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    Trump getta acqua sul fuoco: “Firmiamo la pace” tra Russia e Ucraina

    Bruxelles – Prove di distensione tra Washington e Kiev. In un discorso di fronte al Congresso, Donald Trump è parso ammorbidire i toni nei confronti di Volodymyr Zelensky, gettando acqua sul fuoco divampato in seguito al catastrofico incontro nello Studio ovale della scorsa settimana. A sua volta, il leader ucraino si è reso disponibile a rinegoziare con la Casa Bianca non solo il controverso accordo sulle materie prime critiche ma anche, più in generale, le condizioni per un cessate il fuoco con la Russia.Pace in vista?Parlando durante una sessione congiunta del Congresso ieri (4 marzo), il presidente statunitense ha annunciato di aver ricevuto una lettera inviatagli personalmente dal suo omologo ucraino. “L’Ucraina è pronta a sedersi al tavolo dei negoziati il prima possibile per far avvicinare una pace duratura“, ha dichiarato Trump riportando un passaggio della missiva.“Apprezzo il fatto che abbia inviato questa lettera”, ha aggiunto, sottolineando contestualmente di aver intrattenuto “serie discussioni” con Mosca, dalle quali avrebbe ricevuto “forti segnali” sulla disponibilità di Vladimir Putin di intraprendere le trattative, sostenendo che i russi sarebbero “pronti per la pace”. “È ora di fermare questa follia, è ora di fermare le uccisioni, è ora di porre fine a questa guerra insensata”, ha detto, sottolineando che “se si vuole porre fine alle guerre, bisogna parlare con entrambe le parti”. Ci sono del resto già stati due incontri di alto livello tra funzionari e diplomatici di Usa e Russia, prima a Riad e poi a Istanbul.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Dal canto suo, Zelensky si è detto pronto a lavorare “sotto la forte leadership del presidente Trump” e ha dimostrato riconoscenza per il sostegno fornito da Washington in questi anni di guerra. Il leader ucraino aveva precedentemente espresso il medesimo messaggio su X, osservando che “nessuno di noi vuole una guerra infinita” e che “apprezziamo molto quanto l’America abbia fatto per aiutare l’Ucraina a mantenere la propria sovranità e indipendenza”.“Il momento in cui le cose sono cambiate” nel sostegno a stelle e strisce alla resistenza ucraina contro l’imperialismo russo, ha riconosciuto Zelensky (facendo apparentemente tesoro del suggerimento arrivatogli qualche giorno fa dal capo della Nato, Mark Rutte), è stata la fornitura dei razzi anticarro Javelin nel 2019, decisa proprio da Trump nel suo primo mandato: “Ne siamo grati”, ha scritto.Il presidente ucraino ha anche delineato quali passi si potrebbero intraprendere verso un potenziale cessate il fuoco. “Le prime fasi potrebbero essere il rilascio dei prigionieri e la tregua nel cielo“, cioè una moratoria sul ricorso a droni, missili e bombardamenti aerei, “e la tregua nel mare“, un’idea contenuta anche nella bozza di accordo cui starebbero lavorando Francia e Regno Unito. “Poi vogliamo procedere molto velocemente in tutte le fasi successive e lavorare con gli Stati Uniti per concordare un accordo finale forte”, ha continuato Zelensky.Da sinistra: il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il primo ministro britannico Keir Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron si incontrano a Londra, il 2 marzo 2025 (foto: Justin Tallis/Afp)Parrebbe dunque aver funzionato l’annuncio shock dello stop agli aiuti militari statunitensi, mollato come una bomba a mano dall’inquilino della Casa Bianca giusto l’altroieri. Secondo diversi osservatori, si sarebbe trattato principalmente di una mossa per mettere pressione su Kiev (in linea con l’approccio muscolare e transazionale di Trump alle relazioni internazionali), che avrebbe infine dato i suoi frutti.L’accordo sui mineraliE sembra essere di nuovo sul tavolo il controverso accordo sulle materie prime critiche ucraine, che era stato al centro del disastroso incontro svoltosi lo scorso venerdì nello Studio ovale ma la cui stipula era saltata in seguito all’aggressione verbale di Trump e del suo vice JD Vance ai danni di Zelensky. “L’Ucraina è pronta a firmarlo in qualsiasi momento sia conveniente per voi”, ha detto il presidente Usa leggendo dalla lettera.Il tycoon ha reiterato la sua convinzione per cui questo accordo contribuirà ad avvicinare la fine delle ostilità nell’ex repubblica sovietica, garantendo una partecipazione finanziaria a stelle e strisce nel futuro di quest’ultima. Da un lato, dice, è un modo per i contribuenti statunitensi per “riprendersi” una parte dei miliardi di dollari versati a Kiev in tre anni di conflitto. Dall’altro, sempre secondo la lettura di Trump, avere sul proprio territorio lavoratori dagli States rappresenterebbe la miglior garanzia di sicurezza per l’Ucraina contro un eventuale nuovo attacco russo.Il presidente statunitense Donald Trump (destra) accoglie nello Studio ovale il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Al momento attuale non è chiaro se i termini del patto siano rimasti gli stessi o siano cambiati. L’ultima bozza del documento – che aveva sostituito un paio di versioni precedenti la cui formulazione era stata giudicata troppo svantaggiosa dalla leadership ucraina – prevedeva l’istituzione di un fondo congiunto d’investimento per la ricostruzione del Paese, co-gestito da Kiev e Washington, ma non includeva alcun impegno militare da parte degli Stati Uniti per garantire il rispetto di un’eventuale tregua.Quello che è chiaro è l’intenso lavoro diplomatico tra le due amministrazioni, pur dietro le quinte, per far vedere la luce a questo accordo. I funzionari statunitensi starebbero soprattutto esortando i loro omologhi ucraini affinché convincano Zelensky a scusarsi pubblicamente per gli eventi trasmessi in mondovisione venerdì, facendogliene dunque assumere la responsabilità. Per ora, il presidente ucraino ha affermato su X che il colloquio di venerdì “non è andato come doveva”, rammaricandosi per il suo esito “deplorevole”. “È tempo di sistemare le cose“, ha continuato, tendendo al tycoon un ramoscello d’olivo: “Vorremmo che la cooperazione e la comunicazione future fossero costruttive”.Trump ha recentemente lamentato che Kiev “dovrebbe essere più riconoscente” nei confronti di Washington poiché “questo Paese è rimasto al fianco (degli ucraini, ndr) nella buona e nella cattiva sorte”, ripetendo peraltro le false affermazioni per cui gli Stati Uniti avrebbero contribuito “molto di più dell’Europa” alla resistenza ucraina. Numeri alla mano, gli aiuti statunitensi ammontano a circa 114 miliardi di dollari dal 2022 ad oggi (meno della metà dei 350 miliardi millantati da Trump), mentre quelli inviati dai Paesi del Vecchio continente arrivano nel complesso a quota 132 miliardi.L’allora presidente-eletto Donald Trump (sinistra) e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si incontrano alla cerimonia di riapertura della cattedrale di Notre Dame a Parigi, il 7 dicembre 2024 (foto: Ludovic Marin/Afp)Trump non molla su Groenlandia e PanamaDi fronte a deputati e senatori, il presidente statunitense ha anche confermato l’intenzione – espressa a inizio gennaio, prima ancora del suo insediamento – di prendere il controllo della Groenlandia “in un modo o nell’altro”, sostenendo di essere pronto ad accogliere sotto la giurisdizione Usa la popolazione del territorio autonomo danese. “Vi terremo al sicuro”, ha promesso, e “vi faremo diventare ricchi”. In realtà, i groenlandesi non sembrano intenzionati a fare il cambio da Copenaghen a Washington.Trump ha usato un analogo tono aggressivo nei confronti di Panama (dove dice di voler “reclamare” il canale omonimo), rivendicando infine l’introduzione di dazi doganali contro il Canada e il Messico, i due maggiori partner commerciali degli Stati Uniti.

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    Ucraina e Stati Uniti verso l’accordo sulle terre rare

    Bruxelles – Dopo il terremoto, le scosse di assestamento. Lo sciame sismico che scuote l’Ucraina e l’Europa in questa inedita fase non è destinato a finire presto, anzi è appena iniziato. Una catena di eventi messi in moto dall’accelerazione impressa da Donald Trump, che ha colto in contropiede tanto gli alleati transatlantici quanto il governo di Kiev.Ma ora Volodymyr Zelensky sembra tornare ad avere una voce in capitolo, rinegoziando con la Casa Bianca i termini dell’accordo sulle terre rare e le materie prime critiche al centro delle mire di Washington, Mosca e Bruxelles. Dal canto loro, le cancellerie europee cercano di coordinarsi come possono, imbastendo frettolosamente una risposta comune.La palla torna a KievA tre anni dall’invasione su larga scala ordinata da Vladimir Putin nel 2022 per “demilitarizzare e denazificare l’Ucraina” (a sua volta drammatica escalation di una crisi iniziato nel 2014), tutto è precipitato nel giro di una manciata di giorni a metà febbraio. Per un momento – sembrato eterno sia a Kiev sia ai vertici di Ue e Nato a Bruxelles – il presidente statunitense è parso intenzionato a negoziare in solitaria col suo omologo russo, cambiando radicalmente la narrativa sul conflitto più sanguinoso scoppiato nel Vecchio continente dalla Seconda guerra mondiale (reiterando alcuni dei leitmotiv preferiti della propaganda putiniana) ed escludendo tanto l’Ucraina quanto l’Ue dal tavolo delle trattative.Ma da ieri sera (25 febbraio) la musica sembra cambiata. Magari non muterà l’intera sinfonia, ma alcuni membri importanti dell’orchestra stanno accordando meglio i propri strumenti. A partire dalla leadership ucraina. Dopo aver rifiutato per almeno due volte i termini di un accordo sulla concessione a Washington dei diritti di sfruttamento delle vaste risorse minerarie del suo Paese, Volodymyr Zelensky ha infine dato il via libera ad una sua versione che sarebbe finalmente vantaggiosa per Kiev (o almeno non svantaggiosa come le precedenti).Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (foto: Imagoeconomica)Citando fonti ucraine coinvolte nelle trattative, il Financial Times ha reso noto che era finalmente arrivato il disco verde da parte dei negoziatori di Kiev. Lo stesso tycoon newyorkese, in occasione della visita del presidente francese Emmanuel Macron di lunedì, aveva anticipato che l’accordo era “molto vicino” e sostenuto che il leader ucraino sarebbe volato a Washington nei prossimi giorni per siglarlo di persona nello Studio ovale, forse già venerdì (28 febbraio). Una timeline confermata anche dai funzionari ucraini.Cosa prevede l’accordoUn patto sull’accesso privilegiato degli Stati Uniti alle terre rare, alle materie prime critiche, al gas naturale e al petrolio dell’ex repubblica sovietica era stato proposto inizialmente dallo stesso Zelensky a Trump lo scorso settembre. Berillio, grafite, ittrio, lantanio, litio, scandio, titanio e uranio sono solo alcuni dei minerali indispensabili ai settori strategici al centro della competizione globale: batterie per la transizione verde, nucleare, industria aerospaziale e difesa.Le trattative si erano però complicate nelle ultime settimane a causa delle richieste massimaliste dell’amministrazione Usa. Impraticabili per Kiev le prime formulazioni, soprattutto la pretesa della Casa Bianca di ricevere 500 miliardi di dollari dalle casse statali ucraine a titolo di compenso per gli aiuti inviati in questi tre anni di guerra. Peccato che di miliardi Washington ne abbia spesi poco più di 114, dei quali solo 4 dovrebbero essere ripagati (con scadenza al 2065).Ad ogni modo, la svolta – apparentemente dovuta ad un avvicendamento all’interno del team negoziale a stelle e strisce – ha permesso di dare forma ad una cornice generale accettabile da entrambe le parti. Il governo ucraino avrebbe già fornito il proprio assenso alla sottoscrizione del patto, ma questo dovrà ora essere approvato dal Parlamento.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) accoglie a Kiev il negoziatore Usa per la crisi russo-ucraina, Keith Kellogg, il 20 febbraio 2025 (foto: Sergei Supinsky/Afp)Il testo prevederebbe l’istituzione di un fondo ad hoc con “proprietà congiunta” tra Washington e Kiev. Quest’ultima vi contribuirebbe per il 50 per cento con i proventi della “futura monetizzazione” delle risorse minerarie nazionali. Tale fondo dovrebbe finanziare progetti da avviare nel Paese, presumibilmente legati alla ricostruzione.Sarà invece lasciata a protocolli successivi la definizione dei dettagli tecnici. Incluso quali giacimenti includere nell’accordo e cosa fare con quelli troppo vicini al fronte, per non parlare di quelli finiti sotto occupazione russa. Soprattutto, manca un passaggio esplicito sulle garanzie di sicurezza. Un dettaglio di primissimo rilievo, ma i funzionari ucraini si ritengono soddisfatti, almeno per il momento, per essersi assicurati il sostegno del loro più potente alleato.Il “grande mercanteggiamento”Ha così inizio quello che alcuni osservatori hanno già ribattezzato “il grande mercanteggiamento“. Le ricchissime risorse del proprio sottosuolo sembrano essere l’ultima carta rimasta nella pessima mano del presidente ucraino, e sono ambite da tutti gli attori coinvolti a vario titolo nella partita che si sta giocando nell’ex repubblica sovietica.Da Washington, Trump sta facendo quello che sa fare meglio: applicare alla politica internazionale l’approccio transazionale imparato nel suo passato da imprenditore. Il do ut des della Casa Bianca prevede l’acquisto di minerali e idrocarburi in cambio degli aiuti a Kiev, e viene puntellato dalle minacce del braccio destro del tycoon, il tecno-oligarca Elon Musk, di interrompere i servizi della sua rete di comunicazione satellitare Starlink dalla quale dipende l’esercito ucraino.D’altro canto, le mire imperialiste di Mosca – che ad oggi occupa poco meno di un quinto del territorio ucraino – sono sotto gli occhi del mondo. È chiaro che, oltre a motivazioni di carattere storico-culturale (di una lettura distorta della storia difesa da Putin), l’accesso alle risorse minerarie di Kiev è sempre stato uno dei moventi dell’aggressione russa.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Ma anche l’Ue ha messo da tempo gli occhi sul tesoro sotterraneo del vicino orientale. Come ribadito dal vicepresidente esecutivo della Commissione Stéphane Séjourné durante la visita di lunedì (24 febbraio) nella capitale ucraina, Bruxelles ha stipulato con Kiev un memorandum d’intesa nel 2021 in cui le terre rare e le materie prime svolgono un ruolo cruciale. Dei 30 materiali critici individuati dall’Unione, 21 “possono essere forniti dall’Ucraina nell’ambito di una partnership vantaggiosa per entrambe le parti“, ha dichiarato il responsabile della Strategia industriale comunitaria.L’esecutivo a dodici stelle mette così sul tavolo l’implementazione completa dell’accordo già esistente e si propone come un’alternativa più appetibile degli Stati Uniti di Trump. L’arma segreta a disposizione dell’Ue è la prospettiva dell’adesione, sulla quale Ursula von der Leyen ha promesso progressi rapidi (“prima del 2030, se Kiev continua sulla strada delle riforme”), mentre la Casa Bianca ha messo una pietra tombale sull’ingresso dell’Ucraina nella Nato.Quo vadis, Europa?In realtà, la partnership avanzata dalla Commissione va intesa non tanto in sostituzione quanto in aggiunta a quella a stelle e strisce. Fare concorrenza troppo diretta allo zio Sam, il cui ombrello di sicurezza rimane insostituibile per il Vecchio continente, potrebbe rivelarsi poco lungimirante in questa fase.Anche se gli europei continuano a sperare che tale ombrello rimanga aperto (a questo è servita la visita di lunedì di Macron a Washington – su cui ha aggiornato stamane i colleghi del Consiglio europeo – e a questo servirà quella del primo ministro britannico Keir Starmer di domani), la doccia gelata del Trump bis è stato un brusco risveglio dalla loro trentennale illusione post-storica à la Francis Fukuyama.Continuing to work on close European coordination, today president @EmmanuelMacron debriefed EU leaders on his meeting with @realDonaldTrump earlier this week in Washington.Very useful to prepare our special European Council on 6 March, where we will take decisions on our… pic.twitter.com/4RRCIJ4vgm— António Costa (@eucopresident) February 26, 2025Ora le cancellerie europee stanno correndo ai ripari in fretta e furia, cercando di coordinare gli sforzi per creare quell’autonomia strategica di cui tanto si è parlato ma che sarà difficile da realizzare. Si è partiti con una doppietta di incontri all’Eliseo e si continuerà domenica (2 marzo) con una riunione a Londra, dove si discuterà di come finanziare il riarmo del continente e di una strategia congiunta per la difesa.“Armiamoci e partite“: questo, in sostanza, il messaggio del tycoon newyorkese a quelli che sulla carta sarebbero i suoi più stretti alleati. Mentre porta avanti i negoziati con Putin sulla cessazione delle ostilità, Trump scarica sugli europei la responsabilità della sicurezza continentale. L’antifona è passata. “Ora è il momento di agire, di prendere decisioni, di ottenere risultati”, ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo António Costa giusto ieri, ripetendo il ritornello preferito anche dal capo dell’Alleanza nordatlantica Mark Rutte. Meglio tardi che mai?