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    Zangrillo, smart working prorogato solo per i fragili

    “Ho sempre sostenuto che il lavoro agile rappresenti un importante strumento e non vedo perché non possa essere in grado di funzionare anche nella Pa. Per evitare il racconto del lavoro agile come una sorta di semi-vacanza, serve però una vera e propria rivoluzione culturale, oltre che organizzativa, in grado di rendere lo smart working pienamente efficace, per non pregiudicare i servizi erogati a cittadini e imprese”. Lo dichiara al Messaggero il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, in merito alla scadenza il 30 giugno della proroga dello smart working per i dipendenti privati con figli under 14 e per i fragili.    “Nello specifico mi permetto solo di osservare che non siamo più in pandemia – aggiunge – per cui non credo ci sia più l’urgenza di intervenire sui genitori con figli under 14.    Auspico invece continui ad esserci la giusta attenzione nei confronti dei fragili”.    Rispetto alle norme su Corte dei Conti e scudo erariale, il ministro afferma: “Le polemiche mi sembrano una tempesta in un bicchier d’acqua, preferisco rispondere nel merito. Lo scudo erariale è stato introdotto nel 2020 da Conte e poi prorogato da Draghi. Non vedo per quale ragione si debba alzare un polverone su questa ulteriore proroga, finalizzata a mettere le nostre persone nelle condizioni di realizzare in un clima di fiducia, e in tempi molto stretti, i tanti progetti del Piano. Per quanto riguarda invece il controllo concomitante, sull’avanzamento del Piano vigila l’Ue e la norma non incide in alcun modo sulle prerogative della Corte. I controlli contabili ci saranno”.       

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    Johansson, ‘la visita di Meloni in Tunisia è cruciale’

    “Dobbiamo aumentare la cooperazione con la Tunisia, è un partner chiave, i numeri di partenze verso l’Italia non sono sostenibili, la visita di Giorgia Meloni oggi è cruciale perché l’Italia gioca un ruolo costruttivo nelle nostre relazioni con Tunisi, su questo la Commissione e Roma sono alleate nell’aumentare la cooperazione con questo Paese”. Lo ha detto la commissaria agli Affari Interni Ylva Johansson durante un punto stampa. “Dopo la mia missione abbiamo visto un calo significativo di partenze dalla Tunisia ma è incerto se questo sia duraturo”.

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    La missione di Meloni, un compromesso fra Tunisia e Fmi

    Nelle ultime settimane è calato il numero di migranti arrivati in Italia dalla Tunisia e dopo l’invito del presidente Kais Saied la visita di Giorgia Meloni a Tunisi è stata organizzata in 48 ore: sono due segnali che generano ottimismo nel fronte italiano alla vigilia della missione della premier, una visita lampo in mattinata che ha un duplice obiettivo. Da una parte sbloccare gli aiuti europei (500 milioni di euro) e almeno alcune rate dei quasi 2 miliardi di dollari messi sul tavolo dal Fmi; dall’altra strappare da Saied un po’ di flessibilità sulle riforme che il Fondo monetario internazionale pone come condizione (la fine di alcuni sussidi su benzina e farina, il taglio della spesa per i dipendenti pubblici, per limitare il debito) e che il presidente tunisino rigetta come diktat inaccettabili.
    La visita è stata preceduta da un lavoro diplomatico che da mesi vede coinvolti la stessa premier e il ministro degli Esteri Antonio Tajani. “Oggi la Tunisia è in difficoltà – ha spiegato la presidente del Consiglio -. Vive una situazione molto delicata perché rischia un default finanziario e chiaramente se va giù il governo tunisino vivremo uno scenario assolutamente preoccupante. Ed è su questo scenario che lavoriamo”. Dopo la telefonata di venerdì scorso, Meloni incontrerà Saied e poi Najla Bouden Ramadan (anche lei prima donna premier nel suo Paese): saranno affrontate le relazioni fra Italia e Tunisia (presto legate anche da un elettrodotto sottomarino di 200 chilometri), ma soprattutto si parlerà degli aiuti internazionali e del tema, decisamente intrecciato, dei flussi migratori. Questione su cui il presidente tunisino ha proposto una conferenza ad alto livello tra i Paesi interessati, fra Nord Africa, Sahel, Sahara e Mediterraneo.
    Da marzo il governo italiano denuncia l’allarme Tunisia con il timore di una catastrofe umanitaria, con 900mila potenziali rifugiati. “Il prossimo Consiglio Ue”, a fine giugno, “deve agire subito”, auspicava Meloni al G7: in Giappone ne ha parlato con il presidente francese Emmanuel Macron, con Kristalina Georgieva, direttrice generale del Fmi, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Qualche giorno dopo, al vertice della Comunità politica europea, ha avuto anche un trilaterale con la stessa von der Leyen e il primo ministro olandese Mark Rutte, che sul dossier migranti ha una linea vicina a quella di Meloni, e non ha escluso la possibilità di un viaggio insieme in Africa.
    Così nasce questa missione italiana ( nota a tutte le cancellerie Ue), nuova tappa africana dopo Algeria e Libia. Un percorso anche legato Al Piano Mattei, che sarà presentato a ottobre. La gestione del dossier Tunisia può diventare emblematico. La premier è convinta che verso Tunisi in questo momento serva più pragmatismo che rigidità. L’obiettivo, spiegano fonti italiane, è non fare arenare il processo ma cercare un compromesso sulle riforme per ristrutturare l’economia. Vanno “calibrate alle esigenze sociali della popolazione”, ha detto Tajani, che in serata ha sentito il suo omologo tunisino Nabil Ammar e nei prossimi giorni a Washington incontrerà Georgieva. La speranza italiana è che da Tunisi arrivi un segnale rassicurante sulla volontà di un accordo equilibrato.
    Saied è a capo dell’unico Paese uscito dalle primavere arabe con una democrazia, però sempre più fragile. Ha risposto a muso duro a quelle cancellerie che hanno criticato l’arresto dello storico leader del partito islamico tunisino, Ennhadha Rached.
    Il tema dei diritti civili non è estraneo alle tensioni che hanno frenato i finanziamenti del Fmi. In Tunisia, dice Patrick Zaki a Repubblica, “è evidente una preoccupante deriva verso la dittatura”.   

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    Fiducia sul decreto Pa, magistrati contabili all’attacco 

    Il governo pone la fiducia alla Camera, tra le proteste dell’opposizione ma soprattutto dei magistrati contabili, sul decreto P.a. che contiene la stretta sui controlli della Corte dei Conti sulle spese del Pnrr e la proroga dello scudo erariale. La linea dell’esecutivo, ribadita dalla premier, resta comunque quella di non arretrare: nessun bavaglio – puntualizza – ma norme che erano già state messe in pista da governi precedenti.
    I giudici, però, ribadiscono nettamente la propria contrarietà dopo un’assemblea straordinaria convocata, su richiesta della base, proprio in concomitanza con l’approdo in Aula del provvedimento. “Non sono in gioco le funzioni della magistratura contabile ma la tutela dei cittadini”, è l’allarme lanciato dalla Corte. “La conferma dello scudo erariale – mettono nero su bianco in una nota i magistrati – in assenza del contesto di emergenza pandemica nel quale è nato, impedisce di perseguire i responsabili e di recuperare le risorse distratte, facendo sì che il danno resti a carico della collettività. Al contempo, l’abolizione di controlli in itinere, su attività specificamente volte al rilancio dell’economia, significa indebolire i presidi di legalità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa”.
    Con la fiducia su questo testo – protestano intanto dall’opposizione – si mette un doppio bavaglio: ai giudici e al Parlamento. Il governo, in ogni caso, tira dritto e mette la fiducia sul provvedimento. In mattinata sono previste le dichiarazioni di voto in diretta tv a partire dalle 12.30. E il centrosinistra prepara battaglia e proverà a farsi sentire anche con gli interventi e gli ordini del giorno che si preannunciano numerosi tanto che non è escluso che si possa arrivare a una seduta fiume.
    “E’ un governo – accusa il leader di M5s Giuseppe Conte – in ritardo sull’attuazione del Pnrr, abbiamo una rata da riscuotere da Bruxelles e non la stiamo riscuotendo. E come pensano di risolvere il problema? Eliminano il controllo della Corte dei conti, che non è concepito per ritardare ma semplicemente per vigilare. Non sopportano i controlli”. “Da mesi – attacca la capogruppo Dem alla Camera Chiara Braga – chiediamo chiarezza sul Pnrr, ad oggi abbiamo invece solo una governance centralizzata e paralizzata che ha fatto accumulare inutili ritardi e l’annuncio di un voto di fiducia per cancellare il ruolo di controllo della Corte dei Conti. Non c’è governo più insofferente al controllo di quello di destra”.
    “La norma che ha messo il bavaglio alla Corte dei Conti rispetto ai controlli sul Pnrr è incostituzionale, il governo Meloni così segue il modello Orban”, accusa il co-portavoce nazionale di Europa Verde Angelo Bonelli. Non mancano, però, anche i distinguo nell’opposizione con il Terzo Polo che puntualizza che non voterà la fiducia ma fa sapere di condividere la necessità di velocizzare i processi operativi legati al Pnrr: “velocizzare non esclude i controlli – dice la capogruppo in Senato Raffaella Paita – si può essere efficienti e controllare allo stesso tempo”. Al più tardi mercoledì mattina, dovrebbe dunque arrivare il via libera finale della Camera al testo che poi deve passare al Senato per un esame che, nonostante i tempi per la conversione non siano strettissimi, si annuncia pressoché blindato.
    Podcast – Il Ponte sullo Stretto: i pro e i contro (di Corrado Chiominto)

    Agenzia ANSA

    Il ministro: ‘Ribadita la volontà di collaborare’ (ANSA)

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    Grillo a Roma, evento sul lavoro con Tridico e Conte

    Beppe Grillo, Giuseppe Conte e il presidente dell’Inps Pasquale Tridico stasera dialogano sul futuro del lavoro in Italia, in un incontro di approfondimento a porte chiuse in programma all’hotel Forum, a Roma.
    Grillo si dovrebbe intrattenere alcuni giorni nella capitale, soggiornando come d’abitudine all’Hotel Forum.
    In mattinata, ha scritto sulla propria pagina Facebook il riassunto un articolo di Tridico: “In Italia, come anche negli altri paesi dell’Ue, continuiamo ad avere come punto di riferimento principale per la tassazione, il lavoro. Il nostro modello di welfare, che si basa sulla contribuzione dei lavoratori, fra non molto sarà a rischio sostenibilità. Se la tassazione fosse riequilibrata sulla base del fatturato, del giro di affari delle aziende, e se applicassimo una minimum tax sugli utili delle società di capitale, il nostro welfare acquisirebbe la sostenibilità necessaria. Tuttavia, un tale approccio non può essere adottato in un solo Paese ma dovrebbe avvenire, per quel che ci riguarda dentro l’unione Europea”.

    Grillo a Roma, l’arrivo di Giuseppe Conte all’hotel Forum

       

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    Meloni: ‘Corte dei Conti? Facciamo quello che ha fatto Draghi’

    “Io sono sempre stata consapevole di cosa fosse governare, non l’ho mai visto come un traguardo personale, sono stata consapevole pur dall’opposizione dei rischi e dei problemi che il governare comporta”: così la premier Giorgia Meloni nel corso di un’intervista a Quarta Repubblica in onda in serata su Rete4.
    “Una cosa che non avevo considerato quando ero all’opposizione è che quando sei premier quasi tutto quello che accade nel mondo ti riguarda per cui la caratteristica più chiara oggi è che l’imprevisto, quando sei a capo del governo, è la previsione più accurata che puoi fare e per me che lavoro in modo schematico ha avuto un impatto molto forte. Tu rincorri l’emergenza e devi riuscire a temere la barra dritta”. 
    “Ma certo che ci parliamo!”. Così la premier Giorgia Meloni rispondendo a una domanda sui rapporti con il presidente francese Macron e in geneale i rapporti tra Italia e Francia, durante la registrazione della sua intervista a ‘Quarta repubblica’. E ha ribadito: “I rapporti tra Italia e Francia sono per forza di cosa solidi, come tra nazioni vicine”. Ha poi preso le distanze dalla “lettura che fanno certi osservatori sulla politica internazionale, come se fosse una roba da adolescenti, come se non ci si parla o non ci si saluta…”. Infine, sulle dichiarazioni del ministro degli Interni francesi, molto critiche verso l’Italia, ha chiarito: “E’ stato un errore significativo. E’ stata seccante ma bisogna avere la lucidità di distinguere la politica e i rapporti tra partiti e quelli tra i governi”.
    “Penso di avere un vantaggio – ha detto la premier rispondendo a chi le chiedeva se si stesse ponendo una questione di consenso nelle sue scelte di governo -, che è il tempo: io sono a capo di una maggioranza solida, mi do 5 anni di orizzonte e non sto governando guardando al consenso immediato e posso permettermelo e quando si ha questa fortuna si possono fare scelte che magari nell’immediato comprimono il consenso ma che se ne sei convinto sai anche che nella lunga distanza verranno lette per quello che erano”. “Spero di poter lasciare in eredità a questa nazione – ha aggiunto – altri governi che hanno un orizzonte di legislatura, che è l’unico modo per prendere le decisioni giuste”. “Sono certa – ha concluso – che sulla media distanza i risultati del lavoro che stiamo facendo si vedranno”.
    “Io non ho cambiato idea rispetto a quello che dissi qui due anni fa: se per privilegiare me stessa devo svendere me stessa o la nazione io non sono disposta a farlo. Poi certo devi cercare le soluzioni praticabili, ci sono cose che pensavi e poi studiando il dossier ti rendi contro che il quadro è diverso, ma ancora oggi che sono premier preferisco andare casa che diventare diversa”.
    “La sinistra è molto in difficoltà – ha detto la premier Giorgia Meloni intervistata da Quarta Repubblica -. Non solo dice che c’è una deriva autoritaria se sulla Corte dei Conti proroghi le norme del governo Draghi. Sommessamente osservo che facciamo quello che ha fatto il precedente governo. Il problema è che c’è una deriva autoritaria se qualcuno che viene da destra e non da sinistra non avesse gli stessi diritti che hanno loro. Questo è un problema. Loro dicono che c’è una deriva autoritaria sulla Corte dei Conti che continua a fare i controlli, fa la relazione semestrale e nessuno le ha messo un bavaglio”.
    “La sinistra dice che sei autoritario per qualsiasi cosa – ha detto ancora Meloni -. Sei autoritario se Fazio decide di lasciare la Rai, se alla parata del 2 giugno i militari alzano la mano per salutare la tribuna come gli altri anni, che sei autoritario se ti lamenti che qualcuno abbia impedito al ministro Roccella di presentare al Salone del Libro un libro sulla sua famiglia. Quello che mi ha colpito è che Elly Schlein abbia detto che abbiamo un problema col dissenso: se il segretario del Pd, del secondo partito italiano non distingue tra dissenso e censura allora abbiamo sì un problema”.

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    Damilano confermato su Rai3, Gramellini verso La7

    Settimana decisiva in Rai per la definizione dei palinsesti per il prossimo autunno. I direttori di genere hanno iniziato a incontrare i conduttori per definire progetti e budget e sistemare le caselle ancora scoperte. Tanto lavoro sul fronte dell’approfondimento, viste le uscite di Fabio Fazio e Lucia Annunziata e quella, ormai probabile, di Massimo Gramellini verso La7.
    L’obiettivo dei nuovi vertici è fare di Rai3 un canale dedicato prevalentemente all’informazione, dando spazio a conduttori di stile e orientamento differenti, confermando l’impronta generalista del primo canale e vocazione alla sperimentazione del secondo. Il nuovo direttore dell’Approfondimento, Paolo Corsini, ha iniziato a fare i primi colloqui, ma al momento sono stati definiti solo i conduttori per i programmi estivi, mentre è ancora da completare il quadro delle trasmissioni per la prossima stagione.
    Ci sono diverse conferme, come Chi l’ha visto, in onda dal 6 settembre, Cartabianca, al via il 7 settembre, Report, in onda dal 23 ottobre, Fame d’amore dal 13 ottobre, oltre a Che ci faccio qui.
    Confermato anche Marco Damilano, che ha ancora un anno di contratto e gode della fiducia di Corsini. L’ex direttore dell’Espresso resterà dunque alla guida de Il cavallo e la Torre in access prime time su Rai3, nonostante sia nel mirino della Lega per l’inchiesta sull’hotel Metropol ospitata dal settimanale quando era ancora al timone.
    Il puzzle complessivo non è dei più semplici da comporre, anche perché nelle scelte bisogna tener conto dei programmi in onda sulle altre reti per evitare sovrapposizioni che possano incidere negativamente sugli ascolti. Resta in piedi per la domenica pomeriggio di Rai3 l’ipotesi di Monica Maggioni per prendere il posto di Lucia Annunziata. L’ex direttrice del Tg1 sembrava candidata ad un programma di approfondimento della seconda serata di Rai1, che però potrebbe finire sotto la guida di Francesco Giorgino. Sempre su Rai3, c’è in cantiere lo spostamento di Report alla domenica sera, al posto di Che tempo che fa, mentre per il prime time del lunedì circola l’ipotesi di un programma di inchiesta di Salvo Sottile.
    Tra i volti che potrebbero tornare ad avere spazio su Rai3 c’è anche Serena Bortone, che dovrebbe lasciare il primo pomeriggio di Rai1, mentre Alberto Matano sarà confermato alla Vita in diretta. Ci sarà, con ogni probabilità, da rimpiazzare Massimo Gramellini che ha ricevuto un’offerta per un contratto pluriennale da La7 e si appresterebbe a condurre un programma il sabato sera sull’emittente di Urbano Cairo, ma, in attesa di incontrare i vertici Rai, non avrebbe ancora firmato.
    Non sembra, invece, al momento avviata una trattativa il passaggio in Rai di Myrta Merlino. Dovrebbe avere, invece, un suo programma Nunzia De Girolamo, attesa intanto al timone di Estate in diretta. Possibili conferme anche per Eleonora Daniele a Storie italiane e per Monica Giandotti ad Agorà.
    Blindato come direttore artistico e conduttore di Sanremo 2024 Amadeus, che oggi lancia ufficialmente il percorso verso il festival con il regolamento di Sanremo Giovani, sul fronte intrattenimento si va verso una pioggia di conferme. Il direttore Marcello Ciannamea per il prime time e Angelo Mellone per il day time stanno avendo colloqui con conduttori e staff.
    Tra questi Carlo Conti che oggi incassa la piena fiducia dell’Ad Roberto Sergio anche come conduttore del Meeting della fraternità e resterà alla guida di Tale e quale show. Salda in sella anche Antonella Clerici che, oltre a presidiare la fascia del mezzogiorno di Rai1, condurrà ancora The Voice Senior e allungherà l’appuntamento con The Voice Kids. La domenica pomeriggio della rete ammiraglia sarà ancora affidata a Mara Venier con Domenica in e a Francesca Fialdini con Da noi a ruota libera.   

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    A Palazzo Madama si lavora sull’ipotesi di far entrare cani e gatti con i senatori

    Sarà un’istruttoria dei funzionari del Senato, dopo la richiesta arrivata al collegio dei senatori questori, a valutare la possibilità di far entrare cani e gatti a Palazzo Madama, seguendo i parlamentari e i dipendenti nei loro uffici (ma non in Aula). Poi – secondo quanto si apprende da fonti parlamentari – il testo sarà sottoposto al Consiglio di presidenza per la decisione finale, non appena si riunirà. A dare il “la” al percorso è stata la proposta della senatrice Michaela Biancofiore per modificare il regolamento del Senato e quindi consentire per la prima volta l’accesso degli animali.    L’idea della capogruppo dei Moderati è stata accolta con “disponibilità” dal presidente del Senato, Ignazio La Russa, che ha rimandato la questione ai questori, non essendo di sua competenza. Al di là della fattibilità concreta, la proposta fa già discutere.
    Su Twitter le riserve della deputata leghista Laura Ravetto: “Trovo davvero curioso (eufemismo) che siamo qua a discutere di far entrare cani e gatti in Parlamento – scrive – e io, come madre, non posso farci entrare mia figlia di 5 anni se per caso la babysitter è malata o non può”. 

    Trovo davvero curioso (eufemismo) che siamo qua a discutere di far entrare cani e gatti in Parlamento e io come madre non posso farci entrare mia figlia di 5 anni se per caso la baby sitter è malata o non può.
    — Laura Ravetto (@lauraravetto) June 5, 2023