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    Sulla Serbia l’Ue rimane in silenzio. Dopo Costa, neanche Kallas critica Vučić

    Bruxelles – Altro giro, altri mezzi silenzi. L’Ue non vuole alzare la voce con la Serbia, scegliendo di non prendere di petto due questioni fondamentali: la vicinanza del presidente Aleksandar Vučić alla Russia di Vladimir Putin e la repressione delle proteste antigovernative. In visita a Belgrado, Kaja Kallas è stata giusto un pelo più loquace di António Costa, che l’aveva preceduta di una decina di giorni. Ma nemmeno lei è riuscita a pronunciare una condanna chiara e netta né dell’autoritarismo del leader serbo né dello scivolamento del Paese candidato verso Mosca.Per la seconda volta nel giro di una decina di giorni, uno dei vertici comunitari si è presentato a Belgrado per confrontarsi con la leadership serba sui progressi nel processo di adesione. Oggi (22 maggio) è toccato a Kaja Kallas, dopo che lo scorso 13 maggio era stato il turno del presidente del Consiglio europeo António Costa.Rispetto a quest’ultimo, l’Alta rappresentante è stata un po’ più schietta. “Voglio sottolineare che abbiamo bisogno di vedere azioni” concrete da parte del Paese balcanico che dimostrino una reale volontà di progredire sulla strada dell’ingresso in Ue, ha dichiarato di fronte ai giornalisti. L’unico modo per Belgrado di avanzare sul sentiero europeo, ha detto, è realizzare “riforme reali”, non cosmetiche. “Non ci sono scorciatoie per l’adesione”, ha aggiunto, suggerendo che “i prossimi passi includono la libertà dei media, la lotta alla corruzione e la riforma elettorale“.My message to the authorities in Belgrade is clear.I want to see Serbia advancing towards the EU. For that, political leaders must deliver the necessary reforms and clarify the strategic direction.This is best done by restoring trust and staying true to democratic principles. pic.twitter.com/I9Jv9BV33P— Kaja Kallas (@kajakallas) May 22, 2025Queste riforme, ha osservato, porteranno benefici a tutta la popolazione, a partire dai giovani animatori dell’agguerrito movimento studentesco, che da mesi si stanno riversando nelle piazze per chiedere un impegno serio contro la corruzione dilagante e reclamare il proprio futuro europeo. Un futuro in cui “l’autonomia delle università dev’essere rispettata”, dice Kallas, riconoscendo esplicitamente le rivendicazioni dei manifestanti.Ma la sua loquacità si è fermata lì. Nessuna condanna della repressione delle proteste ordinata dal governo, oltre a vaghe parole sulla necessità che “i Paesi candidati seguano i princìpi dei diritti umani” tra cui quello a un giusto processo, negato invece agli studenti detenuti arbitrariamente nelle carceri serbe.E nessuna condanna esplicita nemmeno del clamoroso viaggio del presidente Vučić a Mosca, dove ha partecipato alle celebrazioni dello scorso 9 maggio insieme a Vladimir Putin. Un vero e proprio schiaffo in faccia alla stessa Kallas, che aveva personalmente esortato i leader di Stati membri e Paesi candidati a non presentarsi sulla Piazza Rossa (in rappresentanza della prima categoria c’era il premier slovacco Robert Fico).Rispondendo ad una domanda sul tema, il capo della diplomazia a dodici stelle si è limitata a ripetere che “il mio punto di vista è molto chiaro, non capisco perché sia necessario stare fianco a fianco con la persona che sta conducendo questa orribile guerra in Ucraina“. Per poi aggiungere, senza elaborare oltre, che il capo dello Stato “mi ha spiegato la sua versione della storia” nel corso di una “discussione molto lunga”.Il presidente russo Vladimir Putin (sinistra) e il suo omologo serbo Aleksandar Vučić (foto: Alexander Zemlianichenko/Afp)La vicinanza di Vučić al Cremlino è uno dei motivi di maggior imbarazzo a Bruxelles per quel che riguarda la politica estera del Paese candidato. L’altro elemento che sta “ostacolando l’allineamento con la Pesc“, cioè la politica estera dell’Ue, è lo stallo in cui si trova il processo noto come dialogo Belgrado-Pristina, il cui obiettivo è la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Serbia e Kosovo.“La Serbia sta affrontando scelte geostrategiche” importanti, ha rimarcato Kallas, e deve decidere “dove vuole stare”. “Il futuro europeo della Serbia dipende dai valori che sceglie di sostenere” in patria e all’estero, dice l’Alta rappresentante: sia nei rapporti con la Russia sia nelle relazioni di vicinato, a partire dal Kosovo e dalla Bosnia-Erzegovina.L’invito di Kallas: “È tempo di superare il passato e focalizzarci sul futuro comune“. Bruxelles incoraggia i partner dei Balcani occidentali a “far tesoro dello slancio attuale sull’allargamento”, pur riconoscendo la lentezza di un processo che finora ha prodotto pochi risultati concreti. Il rischio, se i Paesi candidati implementano le riforme ma i Ventisette non fanno “i compiti a casa”, è quello di alimentare “frustrazione” nei cittadini, riconosce Kallas.La sua visita a Belgrado è la prima tappa di un tour nella regione che ricalca, seppur in versione ridotta, quello di Costa: lasciata la Serbia, l’Alta rappresentante si è recata in Kosovo. Da Pristina ha annunciato che l’Ue “ha iniziato a rimuovere gradualmente le misure introdotte nel giugno 2023“, cioè le sanzioni seguite agli scontri nel nord del Paese, ma che la rimozione totale rimane “condizionale” ad una completa de-escalation. Domani, l’Alta rappresentante concluderà il suo viaggio in Macedonia del nord.

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    Allargamento, in Montenegro il decimo Forum Ue della società civile dei Balcani Occidentali

    Bruxelles – Il 13 e 14 maggio si terrà a Budva, in Montenegro, la decima edizione del Forum della Società civile dei Balcani Occidentali, promosso dal Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese). L’evento rappresenta uno dei principali appuntamenti dedicati al dialogo strutturato tra le organizzazioni della società civile dei paesi balcanici e le istituzioni dell’Ue. In un momento cruciale per il futuro dell’allargamento dell’Unione, il forum si concentrerà sul tema “Accelerare la convergenza socio-economica con l’Ue per una vita migliore”, riflettendo l’urgenza di rafforzare i legami politici, economici e sociali tra la regione e l’Unione.Il forum si propone come piattaforma di confronto multilivello per discutere il ruolo della società civile nel processo di adesione all’UE, la partecipazione dei partner sociali e l’attuazione concreta del Pilastro europeo dei diritti sociali. I lavori si articoleranno intorno a tre priorità: l’accelerazione del processo di adesione dei paesi della regione, il contributo della società civile alla realizzazione del Piano di crescita per i Balcani Occidentali e le modalità attraverso cui promuovere maggiore coesione e convergenza in materia di diritti sociali e benessere economico.La locandina dell’evento (Fonte: EESC)Il Montenegro, paese ospitante, è considerato tra i candidati più avanzati nei negoziati di adesione, e il forum rappresenterà anche un’occasione per valorizzare i suoi progressi e incoraggiare altri partner della regione a seguire percorsi simili. La scelta di Budva come sede non è casuale: evidenzia simbolicamente la centralità del Montenegro come ponte tra Bruxelles e i Balcani, e sottolinea l’impegno del Cese nel coinvolgimento diretto delle comunità locali nei processi decisionali europei.Negli ultimi anni, la cooperazione tra l’UE e i Balcani Occidentali ha vissuto momenti altalenanti, tra avanzamenti nei negoziati e fasi di stallo politico. Il forum mira a rilanciare questa relazione attraverso la voce della società civile, che viene riconosciuta come attore fondamentale per sostenere le riforme democratiche, il rispetto dello stato di diritto, la lotta alla corruzione e la promozione della sostenibilità ambientale. A tal fine, i partecipanti – circa 150 tra rappresentanti di organizzazioni civiche, membri del CESE, delegati delle istituzioni europee e funzionari governativi regionali – discuteranno anche di strategie concrete per rafforzare la capacità delle società civili locali di influenzare i processi pubblici.L’iniziativa si inserisce nel quadro delle attività preparatorie al pacchetto sull’allargamento dell’Ue previsto per fine anno e potrà contribuire a definire raccomandazioni operative, destinate alla Commissione Europea e ai governi dei paesi candidati. In questo modo, il Forum di Budva non sarà soltanto un momento di riflessione, ma anche un tassello chiave nella costruzione di una strategia condivisa per una maggiore integrazione e convergenza socio-economica nella regione balcanica. Sarà possibile partecipare all’evento da remoto sul sito del Cese.

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    Ucraina, von der Leyen spinge per aprire tutti i capitoli per l’adesione all’Ue nel 2025. I Patrioti di Orbán di traverso

    Bruxelles – Nel percorso verso l’adesione all’Unione europea, l’Ucraina può contare sul più influente dei sostenitori: la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si sta spendendo in prima persona per accelerare l’ingresso di Kiev nel blocco Ue. “Può essere la più forte garanzia di sicurezza” e di una “pace giusta e duratura”, ha evidenziato oggi (7 maggio) intervenendo al Parlamento europeo di Strasburgo. L’obiettivo – che la leader Ue avrebbe concordato con Zelensky a Roma, in occasione dei funerali di papa Francesco – è “aprire tutti i capitoli di negoziati di adesione nel 2025“.I vertici delle istituzioni europee sono d’accordo, l’adesione dell’Ucraina si deve fare il più presto possibile. A costo di far passare Kiev davanti a candidati di lunga data, come i sei dei Balcani occidentali. Serbia e Montenegro, ad esempio, di capitoli di negoziazione ne hanno già aperti da anni ma procedono a rilento verso il completamento dei 35 totali. Ma – come emerso già nell’ultimo Consiglio europeo – i Paesi membri, titolari del potere di veto sugli avanzamenti dei Paesi candidati, sono divisi. A ben vedere, l’Ue è già venuta meno alla promessa di aprire il processo di adesione entro marzo: se formalmente il percorso è stato avviato, non è stato però aperto nessuno dei cluster negoziali, nemmeno quello dei cosiddetti capitoli fondamentali.Da un lato ci sono i baltici e i nordici (Danimarca, Finlandia, Svezia, Estonia, Lettonia e Lituania), che vorrebbero premere sull’acceleratore. A loro, in linea di principio, si unirebbe anche la Polonia. Ma Varsavia, che attualmente detiene la presidenza di turno semestrale del Consiglio dell’Ue, è più cauta, perché consapevole delle difficoltà nel costruire un consenso all’unanimità che ancora non c’è. I Paesi dell’Europa meridionale e orientale hanno sensibilità differenti e – per quanto generalmente d’accordo con la necessità di allargare l’Unione a Kiev – hanno riserve a scavalcare altri Paesi candidati con cui storicamente intrattengono rapporti più stretti.C’è poi il solito elefante nella stanza, quel Viktor Orbán che proprio non ne vuole sapere. Anche oggi, il gruppo dei Patrioti per l’Europa, creatura fondata dal premier sovranista ungherese, ha ribadito il suo no all’ingresso dell’Ucraina nei 27: “Non è nel nostro interesse – ha dichiarato Kinga Gal, vicepresidente del gruppo e membro di Fidesz, il partito di Orbán -, causerebbe gravi danni alla politica agricola, alla politica di coesione e altro”. L’Ucraina non sarebbe in linea “con nessuna delle condizioni di adesione”, ha proseguito Gal, denunciando il rischio di “doppi standard” nella politica di allargamento di Bruxelles.In realtà, la posizione filo-russa di Budapest – e dei Patrioti – va ben oltre l’opposizione all’allargamento a Kiev. Delle tre priorità elencate oggi da von der Leyen per fare in modo di arrivare all’agognata pace “giusta e sostenibile”, l’Ungheria non ne condivide nessuna. Non il sostegno alle capacità di difesa dell’Ucraina, tanto meno l’eliminazione graduale dei combustibili fossili russi. Ma se su queste due – con qualche escamotage – l’Ue può procedere a 26, sull’adesione non può. E continuare a fissare date e a fare promesse, diventa rischioso.

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    Serbia, Bruxelles al nuovo governo: “Le nostre richieste in linea con quelle degli studenti”

    Bruxelles – Dopo mesi di ambiguità, la Commissione europea coglie l’opportunità del nuovo governo in Serbia per mettere le cose in chiaro e fissare alcune linee rosse: ciò che l’Ue chiede al Paese candidato all’adesione di lunga data è “strettamente in linea con le richieste dei cittadini che protestano“, ha dichiarato la responsabile per l’Allargamento, Marta Kos, rivolgendosi al neo-premier Djuro Macut e ad una delegazione degli studenti che da novembre alimentano l’ondata di proteste contro l’autoritario presidente Aleksandar Vučić.Nella prima visita nel Paese balcanico da quando, lo scorso 7 aprile, Vučić ha consegnato l’esecutivo in mano al sessantunenne medico e professore universitario Macut – che non ha alcuna esperienza politica e non è iscritto ad alcun partito, ma ha sostenuto in passato il Partito Progressista Serbo (SNS) del presidente -, Kos ha voluto lanciare un messaggio. Dopo gli incontri istituzionali a Belgrado con Vučić e Macut, si è recata alla stazione di Novi Sad per deporre un mazzo di rose nel luogo dell’incidente in cui, lo scorso 1 novembre, persero la vita 15 persone. Ha incontrato organizzazioni della società civile, studenti, professori e delegazioni dei partiti d’opposizione.La commissaria Ue per l’Allargamento, Marta Kos, a Novi Sad, 30/4/25In un post su X indirizzato agli “studenti di Novi Sad”, ha affermato: “Vi capisco. Voglio ribadire che ciò che l’Ue chiede alla Serbia è strettamente in linea con le richieste dei cittadini che protestano. Ma la cosa più importante è che voi, le giovani generazioni, possiate beneficiare delle numerose opportunità che l’Ue ha da offrire“. Un’offerta presentata dalla stessa Kos al premier e reiterata a favore di telecamere: “La nostra offerta al popolo serbo è la seguente – ha dichiarato la commissaria -: collaborate con noi alle riforme necessarie per rendere possibile la vostra adesione all’Ue, collaborate con noi per istituire un sistema giudiziario indipendente e in grado di combattere la corruzione, collaborate con noi per mettere in campo leggi e istituzioni che garantiscano la libertà e l’indipendenza dei vostri media, collaborate con noi per istituire un quadro elettorale che assicuri che sia la volontà del popolo serbo e solo la sua volontà a decidere le maggioranze”.Una mano tesa verso gli studenti, l’altra verso il governo di Macut, di cui Kos “sente l’energia a collaborare con noi”. Nel tentativo di riconciliare un Paese che rischia di perdere un treno che passa “una volta in una generazione”, quello per “completare l’unificazione dell’Europa”. In un intervento deciso, Kos ha sottolineato che “molti paesi candidati se ne sono resi conto e stanno attuando riforme più rapidamente che mai”. Lo stesso non si può dire per Belgrado, impantanata in un regime sempre più impopolare e autoritario, oltre che disallineato con Bruxelles in politica estera. “Mi piacerebbe che lo stesso accadesse in Serbia – ha aggiunto -. Senza questi cambiamenti, la Serbia non può progredire nel suo percorso verso l’Ue“.Marta Kos e, alla sua destra, il neo premier serbo Djuro Macut, 29/04/25Non ha più mani da tendere invece verso Vučić, l’uomo al potere dal 2014 e principale responsabile dell’allontamento della Serbia dal percorso europeo. Il leader nazionalista, che ha rafforzato i legami con Vladimir Putin negli ultimi anni, è atteso a Mosca il 9 maggio, per partecipare alle celebrazioni del Giorno della vittoria, anniversario della sconfitta del nazismo e della fine della seconda guerra mondiale. Secondo quanto affermato da un portavoce della Commissione europea, Kos ha trasmesso al presidente filo-russo “un messaggio condiviso anche da molti Stati membri”, e cioè che la sua eventuale partecipazione alla parata del 9 maggio “avrà un impatto sul percorso” della Serbia nell’Ue.D’altro canto, Vučić ha descritto l’incontro con Kos come una “buona conversazione sulle sfide e le opportunità chiave del nostro percorso europeo”, e sottolineato “la piena disponibilità ad accelerare le riforme, non per esigenze burocratiche, ma perché crediamo che esse portino una vita migliore ai nostri cittadini”. Forse Vučić non si riferiva a quei 47 cittadini che hanno adito la Corte europea dei diritti dell’uomo, denunciando il presunto utilizzo di un cannone sonico – illegale in Serbia – per disperdere i manifestanti in occasione dell’enorme protesta dello scorso 15 marzo a Belgrado. Oggi la Cedu, sottolineando che fino a 4 mila persone hanno riportato l’accaduto, ha accolto parzialmente le richieste dei ricorrenti e indicato una misura provvisoria al governo serbo: “Fino a nuovo ordine, qualsiasi uso di dispositivi sonori a fini di controllo delle folle deve essere impedito in futuro”.To the students of Novi Sad: I hear you.I want to reiterate that what the EU asks from Serbia closely aligns with the demands of the citizens protesting.Most importantly, I want you, the young generation to benefit from the many opportunities the EU has to offer. pic.twitter.com/Ff6FiQcA6J— Marta Kos (@MartaKosEU) April 30, 2025

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    Serbia, von der Leyen e Costa non scaricano Vučić. Ma insistono su riforme e lotta alla corruzione

    Bruxelles – Travolto dalla rabbia dei cittadini in patria, l’autoritario presidente serbo Aleksandar Vučić trova sollievo a Bruxelles, dove i leader Ue Ursula von der Leyen e Antonio Costa hanno pensato che fosse il momento opportuno per ospitarlo per una cena che lo stesso Vučić ha definito “cordiale, concreta, aperta, responsabile e seria”. Una portavoce della Commissione europea aveva anticipato che le proteste in corso da oltre 4 mesi avrebbero “benissimo potuto essere oggetto di discussione”, ma il messaggio che trapela dall’incontro rischia di essere un altro: l’Ue, per ragioni strategiche ed economiche, sceglie di non scaricare Vučić voltando le spalle alle aspirazioni del popolo serbo di un taglio netto con il regime al potere da dodici anni.“Abbiamo discusso della necessità di avanzare nelle riforme relative all’Ue. Sono necessari progressi nella libertà dei media, nella lotta alla corruzione e nella riforma elettorale“, ha affermato il presidente del Consiglio europeo a margine della cena con il leader nazionalista serbo. Secondo Costa, “sono a portata di mano risultati tangibili in settori che possono apportare benefici diretti al popolo serbo. Il futuro della Serbia è nell’Ue“. Von der Leyen, con un post su X, ha sottolineato che il Paese – da undici anni candidato all’adesione all’Ue – deve portare avanti le riforme “in particolare per compiere passi decisivi verso la libertà dei media, la lotta alla corruzione e la riforma elettorale”.Manifestanti a Belgrado, 15/03/25 (Photo by Andrej ISAKOVIC / AFP)Secondo Srđan Cvijić, presidente dell’International Advisory Committee of the Belgrade Centre for Security Policy, la percezione pubblica in Serbia dell’incontro “è stata ampiamente negativa, poiché molti lo vedono come un segno del continuo sostegno dell’Unione Europea al governo sempre più autoritario di Vučić“. Contattato da Eunews, l’analista politico suggerisce però che “un’analisi più attenta rivela un cambiamento nel tono e nel trattamento riservato” al leader servo rispetto ad incontri precedenti.In particolare, von der Leyen si era recata in Serbia poco prima dell’inizio delle proteste, il 25 ottobre 2024, ed in una conferenza stampa congiunta con Vučić aveva lodato i progressi di Belgrado nello stato di diritto e nelle riforme democratiche. Dichiarazioni “in netto contrasto con la reale traiettoria politica del Paese”, che “hanno suscitato forti reazioni tra i cittadini serbi favorevoli all’integrazione europea“, sottolinea Cvijić. A confronto, il protocollo seguito ieri “è stato visibilmente più sobrio”. Nessun “caro Aleksandar”, nessuna conferenza stampa congiunta, solo una breve dichiarazione scritta in cui i leader Ue hanno evidenziato la necessità di maggiori sforzi su libertà dei media, lotta alla corruzione e riforma elettorale, piuttosto che soffermarsi sui progressi già acquisiti.Srđan Cvijić, presidente dell’International Advisory Committee of the Belgrade Centre for Security PolicyBen più elaborata è stata invece la ricostruzione dell’incontro offerta ai media da Vučić. A partire dalle accuse sull’utilizzo da parte delle forze dell’ordine di un’arma sonica a lungo raggio per disperdere i manifestanti durante l’imponente manifestazione dello scorso 15 marzo. Vučić ha assicurato ai leader europei che “non c’era nessun cannone sonoro, che siamo pronti a verificarlo in ogni modo, che forniremo anche una risposta alla Corte europea dei diritti dell’uomo”. Prima di specificare curiosamente che “il suo utilizzo non è vietato da nessuna parte in Europa” e che “negli Stati Uniti lo usano quasi ogni giorno”.In una nota pubblicata sul sito ufficiale del presidente serbo, si legge che Vučić avrebbe riaffermato l’impegno assoluto di Belgrado “nel percorso verso l’Ue, ancora di più di quanto non lo sia stata finora”. Non proprio quel che è emerso nell’ultimo rapporto Ue sull’Allargamento, pubblicato il 30 ottobre 2024 – il giorno prima dell’incidente alla stazione di Novi Sad che ha causato 15 vittime e scatenato le proteste in Serbia -: nel documento veniva evidenziato soprattutto il disallineamento rispetto alla politica estera comunitaria, i continui ammiccamenti verso Mosca e Pechino, ma anche l’avanzamento a rilento sulle riforme sullo Stato di diritto e sulla normalizzazione dei rapporti con il Kosovo. “Credo che entro la fine dell’anno il nostro obiettivo sia quello di aprire almeno due cluster per progredire rapidamente verso l’Ue”, ha affermato Vučić. La Serbia ha aperto 22 dei 35 capitoli negoziali del suo processo di adesione, con due chiusi solo provvisoriamente.“Presto avremo una decisione sulla formazione di un nuovo governo o su nuove elezioni”, avrebbe comunicato Vučić ai due leader Ue. A Belgrado è ancora insediato il governo del dimissionario Miloš Vučević, una delle teste saltate sotto la pressione delle proteste studentesche. Il premier aveva fatto un passo indietro lo scorso 28 gennaio, e sono dunque ampiamente scaduti i 30 giorni previsti dalla legge serba per incaricare un nuovo esecutivo o richiamare i cittadini alle urne.I leader avrebbero discusso inoltre di economia e investimenti, nonché dell’interesse dell’Unione europea “per le risorse minerarie e i progetti comuni con la Serbia”. Proprio ieri Bruxelles ha adottato il primo elenco di 47 progetti strategici per l’approvvigionamento di materie prime critiche nei Paesi membri. In Serbia, nella valle di Jadar, tiene banco da anni la vicenda della possibile costruzione del sito di estrazione di litio più grande d’Europa. L’Ue ci ha messo gli occhi da tempo, ed è uno dei motivi per cui Bruxelles è pronta a fare concessioni al regime serbo. Secondo Vučić, “nel giro di sette o otto giorni” Jadar sarà indicato come “progetto strategico dell’Ue in Paesi terzi”.Il presidente nazionalista si è detto in definitiva convinto che il colloquio “abbia significato molto per il futuro della Serbia”. Per l’Ue però – ne è sicuro Srđan Cvijić- Vučić è “un partner sempre più tossico e politicamente oneroso”.

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    Moldova: Costa a Chișinău parla di allargamento, la presidente Sandu: “Solo nell’Ue saremo protetti”

    Bruxelles – In vista del Consiglio europeo straordinario del 6 marzo per la sicurezza dell’Ucraina, l’Ue torna a riaffermare il suo sostegno alla Repubblica di Moldova. Fortemente minacciata dal taglio delle forniture di gas russo e dalla presenza di truppe russe nell’autoproclamata repubblica di Transnistria, la Moldova è stata la meta della visita ufficiale di questa mattina (3 marzo) del presidente del Consiglio europeo Antonio Costa alla presidente della Repubblica di Moldavia Maia Sandu, a tre anni esatti dalla firma, da parte della seconda, della domanda di adesione all’Ue.Ingresso del Paese nell’Ue, indipendenza energetica dalla Russia, sostegno allo sviluppo economico, pace e sicurezza sono stati i temi principali del vertice. In conferenza stampa Sandu ha ricordato come nonostante le minacce di Mosca, la Moldova abbia scelto di rimanere sul percorso verso l’adesione e di come abbia riaffermato questa volontà attraverso il referendum del 20 ottobre 2024: “Abbiamo scelto libertà e democrazia” ha sottolineato la presidente. Maia Sandu ha espresso gratitudine per i 250 milioni di euro stanziati dall’Unione per sostenere l’economia moldava nel 2025 e riguardo al tema della sicurezza del Paese, ha dichiarato solennemente che: “Solo nell’Ue saremo protetti, solo nell’Ue avremo la pace“.Antonio Costa ha lodato i progressi fatti dalla Moldova in direzione dell’adesione negli ultimi tre anni e, riferendosi agli attacchi ibridi, alle fake news e ai ricatti energetici di Mosca, ha sottolineato che l’Ue è un partner affidabile e che “continueremo a lavorare fianco a fianco per modellare il nostro futuro comune secondo i nostri termini, senza interferenze e nessuno che possa decidere per noi“. Costa è tornato sul tema della sicurezza europea sottolineando l’importanza delle decisioni concrete che verranno prese dai leaders europei il 6 marzo e la necessità di una pace giusta per l’Ucraina, necessaria anche per la sicurezza della Moldova, secondo maggior beneficiario della European peace facility con 37 milioni di euro già erogati per l’aumento delle sue capacità di difesa ed altri 60 milioni in arrivo per il 2025. “Stiamo investendo nella difesa per la pace, non per la guerra” ha tenuto a precisare il presidente.Il Consiglio e il Parlamento Ue, lo scorso 20 febbraio, hanno raggiunto un accordo politico sul pilastro fiscale del Piano di crescita della Moldova che, una volta adottato, fornirà al Paese 1,9 miliardi di euro per dare spinta all’economia, attrarre investimenti e promuovere la crescita. I fondi saranno essenziali per una rapida transizione energetica per la Moldova, che per raggiungere l’autonomia necessita di accrescere le sue capacità di stoccaggio e generazione di elettricità pulita. Di questi 1,9 miliardi di euro, 300 milioni saranno resi disponibili già entro la fine di aprile. In merito alla Transnistria, Antonio Costa ha ricordato come l’offerta di 60 milioni di euro, fatta alla regione in cambio di misure concrete in materia di libertà fondamentali e diritti umani, è ancora sul tavolo.Come la commissaria Ue per l’Allargamento Marta Kos prima di lui (4 febbraio 2025), Costa a Chisinau ha enfatizzato la sua fiducia in una rapida conclusione del processo di adesione della Moldova nell’Ue.

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    Reuten (S&D): “Ucraina nell’Ue divisa come Cipro uno scenario che non mi piace”

    dall’inviato a Strasburgo – Non c’è nulla di definito, si rincorrono rumors e speculazioni, e certamente l’Ue è al fianco di Kiev in modo fermo, eppur tuttavia “non posso negare un scenario di un’Ucraina con cessione di territorio” all’interno dell’Unione europea. “In fin dei conti abbiamo l’esempio di Cipro…”. Thijs Reuten, europarlamentare olandese del gruppo socialista (S&D) membro della commissione Affari esteri, inizia a non escludere nulla per il futuro di un conflitto russo-ucraino, soprattutto alla luce delle intenzioni del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di una fine delle ostilità in tempi rapidi.A un ristretto numero di giornalisti, tra cui Eunews, Reuten ribadisce che un’Ucraina con confini diversi da quelli internazionalmente riconosciuti e quindi con perdita territoriale “non mi piacerebbe” così come non piacerebbe a molti, nell’Unione europea. Certo, aggiunge, “se il governo ucraino dovesse accettare un ridefinizione dei confini allora sarebbe diverso, ma non possiamo lasciare che a decidere siano la Casa Bianca o il Cremlino”. Però, per l’appunto si parla di scenari, “e non voglia fare speculazioni”.Per Reuten resta ferma la linea fin qui espressa a più riprese: a fianco dell’Ucraina in modo deciso, senza tentennamenti, e in modo da mettere l’Ucraina in una posizione di forza negoziale quando arriverà il momento di intavolare trattative.  Per questo l’invito è di “prestare poca attenzione a quello che si sente dalla Casa Bianca ma concentrarsi su quello che si deve fare come Unione europea”.Se ci sono lezioni da apprendere alla luce di quanto avvenuto in questi anni di guerra, continua l’europarlamentare socialista, è che “dal punto di vista militare è stato consegnato poco e in ritardo”, come visto con le promesse sulla fornitura di un milione di munizioni. Inoltre, lamenta ancora Reuten, come Unione europea “siamo stati troppo esitanti”.Da qui in avanti bisogna fare meglio e prima, e interrogarsi per bene sull’Ucraina. “Sono impressionato da quanti progressi siano stati raggiunti nonostante la guerra in corso”, riconosce Reuten parlando del processo di adesione di Kiev all’Ue. L’Ucraina “ha fatto più di quello che hanno fatto Serbia e Bosnia-Erzegovina negli ultimi dieci anni”. Un modo per dire che la promessa europea per Kiev si può mantenere. Anche con un’Ucraina in stile Cipro.

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    Allargamento Ue 2/ Il sogno dell’Ucraina di accedere all’Ue diventa sempre più concreto

    Bruxelles – Il sogno dell’Ucraina di accedere all’Unione Europea sembra sempre più vicino. Dopo la prima conferenza intergovernativa di giugno 2024, l’esame dei requisiti del Paese procede senza difficoltà. Se l’Ucraina riuscirà a soddisfare tutte le condizioni, sarà possibile partire quanto prima con l’apertura dei negoziati.L’Ucraina è uno dei nove paesi candidati all’adesione comunitaria. Dopo l’aggressione russa, il Paese ha chiesto di potere entrare in Ue e nell’estate 2022 la Commissione europea ha raccomandato lo status di candidato, a cui il Consiglio dell’Ue ha dato il proprio benestare all’unanimità. Poi, nel novembre 2023, l’apertura dei negoziati.Per valutare lo status dei candidati e il loro progressi, la Commissione prepara ogni anno il pacchetto di allargamento Ue. Concretamente, nella presentazione di oggi (30 ottobre), il Commissario per il vicinato e l’allargamento Oliver Varhelyi ha spiegato come questo fornisca “una valutazione concreta ed equa dei progressi dei nostri partner, insieme a una guida chiara, che consente loro di individuare i punti in cui l’accelerazione delle riforme può guidare i loro progressi verso l’adesione all’Ue”.L’Ue per prima si impegna per favorire l’adesione dei candidati. Il caso ucraino è sui generis, perché il supporto economico europeo è arrivato in funzione del conflitto contro la Russia, con un ammontare totale di 122 miliardi circa, “a supporto dell’Ucraina e dei suoi cittadini”. Impegno economico che si associa ad un fermo sostegno per “l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina, all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale”. Uno dei pacchetti, per esempio, è lo Strumento per l’Ucraina, che copre fino a 50 miliardi di euro e ha lo scopo di supportare il paese su tre pilastri fondamentali, relativi al bilancio dello Stato, un quadro di investimenti funzionali a ripresa e ricostruzione del paese e assistenza tecnica per permettere di realizzare le riforme.Ogni paese che ambisce ad entrare nell’Ue deve raggiungere il cosiddetto acquis comunitario. Acquis che non è altro che l’insieme di diritti e obblighi che sono alla base del diritto dell’Ue e devono essere accettati ed integrati nelle legislazioni nazionali dai paesi entranti.Analizzando il report sulla situazione ucraina, fa ben sperare il generale allineamento con le raccomandazioni precedentemente ricevute dalla Commissione. Riguardo la democrazia, su cui il paese ha fatto dei progressi, si registra che “le principali strutture istituzionali per l’integrazione nell’Ue sono state create”, ponendo le basi per il futuro. Mancano delle riforme per avere piene garanzie dei diritti umani, come l’implementazione della Convenzione di Istanbul sul contrasto alla violenza sulle donne, per quanto si segnala che il paese ha fatto dei buoni progressi. Altrettanto sul contrasto alla corruzione, sull’indipendenza del giudiziario e sulla tutela della libertà di espressione, su cui la Commissione ha registrato che mancano ancora molti elementi.Sull’economia, la strada percorsa è buona, ma l’Ucraina sconta il prezzo di due anni di guerra sul proprio territorio. In generale, il funzionamento dell’economia interna progredisce, ma paga la competitività, su cui il Paese ha le risorse per fare pochi progressi. Allo stesso modo non ci sono dei grandi miglioramenti sul controllo finanziario. Nessuna fumata bianca per il mercato interno, su cui in generale l’Ucraina non ha recepito le precedenti raccomandazioni della Commissione. Delle quattro libertà di movimento fondamentali, che coinvolgono capitali, merci, servizi e lavoratori, le prime tre registrano qualche sviluppo, mentre quella dei lavoratori non vede alcun progresso fatto.Migliore performance è quella sulla sicurezza e sulla difesa, per cui si registra un “elevato livello di allineamento” con la politica estera e di sicurezza comune dell’Ue e un significativo rafforzamento della cooperazione militare con l’Ue. Ci si aspetta che il paese continui a condividere le posizioni europee nei confronti della Russia e il “piano per la vittoria” presentato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky potrebbe contribuire su questi punti.Il conflitto che ormai imperversa da due anni sul territorio del Paese ha impattato sul perfezionamento di altri macro-ambiti, come l’agricoltura, i trasporti o la transizione verde. Nonostante ciò, l’Ucraina ha un “buon livello di preparazione” nel campo dell’energia e sono stati presi impegni legislativi sulle energie rinnovabili. L’energia è stato un grande tasto dolente della guerra in Ucraina, anche se ora si vocifera di accordi con la Russia per limitare gli attacchi alle strutture energetiche, che sono state danneggiate tanto da minare la sicurezza degli approvvigionamenti.“Gli ucraini stanno combattendo due battaglie allo stesso tempo“, ha dichiarato l’Alto rappresentante Joseph Borrell, “una sul campo di battaglia, una vera e propria guerra, e la seconda per portare avanti le riforme necessarie a diventare uno Stato membro“. Il supporto europeo, come ricordato, è su tutti i fronti, visto che “l’adesione all’UE è la massima garanzia di sicurezza che possiamo offrire all’Ucraina“, come ricorda Borrell. Per cui, l’ingresso dell’Ucraina è auspicabile come segnale politico, come scelta strategica e come contributo alla difesa del paese dell’Unione europea nel suo insieme.