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    Inizia il cammino: gli ambasciatori UE incaricano la Commissione di formulare un parere sulla domanda di adesione di Ucraina, Georgia e Moldova

    Bruxelles – Si è messo in moto nelle istituzioni europee il processo di adesione all’UE di Ucraina, Georgia e Repubblica di Moldova. Gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper) hanno concordato di invitare la Commissione Europea a presentare un parere su ciascuna delle domande di adesione presentate da Ucraina, Georgia e Moldova, che sarà poi trasmesso al Consiglio dell’UE.
    L’avvio della procedura scritta servirà per “convalidare i progetti di lettere che chiedono il parere della Commissione Europea“, spiega la presidenza di turno francese del Consiglio dell’UE. Le tre richieste per ottenere lo status di Paese candidato all’adesione sono arrivate tutte nel corso della scorsa settimana, tra lunedì (28 febbraio) e giovedì (3 marzo): la prima era stata l’Ucraina – che ha ricevuto l’endorsement del Parlamento UE riunito in sessione plenaria – seguita a ruota tre giorni più tardi da Georgia e Moldova. Oltre a Kiev, in cerca di un sostegno anche politico da parte dell’Unione contro l’invasione russa, le domande formali di Tbilisi e Chișinău si possono leggere come una tutela dalle minacce alla propria indipendenza portate dal disegno del “nuovo mondo” di Putin e come una volontà dei Paesi vicini alla Russia di disegnare il futuro assetto geopolitico sempre più legato a Bruxelles.
    La scorsa settimana il portavoce della Commissione Europea, Eric Mamer, aveva già precisato che “la richiesta di adesione dell’Ucraina, della Georgia e della Moldova mostrano che c’è un desiderio genuino e un successo dell’UE come progetto di pace e prosperità“, mentre la portavoce responsabile per la Politica di vicinato e l’allargamento, Ana Pisonero, aveva ricordato a tutti che “le richieste di unirsi sono sempre ben accette, ma prevedono comunque un lungo processo”. Tutti e tre i Paesi condividono la base di partenza di un Accordo di associazione entrato pienamente in vigore tra il 2016 (Georgia e Moldova) e il 2018 (Ucraina) che sta permettendo di allinearsi alle norme e standard europei in ambito politico, economico e sociale, anche se l’intesa non ha mai avuto come obiettivo o come clausola l’adesione UE dei tre Paesi.
    Ricevuta la proposta formale di candidatura all’adesione e richiesto il parere della Commissione dal Coreper, per diventare un Paese membro dell’UE (Ucraina, Georgia e Moldova, in questo caso), è necessario superare l’esame dei criteri di Copenaghen, ovvero le basilari condizioni democratiche, economiche e politiche (istituzioni stabili, Stato di diritto, rispetto dei diritti umani, economia di mercato, capacità di mantenere l’impegno). Dopodiché si arriva alla firma dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, un accordo bilaterale tra UE e Paese richiedente, e a questo punto si può presentare la vera e propria domanda di adesione all’Unione: se accettata, viene conferito lo status di Paese candidato. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio UE di avviare i negoziati: solo quando viene dato il via libera all’unanimità dai Paesi membri si possono aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile). Alla fine di questo processo si arriva alla firma del Trattato di adesione.
    Oltre alle candidature di Moldova, Georgia e Ucraina, il processo di allargamento UE coinvolge già i sei Paesi dei Balcani Occidentali – Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – e la Turchia, i cui negoziati sono però cristallizzati dalla politica del presidente Erdoğan. Serbia e Montenegro stanno portando avanti i negoziati di adesione rispettivamente dal 2014 e dal 2012, mentre il pacchetto Albania-Macedonia del Nord è bloccato dal 2018 prima per il veto di Francia-Paesi Bassi-Danimarca ai danni di Tirana e poi per quello attuale della Bulgaria contro Skopje (dalla fine del 2020). La Bosnia ed Erzegovina ha fatto domanda di adesione nel 2016, mentre il Kosovo ha solo firmato l’Accordo di stabilizzazione e associazione.

    L’avvio della procedura da parte dell’esecutivo comunitario servirà per convalidare i progetti di lettere che ne richiedono il parere. Sarà poi il Consiglio dell’UE a doversi esprimere sulle richieste di Kiev, Tbilisi e Chișinău

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    Anche la Repubblica di Moldova ha richiesto di ottenere lo status di Paese candidato all’adesione UE

    Bruxelles – Era nell’aria da tempo e l’occupazione militare russa dell’Ucraina ha reso il processo irreversibile. Anche la Repubblica di Moldova ha presentato formalmente richiesta per ottenere lo status di Paese candidato all’adesione UE, dopo le due domande nella stessa settimana di Ucraina (lunedì 28 febbraio) e Georgia (giovedì 3 marzo). “Il momento è arrivato: i cittadini moldavi sono pronti a lavorare sodo per un futuro stabile e prospero nell’Unione Europea e nella famiglia degli Stati europei”, ha rivendicato la presidente della Repubblica di Moldova, Maia Sandu, firmando la lettera di adesione all’UE ieri sera.
    “Vogliamo vivere in pace, prosperità, essere parte del mondo libero”, ha sottolineato la presidente Sandu, spiegando le tempistiche della richiesta: “Mentre alcune decisioni richiedono tempo, altre devono essere prese rapidamente e con decisione, approfittando delle opportunità che arrivano in un mondo che cambia”. È chiaro il riferimento all’aggressione russa dell’Ucraina e al disegno dei nuovi equilibri geopolitici che il presidente russo, Vladimir Putin, vorrebbe mettere in atto, con il rischio che possa cancellare anche l’indipendenza di Chișinău. Come nel caso di Ucraina e Georgia, si tratta di una netta reazione che vede i tre Paesi sempre più distanti da Mosca e sempre più legati a Bruxelles.

    The time is now: #Moldova officially signs the application for membership to join the #European Union. 🇲🇩 citizens are prepared to work hard towards a stable and prosperous future in the 🇪🇺 & the family of European states. pic.twitter.com/35a2q9WCaW
    — Maia Sandu (@sandumaiamd) March 3, 2022

    Si attende nelle prossime ore l’invio della lettera a Bruxelles. “La Repubblica di Moldova ha il diritto di scegliere il suo corso di politica estera“, ha dichiarato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, nel corso della sua visita di ieri a Chișinău. “Crediamo fortemente che appartenga alla famiglia europea e continueremo a cooperare intensamente sulla base del nostro Accordo di associazione”, ha aggiunto Borrell, facendo riferimento all’accordo politico ed economico UE-Moldova firmato nel 2014 ed entrato pienamente in vigore nel 2016.
    Oltre alle candidature di Moldova, Georgia e Ucraina per l’adesione all’UE, bisogna ricordare che il processo di allargamento coinvolge già i sei Paesi dei Balcani Occidentali, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia, più la Turchia, i cui negoziati sono però cristallizzati dalla politica del presidente Erdoğan. Serbia e Montenegro stanno portando avanti i negoziati di adesione rispettivamente da otto e dieci anni, mentre il pacchetto Albania-Macedonia del Nord è bloccato dal 2018 prima per il veto di Francia-Paesi Bassi-Danimarca ai danni di Tirana e poi per quello attuale della Bulgaria contro Skopje. La Bosnia ed Erzegovina ha fatto domanda di adesione nel 2016, mentre il Kosovo ha solo firmato l’Accordo di stabilizzazione e associazione.
    Per diventare un Paese membro dell’UE, il primo passo è la proposta formale di candidatura all’adesione (Georgia e Ucraina, in questo caso). Dopo il superamento dell’esame dei criteri di Copenaghen – le basilari condizioni democratiche, economiche e politiche – si arriva alla firma dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, un accordo bilaterale tra UE e Paese richiedente. A questo punto si può presentare la vera e propria domanda di adesione all’Unione e, una volta accettata, viene conferito lo status di Paese candidato. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio UE di avviare i negoziati: solo quando viene dato il via libera all’unanimità dai Paesi membri si possono aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile). Alla fine di questo processo si arriva alla firma del Trattato di adesione.

    Dopo le richieste di Ucraina e Georgia, anche da Chișinău è arrivata la domanda di diventare membro dell’Unione Europea. La presidente, Maia Sandu, ha firmato la lettera e nelle prossime ore sarà inviata a Bruxelles

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    La Georgia ha presentato la richiesta formale per ottenere lo status di Paese candidato all’adesione UE

    Bruxelles – Se c’è un processo che la Russia, scatenando la guerra in Ucraina, ha suo malgrado stimolato è quello dell’allargamento dell’Unione Europea. Intendiamoci, non è un “allargamento a Est” o una provocazione contro Vladimir Putin, come in tanti sarebbero già pronti a bollare. Si tratta piuttosto di una chiara risposta dei Paesi vicini alla Russia rispetto al futuro assetto geopolitico che vedono per il proprio Paese: sempre più distante da Mosca e sempre più legato a Bruxelles. La dimostrazione è arrivata da due richieste formali di adesione all’UE nel giro di quattro giorni: lunedì (28 febbraio) quella dell’Ucraina sotto l’assedio russo, oggi (giovedì 3 marzo) quella di una Georgia che teme che il disegno del “nuovo mondo” di Putin cancelli anche la sua indipendenza. Per la stessa ragione ci si aspetta che anche la Moldavia possa seguire presto l’esempio.
    Il primo ministro della Georgia, Irakli Garibashvili, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel
    “Un giorno storico per la Georgia”, così lo ha definito il primo ministro, Irakli Garibashvili, firmando la domanda di adesione all’UE. “Siamo uno Stato europeo, siamo sempre appartenuti alla cultura e allo spazio civile europeo e la nostra storia di lotte e battaglie per la libertà è una prova che questi valori sono racchiusi nella nostra identità”, ha spiegato il premier georgiano, indicando i motivi che racchiudono la scelta di diventare uno Stato membro dell’UE. Democrazia, Stato di diritto, diritti umani e buon governo “sono già diventati l’essenza della nostra esistenza quotidiana”, in particolare da quando nel 2016 è entrato pienamente in vigore (dopo due anni di provvisorietà) l’Accordo di associazione politica ed economica UE-Georgia: “Da allora ci siamo assunti l’enorme responsabilità di iniziare con successo il nostro viaggio di integrazione europea”, ha sottolineato Garibashvili. Con questa “nuova pietra miliare” sulla strada verso l’UE, “stiamo introducendo norme e standard europei in ogni campo della nostra vita politica, economica e sociale“, ha concluso il premier georgiano. Anche se non passa inosservato il riferimento ai “compatrioti abkhazi e osseti”, ovvero gli abitanti delle due regioni rivendicate da Tbilisi, Abkhazia e Ossezia del Sud.
    Per i Ventisette ora si apre un nuovo file da considerare nel vasto capitolo dell’allargamento dell’Unione, all’interno di una dinamica che però si è completamente rivoluzionata rispetto a solo una settimana fa. “La richiesta di adesione dell’Ucraina e della Georgia, e quella eventuale della Moldavia, mostrano che c’è un desiderio genuino e un successo dell’UE come progetto di pace e prosperità“, ha rivendicato il portavoce della Commissione Europea, Eric Mamer, durante il punto quotidiano con la stampa di Bruxelles. La collega Ana Pisonero, responsabile per la Politica di vicinato e l’allargamento, ha precisato che “le richieste di unirsi sono sempre ben accette, ma prevedono comunque un lungo processo”. Per quanto riguarda la richiesta di Kiev, dopo le vibranti parole del presidente Volodymyr Zelensky e il supporto del Parlamento Europeo, “si è messo in moto il processo con le discussioni del Consiglio“, ha aggiunto la portavoce dell’esecutivo UE.
    A una domanda sul futuro dell’allargamento UE ai Paesi che già hanno iniziato il processo (e la possibile fiducia tradita), Mamer ha voluto precisare che “la richiesta dell’Ucraina e della Georgia è legittima e non è legata alle prospettive del Balcani Occidentali“. Tuttavia, “alla luce di quanto accaduto questa settimana, mi sembra ancora più evidente che il discorso dovrà riprendere in modo deciso e superando le attuali divisioni tra Stati membri”, ha aperto il portavoce della Commissione, sottolineando comunque che l’esecutivo comunitario ha sempre spinto con forza questo processo. Stiamo parlando di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia (più la Turchia, i cui negoziati sono però cristallizzati dalla politica del presidente Erdoğan). Serbia e Montenegro stanno portando avanti i negoziati di adesione rispettivamente da otto e dieci anni, mentre il pacchetto Albania-Macedonia del Nord è bloccato dal 2018 prima per il veto di Francia-Paesi Bassi-Danimarca ai danni di Tirana e poi per quello attuale della Bulgaria contro Skopje. La Bosnia ed Erzegovina ha fatto domanda di adesione nel 2016, mentre il Kosovo ha solo firmato l’Accordo di stabilizzazione e associazione.
    Per diventare un Paese membro dell’UE, il primo passo è la proposta formale di candidatura all’adesione (Georgia e Ucraina, in questo caso). Dopo il superamento dell’esame dei criteri di Copenaghen – le basilari condizioni democratiche, economiche e politiche – si arriva alla firma dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, un accordo bilaterale tra UE e Paese richiedente. A questo punto si può presentare la vera e propria domanda di adesione all’Unione e, una volta accettata, viene conferito lo status di Paese candidato. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio UE di avviare i negoziati: solo quando viene dato il via libera all’unanimità dai Paesi membri si possono aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile). Alla fine di questo processo si arriva alla firma del Trattato di adesione.

    Sull’onda dell’invasione russa dell’Ucraina, il premier del Paese caucasico, Irakli Garibashvili, ha firmato la lettera per chiedere a Bruxelles di diventare membro dell’Unione Europea. La stessa richiesta è arrivata da Kiev il 28 febbraio