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    Vertice Ue, la Slovenia pronta alla linea dura su Israele: “Provvedimenti a 27 o saranno presi dai singoli Stati”

    Bruxelles – Di fronte a quello che sta accadendo a Gaza per mano di Israele e del suo governo “se l’Ue non prende provvedimenti tangibili entro i prossimi giorni gli Stati membri dovranno farlo singolarmente per mettere pressione“. Alla fine la Slovenia rompe gli indugi, con il primo ministro Robert Golob che arriva a Bruxelles per il vertice del Consiglio europeo deciso a quel cambio di passo già chiesto dal suo governo e non ancora avvenuto.Il summit dei capi di Stato e di governo, tra le altre cose, si trova a dover affrontare il nodo Israele nell’ambito del più ampio dibattito sul Medio Oriente. Sullo sfondo ci sono le violazioni dei diritti umani compiute dall’attuale amministrazione israeliana, con le condanne del caso che però dividono l’Ue. La frammentazione è tale da portare alla rottura. Il leader sloveno è pronto a chiedere ai colleghi che condividono la sua impostazione ad agire se dalla riunione non dovesse arrivare il via libera a provvedimenti.Il re di Giordania critica Israele e sprona l’Ue: “A Gaza una versione vergognosa dell’umanità”“Entro i prossimi giorni”, l’aut-aut imposto da Golob per sanzioni contro il governo israeliano, vuole dire che i leader devono dare il via libera di principio per permettere ai ministri degli Esteri di lavorarci. “Purtroppo alcuni Stati, anche importanti, antepongono i propri interessi ai diritti umani“, lamenta e critica il primo ministro sloveno. Un attacco a quei Paesi – Germania, Austria, Italia, Ungheria, Grecia, Romania e Lituania – che si oppongono all’idea di procedere contro lo Stato ebraico.Dall’altra parte, con la Slovenia si uniscono alla linea sanzionatoria Belgio, Irlanda, Francia, Svezia e Spagna. E’ proprio il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, a chiedere “immediatamente” di mandare un segnale chiaro al governo di Israele. “Non ha alcun senso aver imposto 18 pacchetti di sanzioni contro la Russia per la sua aggressione all’Ucraina e poi l’Europa, con un doppio standard, non e’ neppure in grado di sospendere un accordo di associazione quando viene violato in modo palese l’articolo 2 sul rispetto dei diritti umani da parte, in questo caso, di Israele”, tuona il leader spagnolo, giunto a Bruxelles con l’intenzione di chiedere di “sospendere l’accordo di associazione con Israele“.

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    Gaza, l’Ue certifica le violazioni dei diritti umani da parte di Israele. Ma non è ancora il momento di agire

    Bruxelles – A venti mesi dall’inizio del conflitto tra Israele e Hamas, il Servizio europeo di Azione esterna (Seae) mette nero su bianco che “vi sono indicazioni che Israele violerebbe i propri obblighi in materia di diritti umani ai sensi dell’articolo 2 dell’accordo di associazione Ue-Israele”. A dire il vero, è la seconda volta che il rappresentante speciale dell’Ue per i diritti umani, Olof Skoog, trae le stesse conclusioni: la prima già nel novembre scorso, su richiesta dell’allora Alto rappresentante Josep Borrel. Come allora però, il rischio è che il rapporto venga dimenticato in un cassetto senza alcuna conseguenza.“Le misure a disposizione ci sono, ma la domanda è: su cosa siamo in grado di concordare?”, ha affermato oggi (23 giugno) Kaja Kallas, che ha ereditato il difficile ruolo di capo della diplomazia europea. I ministri degli Esteri dei 27 hanno ricevuto il rapporto di Skoog già nel fine settimana e ne hanno discusso questa mattina con Kallas a Bruxelles. Lo scorso 20 maggio, 19 Stati membri avevano finalmente chiesto all’Alta rappresentante di avviare un esercizio di revisione del vasto accordo politico-commerciale che lega l’Unione europea a Israele, le cui disposizioni “si basano sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici”.Dopo oltre 55 mila vittime palestinesi, le uccisioni di giornalisti e operatori umanitari, il blocco totale dell’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia e i raid durante la distribuzione del cibo – tutto documentato e denunciato da media, organizzazioni e tribunali internazionali -, le conclusioni del rapporto erano facilmente prevedibili. Quasi quanto l’impasse che arriva ora che i 27 dovranno decidere se sospendere l’Accordo con Israele, o se prendere altre misure o sanzioni nei confronti dello Stato ebraico, oppure se limitarsi ad avvertimenti verbali, richieste o appelli senza conseguenze concrete.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Consiglio europeo)“Quello di oggi è stato solo l’inizio del dibattito, non la sua conclusione”, ha spiegato Kallas a margine dell’incontro. La prima mossa sarebbe valutare se quanto denunciato dal rapporto faccia sì che Israele modifichi spontaneamente il proprio modo di condurre la guerra. L’Alta rappresentante ha confermato di aver già ricevuto la diplomatica risposta di Israele al rapporto: “Oltraggioso e indecente”, secondo quanto riportato dalla testata Politico.“Se la situazione non migliora, potremo discutere ulteriori misure a luglio“, durante il prossimo Consiglio Affari Esteri previsto il 15 del mese, ha proseguito Kallas. Per rivedere tutti gli aspetti del partenariato con Israele legati alla politica commerciale, i Paesi membri potrebbero decidere a maggioranza qualificata. Per imporre sanzioni, sospendere il dialogo politico o l’intero accordo, serve l’unanimità dei 27. Una chimera, quest’ultima, a rileggere le dichiarazioni del vicepremier italiano, Antonio Tajani, che già a fine maggio si oppose alla revisione dell’articolo 2 dell’accordo: “La nostra posizione è di andare avanti con il rapporto con Israele, pur non condividendo le scelte fatte a Gaza, cioè la sproporzione della reazione, l’uso eccessivo della forza che ha provocato migliaia di morti in quella parte della Palestina”, ha affermato.All’opposto, la Spagna ha reiterato la richiesta di “una sospensione immediata dell’accordo di associazione, un embargo sulle vendite di armi da parte dell’Unione europea ad Israele e sanzioni individuali contro tutti coloro che vogliono minare definitivamente la soluzione a due Stati”. Richieste che Tajani ha bollato come “velleitarie e utili per la politica interna”. In mezzo a questi due estremi, si collocano tutti gli altri Stati membri.Le conclusioni del rapporto redatto da Skoog finiranno giovedì sul tavolo del vertice dei capi di stato e di governo dei 27. “È inevitabile che i leader si troveranno di fronte al risultato della relazione”, ha confermato un alto funzionario dell’Ue. Ma il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, “non intende affatto sottoporre la questione ai leader per una decisione. Anche perché, siamo realistici, probabilmente non si raggiungerebbe l’unanimità”.

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    Gaza, la Spagna chiede sanzioni contro Israele: “Fermi la sua guerra ingiusta e disumana”

    Bruxelles – La Spagna torna all’attacco e chiede sanzioni internazionali contro Israele se Tel Aviv non interromperà immediatamente la sua offensiva nella Striscia di Gaza e non permetterà agli aiuti umanitari di raggiungere la popolazione palestinese. La richiesta arriva direttamente da Madrid, dove ieri (25 maggio) un gruppo di Paesi europei e arabi si è riunito per cercare un approccio comune e aumentare la pressione su Benjamin Netanyahu affinché ponga fine alla catastrofe in corso e restituisca la parola alla diplomazia.Erano 20 gli Stati rappresentati nella capitale spagnola per discutere di una via d’uscita diplomatica alla devastante guerra che lo Stato ebraico sta portando avanti da oltre un anno e mezzo nell’enclave palestinese. Oltre alla Spagna, c’erano diversi Paesi Ue (Francia, Germania, Irlanda, Italia e Slovenia) ed europei (Norvegia, Islanda e Regno Unito), più gli arabi (Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Marocco e Turchia, cui si aggiungevano gli emissari della Lega araba e dell’Organizzazione della cooperazione islamica).La campagna militare israeliana a Gaza sta conoscendo una sanguinosa recrudescenza nelle ultime settimane, mentre gli aiuti umanitari per i civili della Striscia vengono sistematicamente bloccati da quasi tre mesi dall’esercito dello Stato ebraico (Idf) e, quando riescono a entrare, rischiano di venire attaccati.Per il padrone di casa, il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares, quella che Israele sta conducendo a Gaza è una “guerra ingiusta, crudele e disumana”. Secondo lui, la Striscia è una “ferita aperta dell’umanità” e il silenzio del mondo è “complice di questo massacro”. I camion con gli aiuti per la popolazione civile devono entrare “massicciamente, senza condizioni e senza limiti”, ha aggiunto, specificando che la gestione dell’intero processo “non dovrebbe essere controllata da Israele”.A fare le veci dell’Alta rappresentante Ue, Kaja Kallas, c’era a Madrid anche l’inviato speciale di Bruxelles per il Golfo, Luigi Di Maio, che momentaneamente detiene la delega al processo di pace mediorientale. Stando al resoconto dei portavoce della Commissione, l’ex ministro italiano ha ribadito “la necessità di un cessate il fuoco immediato a Gaza, il rilascio di tutti gli ostaggi e la ripresa completa degli aiuti a Gaza, immediatamente”.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas, e il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares (foto: European Council)La Spagna, ha sostenuto Albares, solleciterà i suoi partner a imporre un embargo sulla vendita di armi a Tel Aviv – metà delle bombe che vengono sganciate sulla Striscia sono europee, ha rivelato l’ex capo della diplomazia a dodici stelle Josep Borrell – e spingerà per “considerare le sanzioni” poiché, dice, occorre “considerare tutto per fermare questa guerra“. Ma, fanno notare dal Berlaymont, la questione delle sanzioni è spinosa perché richiede l’unanimità dei Ventisette.Non è una novità che Madrid assuma posizioni intransigenti nei confronti di Tel Aviv, soprattutto da quando Benjamin Netanyahu è tornato al potere. Il premier spagnolo Pedro Sánchez ha bollato Israele come “Stato genocida” in un discorso al Parlamento nazionale la settimana scorsa, scoperchiando un ginepraio di polemiche e critiche.Del resto, osserva Albares, non sono da escludere nemmeno sanzioni individuali contro coloro che “intendono rovinare per sempre la soluzione dei due Stati“. Quest’ultimo è uno dei temi al centro dei lavori del cosiddetto Gruppo di Madrid (noto anche come G5+). Ma ora come ora si tratta sostanzialmente di una chimera, vista la netta opposizione del primo ministro israeliano e dei suoi partner di governo dell’ultradestra messianica alla creazione di un’entità statale palestinese.L’incontro di ieri è servito anche come preparazione alla conferenza di alto livello dell’Onu dedicata specificamente alla soluzione a due Stati, in calendario per il 17 giugno a New York e organizzata da Francia e Arabia Saudita. Albares si augura che il summit del mese prossimo possa aprire la strada ad un riconoscimento della Palestina come nazione indipendente da parte del numero maggiore possibile di Paesi.Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (foto: Ohad Zwigenberg/Afp)Il primo ministro palestinese Mohammad Mustafa spera che il presidente Usa Donald Trump possa giocare un ruolo chiave per sbloccare questa difficilissima partita. Gli sforzi di Washington per un cessate il fuoco nella Striscia “sono apprezzati”, ha dichiarato, e l’auspicio è che “un impegno concreto, un impegno positivo da parte degli Stati Uniti contribuisca a portare la pace e la stabilità nella regione“.All’Onu, 147 Paesi su 193 riconoscono ufficialmente lo Stato di Palestina. Tra questi ci sono 10 membri dell’Ue, ma nel Vecchio continente mancano ancora all’appello Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito, più Canada e Usa da oltreoceano. Teoricamente, il futuro Stato palestinese dovrebbe esercitare la propria sovranità su quelli che sono oggi i territori occupati: Gaza e Cisgiordania. Ma sul terreno la situazione appare impossibile.La Striscia è il teatro delle più sanguinose operazioni militari della storia recente (almeno 54mila morti, stando ai dati del ministero della Sanità guidato da Hamas) e Israele sta pianificando di occuparla militarmente una volta terminata la guerra, facendo marcia indietro sullo storico ritiro dall’enclave nel 2005. Quanto alla West Bank, continuano a espandersi sia gli insediamenti illegali dei coloni israeliani sia la violenza contro le comunità locali. Che è recentemente tracimata nell’aggressione ad una delegazione diplomatica in visita al campo profughi di Jenin, denunciata da Kallas come “inaccettabile”.Infine, Albares ha ribadito la richiesta dell’esecutivo di Madrid di sospendere l’accordo di associazione Ue-Israele, anche se si tratta probabilmente di una battaglia contro i mulini a vento. Per metterlo in pausa serve, anche qui, l’unanimità degli Stati membri. Tuttavia, il Consiglio Ue ha recentemente aperto alla revisione dell’accordo, una mossa che evidenzia l’isolamento politico crescente di Netanyahu.

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    Israele, l’ex Alto rappresentante Borrell attacca l’Ue: “La metà delle bombe sganciate su Gaza sono europee”

    Bruxelles – Ora che l’Ue, con colpevole ritardo, ha deciso che procederà ad una revisione dell’accordo di associazione con Israele, l’ex Alto rappresentante per gli Affari esteri, Josep Borrell – che già sei mesi fa cercò di insistere per la sospensione del dialogo politico con Tel Aviv -, può togliersi qualche sassolino dalle scarpe. In un’intervista alla radio spagnola Cadena Ser, ha affermato che “la metà delle bombe che cadono su Gaza sono fabbricate in Europa” e che, “se l’Europa volesse, avrebbe una grande capacità di influenzare Israele“.Il socialista catalano, ora presidente del Barcelona Centre for International Affairs, è stato l’unico, tra i vertici delle istituzioni europee, a denunciare apertamente le violazioni del diritto internazionale commesse da Israele dopo il 7 ottobre 2023 e i doppi standard di Bruxelles. Di fronte al silenzio di Ursula von der Leyen – che “ha dimostrato pochissima empatia per le sofferenze dei palestinesi” – ha cercato di dare seguito alla richiesta di revisione dell’Accordo di associazione con Tel Aviv che Spagna e Irlanda avevano inoltrato alla Commissione europea già nel febbraio del 2024. Un tentativo fallito a causa dell’allora opposizione della maggior parte dei Paesi membri. La situazione ora si è ribaltata e 17 capitali Ue (ma non Roma) hanno sostenuto la nuova richiesta messa sul tavolo dal governo olandese.“Meglio tardi che mai”, ha commentato amaramente Borrell, sottolineando che, da quando Madrid e Dublino sollevarono la questione per la prima volta, “sono passati 15 mesi e quasi 30 mila morti in più“. La verifica del rispetto degli obblighi sui diritti umani da parte di Israele, prevista dall’articolo 2 dell’accordo Ue-Israele, è stata infine paradossalmente lanciata dal suo successore, la liberale estone Kaja Kallas, molto più cauta finora nelle critiche a Tel Aviv, e sarà condotta dai servizi interni della Commissione europea in cooperazione con il Servizio Europeo di Azione Esterna (Eeas). Questo perché il vasto accordo che lega Bruxelles a Tel Aviv copre diverse dimensioni: per la parte politica, ne è competente l’Alto rappresentante e in definitiva il Consiglio dell’Ue, mentre l’area economica è coperta dalla Commissione.Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, con l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, il 20 febbraio 2025E mentre eventuali modifiche dei termini politici dell’accordo vanno approvate all’unanimità dai Paesi membri, basterebbe la maggioranza qualificata per decidere ad esempio di limitare gli scambi commerciali con Israele. “La Commissione può proporlo – ha spiegato Borrell -. Se l’Europa volesse, avrebbe una grande capacità di influenzare Israele”.L’ex capo della diplomazia europea ha sollevato dubbi sulla possibilità che Benjamin Netanyahu possa essere processato per crimini di guerra e contro l’umanità, sottolineando al contempo “la delusione di vedere che in Europa qualche Paese lo accoglie con grandi onori”. Il premier israeliano si è recato recentemente in Ungheria, su invito di Viktor Orban, che ha contemporaneamente avviato il processo per la fuoriuscita di Budapest dalla Corte Penale Internazionale. “Genocidio è una definizione giuridica che dovrà essere determinata da un tribunale, ma non ho nessun dubbio che ci sia un’intenzione genocida“, ha aggiunto Borrell, definendo l’esecutivo guidato da Netanyahu come “il più religioso e fanatico che ci sia mai stato in Israele”.Di chi sono le armi utilizzate da Israele a GazaBorrell ha affermato, nel corso dell’intervista, che “la metà delle bombe che cadono su Gaza sono fabbricate in Europa”. Israele, dal 7 ottobre a oggi, ha sganciato oltre 100 mila tonnellate di esplosivo sull’enclave palestinese. Già a novembre 2024, in un anno di bombardamenti, aveva superato la quantità di esplosivo utilizzato durante tutta la seconda guerra mondiale.A livello militare, Israele dipende fortemente dai rifornimenti che arrivano da Washington. Secondo i dati dello Stockholm International Peace Research Institute, nel periodo 2020-2024 i due terzi delle importazioni di armi di Israele sono giunte dagli Stati Uniti (66 per cento). Per la guerra a Gaza, spiega il SIPRI, Israele “ha fatto ampio ricorso alle armi ricevute in aiuto dagli Stati Uniti prima del 7 ottobre 2023, in particolare agli aerei da combattimento”. Ma ha continuato a ricevere nel corso del 2024 “ingenti aiuti militari” dalla Casa Bianca, tra cui “missili, bombe guidate e veicoli blindati”.Gli altri due grandi fornitori di armi a Israele sono la Germania, al 33 per cento delle importazioni, e l’Italia, all’1 per cento. Berlino consegna a Tel Aviv soprattutto armamenti destinati alle forze navali israeliane, ma anche motori per i veicoli blindati che vengono utilizzati nella guerra di Gaza. La maggior parte di ciò che arriva da Roma, secondo quanto tracciato dal SIPRI, sono elicotteri leggeri e cannoni navali. L’Italia produce anche componenti per gli F-35 americani su cui volano le forze di difesa israeliane.

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    Sdegno internazionale per gli spari israeliani sui diplomatici a Jenin. Kallas: “Inaccettabile, Tel Aviv faccia chiarezza”

    Bruxelles – Roma, Parigi, Madrid. E Bruxelles. Immediate le condanne delle cancellerie europee per l’episodio di Jenin, dove le forze di difesa israeliane hanno sparato dei colpi d’avvertimento nei confronti di una delegazione diplomatica in visita nella Cisgiordania occupata. “È inaccettabile“, ha dichiarato l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, che ha chiesto a Tel Aviv di indagare sull’incidente e di portare davanti alla giustizia i responsabili. Il governo italiano, il cui vice console è stato coinvolto nell’incidente, ha convocato l’ambasciatore israeliano a Roma.L’esercito israeliano ha rilasciato a stretto giro una dichiarazione di scuse, annunciando accertamenti e spiegando che “la delegazione ha deviato dal percorso approvato ed è entrata in un’area dove non era permesso stare”, motivo per cui “i soldati che operano nell’area hanno sparato colpi di avvertimento per tenerli lontani”. Resta il fatto che “le minacce contro i diplomatici sono inaccettabili”, ha dichiarato il vicepremier italiano, Antonio Tajani, e che – come ricordato dal capo della diplomazia Ue – Israele è firmatario della Convenzione di Vienna e “ha l’obbligo di garantire la sicurezza di tutti i diplomatici stranieri”.La notizia dello spiacevole “incidente” – va ricordato che a Gaza, dall’ottobre del 2023, sono stati uccisi centinaia di operatori umanitari, alcuni volontariamente presi di mira dai bombardamenti israeliani, nonostante il diritto internazionale umanitario preveda la protezione degli operatori umanitari negli scenari di guerra – è giunta a Bruxelles proprio nel giorno in cui, al Parlamento europeo, si è tornato a parlare con urgenza della risposta dell’Ue al piano del governo israeliano di occupare la Striscia di Gaza.Socialisti, verdi e sinistra chiedono a gran voce azioni decisive. “La decisione presa ieri dall’Ue di rivedere l’accordo di associazione non è sufficiente. Avrebbe dovuto essere presa molto tempo fa. Ora è il momento di sospenderlo. Una revisione non è sufficiente. Sospendiamo l’accordo di associazione, imponiamo un embargo totale sulle armi a Israele e sanzioni individuali ai membri di spicco del governo Netanyahu”, ha dichiarato in plenaria la leader socialista Iratxe Garcia Perez. Sulla stessa linea i Verdi, secondo cui “il governo e l’esercito israeliani sono responsabili delle più gravi violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani, non possiamo restare a guardare”.La protesta di The Left, Verdi e S&d davanti al Parlamento europeo [Ph: Account X The LEft]Per Benedetta Scuderi, eurodeputata dei Verdi rientrata dalla ‘Carovana solidale’ a Rafah con l’Intergruppo per la pace, “a Gaza è piu’ facile morire che sopravvivere”. E “a volte è meglio morire”, le avrebbe detto una cittadina di Gaza che è riuscita a scappare. “Siamo stanche dei dibattiti in plenaria mentre la gente muore. Cosa ancora deve accadere per sanzionare Israele, per interrompere l’accordo di commercio, porre un embargo totale sulle armi?”, ha attaccato Scuderi.Prima del dibattito, i deputati europei della sinistra, dei Verdi e dei Socialisti, insieme a attivisti e funzionari dell’Ue, si sono sdraiati a terra davanti al Parlamento di Bruxelles, rappresentando le decine di migliaia di persone uccise a Gaza dall’Idf negli ultimi 20 mesi. Per il gruppo The Left “è evidente che l’articolo 2 dell’accordo di associazione UE-Israele è stato sistematicamente violato da Israele, che ha perpetrato un genocidio a Gaza. Il processo di revisione annunciato questa settimana dall’Ue è solo una manovra dilatoria”.Nella giornata di ieri (20 maggio), il Consiglio dell’Ue ha deciso che procederà ad un esercizio di revisione dell’articolo 2 dell’Accordo di associazione con Israele, che impone alle parti il rispetto dei diritti umani. Per la prima volta dopo più di un anno e mezzo di guerra e 53 mila vittime palestinesi, una maggioranza di 17 Paesi membri si è detta a favore della revisione. Italia e Germania si sono opposte.

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    L’Ue ha aperto alla revisione dell’accordo di associazione con Israele. Ma saltano le sanzioni ai coloni

    Bruxelles – Gli alleati di Israele – dall’Unione europea al Regno Unito, fino ad un “frustrato” Donald Trump – sono sempre più in difficoltà di fronte ai deliberati crimini di Tel Aviv contro la popolazione civile a Gaza. Ieri, la durissima dichiarazione congiunta di Francia, Regno Unito e Canada contro le “azioni scandalose portate avanti dal governo” di Benjamin Netanyahu. Oggi (20 maggio), a più di un anno e mezzo da quando è stato messo sul tavolo la prima volta, l’Unione europea ha deciso che procederà a una revisione dell’accordo di associazione con Israele.L’ha annunciato Kaja Kallas, l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, a margine della riunione con i ministri degli Esteri dei 27. “Una forte maggioranza dei Paesi membri è a favore della revisione dell’articolo 2 del nostro accordo di associazione” con Israele – quello che prevede che i rapporti tra Bruxelles e Tel Aviv siano basati sul rispetto dei diritti umani -, ha dichiarato il capo della diplomazia europea. Ci aveva provato il suo predecessore, Josep Borrell, dando seguito alla richiesta di Spagna e Irlanda di fronte al silenzio della Commissione europea, salvo poi sbattere sulle resistenze delle altre capitali.Gaza City, il 4 maggio 2025 (Photo by Omar AL-QATTAA / AFP)L’estone, molto più cauta nel criticare le operazioni militari israeliane a Gaza, ha preferito in un primo momento convocare un Consiglio di associazione per discuterne apertamente con il partner israeliano, celebrato lo scorso 20 febbraio 2025. Una kermesse che non ha portato ad alcun risultato, e che anzi ha solo contribuito a far percepire l’Unione europea come complice del governo estremista di Netanyahu. Ora, la strategia cambia, e gli Stati membri “avvieranno questo esercizio”, sperando che questo basti a fermare Israele.Il gruppo della Sinistra al Parlamento europeo, il più risoluto nel denunciare gli orrori commessi a Gaza, ha commentato amaramente: “Il mondo intero ha assistito a un genocidio, proprio davanti ai nostri occhi, eppure l’Unione europea ha impiegato 20 mesi solo per prendere in considerazione un’azione contro i crimini di guerra israeliani”. Marc Botenga, coordinatore del gruppo per gli Affari esteri, ha rilanciato: “Abbiamo bisogno di un embargo totale sulle armi contro Israele e dell’immediata cancellazione dell’accordo di associazione Ue-Israele”.In realtà, perché la verifica del rispetto degli obblighi sui diritti umani porti a un’effettivo riposizionamento dell’Ue nei confronti di Tel Aviv, la strada è lunga e complicata. Per una sospensione, anche parziale, dell’Accordo di associazione, serve un voto all’unanimità. E già oggi è bastato uno Stato membro – l’Ungheria, rivelano fonti diplomatiche – per bloccare nuove sanzioni ai coloni israeliani violenti in Cisgiordania.Sanzioni chieste esplicitamente verso “alcuni ministri” del governo Netanyahu dalla ministra degli Esteri svedese, Maria Malmer Stenegard. In un messaggio all’Afp, ha dichiarato: “La Svezia è amica di Israele, ma ora dobbiamo alzare ancora il tono. Ci batteremo per le sanzioni europee contro alcuni ministri israeliani” che “sostengono una politica di insediamento illegale e si oppongono attivamente a una futura soluzione dei due Stati”. Anche l’omologa slovena, Tanja Fajon, ha annunciato che Lubiana “sta valutando, insieme a Francia e Irlanda, la possibilità di imporre sanzioni contro Israele”.

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    Israele, l’Ue respinge “qualsiasi tentativo di cambiamento demografico” a Gaza

    Bruxelles – Per la prima volta da quando le è stato affidato l’incarico di Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas promette di “fare di più” per mettere pressione a Israele affinché rispetti il diritto internazionale nella sua devastante offensiva a Gaza. Incalzata dalla “maggioranza dei Paesi membri” alla riunione informale dei ministri degli Esteri Ue a Varsavia, il capo della diplomazia europea ha dichiarato: “Respingiamo qualsiasi tentativo di cambiamento demografico o territoriale nella Striscia di Gaza, così come il trasferimento forzato della popolazione palestinese”.Quel che sta succedendo nell’enclave palestinese – dove da oltre due mesi non entrano più aiuti umanitari a causa del blocco imposto da Israele – “è insostenibile” e la situazione “si sta rapidamente deteriorando”, ha affermato Kallas a margine della riunione. Dopo settimane di silenzi assordanti, gli ultimi sviluppi hanno riportato il conflitto tra Israele e Hamas in alto nell’agenda di Bruxelles. Che da un lato invoca il rispetto del diritto internazionale in Ucraina, dall’altro continua a mantenere rapporti più che amichevoli con il governo di Benjamin Netanyahu, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità – come Vladimir Putin – dalla Corte penale internazionale.Prima la rottura del cessate il fuoco e il nuovo disumano assedio della Striscia, ora il piano per prendere il controllo della distribuzione di aiuti umanitari tagliando fuori l’Onu e i suoi partner e soprattutto l’annuncio dell’estensione delle operazioni militari per conquistare Gaza. Dove non ci sono solo i miliziani di Hamas, ma 2,2 milioni di civili che sopravvivono tra le macerie, in mezzo a bombardamenti indiscriminati e senza più né acqua né cibo. L’agenzia di stampa palestinese Wafa ha riferito che nelle ultime 24 ore almeno 106 persone sono state uccise e altre 367 ferite a causa degli attacchi israeliani. Ieri, in un comunicato, il Commissario generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa), Philippe Lazzarini, ha riportato dell’uccisione di almeno 30 sfollati in una scuola dell’Unrwa. “A Gaza, giorno dopo giorno, l’inazione e l’indifferenza stanno normalizzando la disumanizzazione e ignorando i crimini trasmessi in diretta sotto i nostri occhi: famiglie bombardate, bambini bruciati vivi, bambini affamati”, ha scritto.Distribuzione di cibo nel centro della Striscia di Gaza, 5/5/25 (Photo by Eyad BABA / AFP)A sollevare la questione con urgenza a livello Ue sono stati a sorpresa i Paesi Bassi, finora tra i più restii a criticare l’alleato israeliano. Il ministro degli Esteri olandese, Caspar Veldkamp, ha rispolverato la richiesta – già sostenuta da Spagna e Irlanda e poi accantonata da Bruxelles – di procedere a una revisione dell’accordo di associazione Ue-Israele a causa delle chiare violazioni del diritto internazionale umanitario da parte di Tel Aviv. L’articolo 2 dell’accordo prevede infatti il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici come base della cooperazione tra l’Unione e lo Stato ebraico.“Abbiamo deciso di discuterne al prossimo Consiglio Affari Esteri, che si terrà il 20 maggio”, ha annunciato Kallas. È un passo in avanti, a onor del vero già compiuto sei mesi fa dal suo predecessore Josep Borrell, il cui tentativo di interrompere il dialogo politico con Israele venne però bocciato sul nascere dai Paesi membri. Ed anche ora, di fronte alla nuova escalation israeliana, gli Stati membri restano divisi, ne è la riprova il fatto che nessuna nota di condanna è stata diffusa finora a nome dei 27. “Naturalmente dobbiamo fare brainstorming su cosa possiamo fare di più, sapete bene che su alcune questioni abbiamo opinioni molto divergenti fra gli Stati membri“, ha ammesso Kallas. Ma “ora la situazione è cambiata”, ha aggiunto. Forse se n’è accorta anche lei, la liberale estone falco dell’Ue per l’Ucraina. Meglio tardi che mai.

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    Eurodeputati del Pd: “Stop all’accordo di associazione tra Ue e Israele”

    Bruxelles – “Se aspettiamo ulteriormente a intraprendere azioni concrete per fermare il governo di Netanyahu, non sarà rimasto nulla da salvare”. Lo affermano gli eurodeputati del Pd Cecilia Strada, Annalisa Corrado, Alessandro Zan, Camilla Laureti, Sandro Ruotolo, Brando Benifei e Marco Tarquinio, in un comunicato che chiede a gran voce la cessazione del sostegno europeo ad Israele.Sottolineando che il Paese impedisce l’accesso degli aiuti umanitari alla Striscia di Gaza da oltre un mese e continua a mietere vittime nella popolazione civile, il gruppo ha fatto appello alle istituzioni europee, invitandole ad “intervenire immediatamente con tutti gli strumenti a disposizione per far valere il diritto internazionale e supportare la popolazione civile palestinese, a partire dall’immediata sospensione dell’Accordo di cooperazione con Israele e l’embargo sulle armi verso Israele”, richiesta condivisa dalla capogruppo del gruppo Socialisti & democratici Iratxe Garcia Perez e dalla segretaria del Pd Elly Schlein.I deputati hanno inoltre attaccato l’atteggiamento del governo italiano nei confronti del mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale nei confronti di Netanyahu: “Riteniamo gravissimo che l’aereo con a bordo il Presidente Netanyahu” diretto a Washington “abbia sorvolato il suolo italiano deviando la rotta di viaggio per evitare lo spazio aereo di alcuni Paesi che avrebbero potuto applicare il mandato d’arresto emesso dalla Cpi nei suoi confronti” proseguono gli europarlamentari. In merito al sorvolo, questa mattina (10 aprile) il Partito democratico ha presentato a Roma una interrogazione parlamentare per chiedere al governo di Giorgia Meloni attraverso quali procedure questo sia stato autorizzato.