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    Quirinale, la corsa al Colle

    Nulla è stato deciso, nulla è definitivo, ma sul Colle non è più tempo di pretattica. L’affondo di Matteo Salvini di ieri pare abbia provocato l’effetto sperato: Silvio Berlusconi, dopo settimane di intenso lavoro alla caccia dei voti, per la prima volta pare stia seriamente valutando di far cadere la sua candidatura. Nelle stesse ore Mario Draghi si riprende prepotentemente la ribalta tornando a tessere la sua tela: in mattinata il premier vede Sergio Mattarella, quindi Roberto Fico e Marta Cartabia.Tutti elementi che fanno capire come ormai si sia entrati nel rush finale, un’accelerazione in cui tutti stanno parlando con tutti per capire qual è la fuga giusta, la ruota buona da seguire per centrare il traguardo.
    A tenere banco, a 6 giorni dalla prima chiama, resta lo psicodramma interno al centrodestra: il Cavaliere prenderà la decisione finale nelle prossime 48 ore, in vista del vertice dei leader che si terrà probabilmente giovedì sera. Ma al momento pare che si sia reso conto di non avere i voti sufficienti. Un passaggio che se confermato rappresenta un “reset” che riapre i giochi verso uno scenario pieno di incognite sul cosiddetto piano B. Come in un ipotetico “Gioco dell’Oca”, tutto tornerebbe alla casella di partenza, con il centrodestra ad avere il pallino in mano, l’opportunità, ma anche il rischio conseguente, di dover dare le carte per primo. A sancire pubblicamente il fallimento della cosiddetta “operazione Scoiattolo”, è proprio uno dei suoi protagonisti: la raccolta dei voti, rivela Vittorio Sgarbi a “Un Giorno da Pecora”, “si è oggettivamente fermata”. “Ieri Silvio era abbastanza triste. Ci devono essere delle inquietudini di natura psicologica, non degli elettori, ma nel candidato, perché è rimasto a Milano. Credo – prosegue Sgarbi – che questa, come dire, pausa dipenda dal fatto che starà pensando se c’è una via d’uscita onorevole, con un nome che sia gradito a lui, forse Mattarella”. Parole che stizziscono Forza Italia. “Vittorio non è il portavoce di Forza Italia ma risponde a se stesso, sicuramente non parla a nome del Cavaliere”, replica a brutto muso il coordinatore nazionale Antonio Tajani. E più tardi, sempre dal partito azzurro trapela che Berlusconi non ha deciso e che è ottimista.
    “Non deluderò chi mi ha dato fiducia”, sarebbe il messaggio ai suoi. Solo il tempo dirà se si tratta di un modo per calmare le acque all’interno del partito o se in effetti esista ancora uno spiraglio reale per andare avanti. Ad ogni modo, più che di un passo indietro, meglio parlare di un eventuale passo di lato, visto che la scelta di non correre in prima persona non significherebbe assolutamente che Berlusconi non farà pesare il suo peso politico nella scelta del prossimo capo dello Stato. Tutt’altro. E chissà se a quel punto lancerà lui la candidatura Draghi, a oggi vista non benissimo da Matteo Salvini, se farà un nome interno alla coalizione, o se alla fine proporrà la rielezione di Mattarella. Comunque che qualcosa si sia messo in moto lo conferma anche Giorgia Meloni, pronta a fare sino in fondo la sua parte. “Se anche Berlusconi scegliesse di non concorrere e dovesse rinunciare – spiega a Porta a Porta – penso che comunque il centrodestra abbia diritto e dovere di avanzare una proposta e anche FdI intende fare la sua parte. Noi contiamo il 6% ma non vuol dire che non abbiamo nostre proposte da fare, io ce l’ho in testa”.

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    Pass traghetti, Sicilia e Calabria sfidano il governo

     Niente super pass per attraversare lo stretto di Messina, basterà un tampone negativo: Sicilia e Calabria sfidano il governo con un’ordinanza che viola il decreto in vigore dalla vigilia di Natale in base al quale può salire sui mezzi di trasporto, compresi “navi e traghetti adibiti a servizio di trasporto interregionale”, solo chi è vaccinato o guarito dal Covid. Una forzatura che arriva con le Regioni sempre più in pressing per modificare le regole anti Covid, a partire dai parametri di conteggio dei ricoveri in ospedale per evitare il passaggio nella zona con più restrizioni: Friuli Venezia Giulia, Piemonte e la stessa Sicilia hanno infatti già parametri da zona arancione mentre Abruzzo, Calabria, Lazio, Liguria, Marche, Toscana e provincia di Trento rischiano di sforarli entro venerdì. Sembra invece rientrato l’allarme per la Valle d’Aosta, che ha chiesto comunque una deroga al governo per evitare di finire in zona rossa se dovessero risalire le terapie intensive.    Le ordinanza firmate dal governatore siciliano Nello Musumeci e da quello della Calabria Roberto Occhiuto stabiliscono che per passare dalla Sicilia alla Calabria basterà avere il green pass base e non quello rafforzato, anche se bisognerà restare nella propria auto o all’aperto e indossare la Ffp2. “Poniamo fine ad un’assurda ingiustizia ai danni dei siciliani – dice Musumeci – una norma discriminatoria del governo. Con l’ordinanza si garantisce e salvaguardia la continuità territoriale”. Nelle prossime ore si capirà se il governo impugnerà i due provvedimenti, come ha già fatto con quella della Campania che posticipava la riapertura delle scuole.    Un confronto tra tutti i governatori ci sarà nelle prossime ore: la Conferenza delle Regioni si riunirà per approvare il protocollo sullo sport che ha avuto il via libera dal Cts ma è chiaro che sul tavolo ci saranno le richieste avanzate in questi giorni: la cancellazione del sistema dei colori, una revisione del sistema con il quale vengono conteggiati i ricoveri in ospedale, distinguendo tra ricoverati per covid e pazienti che entrano per altri motivi e risultano positivi al virus (alcune regioni hanno già cominciato a farlo in autonomia, anche se non influisce sui dati riportati nel bollettino), la modifica delle regole della quarantena. Su questo fronte l’ultima proposta è quella del presidente della Liguria Giovanni Toti: dopo 3 giorni senza sintomi si può terminare l’isolamento.
    Tra le richieste delle Regioni ci sarebbe anche quella di far rimanere in servizio i sanitari positivi, un escamotage per ovviare alla mancanza di personale. Richiesta rispedita al mittente dai medici. “E’ una proposta irresponsabile” dice Filippo Anelli della Fnomceo e aggiunge: “se venisse attuata, tanto varrebbe abolire l’obbligo di vaccinazione”. Anche il maggior sindacato dei medici, l’Anaao Assomed la definisce “sciagurata”: “Provocherebbe danni alla salute, trasformando i reparti ospedalieri in cluster di contagio, non possiamo proprio consentirlo”.    Le proposte dovranno poi essere discusse con il governo, con il ministro della Salute Roberto Speranza che ha già aperto al confronto sulle modifiche anche se ha invitato tutti a rimanere con “i piedi per terra”. In concreto significa che ci sono dei margini di intervento sia sulle regole per la quarantena sia sul metodo di conteggio dei casi negli ospedali ma non verrà cancellato il sistema delle fasce. E comunque il tutto non avverrà prima di fine mese.
    Nelle prossime ore, invece, arriverà il Dpcm che individua quelle attività “necessarie al soddisfacimento di esigenze essenziali e primarie della persona” alle quali si potrà accedere senza il pass: i negozi che vendono generi alimentari, compresi i mercati e gli ambulanti, farmacie, parafarmacie, studi medici e veterinari, laboratori di analisi, negozi di ottica e per acquistare pellet o legna per il riscaldamento. Esclusi dal pass sarà anche tutto il settore dei carburanti, le edicole e i negozi di beni essenziali all’interno dei centri commerciali. Resta invece l’obbligo del pass per le librerie e per i tabaccai. Una scelta criticata dalla Federazione italiana tabaccai. “Ogni giorno entrano in tabaccheria 13 milioni di persone – sottolinea il presidente Giovanni Risso – Tutti ricordano che siamo rimasti aperti anche durante il lockdown, perché servizi essenziali per i cittadini, anche per pagamenti. Imporre ora il green pass sarebbe una complicazione ulteriore per la vita dei cittadini e per gli stessi esercenti”.   

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    Covid: Camera conferma fiducia al decreto, 408 sì

    La Camera conferma la fiducia al governo sul decreto legge green pass con 408 voti a favore, 48 contrari ed un astenuto. 
    Si passa ora all’esame degli ordini del giorno al testo, che saranno votati in mattinata. A seguire, la votazione finale.
    Il provvedimento disciplina tra l’altro il green pass rafforzato.   

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    Quirinale: Su voto positivi tutto fermo, sfuma ipotesi decreto

    Mentre, con l’elezione dei delegati regionali in Toscana ed Emilia Romagna e di Cecilia D’Elia (Pd) a deputato si costituisce il plenum dei Grandi elettori, a meno di una settimana dal 24 gennaio ferve ancora il dibattito su se e come far votare chi di loro sia contagiato o in quarantena. Il tema, si apprende, potrebbe essere stato trattato nell’incontro tra il presidente del Consiglio Mario Draghi ed il presidente di Camera , Roberto Fico. Anche alla luce della spinta della Lega per un intervento del governo in materia, anche un possibile decreto. Niente di tutto questa ci sarà si spiega in ambienti parlamenatri della maggioranza perchè con il principio dell’autodichia la materia spetta solo ed unicamente alle Camere. Ed eventualmente – si aggiunge – dovranno essere sempre Palazzo Madama e Montecitorio a decidere cosa fare. E al momento non ci sono novità.
    Mentre a Montecitorio è ormai finito l’allestimento della grande tensostruttura con stufe che copre il cortile d’onore (ci staranno i grandi elettori in attesa del loro turno per entrare in Aula a votare) e sono stati individuati nel corridoio delle commissioni gli spazi per le troupe televisive, sul tema non ci sono ancora decisioni. A tutti i deputati arriva una lettera con cui gli Uffici della Camera già comunicano loro che dal 24 gennaio voteranno divisi in 13 fasce orarie, ciascuna di dodici minuti per gruppi di cinquanta.
    La questione è stata dibattuta per ore nella notte di lunedì dai capigruppo della Camera, per essere riproposta oggi nella stessa sede a Palazzo Madama. E, mentre il numero dei parlamentari contagiati si assesterebbe oggi a 35 (26 deputati e 9 senatori) sul tema le posizioni rimangono sostanzialmente le stesse. Il centrodestra, con Forza Italia in testa reclama l’applicazione anche per i parlamentari della circolare del ministero della Salute relativa agli spostamenti dei contagiati.
    IV, in una posizione analoga con quella della Lega, chiede un ‘Covid hotel’ prossimo alla Camera da cui far partire un percorso protetto per gli eventuali contagiati che arrivi in Aula o comunque dentro Montecitorio, oltre ad estendere la possibilità di spostamento per i deputati oltre i 300 km previsti dalla Circolare. Ma Pd, M5S e Leu non ci stanno. Un no secco al voto ‘a domicilio’ arriva da Debora Serracchiani (Pd).
    Visto che sinora la Camera ha applicato per analogia all’Aula le regole valide per luogo di lavoro, sostiene la capogruppo dem, sarebbe pericoloso dire che i parlamentari e la Camera possono beneficiare di regole straordinarie; inoltre, ritiene che i positivi non debbano entrare a Montecitorio per garantire la sicurezza di tutti. Insomma, no a dei ‘Djokovic della politica’ di cui già si parla sui social richiamandosi alla vicenda del numero uno del tennis espulso dall’Australia, è il suo ragionamento.
    Roberto Fico, che in quanto presidente del Parlamento in seduta comune è il ‘dominus’ della votazione, ha sentito tutti. Ha chiarito che, siccome qualsiasi forma di voto a domicilio deroga a numerosi principi base del voto parlamentare, come l’immunità di sede, la segretezza e la pubblicità, oltre a determinare una possibile discriminazione tra parlamentari affetti da Covid e quelli bloccati da altre tipologie di impedimento, si potrebbe procedere a modifiche della situazione attuale solo con un consenso politico unanime in capigruppo e in seguito ad un parere della Giunta del Regolamento. Diversamente, procedere a modifiche non è possibile. E l’unanimità pare proprio dura da raggiungere.

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    Quirinale: ecco i 58 delegati delle Regioni, centrodestra avanti

    Il Pd è il primo partito con 20 delegati, ma il centrodestra fa il pieno con 32. Con la Toscana si chiude il voto nei consigli regionali dei 58 grandi elettori espressione dei territori. E si completa il quorum dei 1009 elettori del prossimo presidente della Repubblica, salvo gli assenti per Covid, che da lunedì voteranno il prossimo presidente della Repubblica.
    Ecco i 58 delegati regionali eletti regione per regione: – Val d’Aosta: Erik Lavevaz (Uv) – Trentino Alto Adige: Maurizio Fugatti (Lega); Joseg Noggler (Svp); Sara Ferrari (Pd) – Piemonte: Alberto Cirio (Fi); Stefano Allasia (Lega); Domenico Ravetti (Pd) – Veneto: Luca Zaia (Lega); Roberto Ciambetti (Lega); Giacomo Possamai (Pd) – Lombardia: Attilio Fontana (Lega); Alessandro Fermi (Lega); Dario Violi (M5s) – Friuli Venezia Giulia: Massimiliano Fedriga (Lega); Piero Mauro Zanin (Fi); Sergio Bolzanello (Pd) – Liguria:Giovanni Toti (Coraggio Italia); Gianmarco Medusei (Lega); Sergio Rossetti (Pd) – Emilia Romagna: Stefano Bonaccini (Pd); Emma Petitti (Pd); Matteo Rancan (Lega) – Toscana: Eugenio Giani (Pd); Antonio Mazzeo (Pd); Marco Landi (Lega) – Lazio: Nicola Zingaretti (Pd); Marco Vincenzi (Pd); Fabrizio Ghera (Fdi) – Abruzzo: Marco Marsilio (Fdi); Lorenzo Sospiri (Fi); Sara Marcozzi (M5s) – Marche: Francesco Acquaroli (Fdi); Dino Latini (Udc); Maurizio Mangialardi (Pd) – Umbria: Donatella Tesei (Lega); Marco Squarta (Fdi); Fabio Paparelli (Pd) – Molise: Donato Toma (Fi); Salvatore Micone (Udc); Andrea Greco (M5s) – Puglia: Michele Emiliano (Pd); Loredana Capone (Pd); Giannicola De Leonardis (Fdi) – Campania: Vincenzo De Luca (Pd); Gennaro Oliviero (Pd); Annarita Patriarca (Fi) – Calabria: Roberto Occhiuto (Fi); Filippo Mancuso (Lega); Nicola Irto (Pd) – Basilicata: Vito Bardi (Fi); Carmine Cicala (Lega); Roberto Cifarelli (Pd) – Sardegna: Christian Solinas (Psd’Az); Michele Pais (Lega); Gianfranco Ganau (Pd) – Sicilia: Nello Musumeci (Diventerà Bellissima); Gianfranco Miccichè (Fi); Nunzio Di Paola (M5S). 

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    Quirinale, Berlusconi a Fi, passo indietro? Non deluderò chi mi ha dato fiducia

    Non ho deciso, ma sono molto ottimista. Non deluderò chi mi ha dato fiducia. Così Silvio Berlusconi, a quanto si apprende, ha risposto ai diversi parlamentari di Forza Italia che per tutto il giorno hanno telefonato ad Arcore per sapere se l’ex premier avesse deciso di non dare la disponibilità a candidarsi per la presidenza della Repubblica rinunciando alla corsa. Diversi esponenti azzurri hanno poi raccontato che il Cavaliere ha ripreso a fare una serie di telefonate ai parlamentari per capire la loro disponibilità di fronte ad una sua candidatura. Berlusconi, sempre a quanto viene riferito, ha sentito anche i governatori di Fi.
    Silvio Berlusconi “ieri era abbastanza triste”. Aveva raccontato nel primo pomeriggio Vittorio Sgarbi, che in queste settimane ha aiutato il leader di FI a contattare parlamentari in vista del voto per il Quirinale: “Ci devono essere delle inquietudini di natura psicologica, non degli elettori, ma nel candidato, perché è rimasto a Milano – dice il deputato a Un giorno da Pecora, su Rai Radio 1 -. Credo che questa, come dire, pausa dipenda dal fatto che starà pensando se c’è una via d’uscita onorevole, con un nome che sia gradito a lui, forse Mattarella”. L’operazione, aggiunge il critico d’arte, “si è fermata oggettivamente”.
    “Chiunque sarà al Governo nei prossimi mesi – dice Matteo Salvini -, io penso Draghi, dovrà intervenire per scongiurare un’emergenza come quella del caro bollette su imprese, famiglie e lavoratori”. 
    “Tutti dovrebbero dire la verità – ha detto il leader della Lega in seuito in una conferenza stampa – che i soldi del Pnrr sono a prestito: con questi problemi di energia la metà delle opere rimarrà sulla carta. Anche su questo bisogna essere molto attenti, anche per questo motivo il premier è complicato da rimuovere”.
    “Io penso che se anche Berlusconi scegliesse di non concorrere e dovesse rinunciare, penso che comunque il centrodestra abbia diritto e dovere di avanzare una proposta e anche FdI intende fare la sua parte. Noi contiamo il 6% ma non vuol dire che non abbiamo nostre proposte da fare, io ce l’ho in testa”. Così la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni nella registrazione di ‘Porta a porta’, in onda stasera su Rai1.
    “Come sapete il centrodestra all’unanimità ha chiesto a Berlusconi di candidarsi e tocca a lui sciogliere la riserva e decidere se vuole essere il candidato del centrodestra”, ha spiegato il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani. “Il dibattito è aperto, tutti vogliamo un presidente che raggiunga il maggior numero di consensi e che sia garante della costituzione”, ha aggiunto Tajani.
    “La prima mossa tocca al centrodestra, mi sembra che ci sia un po’ di confusione, di nebbia in campo, vediamo cosa succederà nei prossimi giorni. L’importante è che, al di là delle tattiche, ci sia una personalità che garantisca l’Italia per i 7 anni che verranno – ha detto il leader di Iv, Matteo Renzi, a Mattino Cinque, su Canale 5 -. Il presidente della Repubblica è fondamentale, è un guardiano silenzioso delle istituzioni. È una scelta da fare con saggezza”. 
    Intanto giro di incontri per il premier Mario Draghi che ha visto il capo dello Stato Sergio Mattarella e il presidente della Camera Roberto Fico.

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    Draghi da Mattarella questa mattina e da Fico nel primo pomeriggio

     Giro di incontri per il presidente del Consiglio Mario Draghi. In mattinata Draghi ha incontrato al Quirinale il presidente Sergio Mattarella. Nel colloquio si sarebbe parlato di adempimenti relativi all’attività di governo. Draghi inoltre è stato nel primo pomeriggio a Montecitorio dove ha incontratoil presidente della Camera Roberto Fico. Il colloquio tra Mario Draghi e Roberto Fico, a quanto si è potuto verificare, è durato oltre un’ora negli uffici del presidente della Camera A Montecitorio.

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    Nyt, Draghi presidente può estendere momento oro dell'Italia

    Il premier Mario Draghi al Quirinale potrebbe “estendere un momento d’oro della politica italiana” inaugurato con il suo arrivo che “ha stabilizzato la politica, fatto passare di moda il populismo e rassicurato i mercati”. Ma dietro l’angolo c’è il rischio che senza la guida dell’ex presidente della Bce si torni “all’instabilità” tutta italiana e alcuni parlamentari temono un “caos politico” che “potrebbe far perdere all’Italia la migliore opportunità da generazioni”. E’ l’analisi del New York Times che dedica un lungo articolo al premier “in corsa per essere il prossimo presidente, un ruolo potente ma spesso cerimoniale che potrebbe togliergli le mani dalle leve del potere e dai negoziati a livello europeo”. Draghi, scrive il corrispondente da Roma, “ha trasformato una nazione il cui caos politico ha spesso suscitato derisione in un Paese leader sulla scena europea e ha infuso negli italiani un rinnovato senso di orgoglio”.
    Ora però lo scenario potrebbe cambiare. “Se Draghi dovesse diventare presidente, affermano i suoi sostenitori, i partiti potrebbero spianare la strada a un nuovo governo tecnocratico – si legge nell’articolo – o unire nuovamente le forze in un altro governo di unità nazionale che potrebbe durare fino a nuove elezioni nel 2023. La solida influenza di Draghi come presidente, è la speranza di alcuni, potrebbe estendere un momento d’oro della politica italiana insolitamente unificata. Ma l’incertezza sul futuro di Draghi ha già scatenato macchinazioni e ambizioni politiche represse, spingendo l’Italia indietro verso un pericoloso, seppur familiare, precipizio di instabilità”.
    “I parlamentari e molti italiani – prosegue il Nyt – temono un pasticcio che potrebbe portare a un’amministrazione decisamente meno efficace o addirittura alle elezioni anticipate, cosa che quasi nessuno vuole. Il caos politico potrebbe far perdere all’Italia la migliore opportunità da generazioni per riforme di più ampia portata e modernizzazione, e mettere a repentaglio miliardi di fondi di ripresa europei”. Uno scenario che secondo i sostenitori di Draghi potrebbe essere scongiurato dalla presenza di “una figura della sua statura, e con i suoi rapporti con i leader stranieri e l’attenzione dei media, che potrebbero rendere la sua presidenza più robusta.
    Sebbene sia una posizione spesso cerimoniale, il ruolo ha anche enormi poteri, specialmente nelle crisi politiche, consentendo al presidente di selezionare i primi ministri e il governo, negare mandati a coalizioni deboli e sciogliere il Parlamento”. Ma, conclude il New York Times, “mentre alcuni si preoccupano di sminuire il suo potenziale successore essenzialmente incoronando re Draghi, altri sono più preoccupati di rimuoverlo dalle leve del potere e dai negoziati a livello europeo nel momento in cui ci sono così tanti soldi sul tavolo”.