    Nel corso del dibattito in Aula sul rischio di destabilizzazione dei Balcani da parte della Russia, anche l’eurodeputato del Movimento 5 Stelle Fabio Massimo Castaldo ha ricordato che “a un mese dal trentesimo anniversario della sua dichiarazione di indipendenza, la Bosnia ed Erzegovina sta attraversando la sua peggior crisi politica dalla fine delle guerre”. Per l’europarlamentare italiano “non basta minacciare dure sanzioni e inviare 500 soldati per scongiurare la spirale di tensione inter-etnica, mentre già partono tanti volontari filo-russi verso l’Ucraina”. È necessario piuttosto “un nostro coinvolgimento diretto sempre più forte”, sia con investimenti economici, sia con la “rivalutazione profonda dell’architettura dello Stato bosniaco, superando i limiti emersi da 30 di crisi perenne e instabilità”. In caso contrario, “sarà sin troppo facile per la Russia continuare con la sua opera di destabilizzazione della Bosnia e aprire un secondo fronte nel cuore dell’Europa”, ha avvertito Castaldo.
    Trovi un ulteriore approfondimento nella newsletter BarBalcani, curata da Federico Baccini

    Il commissario UE per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, ha avvertito che sono a rischio i 600 milioni di investimenti dai fondi europei, anche a causa del separatismo filo-russo della Republika Srpska

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    La premier estone Kallas spinge l’UE sulla difesa comune e sull’adesione dell’Ucraina: “Se non ora, quando?”

    Bruxelles – Di fronte alla minaccia russa, i Baltici cercano di prendere il timone per guidare l’Unione Europea sull’onda dell’intransigenza nella risposta al Cremlino. Ora come nel prossimo futuro. “A Mosca sono sicuri che prima o poi ci stancheremo della nostra iniziativa e chiederemo di tornare al tavolo dei negoziati. Putin ci metterà alla prova e noi dovremo resistere, questa è una maratona in cui esercitare pazienza strategica”, così ha esortato i Ventisette a sostegno dell’Ucraina la prima ministra dell’Estonia, Kaja Kallas, dall’Aula del Parlamento UE di Strasburgo.
    L’Estonia condivide con la Russia circa 300 chilometri di confine e, dopo l’invasione dell’Ucraina, “niente può più essere come prima“, ha attaccato Kallas. Non può esserlo soprattutto nel rapporto con il Cremlino sul tema della sicurezza europea e globale, il tema del dibattito all’Eurocamera di questa mattina (mercoledì 9 marzo) in cui la premier estone è intervenuta. Tracciando le linee di intervento del “dopo” l’invasione, la leader del Paese baltico ha indicato due aree su cui l’UE dovrà concentrarsi: la difesa comune e il sostegno all’Ucraina. “Il nostro atteggiamento di deterrenza deve diventare una politica di contenimento intelligente”, ovvero “consolidare ciò che il mondo libero ha realizzato nelle ultime settimane”, dalla denuncia dell’aggressione dell’Ucraina all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a larghissima maggioranza, all’indagine della Corte penale internazionale dell’Aja sui crimini contro l’umanità da parte dell’establishment russo.
    La premier dell’Estonia, Kaja Kallas (9 marzo 2022)
    La questione più urgente è la difesa comune. La decisione di utilizzare il Fondo europeo per la pace per assistere l’Ucraina “è solo un primo passo verso il rafforzamento della nostra sicurezza continentale”, ha commentato Kallas, sottolineando che “il rafforzamento delle nostre capacità di difesa comune devono andare mano nella mano con la NATO“. Difesa comune europea significa “pianificare la nostra spesa in modo saggio e coordinato” e “concentrarci sulle capacità troppo costose per ogni singolo Stato membro”, come i missili a lungo raggio. Nel delineare la strategia – che sarà oggetto del confronto tra i leader UE di domani e venerdì (10-11 marzo) – la premier estone ha spinto perché “le nostre capacità europee siano mobili e all’avanguardia“, perché “se la Russia può avere una forza militare enorme, noi possiamo competere con una tecnologia di qualità e all’avanguardia”.
    Ma il nuovo ordine mondiale non dovrà dimenticare “chi guarda all’Unione Europea come un luogo sicuro e pacifico“. L’Ucraina “è stata attaccata dalla Russia nel 2014 perché voleva entrare nell’UE e il 24 febbraio perché cerca di prendere il posto che le spetta tra di noi”, ha puntato il dito la premier Kallas. È nell’interesse dei Ventisette che Kiev “diventi più stabile, più prospera e solidamente fondata sullo Stato di diritto, come il caso dell’Estonia dimostra”, e di qui la necessità di “dare una prospettiva di adesione” all’Ucraina: “È un dovere morale, perché gli ucraini stanno combattendo anche per l’Europa. Se non ora quando?”
    La leader del Paese baltico non ha avuto esitazioni a definire l’azione di Bruxelles come “unità da Unione geopolitica“, che “ha sorpreso Putin, il mondo e oserei dire anche noi stessi”, dal momento in cui “abbiamo cambiato più nelle ultime due settimane che nei precedenti trent’anni”. È notizia di questa mattina che gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper) hanno dato il via libera per inasprire le sanzioni contro Russia e Bielorussia. “Un nuovo pacchetto di sanzioni economiche contro più di 100 responsabili del governo e dell’oligarchia russa sta già circolando tra i Paesi membri”, ha confermato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell.

    🔴 #Ukraine | Approbation par le COREPER II de nouvelles sanctions à l’encontre de dirigeants et oligarques russes et de membres de leurs familles impliqués dans l’agression russe contre l’Ukraine. ⤵️ 1/5 #PFUE2022 pic.twitter.com/SHatb7ZD4z
    — Présidence française du Conseil de l’UE 🇫🇷🇪🇺 (@Europe2022FR) March 9, 2022

    Nel suo intervento alla plenaria del Parlamento UE, la premier estone Kallas ha parlato sia dei profughi in arrivo dall’Ucraina, sia del popolo russo. Sono già 2 milioni quelli in fuga dal territorio ucraino verso l’UE “e continueranno ad arrivare, perché in un conflitto i rifugiati si dirigono verso dove c’è sicurezza, e non è la Russia”. L’obiettivo di Putin è quello di “terrorizzare i civili”, una strategia già sperimentata a Grozny, nel corso della seconda guerra cecena: “Asili, ospedali, edifici residenziali sono presi di mira, in violazione del diritto internazionale umanitario”.
    Ma la guerra di Putin è anche contro il proprio stesso popolo. “Ha lasciato i russi senza accesso alla verità, vivono isolati dall’informazione”, ha attaccato Kallas. “Il nostro compito è quello di rompere questo muro di bugie“, mobilitando “il nostro potenziale tecnologico per vincere la guerra per la verità” anche grazie al “ruolo enorme delle piattaforme globali di Internet”. La premier estone si è rivolta direttamente ai cittadini russi, ricordando che “l’Unione Europea non sta agendo contro di voi, ma è il vostro governo che sta istituendo pratiche familiari al passato sovietico”, dal razionamento delle derrate alimentari alla censura, fino all’indottrinamento dei bambini. “State vedendo solo l’inizio di una privazione che peggiorerà, capiamo che vi farà male, come lo fa a noi, ma dobbiamo mettere fine alla barbarie di Putin”, ha concluso con una nota tetra la prima ministra estone dal podio di Strasburgo.

    Intervenuta alla plenaria del Parlamento UE, la prima ministra Kaja Kallas ha avvertito che “Putin ci metterà alla prova e noi dovremo resistere, questa è una maratona in cui esercitare pazienza strategica”

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    Benassi: “Adesione UE un processo, non automatismo. Con Ucraina avanti con accordo di associazione”

    Bruxelles – L’Ucraina nell’UE è uno scenario possibile, che l’Italia sostiene, ma che deve avvenire secondo le regole e le modalità previste. Niente scorciatoie, niente corsie preferenziali e non per ragioni di chiusure pre-concettuali, ma per il bene della credibilità di tutti. Pietro Benassi cerca di fare ordine su un tema oggetto di dichiarazioni e ragionamenti forse troppo poco cauti o slegati dall’impianto normativo esistente. Ai deputati delle commissioni Affari esteri e Politiche dell’Unione europea della Camera, il rappresentante permanente d’Italia presso l’UE ricorda che un conto è l‘adesione all’UE, e un altro è il riconoscimento dello status di Paese candidato. Si comincia col chiedere tale status, per poi diventare membro al termine di un processo di riforme.
    “L’aspirazione dell’Ucraina a far parte della famiglia europea è legittima e la sosteniamo, ma si tratta di un processo e non di un automatismo“, dice l’ambasciatore in modo da essere il più chiaro possibile. Non si può parlare di adesione, perché questa è il punto di arrivo di un percorso che richiede anni. “Nel frattempo la piena attuazione dell’accordo di associazione resta lo strumento principale per rafforzare il legame tra Unione europea e Ucraina”.
    Respinge con forza le critiche di chi fa notare che la risposta dell’UE, di fronte al dramma della guerra e alla richiesta di aiuto del popolo ucraino, è stata di chiusura. Alla richiesta di Kiev “hanno fatto seguito quelle di Georgia e Moldova, e c’è stata una rapida risposta politica della presidenza francese all’attivazione della richiesta di adesione, e col consenso di tutti e 27″ gli Stati membri, come vuole la procedura che porta all’allargamento dell’UE.
    Nella Camera dei deputati c’è il timore che questo messaggio possa essere letto nella maniera sbagliata tra i Paesi dei Balcani occidentali. Montenegro, Serbia, Kosovo, Macedonia del nord, Albania, aspettano ancora progressi sostanziali, dopo anni di attesa. Va evitato che si pensi che esistano candidati di serie A e candidati di serie B. Anche per questo, pur volendo, risulta difficile concedere a Kiev cose mai concesse ai balcanici. Ad ogni modo, la linea italiana “è chiara”, spiega Benassi: “Riteniamo che i Balcani occidentali possano e debbano essere assorbiti nell’Unione europea in modo serio”.

    Il rappresentante permanente italiano in audizione alla Camera spiega che ci sono regole e procedure chiare per l’ingresso. “Risposta politica molto rapida”

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    Inizia il cammino: gli ambasciatori UE incaricano la Commissione di formulare un parere sulla domanda di adesione di Ucraina, Georgia e Moldova

    Bruxelles – Si è messo in moto nelle istituzioni europee il processo di adesione all’UE di Ucraina, Georgia e Repubblica di Moldova. Gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper) hanno concordato di invitare la Commissione Europea a presentare un parere su ciascuna delle domande di adesione presentate da Ucraina, Georgia e Moldova, che sarà poi trasmesso al Consiglio dell’UE.
    L’avvio della procedura scritta servirà per “convalidare i progetti di lettere che chiedono il parere della Commissione Europea“, spiega la presidenza di turno francese del Consiglio dell’UE. Le tre richieste per ottenere lo status di Paese candidato all’adesione sono arrivate tutte nel corso della scorsa settimana, tra lunedì (28 febbraio) e giovedì (3 marzo): la prima era stata l’Ucraina – che ha ricevuto l’endorsement del Parlamento UE riunito in sessione plenaria – seguita a ruota tre giorni più tardi da Georgia e Moldova. Oltre a Kiev, in cerca di un sostegno anche politico da parte dell’Unione contro l’invasione russa, le domande formali di Tbilisi e Chișinău si possono leggere come una tutela dalle minacce alla propria indipendenza portate dal disegno del “nuovo mondo” di Putin e come una volontà dei Paesi vicini alla Russia di disegnare il futuro assetto geopolitico sempre più legato a Bruxelles.
    La scorsa settimana il portavoce della Commissione Europea, Eric Mamer, aveva già precisato che “la richiesta di adesione dell’Ucraina, della Georgia e della Moldova mostrano che c’è un desiderio genuino e un successo dell’UE come progetto di pace e prosperità“, mentre la portavoce responsabile per la Politica di vicinato e l’allargamento, Ana Pisonero, aveva ricordato a tutti che “le richieste di unirsi sono sempre ben accette, ma prevedono comunque un lungo processo”. Tutti e tre i Paesi condividono la base di partenza di un Accordo di associazione entrato pienamente in vigore tra il 2016 (Georgia e Moldova) e il 2018 (Ucraina) che sta permettendo di allinearsi alle norme e standard europei in ambito politico, economico e sociale, anche se l’intesa non ha mai avuto come obiettivo o come clausola l’adesione UE dei tre Paesi.
    Ricevuta la proposta formale di candidatura all’adesione e richiesto il parere della Commissione dal Coreper, per diventare un Paese membro dell’UE (Ucraina, Georgia e Moldova, in questo caso), è necessario superare l’esame dei criteri di Copenaghen, ovvero le basilari condizioni democratiche, economiche e politiche (istituzioni stabili, Stato di diritto, rispetto dei diritti umani, economia di mercato, capacità di mantenere l’impegno). Dopodiché si arriva alla firma dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, un accordo bilaterale tra UE e Paese richiedente, e a questo punto si può presentare la vera e propria domanda di adesione all’Unione: se accettata, viene conferito lo status di Paese candidato. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio UE di avviare i negoziati: solo quando viene dato il via libera all’unanimità dai Paesi membri si possono aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile). Alla fine di questo processo si arriva alla firma del Trattato di adesione.
    Oltre alle candidature di Moldova, Georgia e Ucraina, il processo di allargamento UE coinvolge già i sei Paesi dei Balcani Occidentali – Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – e la Turchia, i cui negoziati sono però cristallizzati dalla politica del presidente Erdoğan. Serbia e Montenegro stanno portando avanti i negoziati di adesione rispettivamente dal 2014 e dal 2012, mentre il pacchetto Albania-Macedonia del Nord è bloccato dal 2018 prima per il veto di Francia-Paesi Bassi-Danimarca ai danni di Tirana e poi per quello attuale della Bulgaria contro Skopje (dalla fine del 2020). La Bosnia ed Erzegovina ha fatto domanda di adesione nel 2016, mentre il Kosovo ha solo firmato l’Accordo di stabilizzazione e associazione.

    L’avvio della procedura da parte dell’esecutivo comunitario servirà per convalidare i progetti di lettere che ne richiedono il parere. Sarà poi il Consiglio dell’UE a doversi esprimere sulle richieste di Kiev, Tbilisi e Chișinău

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    Anche la Repubblica di Moldova ha richiesto di ottenere lo status di Paese candidato all’adesione UE

    Bruxelles – Era nell’aria da tempo e l’occupazione militare russa dell’Ucraina ha reso il processo irreversibile. Anche la Repubblica di Moldova ha presentato formalmente richiesta per ottenere lo status di Paese candidato all’adesione UE, dopo le due domande nella stessa settimana di Ucraina (lunedì 28 febbraio) e Georgia (giovedì 3 marzo). “Il momento è arrivato: i cittadini moldavi sono pronti a lavorare sodo per un futuro stabile e prospero nell’Unione Europea e nella famiglia degli Stati europei”, ha rivendicato la presidente della Repubblica di Moldova, Maia Sandu, firmando la lettera di adesione all’UE ieri sera.
    “Vogliamo vivere in pace, prosperità, essere parte del mondo libero”, ha sottolineato la presidente Sandu, spiegando le tempistiche della richiesta: “Mentre alcune decisioni richiedono tempo, altre devono essere prese rapidamente e con decisione, approfittando delle opportunità che arrivano in un mondo che cambia”. È chiaro il riferimento all’aggressione russa dell’Ucraina e al disegno dei nuovi equilibri geopolitici che il presidente russo, Vladimir Putin, vorrebbe mettere in atto, con il rischio che possa cancellare anche l’indipendenza di Chișinău. Come nel caso di Ucraina e Georgia, si tratta di una netta reazione che vede i tre Paesi sempre più distanti da Mosca e sempre più legati a Bruxelles.

    The time is now: #Moldova officially signs the application for membership to join the #European Union. 🇲🇩 citizens are prepared to work hard towards a stable and prosperous future in the 🇪🇺 & the family of European states. pic.twitter.com/35a2q9WCaW
    — Maia Sandu (@sandumaiamd) March 3, 2022

    Si attende nelle prossime ore l’invio della lettera a Bruxelles. “La Repubblica di Moldova ha il diritto di scegliere il suo corso di politica estera“, ha dichiarato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, nel corso della sua visita di ieri a Chișinău. “Crediamo fortemente che appartenga alla famiglia europea e continueremo a cooperare intensamente sulla base del nostro Accordo di associazione”, ha aggiunto Borrell, facendo riferimento all’accordo politico ed economico UE-Moldova firmato nel 2014 ed entrato pienamente in vigore nel 2016.
    Oltre alle candidature di Moldova, Georgia e Ucraina per l’adesione all’UE, bisogna ricordare che il processo di allargamento coinvolge già i sei Paesi dei Balcani Occidentali, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia, più la Turchia, i cui negoziati sono però cristallizzati dalla politica del presidente Erdoğan. Serbia e Montenegro stanno portando avanti i negoziati di adesione rispettivamente da otto e dieci anni, mentre il pacchetto Albania-Macedonia del Nord è bloccato dal 2018 prima per il veto di Francia-Paesi Bassi-Danimarca ai danni di Tirana e poi per quello attuale della Bulgaria contro Skopje. La Bosnia ed Erzegovina ha fatto domanda di adesione nel 2016, mentre il Kosovo ha solo firmato l’Accordo di stabilizzazione e associazione.
    Per diventare un Paese membro dell’UE, il primo passo è la proposta formale di candidatura all’adesione (Georgia e Ucraina, in questo caso). Dopo il superamento dell’esame dei criteri di Copenaghen – le basilari condizioni democratiche, economiche e politiche – si arriva alla firma dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, un accordo bilaterale tra UE e Paese richiedente. A questo punto si può presentare la vera e propria domanda di adesione all’Unione e, una volta accettata, viene conferito lo status di Paese candidato. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio UE di avviare i negoziati: solo quando viene dato il via libera all’unanimità dai Paesi membri si possono aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile). Alla fine di questo processo si arriva alla firma del Trattato di adesione.

    Dopo le richieste di Ucraina e Georgia, anche da Chișinău è arrivata la domanda di diventare membro dell’Unione Europea. La presidente, Maia Sandu, ha firmato la lettera e nelle prossime ore sarà inviata a Bruxelles