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    Quirinale:Letta, largo sostegno per presidente, anche Meloni

    “A gennaio ne discuteremo ma secondo me in questa situazione è bene che il presidente venga eletto con una larga maggioranza o largo sostegno perchè sarebbe contradditorio che venga eletto da una maggioranza stretta mentre il governo è sostenuto dalla maggioranze più larga della storia repubblicana”. Così il segretario Pd Enrico Letta a Corriere.it. Anche Giorgia Meloni dovrebbe essere coinvolta nella scelta del prossimo presidente?” Sì – ha risposto Letta – serve una maggioranza larga, è positivo comprendere l’opposizione ma non ne abbiamo parlato (con Meloni, ndr)”.
    “Io credo che sia importante – ha aggiunto – che l’impegno per la campagna vaccinale ed il Recovery vadano avanti per tutto l’anno prossimo, il 2022 è un anno in cui queste priorità devono trovare concretizzazione, sarebbe sbagliato se il 2022 fosse un anno di crisi politica e di elezioni, noi abbiamo un sistema che non permette una crisi di un mese ma in Italia significa 6 mesi di blocco”.
    “Ci sono stati molti danni da questa legge elettorale, si è creato un sistema politico molto frammentato anche a causa delle regole della vita parlamentare che non funzionano. Dopo l’elezione del Quirinale dovremo aprire una riflessione su riforme come quella dei regolamenti parlamentari che limiti il trasformismo parlamentare” e “aprire una discussione sulla legge elettorale il giorno dopo aver eletto Capo Stato con una larga maggioranza. Prima non ci sono le condizioni perchè il centrodestra è arroccato sull’elezione di Berlusconi al Quirinale”. “So che c’è il no al vincolo di mandato in Costituzione ma tra la libertà e l’incentivo ad andare nel Misto come oggi ci sono vie di mezzo che vanno perseguite – ha aggiunto -, lo vedremo nell’elezione del Quirinale, il gruppo Misto è diventato il più numeroso, se è così importante è figlio di una situazione di difficoltà”.

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    Giornata Internazionale della Montagna

    Si è svolta al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la cerimonia in occasione della Giornata Internazionale della Montagna. Sono intervenuti il Direttore Generale della FAO, Qu Dongyu, il Referente per il Manifesto internazionale dei Giovani per la Montagna, Magda Ciullo, il Presidente del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Giovanni Cannata, il Sindaco di Fonni, Daniela Falconi, e il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Mariastella Gelmini. Al termine il Presidente Mattarella ha rivolto un indirizzo di saluto. Erano presenti rappresentanti dell’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani e dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani. 
    “Vorrei sottolineare anch’io come l’evidenza con cui si è intesa celebrare quest’anno la Giornata della Montagna merita apprezzamento. Rappresenta un’attestazione di come sia cresciuta, a livello globale, la consapevolezza del ruolo rivestito dai territori montani per preservare la biodiversità e per difendere le risorse naturali nella grande partita che si sta giocando sul futuro del pianeta. Tra i profili sotto i quali si possono valutare le difficoltà di percorso e le ambizioni per una ripresa efficace che sappia contrastare gli effetti della pandemia, quello dei territori montani si presenta come particolarmente significativo. È negli spazi alpini e appenninici di ogni zona montana che emergono con straordinaria puntualità sia i disagi derivanti dall’essere “periferie”, sia le disuguaglianze nell’accesso ai servizi pubblici essenziali, tali da manifestare una vera e propria questione di garanzia di diritti di cittadinanza per gli abitanti di queste aree”. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel corso della cerimonia in occasione della Giornata Internazionale della Montagna che si è svolta al Quirinale.
    “Il dovere della Repubblica di garantire i diritti di cittadinanza nelle aree cosiddette marginali rappresenta un tema che unisce, necessariamente, le sorti delle periferie urbane e quelle delle aree rurali e interne, delle montagne; in un’epoca in cui, paradossalmente, assistiamo alla ritirata della presenza umana da quelle che sono le aree verdi per eccellenza del pianeta. Una sfida che dobbiamo raccogliere nel processo di ripresa in questa fase della vita del nostro Paese”, ha detto Mattarella. “Si tratta – ha aggiunto il capo dello Stato – del tema dei luoghi “pieni” e dei luoghi “vuoti. Tanti sono i vuoti, a partire da quelli raddoppiati in questa condizione perché mostrano i segni dei terremoti degli ultimi anni lungo l’arco appenninico. Occorre, quindi, porsi il problema di una ambiziosa riprogettazione che, accanto alle spinte alla rigenerazione urbana nelle grandi città, assuma la questione del riabitare alcune zone d’Italia. Con attenzione, vorrei dire, soprattutto, ai “vuoti”. Fare riabitare significa riabilitare e, talvolta, realizzare le indispensabili infrastrutture, ambientali e sociali. Innovazione, sostenibilità, sono percorsi essenziali per il nostro futuro. Non possiamo immaginare un futuro in cui il ruolo chiave nella trasformazione del Paese tocchi soltanto agli abitanti di alcuni territori”.

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    YouTrend, cosa accadrebbe se oggi si tenessero le elezioni politiche con il Rosatellum?

    Cosa accadrebbe se oggi si tenessero le elezioni politiche e si votasse col Rosatellum, tenendo conto della riduzione dei parlamentari, del conseguente ridisegno dei collegi e dell’abbassamento da 25 a 18 anni dell’età minima per votare per il Senato?
    YouTrend ha condotto, insieme a Cattaneo Zanetto & Co, 3 simulazioni, ognuna basata su un diverso schema di coalizioni tra le forze politiche. Dalla simulazione sono stati esclusi i seggi assegnati all’estero, pertanto ha riguardato 392 seggi su 400 alla Camera e 196 su 200 al Senato.
    Nello scenario A a sfidarsi sarebbero l’asse giallo-rosso, il blocco sovranista composto da Lega e FdI e un polo centrista composto da IV, Azione, +Europa, Forza Italia e Coraggio Italia. In questo caso nessuna coalizione otterrebbe la maggioranza assoluta dei seggi, anche se i giallorossi sarebbero lo schieramento di maggioranza relativa con 194 seggi su 400 alla Camera (dove la soglia della maggioranza assoluta è fissata a 201) e 100 seggi su 200 al Senato (dove, se escludiamo i senatori a vita, la soglia della maggioranza assoluta è a 101). Lega e FDI si fermerebbero a 153 seggi alla Camera e 74 al Senato.
    Nella quota maggioritaria il blocco di centro allargato a Forza Italia e Coraggio Italia non riuscirebbe a eleggere deputati e senatori, per cui i suoi 62 parlamentari sarebbero tutti eletti nella quota proporzionale. I 147 collegi uninominali della Camera sarebbero infatti ripartiti tra giallo-rossi (88), centrodestra (57) e SVP (2), così come i 74 collegi uninominali del Senato (46 ai giallo-rossi, 26 al centrodestra e 2 alla SVP).
    Nello scenario B i tre schieramenti sono invece il centrodestra «classico» (Lega, FdI, FI, Coraggio Italia), il polo centrista (IV, Azione e +Europa) e l’asse giallo-rosso. In questo caso sarebbe il centrodestra a vincere, ottenendo 202 seggi alla Camera e 101 al Senato. Al centrosinistra allargato al M5S, ma ‘orfano’ dei centristi, andrebbero invece 168 seggi alla Camera e 84 al Senato.
    Anche qui, come nello scenario precedente, lo schieramento centrista non riuscirebbe a vincere alcun collegio uninominale, ma otterrebbe seggi esclusivamente nella quota proporzionale. Negli uninominali, infatti, il centrodestra eleggerebbe 83 deputati e 41 senatori, l’asse giallo-rosso 62 deputati e 31 senatori e la SVP 2 deputati e altrettanti senatori.
    Infine, lo scenario C vede il centrodestra perdere contro un maxi-schieramento comprendente sia l’asse giallo-rosso sia IV, Azione e +Europa. Quest’ultimo otterrebbe infatti 210 seggi alla Camera e 107 al Senato. Al centrodestra 179 deputati e 87 senatori.
    Nella quota maggioritaria, il centrodestra vincerebbe 60 collegi uninominali alla Camera e 27 al Senato, mentre lo schieramento opposto composto da centrosinistra e M5S ne vincerebbe 85 alla Camera e 45 al Senato e la SVP ne otterrebbe sempre 2 in ciascuna delle due Camere.

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    Hong Kong, Jimmy Lai colpevole per la veglia su Tienanmen

    Il magnate dei media Jimmy Lai è tra i tre attivisti pro-democrazia di Hong Kong giudicati colpevoli per la partecipazione e l’incitamento all’adesione nel 2020 alla veglia “illegale” in ricordo dei fatti sanguinosi di Piazza Tienanmen. Oltre a Lai, 74enne fondatore del tabloid pro-democrazia Apple Daily, sono coinvolti l’ex giornalista Gwyneth Ho e il noto avvocato per i diritti Chow Hang-tung. La presenza di Lai alla conferenza stampa di presentazione dell’evento “è stato un atto deliberato per raccogliere sostegno e pubblicizzare l’assemblea non autorizzata che ne è seguita”, ha stabilito la giudice Amanda Woodcock. 
    L’anno scorso le autorità di Hong Kong avevano accusato una trentina di persone, tra politici e attivisti pro-democrazia, di aver partecipato alla veglia del 4 giugno non autorizzata di commemorazione delle vittime della repressione del 1989 di Piazza Tienanmen da parte di Pechino, nonostante il divieto della polizia.
    I tre giudicati colpevoli dalla Corte distrettuale, in attesa della condanna che sarà definita successivamente, sono stati gli unici a contestare le accuse in tribunale, diventando gli ultimi a ricevere il verdetto. In generale, i tre hanno argomentato di essere andati ad accendere candele a titolo personale e di non aver “incitato” altri a partecipare alla veglia nel Victoria Park.
    Chow, avvocato di lunga esperienza, si è rappresentato da solo in tribunale, paragonando le sue azioni al “tank man”, la persona che sfidò la colonna di carri armati cinese durante la repressione di Tienanmen diventando un’icona.
    La giudice Woodcock ha respinto tali argomenti, definendoli “insensati. La realtà – ha affermato nel resoconto dei media locali – era che qualsiasi intenzione di uscire allo scoperto e di partecipare alla veglia a lume di candela a Victoria Park quella notte era un atto di sfida e di protesta contro la polizia”.
    Amnesty International ha descritto i verdetti come l’ultimo “attacco ai diritti alla libertà di espressione e di riunione” a Hong Kong, affermando che le autorità hanno criminalizzato una “manifestazione pacifica e socialmente distanziata”.
    Tenute ininterrottamente per trent’anni, le veglie sono state vietate nel 2020 e nel 2021 con la motivazione delle restrizioni anti-pandemiche per combattere il Covid-19 e della sicurezza dopo le violente proteste pro-democrazia del 2019.
    In precedenza, 16 politici e attivisti, tra cui Joshua Wong, sono stati condannati da sei a 10 mesi di carcere per il ruolo avuto nella veglia, con alcune sospensioni di pena. Pechino, invece, ha chiarito quest’anno che non avrebbe più tollerato alcuna commemorazione di Tienanmen a Hong Kong o Macao, gli unici due luoghi in Cina in cui era possibile farlo. 

       

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    Nato il secondo figlio di Johnson e Carrie, è una bambina

    Il primo ministro britannico Boris Johnson e sua moglie Carrie hanno annunciato la nascita, in un ospedale di Londra, del loro secondo figlio, una bambina. “Sia madre che figlia stanno molto bene. La coppia desidera ringraziare il brillante team di maternità dell’Nhs (servizio sanitario pubblico, ndr) per tutte le loro cure e il sostegno”, si legge in un comunicato. 
    Dall’unione tra il premier britannico e l’attuale consorte era già nato Wilfred nell’aprile 2020. Johnson, noto per la vita personale tumultuosa, segnata da tre matrimoni e da un numero imprecisato di relazioni, con la nuova arrivata in famiglia ha in tutto sette figli. Il leader Tory ne ha avuti 4 dalla seconda moglie, Marina Wheeler, avvocato, con cui ha sperimentato l’unione finora più lunga, circa 25 anni. Un altro figlio – nato nel 2009 da un’avventura extraconiugale con l’esperta di arte Helen Macintyre e di cui egli aveva inizialmente negato la paternità – è stato poi riconosciuto legalmente nel 2013. Solo lo scorso settembre Johnson ha ammesso in un’intervista concessa alla tv americana Nbc di avere i 6 figli che tutte le biografie gli accreditavano per certo, ai quali si è aggiunta la piccola nata oggi.   

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    La corsa al Quirinale sotto la lente internazionale

    La corsa per il Quirinale è un “dilemma” per la stabilità politica dell’Italia. E’ quanto osserva il Financial Times in un’analisi online che dimostra quanto la vicenda del voto per il Colle sia sotto la lente degli osservatori, ma anche dei mercati, internazionali.
    Dopo la standing ovation a favore di Mattarella per un suo bis, il quotidiano della City mette in evidenza che “la prospettiva che Mario Draghi si dimetta da primo ministro per assumere la presidenza, minaccia di far piombare l’Italia nell’instabilità politica proprio mentre il governo intraprende ambiziose riforme strutturali e un piano di ripresa sostenuto da quasi 200 miliardi di euro di fondi Ue”. Se non è uno stop, certamente ci somiglia moltissimo.
    Intanto le forze politiche tornano a dividersi sul profilo del futuro capo dello Stato. Lo schema è sempre quello: da un lato chi auspica un accordo largo, dall’altro chi invece vede legittimamente la possibilità di privilegiare un interlocutore prima di altri. E’ il caso del vicesegretario della Lega, Lorenzo Fontana, intervistato da Repubblica: “Il centrodestra si presenterà unito, ma per eleggere un Presidente – osserva – servono consensi più ampi. Bisogna trovare i numeri che non abbiamo. E non abbiamo preclusioni, nel dialogo, nei confronti di nessuno”, tuttavia aggiunge: “Renzi e un’eventuale aggregazione di Centro sono i più vicini a noi, dunque saranno i primi con i quali ci confronteremo”.
    Di contro il leader del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte, ospite di Atreju, auspica un confronto ampio: “Serve una discussione aperta a tutte le forze politiche in modo da avere una figura di alto valore e grande rilevanza morale”. Poi stimolato dalle domande sulla vicinanza o meno al Pd del futuro inquilino del Quirinale, osserva che “non è scritto da nessuna parte che il Presidente debba avere una provenienza politica particolare”.
    Ma a fianco dell’inevitabile dibattito sul Colle, al di là dell’immancabile totonomi, sta ripartendo fortissimo il confronto sulle riforme, dalla legge elettorale alla forma di governo, presidenzialismo si o no. Sul primo punto, è Goffredo Bettini, ascoltatissimo punto di riferimento nel Pd, a rompere gli indugi: “Dico: proporzionale, proporzionale e ancora proporzionale. Le difficoltà di costituire una realtà dei cosiddetti riformisti per svolgere un ruolo positivo, mentre oggi svolgono soprattutto un ruolo di incursione negativa nei confronti del Pd e degli altri partiti, impone la scelta del proporzionale”. A ruota anche Giuseppe Conte, che oltre a rilanciare il proporzionale, ma con la soglia del 5%, come Bettini, punzecchia l’asse Renzi-Calenda. Ospite alla festa di Fratelli d’Italia, legge un tweet molto duro, senza citarne l’autore, in cui il leader di Azione dice che ogni cinque stelle dovrebbe restare fuori da ogni attività se non quella di vendere il chinotto allo stadio…”Io – aggiunge Conte accolto dagli applausi della platea meloniana – non offenderei mai l’elettorato di Fdi e non mi porrei mai l’obiettivo della distruzione di FdI. Non ho problemi con Renzi e Calenda, forse li hanno loro con me”.
    Sul fronte delle riforme costituzionali, invece, Conte gela Atreju e la sua proposta di presidenzialismo, appoggiata ieri da tutto il centrodestra, rilanciando invece sulla sfiducia costruttiva: “Non credo che ora ci sia la prospettiva di dare vita a una fase costituente. Ora serve qualcosa di concreto: firmiamo la sfiducia costruttiva, senza cambiare l’impostazione generale, facciamo – conclude – come in Germania”.    

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    Cartabia: “Il Csm la prossima imminente riforma”

    “Il Csm e l’ordinamento giudiziario è il prossimo imminente appuntamento di riforme”. Lo ha assicurato la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ad Atreju.”Ho proceduto partendo dell’esistente, mettendo al lavoro una commissione tecnica, ho ascoltato proposte dei gruppi politici e dalla magistratura, cercando un punto percorribile – ha spiega -. Io potrei avere in mente la mia riforma ideale, ma si tratta di trovare una riforma possibile. Mi sono arrivati degli spunti e dei ‘non desiderata’. A partire da domani mattina alle 8 ci sarà una consultazione di tutti i gruppi di maggioranza per trovare punti convergenza”. 
    “Oggi sono circolate non so sulla base di quali fonti delle informazioni sbagliate sul caso Maresca. La proposta che farò alle forze di maggioranza è come un caso come quello non possa mai più ripetersi”, ha detto Cartabia ad Atreju: “che un giudice possa svolgere contemporaneamente, anche e lontano dal suo distretto, funzioni giudiziarie e politiche non deve accadere. C’è una stella polare della magistratura che deve essere non solo praticata ma anche percepita. Non importa se si tratta di cariche elettive locali, né per queste, né a maggiore per quelle parlamentari”.

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    Germania, Scholz giura, è il nono cancelliere. Si chiude l'era Merkel. Ovazione al Bundestag

    Ultimo passaggio ufficiale in questa lunga prima giornata per Olaf Scholz come nono cancelliere della Germania. Angela Merkel ha ricevuto Olaf Scholz per il passaggio di consegne in cancelleria e gli ha rivolto le congratulazioni per il nuovo incarico, auspicando che “lavori perché il Paese possa stare al meglio”. “So per esperienza personale che è un momento commovente quello in cui si viene eletti”, gli ha detto prendendo la parola. “Il compito è pieno di sfide, ma è anche uno dei più belli che si possano svolgere”, ha aggiunto Merkel, augurando al suo successore di avere successo. “Sarà un nuovo inizio per il nostro paese, io farò di tutto per riuscirci”. Lo ha detto il neocancelliere tedesco Olaf Scholz, prendendo il testimone da Angela Merkel. “Penso che sia qualcosa di speciale essere cancelliere della Repubblica federale, ed è una grande sfida”, ha sottolineato il leader socialdemocratico.  “Il passaggio di consegne avviene nel mezzo di una crisi non chiusa e questo comporta continuità e comunanza”. Lo ha detto il neocancelliere tedesco, Olaf Scholz, citando l’emergenza pandemica al passaggio delle consegne con Angela Merkel. Il neocancelliere ha sottolineato che “soltanto vaccinandosi” si può uscire dalla pandemia.
    Il socialdemocratico Olaf Scholz ha giurato nel Bundestag come nuovo Bundeskanzler (cancelliere) della Repubblica federale tedesca. E’ il nono dal 1949. Dopo l’elezione in Parlamento di stamani, e la nomina del Capo dello Stato Frank-Walter Steinmeier, questo è il momento cruciale della mattinata, che apre una nuova era per la Germania dopo 16 anni di cancellierato di Angela Meerkel. Scholz è atteso di nuovo al castello di Bellevue, il Quirinale tedesco, stavolta con tutti i suoi ministri. Il passaggio delle consegne in cancelleria è in programma alle 15.
    Il socialdemocratico Scholz è stato eletto cancelliere dal Bundestag con 395 voti. A 63 anni, Scholz diventa il quarto cancelliere dell’Spd dopo Willy Brandt, Helmut Schmidt e Gerhard Schroeder.  Scholz guiderà la coalizione cosiddetta “Semaforo”, costituita da Spd, Verdi e Liberali dopo aver vinto le elezioni l 26 settembre. Dopo 16 anni al governo, l’Unione (Cdu-Csu) andrà all’opposizione. Un lungo applauso con ovazione ha salutato Angela Merkel al Bundestag.