More stories

  • in

    Elezioni in Albania, Edi Rama verso il poker contro il redivivo Berisha. Con l’incognita del voto della diaspora

    Bruxelles – Da un lato, la promessa di ripulire il Paese dalla corruzione e dell’ingresso lampo nell’Unione europea. Dall’altro, una sorta di Make Albania Great Again di chiara ispirazione trumpiana. L’Albania che arriva al voto di domenica 11 maggio è ancora dominata da due volti ultra-noti della politica nazionale: il premier socialista Edi Rama, a caccia del quarto mandato, e Sali Berisha, primo presidente eletto dopo il crollo del regime comunista e leader della coalizione di centro-destra. L’unica vera novità, in grado di sparigliare le carte, è la prima volta del voto della numerosissima diaspora albanese, che conta circa 250 mila elettori registrati.La carta di Rama per assicurarsi il poker di mandati è la promessa dell’adesione all’Ue entro il 2030. Una prospettiva che in Albania gode del sostegno di oltre quattro cittadini su cinque, il più alto dei Paesi dei Balcani occidentali. Tanto che uno dei segni distintivi dei sostenitori di Rama è proprio una maglietta bianca con scritto sopra un gran numero 5 multicolore, ad indicare gli anni che mancano al 2030. Durante i suoi comizi, questa settimana, Rama ha issato le bandiere a dodici stelle e – ai suoi sostenitori nella città di Pogradec – ha dichiarato: “Siamo alle porte dell’Europa e quelle porte ora sono aperte per noi”. Negli ultimi sei mesi, l’Albania ha aperto 16 dei 35 capitoli negoziali per l’adesione al blocco Ue.Edi Rama e il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, a Bruxelles il 14/04/2025Secondo i dati della Banca mondiale, la crescita economica annuale per il periodo 2022-2024 ha superato il 4 per cento, trainata dal commercio con l’Ue, dal boom del turismo e dall’importante produzione di energia idroelettrica. D’altra parte, il basso tenore di vita e l’alto tasso di disoccupazione continuano a nutrire un’emigrazione di massa: tra il 2011 e il 2023, la popolazione albanese è diminuita di circa 420 mila unità.In questo contesto pieno di contraddizioni, il Partito Socialista è ancora il favorito e punta a riconfermare la maggioranza assoluta dei 140 seggi del Parlamento di Tirana. Di fronte a Rama, che negli anni è riuscito a costruire un potere personale che sembra incontrastato, gli avversari di sempre, ma indeboliti: il Partito Democratico, con cui i socialisti hanno dominato il panorama politico dal crollo del regime di Enver Hoxha all’inizio degli anni ’90. L’Alleanza per una Magnifica Albania – a guida democratica – è “la coalizione più forte che l’Albania abbia mai visto in 32 anni”, è convinto Sali Berisha, l’ottantenne ex primo ministro e leader del principale partito d’opposizione a Rama.Socialisti e Democratici, nessuno immune dalla corruzione dilaganteIl redivivo Berisha è tornato al timone del Partito Democratico dopo tre anni di caos, in cui è stato preso di mira dall’amministrazione di Joe Biden per presunta corruzione, espulso dal proprio gruppo parlamentare e posto agli arresti domiciliari dalla magistratura albanese. La sua liberazione ha revitalizzato la base del partito, ma Berisha rimane sotto inchiesta e soggetto a sanzioni sia da parte degli Stati Uniti che del Regno Unito, il che limita decisamente la sua credibilità internazionale.Il leader del Partito Democratico, Sali Berisha, a Tirana il 15/5/25 (Photo by Adnan Beci / AFP)Berisha punta tutto su una rivisitazione in salsa albanese del MAGA trumpiano. Ha assunto come consulente per la campagna elettorale Chris LaCivita, una delle menti dell’ultima campagna presidenziale di Trump, e ha adottato gli slogan tipici dell’universo della destra sovranista: la battaglia contro il woke e Soros e le accuse alla magistratura politicizzata che ha cercato di eliminarlo. Il suo principale alleato, l’ex presidente e leader del Partito della Libertà Ilir Meta, è attualmente in detenzione, arrestato lo scorso ottobre con l’accusa di corruzione e riciclaggio di denaro.Nemmeno Rama è immune alla corruzione endemica nel Paese. In questi dodici anni al potere, diversi scandali hanno lambito il premier e colpito membri dei suoi governi e del partito socialista. Per ultimo, il caso di alcuni contratti a sei zeri per la costruzione di inceneritori assegnati illegalmente, per cui – a seguito delle indagini condotte dalla SPAK, la procura anticorruzione fondata nel 2019 – l’ex ministro dell’Ambiente Lefter Koka è stato incarcerato e l’ex vice di Rama, Arben Ahmetaj, è stato incriminato e ha lasciato il Paese (risiede ora in Svizzera).In cinque anni di attività, la SPAK ha confiscato 200 milioni di euro in casi di corruzione e criminalità organizzata, e diversi rapporti di media e organizzazioni internazionali hanno evidenziato le ambiguità e i torbidi legami tra l’establishment politico albanese e le reti criminali coinvolte nel traffico di droga e nel riciclaggio di denaro. Uno studio pubblicato il mese scorso dalla Global Initiative Against Transnational Organized Crime ha fatto luce sul ruolo della mafia albanese nel traffico globale di cocaina, in particolare attraverso il porto di Durazzo, reso possibile dalla corruzione all’interno delle istituzioni politiche, di polizia e giudiziarie albanesi.Le incognite: la diaspora e i nuovi partiti anti-corruzioneNon è chiaro quale impatto avranno queste vicende sulle elezioni, alla quale parteciperanno per la prima volta circa 250 mila elettori registrati della diaspora albanese. L’impressione è che, in mancanza di un’alternativa valida, Rama centrerà il poker. Ma se il Partito socialista non dovesse raggiungere i 71 seggi necessari per governare da solo (attualmente ne ha 76), il calendario a tappe forzate promesso da Rama per l’adesione all’Ue potrebbe uscirne compromesso.Nel conto dei seggi, potranno giocare un ruolo anche nuove formazioni che sono entrate in corsa per dare un’alternativa ai due partiti dell’establishment percepiti come troppo corrotti: Levizja Bashke (Movimento Insieme), partito di sinistra fondato nel 2022 con radici nell’attivismo civico, Shqiperia behet (Fare l’Albania) e Nisma Thurje (Iniziativa), due partiti centristi anti-corruzione che corrono in una lista unita, e Mundesia (L’Opportunità), guidato Agron Shehaj, imprenditore ed ex deputato del Partito Democratico.

  • in

    A Tirana il sesto summit della Comunità politica europea

    Bruxelles – Continuano i lavori della Comunità politica europea (Cpe), il forum informale tirato fuori dal cappello da Emmanuel Macron tre anni fa per coordinare le cancellerie del Vecchio continente sulle sfide comuni in questa delicata fase storica. La sesta edizione si terrà la prossima settimana a Tirana, in Albania, e affronterà vari temi, dalla sicurezza alla migrazione passando per la competitività.Da Budapest, dove si è svolto il quinto vertice della Cpe lo scorso novembre, la palla passa ora a Tirana. La capitale albanese accoglierà il prossimo 16 maggio i leader delle 47 nazioni partecipanti, che includono tra gli altri i 27 membri dell’Ue più Regno Unito, Ucraina, Turchia e i sei Paesi dei Balcani occidentali. Per ora, fanno sapere funzionari del Consiglio europeo, non sono arrivate disdette ufficiali da parte dei capi di Stato e di governo. Il padrone di casa, tuttavia, dovrebbe rimanere l’attuale premier Edi Rama, a meno che le elezioni politiche in calendario per domenica (11 maggio) non smentiscano clamorosamente i sondaggi.I lavori si concentreranno su tre ambiti principali, definiti in termini vaghi per permettere a tutti di offrire contributi specifici rispetto ai propri interessi e alle proprie esperienze. A livello di coreografia, il summit si aprirà e si chiuderà con due sessioni plenarie, mentre nel pomeriggio i partecipanti si divideranno in tre tavoli tematici, ciascuno dei quali sarà co-presieduto da uno Stato membro dell’Ue e da uno extra-Ue.Artiglieria ucraina in azione (foto: Genya Savilov/Afp)Nella dimensione della difesa e della sicurezza, il fulcro delle discussioni sarà incentrato sul conflitto in Ucraina e sulla difesa continentale (diversi membri della Cpe fanno parte contemporaneamente anche della coalizione dei volenterosi a egida franco-britannica), ma si parlerà anche di come proteggere i processi democratici dalle cosiddette operazioni Fimi (interferenze e manipolazioni straniere, costantemente nel mirino di Bruxelles).La tavola rotonda su competitività e sicurezza economica toccherà elementi come l’innovazione, le infrastrutture digitali, la sostenibilità energetica, la crescita industriale e la sicurezza delle catene di approvvigionamento. Non si parlerà invece di dazi, in quanto per i Ventisette la politica commerciale è una competenza della Commissione Ue.Infine, nel terzo gruppo si scambieranno idee, suggerimenti e buone pratiche relativamente a migrazione legale e cooperazione coi Paesi terzi, ma anche rientro (e mantenimento) dei cervelli, emancipazione delle giovani generazioni e mobilità transnazionale nell’era dell’intelligenza artificiale.Trattandosi di un forum informale di dialogo e cooperazione politica, non sono previsti documenti finali di conclusioni: questo, nelle intenzioni degli organizzatori, dovrebbe consentire ai leader di discutere in maniera più franca. Soprattutto, sottolineano fonti Ue, si tratta di un’ottima occasione per incontri bilaterali o plurilaterali ai margini dei lavori, permettendo a capi di Stato e di governo di confrontarsi direttamente su singole questioni urgenti.Il presidente del Consiglio europeo, António Costa (foto: European Council)L’obiettivo generale di questi incontri, osserva un funzionario dall’entourage del presidente del Consiglio europeo, António Costa, è quello di “sviluppare una visione comune sul futuro dell’Europa” attraverso un format che rimane sui generis, sullo sfondo della mutata realtà geopolitica del continente in seguito all’aggressione russa dell’Ucraina. O almeno a parole. Nei fatti, una reale visione comune condivisa da tutti i partecipanti potrebbe rimanere una chimera.Ad esempio, almeno un paio dei leader che dovrebbero essere presenti a Tirana – il premier slovacco Robert Fico e il presidente serbo Aleksandar Vučić – parteciperanno domani (9 maggio) alle celebrazioni per l’80esimo anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista nel 1945, ospitate da Vladimir Putin nella Piazza Rossa a Mosca. In barba agli ammonimenti rivolti a Stati membri e Paesi candidati dal capo della diplomazia comunitaria, Kaja Kallas, a non recarsi alla corte dello zar.Quello della prossima settimana sarà il primo vertice della Cpe nella regione. Negli stessi giorni, dal 15 al 17 maggio, Costa condurrà una serie di visite attraverso i sei partner dei Balcani occidentali – Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia del nord, Montenegro e Serbia – e si intratterrà coi leader di tutti questi Paesi in una cena informale a Tirana alla quale parteciperanno anche il capo dell’esecutivo comunitario Ursula von der Leyen e l’Alta rappresentante, a testimonianza dell’importanza che ricopre nell’agenda dell’Ue il processo di allargamento. Il 2025, ragionano i funzionari del Consiglio, è un anno potenzialmente importante per l’espansione del club a dodici stelle, ma c’è ancora molto lavoro da fare su diversi fronti.

  • in

    Ue firma accordi di cooperazione per la sicurezza con Albania e Macedonia

    Bruxelles – L’Unione europea firmato due nuovi partenariati per la sicurezza e la difesa con l’Albania e con la Macedonia del Nord. Il progetto di collaborazione è in entrambi casi destinato a rafforzare le capacità nazionali e a migliorare la cooperazione regionale per la sicurezza informatica, la gestione delle crisi, la lotta contro le minacce ibride e il terrorismo, nonché la formazione dei funzionari.Il partenariato prevede la partecipazione alle riunioni organizzate dall’Ue nel campo della sicurezza e della difesa e lo sviluppo di una cooperazione rafforzata per sostenere l’Ucraina nella guerra contro l’aggressione russa. Le parti si impegnano inoltre a contribuire congiuntamente al rafforzamento della stabilità regionale nei Balcani occidentali.Questi accordi fanno parte dell’allineamento dell’Albania e della Macedonia alla Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, conditio sine qua non per l’adesione.

  • in

    Allargamento Ue 1/ Nuovo slancio in sei dei Paesi candidati

    Bruxelles – Nel giorno dell’ultimo pacchetto annuale sull’Allargamento di questa Commissione europea – che ha avuto il merito di rimettere al centro delle priorità Ue i dieci Paesi sulla strada dell’adesione – le buone notizie arrivano per sei di loro. Montenegro, Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord, Moldova e Ucraina. Se quest’ultima merita un discorso a parte, per le altre cinque vale il minimo denominatore comune sottolineato dall’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell: “Si sono allineati pienamente alla nostra politica estera e di sicurezza comune”.Perché non è tollerato alcun “business as usual” nei confronti di Mosca, come rimproverato invece a Georgia, Serbia e Turchia. In un contesto geopolitico segnato indelebilmente dall’aggressione della Russia in Ucraina, non si può prescindere dal posizionamento strategico dei Paesi candidati all’Ue. Quasi una cartina tornasole per poi analizzare lo stato dell’arte di tutti gli altri parametri che Bruxelles richiede alle capitali che hanno scelto il percorso europeo.La guerra alle porte dell’Europa ha d’altra parte sicuramente restituito “nuovo slancio” al processo di allargamento del blocco Ue, perché l’adesione – come evidenziato da Borrell – “diventa una scelta strategica”. Anche da parte di Bruxelles. E in effetti due settimane fa si sono aperti ufficialmente i negoziati con l’Albania, quelli sul cosiddetto “cluster dei fondamentali”, mentre Ucraina e Moldova hanno tenuto la prima conferenza intergovernativa che dà il via ai negoziati a giugno 2024. Tappa raggiunta anche dalla Macedonia del Nord, e sempre più nitida all’orizzonte per la Bosnia-Erzegovina, con cui nel marzo 2024 il Consiglio europeo ha deciso di aprirà i negoziati. Ben più avanti infine il Montenegro che, “avendo soddisfatto i parametri intermedi per i capitoli sullo Stato di diritto, è in procinto di chiudere provvisoriamente ulteriori capitoli negoziali”.Le raccomandazioni ai Paesi candidatiPer quanto riguarda Podgorica, il documento Ue sottolinea che nel complesso il Montenegro “ha accelerato i preparativi per l’adesione all’Ue e ha lavorato in modo efficace”. Secondo la Commissione europea, l’impegno politico delle autorità montenegrine per l’obiettivo strategico dell’integrazione europea è stata “una priorità costante per il Paese”. I negoziati di adesione con il Montenegro sono vecchi di oltre un decennio, aperti nel giugno 2012. Ad oggi sono stati aperti 33 capitoli negoziali sui 35 totali, di cui 3 sono stati chiusi provvisoriamente.Tra i Balcanici che finalmente avanzano verso l’Ue c’è l’Albania, fresca dell’apertura dei negoziati sul cluster dei fondamentali, che riguardano “Magistratura e diritti fondamentali, Giustizia, libertà e sicurezza, Appalti pubblici, Statistiche, Controllo finanziario”. Secondo la valutazione della Commissione europea è fondamentale che Tirana “intensifichi ulteriormente il ritmo delle riforme orientate all’Ue, in particolare per quanto riguarda lo Stato di diritto”. L’obiettivo è consolidare i risultati ottenuti “nell’applicazione della legge, nella lotta efficace alla corruzione e alla criminalità organizzata e nella promozione dei diritti fondamentali, tra cui la libertà dei media, i diritti di proprietà e le minoranze”.Nel caso della Macedonia del Nord, il cui percorso di adesione è stato recentemente spacchettato da quello dell’Albania per permettere a Tirana di avanzare, l’Ue ribadisce l’importanza di “attuare in buona fede” gli accordi bilaterali esistente con i Paesi vicini, in primis con la Grecia e la Bulgaria, che stanno frenando il percorso di Skopje verso Bruxelles. Il piccolo Stato balcanico deve accelerare l’impegno sulla “lotta alla corruzione e la criminalità organizzata”, oltre che “rafforzare la fiducia nel sistema giudiziario”. Skopje si è in ogni caso dimostrata “ancora una volta un partner affidabile” per quanto riguarda il suo posizionamento nei confronti della guerra in Ucraina, “inviando un forte segnale della sua scelta strategica di adesione all’Ue”.Anche la Bosnia-Erzegovina ha dimostrato “risultati tangibili, tra cui la gestione della migrazione, il pieno allineamento con la politica di sicurezza comune ed estera dell’Ue e l’approvazione di leggi sull’integrità del sistema giudiziario, la lotta al riciclaggio di denaro e il conflitto di interessi”. A questo punto, la Commissione europea sta preparando il quadro negoziale in vista della sua adozione da parte del Consiglio, previa l’attuazione da parte di Sarajevo di una serie di raccomandazioni indicate dall’esecutivo Ue nell’ottobre del 2022. Con la Bosnia rimane però qualche attrito sull’allineamento anti-Mosca: nonostante “buoni progressi, l’attuazione delle misure restrittive rimane una sfida a causa di ostacoli politici”, rileva la Commissione.Rimane Moldova, che solo pochi giorni fa ha deciso con un referendum serratissimo di emendare la costituzione nazionale prevedendo l’accesso all’Unione europea come obiettivo. Per il commissario Ue all’Allargamento, Olivér Várhelyi, “negli ultimi anni Moldova ha fatto molta strada”. Nonostante “le continue interferenze russe e l’impatto della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina”, si legge nel documento. Dopo la prima conferenza intergovernativa del giugno 2024, la valutazione di Bruxelles è la seguente: “l’esame analitico dell’acquis Ue procede senza intoppi”. Un esito che fa sì che la Commissione auspichi l’apertura dei negoziati con la repubblica confinante con l’Ucraina “il prima possibile nel 2025”.

  • in

    Von der Leyen annuncia l’esborso di 6 miliardi di euro per i Balcani occidentali

    Bruxelles – Comincia dall’Albania la visita di Ursula von der Leyen nei Balcani occidentali, che da mercoledì (23 ottobre) durerà fino a sabato (26 ottobre). Ad accoglierla il premier Edi Rama, con il quale la presidente dell’esecutivo comunitario ha lodato i progressi di Tirana nel suo percorso di avvicinamento all’Ue, che potrebbe essere più veloce di quello degli altri partner regionali.Nonostante il controverso accordo stipulato con l’Italia per l’esternalizzazione della gestione delle procedure d’asilo sia finito al centro della bufera giudiziaria nostrana e dello scontro politico europeo, il premier albanese Edi Rama può comunque presentarsi alla propria opinione pubblica rivendicando un altro successo. Vale a dire l’inizio del processo di adesione all’Ue, avviato ufficialmente lo scorso 15 ottobre con l’apertura del primo cluster sui capitoli fondamentali.A sentire von der Leyen, che ha partecipato ad una conferenza stampa congiunta con il capo dell’esecutivo albanese al termine del loro bilaterale, “potremmo aprire tutti i cluster (dei negoziati, ndr) entro la fine dell’anno prossimo”, anche se ha ammesso che, più che fissare scadenze rigide, è importante portare a termine le riforme propedeutiche all’adesione. “La prossima settimana avremo il rapporto sullo stato dell’arte dell’allargamento”, ha aggiunto, sottolineando che “i risultati dell’Albania sono eccellenti”, come certificato anche dal Comitato economico e sociale europeo.Oggi (23 ottobre) è arrivata anche l’approvazione, da parte della Commissione, delle agende di riforme nazionali da cui dipende l’esborso dei 6 miliardi di euro del Piano per la crescita dei Balcani occidentali elaborato da Bruxelles per stimolare l’economia e promuovere la convergenza dei sei partner dell’area (Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia del nord, Montenegro e Serbia), come promesso lo scorso 14 ottobre al summit di Berlino dalla stessa von der Leyen.Rama ha ribadito di fronte ai giornalisti l’impegno del suo Paese verso l’ingresso nel club a dodici stelle: “Noi albanesi siamo divisi su quasi ogni argomento”, ha detto di fronte ai giornalisti, “ma c’è solo una cosa che gli albanesi non mettono mai in discussione, ed è che il nostro posto è nell’Unione europea e che il futuro dei nostri figli va costruito nell’Unione europea”. Al suo fianco, von der Leyen ha assicurato che “l’allargamento rimarrà una massima priorità” nel suo secondo mandato alla guida dell’esecutivo comunitario.La presidente della Commissione è tornata sul Piano per la crescita, annunciando che l’Ue dovrebbe inviare a Tirana i primi 64 milioni entro la fine dell’anno su un totale di 920 milioni previsti per l’Albania. Von der Leyen ha inoltre ricordato come il Paese abbia già ricevuto da Bruxelles 1,4 miliardi nel quadro del Piano di investimenti per i Balcani occidentali, che serve tra le altre cose a incentivare lo sviluppo economico della regione in linea con gli obiettivi climatici dell’Ue. Il terzo punto toccato dalla leader tedesca è stato l’inaugurazione della nuova sede del College of Europe nella capitale albanese, mentre sulla questione bollente dei centri di rimpatrio italiani in Albania (una “soluzione innovativa” per il futuro della politica migratoria targata Ue su cui lei stessa si è espressa favorevolmente solo la settimana scorsa) si è limitata a osservare che trattandosi di un accordo bilaterale “non lo commenteremo, ma ne monitoreremo lo sviluppo”.Von der Leyen incontrerà domani (24 ottobre) il presidente albanese Bajram Begaj e partirà poi alla volta di Skopje, dove avrà colloqui con il premier nord-macedone Hristijan Mickoski e la presidente Gordana Siljanovska-Davkova. Si recherà quindi in Bosnia-Erzegovina, dove visiterà Jablanica, un’area colpita dalle recenti alluvioni, mentre venerdì (25 ottobre) incontrerà a Sarajevo la premier Borjana Krišto e la presidenza tripartita del Paese (composta da Denis Bećirović, Željka Cvijanović e Željko Komšić). A Belgrado, lo stesso giorno, von der Leyen incontrerà il presidente serbo Aleksander Vučić e il premier Miloš Vučević, per spostarsi sabato (26 ottobre) a Pristina per incontrare la presidente kosovara Vjosa Osmani e il primo ministro Albin Kurti. Terminerà infine il suo tour a Podgorica insieme al presidente montenegrino Jakov Milatović e il premier Milojko Spajić.

  • in

    L’Unione europea ha formalmente avviato i negoziati di adesione con l’Albania

    Bruxelles – Mentre la prima barca che trasportava 16 migranti dall’Italia arrivava in Albania nella mattinata di martedì (15 ottobre), i rappresentanti dello Stato balcanico stavano partecipando in Lussemburgo alla seconda conferenza intergovernativa con i partner Ue. Si è trattato della luce verde ufficiale per l’avvio dei negoziati di adesione di Tirana al club europeo, con l’apertura del cluster contenente i capitoli cosiddetti “fondamentali”.Il primo ministro albanese, Edi Rama, ha partecipato di persona alla riunione nel Granducato. “È una montagna da scalare”, ha dichiarato alla stampa, aggiungendo che il suo Paese sta “già camminando con idee molto chiare, una volontà molto forte e senza alcun dubbio” di centrare l’obiettivo di portare “l’Albania nell’Unione europea entro il 2030”. Rama si è detto pronto a “iniziare finalmente con la parte più pesante del lavoro”, riferendosi all’apertura del cluster dei “fondamentali” che contiene “i cinque capitoli più coerenti, più i tre criteri che ci faranno andare oltre e concludere entro la nostra scadenza molto ambiziosa” il processo di adesione.Anche dal lato europeo si registra soddisfazione. Il commissario uscente all’Allargamento, l’ungherese Olivér Várhelyi, si è congratulato con le autorità albanesi per il “traguardo importante”, che è stato possibile raggiungere “poiché l’Albania ha portato a termine le riforme richieste” con “determinazione” e “impegno”. Gli ha fatto eco il suo connazionale titolare degli Esteri, Péter Szijjártó, che ha dichiarato, sempre dal Lussemburgo, che “una delle priorità più importanti della presidenza ungherese (del Consiglio, ndr) che abbiamo messo in cima all’agenda è stata l’accelerazione dell’allargamento” dell’Ue nei Balcani occidentali.I capitoli aperti formalmente oggi sono il 5 (appalti pubblici), 18 (statistiche), 23 e 24 (i cosiddetti capitoli sullo Stato di diritto: sistema giudiziario e diritti fondamentali da un lato, giustizia, libertà e sicurezza dall’altro) e 32 (controllo finanziario), cui si aggiungono i negoziati sul funzionamento delle istituzioni democratiche, sulla riforma della pubblica amministrazione e sui criteri economici per l’ingresso nell’Unione. Solo quando saranno stati centrati i parametri intermedi fissati dai capitoli 23 e 24, nonché quelli relativi ad altri elementi orizzontali del cluster, i negoziati potranno proseguire anche per il resto dei capitoli.A seguito della riforma del processo di adesione, risalente al 2020, i cluster negoziali sono sei in totale e il primo, quello dei fondamentali, va aperto per primo e chiuso per ultimo, determinando il “ritmo” dei negoziati nel complesso. Gli altri cinque riguardano il mercato interno, la competitività e la crescita inclusiva, l’agenda verde e la connettività sostenibile, le risorse, l’agricoltura e la coesione e, da ultimo, le relazioni esterne.La prima conferenza intergovernativa Albania-Ue si era tenuta nel luglio 2022, ma in quella circostanza non erano stati aperti capitoli negoziali, essendosi trattato solo dell’avvio del processo di adesione. Il percorso di Tirana, che era stato accoppiato a quello di Skopje, si era poi complicato a causa del riaccendersi di vecchie cicatrici nazionaliste tra Macedonia del Nord e Grecia, ma soprattutto per nuovi attriti con la Bulgaria. Alla fine, il Consiglio dell’Ue ha sbloccato l’impasse il mese scorso, con lo “spacchettamento” dell’adesione dei due Paesi.L’obiettivo annunciato dal premier Rama è ambizioso: quello per entrare nell’Unione è un cammino complesso, che non ha una durata predeterminata. Molto dipenderà dalla velocità con cui Tirana riuscirà a mettere in campo le riforme che permetteranno al Paese balcanico di “mettersi al pari” con il resto dei partner europei. Ma anche una volta che la Commissione avrà valutato positivamente gli sforzi albanesi, la decisione finale sull’ingresso spetta agli Stati membri.Lo scorso giugno, l’Ue ha aperto i negoziati di adesione con l’Ucraina e la Moldova, mentre il percorso di avvicinamento della Georgia è stato de facto sospeso negli ultimi mesi a seguito dei controversi provvedimenti adottati dal governo filo-russo del Paese caucasico.

  • in

    La saga dell’eurodeputato greco incarcerato in Albania è (forse) giunta alla fine

    Bruxelles – Sembrano infine terminati, o quasi, i guai giudiziari di Fredi Beleri, ex sindaco del comune albanese di Himarë ed eletto come eurodeputato nelle liste greche. Il suo caso era diventato motivo di scontro diplomatico tra i due Paesi, che si sono accusati a vicenda di interferenze nelle indagini e di politicizzazione della giustizia. Dopo oltre un anno dietro le sbarre, il politico albanese di origini elleniche (che ha il doppio passaporto) è stato scarcerato e potrà ora rappresentare i suoi elettori – e la minoranza greca in Albania – al Parlamento europeo. La liberazione di Beleri, festeggiata con un tweet da Manfred Weber, il capo del Partito popolare europeo (Ppe) di cui fa parte Nuova democrazia, è avvenuta nella giornata di lunedì (2 settembre). Come confermato alla stampa dal suo legale, il rilascio è avvenuto con la formula della libertà condizionata, che richiede a Beleri di “mantenere cinque settimane di contatto con il servizio carcerario”. L’ex primo cittadino deve ora scontare altre sei settimane di reclusione prima di estinguere completamente la propria pena, che è stata ridotta dopo la sua elezione a europarlamentare. Beleri è stato incarcerato con l’accusa di compravendita di voti nel maggio 2023, due giorni prima delle elezioni comunali, che poi ha vinto senza però potersi insediare. È stato poi condannato lo scorso giugno con sentenza definitiva a due anni di reclusione, dopo che l’appello ha confermato la condanna in primo grado emessa nel marzo di quest’anno. Una decisione che egli stesso avrebbe intenzione di impugnare di fronte alla Corte europea dei diritti umani (Cedu), con sede a Strasburgo. Per il momento, nella città alsaziana si è già recato in qualità di eurodeputato per la sessione inaugurale della decima legislatura (lo scorso luglio), dopo essere risultato il terzo eletto tra le fila del suo partito per numero di preferenze. Il cinquantaduenne Beleri, dunque, è stato eletto eurodeputato mentre era dietro le sbarre, proprio come successo all’italiana Ilaria Salis che ha ottenuto un seggio da parlamentare europea durante la detenzione a Budapest. Due casi piuttosto inusuali che hanno aperto il giallo relativo alle regole sull’immunità parlamentare dei deputati all’Eurocamera – soprattutto nel caso di Beleri, dato che l’Albania è un Paese extra-Ue. Nel frattempo, ad Himarë sono state ripetute le elezioni comunali lo scorso 4 agosto, vinte da Vengjel Tavo, pure lui di origini greche ed appartenente al partito socialista del premier Edi Rama.Da Atene, il vicepremier Pavlos Marinakis ha commentato la scarcerazione come “sicuramente uno sviluppo positivo”, ma ha aggiunto che “questo non significa che dimenticheremo ciò che è accaduto“. Il governo greco sostiene, come lo stesso Beleri, che il processo intentato dalle autorità albanesi sia politicamente motivato. Accusa respinta al mittente da Tirana, che al contrario critica alla Grecia di interferire nelle sue vicende giudiziarie interne. Ma la disputa diplomatica tra i due Paesi balcanici potrebbe avere conseguenze reali. Il governo conservatore greco, guidato da Kyriakos Mitsotakis (compagno di partito di Beleri), ha infatti minacciato di bloccare i progressi dell’Albania nel suo percorso di adesione all’Ue se Tirana non avesse posto fine a quella che riteneva un’ingiustificata violazione dei diritti politici dell’ex sindaco di Himarë. Per ora, i negoziati per l’ingresso del Paese ex comunista nel blocco non si sono ancora sbloccati.

  • in

    Da progetto di pace a promotrice di guerra, l’Ue assiste anche l’esercito di Albania e Benin

    Bruxelles – C’era una volta l’Unione europea progetto di pace, che proprio per questo venne insignita del premio Nobel appositamente dedicato. Storia di tempi non lontani, eppur remoti. La bella Ue di una volta non c’è più, smarrita e cambiata sotto i colpi di un presente incerto, molto diverso, tanto diverso anche per quel progetto di pace di cui cambia toni, narrativa e retorica. Per garantire la pace servono le armi, e mentre l’Europa rilancia l’industria bellica definita industria della difesa, arma il resto del mondo. Questo indicano i finanziamenti a Benin e Albania approvati dal Consiglio dell’Ue.Due decisioni separate e distinte, ma uguali nella natura. Con un assegno da 5 milioni di euro a favore del Benin, lo strumento per la pace dell’Ue, “le forze armate del Benin saranno dotate di un aereo militare multiuso“, fa sapere il Consiglio. Mentre con l’aiuto economico da 13 milioni di euro per l’Albania “le forze terrestri albanesi riceveranno veicoli corazzati leggeri multiuso“. In entrambi i casi si offre anche disponibilità per addestramento e formazione tecnica. Prepararsi al peggio, insomma, nel non immediato parallelismo con uno degli slogan e imperativi del mondo orwelliano: “la guerra è pace”. Analogie non immediate anche perché la versione a dodici stelle è che si vogliono sicurezza e difesa, non guerra, ma le sfumature lessicali solo in parte nascondono un’Europa sempre più in versione 1984 che 2024.Ma nell’anno in corso sempre più venti di guerra soffiano sul vecchio continente, deciso ad arginare con fermezza quelle crisi su cui l’Europa proprio esente da colpe non è. I leader dell’Ue non hanno saputo (o voluto) ascoltare gli avvertimenti che arrivavano dalla Russia, e non hanno saputo (o voluto) risolvere per davvero, in modo credibile e concreto, al netto di parole e dichiarazioni di circostanza, una questione senza fine come quella arabo-israeliana. Nel mondo improvvisamente cambiato il progetto di pace non serve più, o più semplicemente non basta più. Avanti con fornitura di armi, munizioni e nuovi comandanti per le forze armate in giro per il mondo.Oltre ai nuovi finanziamenti per Benin e Albania, gli ultimi della serie, operazioni militari Ue con tanto di contributo economico, risultano attive in Mozambico, Repubblica centrafricana, Somalia, Togo, Ghana e Costa d’avorio, Bosnia-Erzegovina e Ucraina (gestita in Belgio). E’ la nuova Unione europea, quella del nuovo corso. L’Ue raccontata fino a poco tempo fa non c’è più. C’era una volta. Adesso è un’altra storia.